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Autore: MystOfTheStars    05/02/2012    3 recensioni
La pozza di luce mattutina si allarga velocemente sulle lenzuola aggrovigliate del letto sfatto. La coperta è stata scalciata a terra, ed uno dei cuscini giace tutto spiegazzato in bilico sul bordo del materasso. Più che un letto, sembra un campo di battaglia; c'è un corpo, che giace su quel campo di battaglia, è un corpo inerte, caldo del sonno profondo e delle coperte in cui è avvolto. I raggi di sole strisciano sul pavimento e sul letto, veloci, e gli mordono il viso con fermezza, disegnando un piccolo groviglio di chiaroscuro sugli zigomi e sulla fronte.
[[Francia/Inghilterra; un momento di tenerezza per una coppia che vive un eterno e complicato rapporto di amore/odio.]]
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[[ Scritta per l'Hetalia prompt-athon 2011 @ Hetafic_ita @ LJ, su prompt sole, pacchetto spazio. La canzone è "Crack the shutters" degli Snow Patrol. ]]




'Cause the dailight seems to want you just as much as I want you...





You cool your bedwarm hands down
On the broken radiator
And when you lay them freezing on me
I mumble can you wake me later
But I don't really want you to stop
And you know it so it doesn't stop you
You run your hands from my neck
To my chest

Crack the shutters open wide
I want to bathe you in the light of day
And just watch you as the rays
Tangle around your face and body
I could sit here for hours
Finding new ways to be awed each minute
'Cause the daylight seems to want you
Just as much as I want you

Its been minutes Its been days,
I remember all I will remember
Happy lost in your hair
And the cold side of the pillow
Your hills and valleys
Are mapped by my intrepid fingers
And in a naked slumber
I dream all this again




La pozza di luce mattutina si allarga velocemente sulle lenzuola aggrovigliate del letto sfatto. La coperta è stata scalciata a terra, ed uno dei cuscini giace tutto spiegazzato in bilico sul bordo del materasso. Più che un letto, sembra un campo di battaglia; c'è un corpo, che giace su quel campo di battaglia, è un corpo inerte, caldo del sonno profondo e delle coperte in cui è avvolto. I raggi di sole strisciano sul pavimento e sul letto, veloci, e gli mordono il viso con fermezza, disegnando un piccolo groviglio di chiaroscuro sugli zigomi e sulla fronte.
Francis si gira, mugugnando qualcosa a proposito degli scuri, che devono rimanere chiusi.
Il pavimento della mansarda scricchiola lievemente, mentre Arthur si muove attorno al letto senza curarsi di non fare rumore per non svegliarlo.
C'è un vecchio calorifero rotto, sotto la finestra, e l'inglese va a stringere le dita attorno alle sue canne; il metallo bianco è gelido, insensibile all'aria viziata della stanza, satura del respiro dei due corpi che la notte precedente hanno eletto quel letto e l'abbraccio delle lenzuola e delle loro stesse membra a nascondiglio dal resto del mondo e della città.
Dallo spiraglio degli scuri penetra, timido, il cinguettio di qualche uccello, e il rumore delle auto che passano nella strada sottostante.
Francis sospira, pensando che, dopotutto, gli occhi ben chiusi ed il viso voltato dall'altra parte rispetto ai prepotenti raggi di sole, può anche sopportare quei rumori finché sono così soffusi. Sta per sprofondare di nuovo nel sonno, quando si risveglia con un sussulto al tocco gelido di un paio di mani improvvisamente piazzate sulla pelle nuda del suo stomaco.
"Arthur... è presto... lasciami dormire..."
"E' mattino inoltrato, cretino. Alzati." è la risposta di una voce gelida quanto quelle mani.
Francis sorride, gli occhi ancora chiusi sotto le ciocche di lunghi capelli biondi scompigliate. In realtà, non vuole che Arthur lo lasci in pace: desidera che quelle mani rimangano lì, posate sul suo petto, vicine ai battiti pigri del suo cuore.

Le mani salgono dal suo petto fino al collo, dove le dita di Arthur esercitano una lieve pressione, come a voler minacciare di strozzarlo.
E' sempre così, tra loro due. Sono in bilico. Un passo in avanti, ed inciampano in quella litigiosa rivalità che da sempre li vede a contrapporsi, ad inseguirsi, a detestarsi; un passo indietro, e cadono l'uno nelle braccia dell'altro, abbracciandosi e possedendosi con la stessa foga con cui tentano di distruggersi a vicenda.

"Sono in piedi dall'alba, io. Vedi di svegliarti." ringhia l'inglese, con tono minaccioso.
Il francese ridacchia, per nulla impressionato.
"Mi dispiace che tu ti sia alzato presto, mon cher~ non avresti dovuto, dopo la fatica di stanotte! Il poco sonno ti rende nervoso, vero?"
"Ma che diamine dici?! Tieni chiusa quella boccaccia!" replica risentito, facendo per andarsene, ma Francis gli afferra i polsi prima che questo possa ritirare le mani.
"Hai bisogno di riposare un po', oui? Vieni, vieni~"

Francis lo tira a sé con lentezza, e Arthur, pur lamentandosi e recalcitrando, finisce bocconi sul materasso accanto a lui, i polsi ancora prigionieri delle lunghe dita affusolate dell'altro.
"Che fretta c'era di lasciarmi qui da solo, mh?" chiese Francis, naso e bocca che si intrufolano tra le dita di Arthur e ne accarezzano i polpastrelli. La sua pelle sa di pane appena tostato... quasi bruciato, forse, ecco. "Mi hai preparato la colazione?"
"Mi sono preparato la colazione, egocentrico che non sei altro. ...forse ho esagerato con le dosi, ecco." dice con una smorfia, voltandosi dall'altra.
Francis ridacchia deliziato, le sue labbra che aggrediscono il polso dell'inglese. Arthur emette un piccolo grugnito di sorpresa, ed improvvisamente si ritrova steso accanto a Francis, la testa affondata nel cuscino e nei capelli dorati dell'altro.
Vuole protestare, ma il suo risentimento viene soffocato dal bacio in cui l'altro lo imprigiona. La corta barba del francese è ruvida contro la sua mascella, ma Arthur si lascia catturare facilmente.
"Non ho voglia di alzarmi, Arthur~ ma non mi piace l'idea di lasciarti in cucina da solo, comunque." le parole sussurrate di Francis gli lambiscono le orecchie, scatenandogli un piccolo terremoto di brividi lungo la spina dorsale.
"Sei pigro come un-" di nuovo, le proteste dell'inglese vengono inghiottite dall'avida bocca di Francis. Questo se lo divora di baci con l'appetito dell'amante che, seppur pago della notte appena trascorsa, si sveglia ancora affamato e poco ansioso di lasciare che il sole si porti via tutto quello che a cui le tenebre della notte hanno fatto da cornice.

I due si guardano negli occhi, quasi sorpresi di scoprirsi a colori. Non sono più solo delle ombre nell'oscurità della stanza, riescono invece a vedersi bene, ora, nella luce mattutina che gioca tra i loro capelli. Li abbaglia di riflessi dorati, rifrangendosi sui boccoli caldi di Francis e sulla sua barba sottile, schiarendo poi il biondo cenere di Arthur. I loro corpi sono un delicato labirinto di dita, braccia, baci e raggi di sole, che in un chiaroscuro calcolato accompagnano i loro movimenti ed i loro sospiri.
Tra un bacio e l'altro, Francis sorride, ed Arthur arrossisce, la nuca affondata nel cuscino e le sue mani attorno ai fianchi del francese.
"Si può sapere che guardi, eh?" soffia, in un sussurro poco minaccioso.
"Guardo te." è la risposta, semplicissima. Il volto di Arthur è dorato come la sua chioma, i suoi lineamenti normalmente alteri raddolciti dal languore del piacere. Per un istante, Francis è quasi geloso di quel sole che gli scalda le gote e che lo inonda di luce, avvolgendolo in un'aura tiepida e preziosa.
Eppure, gli è anche grato per la bellezza che gli mostra – quasi che ogni volta si dimentichi di quanto gli sta a cuore quello che stringe tra le braccia.
Si abbassa su di lui per stringerlo a sé, per nasconderlo nella sua ombra dagli occhi avidi del sole, per dimostrare a lui e a se stesso che può scaldarlo con lo stesso ardore dell'astro celeste di cui è invidioso – perché il sole sarà sempre lì, quando lui ed Arthur si separeranno ancora, sarà lì anche quando Arthur tornerà ad essere irraggiungibile, quando non vorrà saperne di lui, quando gli griderà in faccia di detestarlo.
Eppure Francis sa già che questa notte non è certo l'ultima che li vedrà complici ed amanti in una camera da letto, come non è stata l'ultima la notte prime di questa, come non lo è stata quella prima ancora. Sono ore buie e concitate che valgono tutte le settimane, i mesi, gli anni, i decenni lontano dal suo calore – un calore che forse, si dice Francis, finirebbe per consumarlo, se non se ne allontanasse di tanto in tanto. Eppure tutte le volte si abbevera di lui, esplora il suo corpo come se fosse la prima volta, riscopre il suo sapore sempre nuovo anche se conosciuto, e sa di volerne ancora, ed ancora, ed ancora.

Le sua labbra tornano a quelle di Arthur, impegnandolo in una lotta tenera e sfiancante, che finisce con entrambi gli avversari nuovamente addormentati, l'uno tra le braccia dell'altro, incuranti del sole di mezzogiorno che ormai inonda la stanza.

  
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