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Autore: Aleena    05/02/2012    6 recensioni
Una città è le anime che la abitano, l'intreccio di vite che le danno forza.
Questa è la storia di una città.
La storia di quelle vite.
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1a classificata al contest "From the video to the fiction" indetto da hhhavoc. sul forum di EFP.
Vincitrice del premio speciale « Ooh La! » per la storia più originale al medesimo concorso.

Basata sul video dei Linkin Park, "Breaking tha habit".
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Come al solito, è 
vietato copiare/riportare altrove questo (integrale, sue parti, i personaggi etc etc) senza il consenso dell’autrice (ovvero la sottoscritta).

 
 

 BABILONIA


  

  La Città è un’enorme macchina operosa: attira a sé con la promessa di una vita migliore, più agiata o semplicemente più dinamica; produce lusso e miseria in egual misura e li divide in parti, concedendone una fetta a ciascuno così che ordine e caos siano sempre bilanciati secondo un meccanismo oscillatorio e imprevedibile che non rompe mai gli equilibri: un attimo sei in vetta, l’attimo dopo arranchi in un vicolo del ghetto facendo la spola tra due lavori che ti lasciano la fame.
  La Città macina vita e amore filtrandoli attraverso lo smog ed il cemento, elevandoli al massimo livello per poi degradarli; ha paura del buio perciò riflette miliardi di sogni da una parte e dall’altra attraverso gli specchi lucidi e le vetrate immacolate dei grandi palazzi, sulla scia dei semafori e dei lampioni sempre accesi; ricicla aspettative e desideri, li frantuma e ne fa concime per i parchi. Sforna esistenze a un ritmo intercalato e poi le demolisce con una nuova cultura o una nuova droga, con uno nuovo talk-show; ammalia con promesse fatte di neon multicolori, col tintinnare delle monete nelle slot, con le vetrine luccicanti dei negozi di scarpe e vestiti: qui la vita è perfetta, sembra dire, qui c’è ordine e pace e prosperità; in pochi capiscono che è una menzogna. La Città è un mostro quieto che dorme sul corpo delle sue vittime, una bestia che ha bisogno di quante più anime può assorbire: il suo sangue sono le persone, linfa vitale che si muove lungo le arterie delle strade fino agli organi, i palazzi e i negozi e le fabbriche.
  La Città non dorme mai: indossa la pelle degli uomini d’affari e dei ragazzi nei bar, per poi incarnarsi nella musica a tutto volume delle discoteche e finire sulle spiagge, sui letti d’albergo, sulle strade, nei forni. Non chiude mai i battenti, non riposa, non concede ai vizi e alle virtù una tregua: resta vigile a vegliare sulle moltitudini che governa e che, ignare, s’illudono di vivere libere, che amano la loro città e credono di venire amati di rimando.
  Non è così.
  La Città non ama né odia nessuno: è un essere privo di emozioni spinto dalla volontà, una creatura che vive solo e unicamente per continuare a esistere, all’infinito, senza un vero scopo o una vera forza. È una creatura indolente e immortale; se così non fosse i palazzi piangerebbero e le strade griderebbero, ogni vetro si infrangerebbe e tutto verrebbe inghiottito dal caos e dalla disperazione al solo immaginare quel che avviene in ogni singola casa, ripetuto cento e cento volte in ogni minuscola cellula del suo corpo.
Invece no. La Città resta in silenzio, nasconde tutto, guarda il cadavere sull’asfalto con indifferenza e, chiamate le autorità, continua a far girare le sue ruote all’infinito, senza veramente prestare attenzione a quello che succede nel suo corpo, il cancro nero che negli edifici prolifera e poi si distrugge.
C’è un uomo riverso nel sangue sul tettuccio di una macchina; ha la testa distrutta, gli occhi ciechi. La polizia arriva, tiene a bada la folla, intima il silenzio; fra poco l’ambulanza se lo verrà a prendere e, domani o il giorno dopo ancora, non sarà altro che una lapide con un nome. Fra la moltitudine di uomini-piastrine serpeggia una domanda, sussurrata od inespressa: tutti si chiedono perché l’abbia fatto ma nessuno vuole saperlo veramente, men che meno la Città. Rimane indifferente, al pari delle cellule che compongono il suo sangue: nessuno vuole sapere che quel corpo sull’auto una volta era Mike Davis e che la terrazza da cui si è lanciato non era quella della sua casa.
  A nessuno interessa veramente nulla del fatto che si sentisse solo; era venuto in città quel pomeriggio con due dollari in tasca ed una speranza nel cuore - l’ultima. All’angolo del palazzo c’era un telefono pubblico ed un elenco: Mike lo aveva aperto senza pensare, aveva scorso il dito su una fila di numeri tutti uguali e si era fermato. Un’ultima volta si era detto ancora una possibilità. Aveva alzato la cornetta ed aveva chiesto aiuto. Voleva parlare, voleva un minuto del tempo di uno sconosciuto, la prova che ci fosse ancora un po’ di umanità. Gli avevano sbattuto il telefono in faccia mandandolo a fanculo e Mike, che in cuor suo aveva sperato di usare il dollaro rimanente per l’autobus, era invece salito in cima al palazzo e, con una biro, aveva scritto la parola Speranza sulla banconota e l’aveva fatta volare giù, seguendola poi. Aveva gridato, nella caduta, e quella sua ultima richiesta d’aiuto era echeggiata fra le vie spazzate dal vento, perdendosi in un vicolo assieme al dollaro.
Mike era un barista ma sognava di fare il cantante, un giorno: aveva sempre avuto una bella voce eppure nessuno sembrava riuscire ad avere abbastanza fiducia in lui da dargli un aggancio. Non aveva mai avuto una sola possibilità nella vita.
  Ad un respiro di distanza dal cadavere di Mike c’è Caroline; è scappata da casa che aveva quattordici anni per finire a fare la ballerina in un locale di lap dance, dove i suoi sedici anni si confondono fra le luci soffuse, la musica soft e le mance fino a perdere d’importanza. Caroline è bella, abbastanza alta e formosa da aver subito attirata l’attenzione di Thomas, l’ossuto padrone del locale che, da qui a due anni, dorme con lei due volte al mese. Non è il solo: Caroline ha avuto molti uomini ma nessun vero amore; alcuni li possiede per una notte, altri per un po’ di più, ma alla fine c’e sempre lei in quella stanzetta, davanti a quello specchio dalla posizione strategica: ai clienti piace guardarsi mentre prendono il loro piacere, a Caroline la sola vista del suo riflesso fa ribrezzo.
Sospira e si accende una sigaretta, tossendo sangue e vita: sa che non sarà questa ad ucciderla e la cosa la conforta in un modo macabro, perverso.
  La ventola sul soffitto, quella che sostituisce la finestra, raccoglie il fumo e lo incanala attraverso le sue arterie fino alla strada, dove il vento freddo colpisce i passanti; un atomo s’insinua nella busta di plastica di Madison, che lo trasporta fino in casa; è uscita prima dal lavoro perché vuole fare una sorpresa al marito preparandogli quei piatti che adora: ultimamente lo vede più contento e in cuor suo spera che sia perché, in fondo, il loro matrimonio non è ancora finito. Lei sa che potrà recuperarlo, se solo ci si mette. Così ogni notte si lascia prendere come lui vuole e stamane si è svegliata alle cinque per essere al lavoro con un’ora in anticipo e poter prendere un permesso di mezza giornata. Sa che domani dovrà sgobbare per recuperare le ore perdute ma non le interessa, stasera mangeranno una cena decente e faranno l’amore e tutto andrà bene.
Vorrebbe essere al posto di Mike quando, varcando la soglia di casa, sente due voci che ansimano. Non vuole guardare ma deve, così apre la porta della camera e registra la scena con metà del cervello; quando l’uscio si chiude è convinta che non sia vero, che niente sia successo. Si è inventata ogni cosa e, se solo trovasse il coraggio di aprire di nuovo quella porta, capirebbe che sono stati i suoi sensi a giocarle un brutto scherzo. Invece resta lì, il sacchetto stretto nelle mani, e quando lui esce dalla stanza tirandosi indietro i capelli Madison inizia a lanciargli contro ognuna di quelle verdure che, solo poche ore prima, aveva selezionato con cura.
A due isolati da lì una ragazza finisce a terra con il naso spaccato mentre sua madre singhiozza in un angolo, tamponandosi l’occhio nero. Quell’uomo avrebbe dovuto essere ancora in carcere invece no, il neopresidente ed il suo indulto l’hanno restituito alla famiglia. Così è da un mese che Matt si droga e picchia sua figlia Rose e sua moglie Grace per poi rintanarsi in bagno e piangere ed infine, colpito dal rimorso, scendere in strada e andare ad affogare gli esigui risparmi e la memoria in un altro bicchiere di liquore scadente. Ma non questa volta: stavolta l’ambulanza arriverà troppo tardi, in tempo solo per trovare Grace riversa sul corpo della figlia esangue, mentre Matt sarà sulla highway, diretto verso un viaggio senza ritorno. Alcuni diranno che non ci sono colpe, altri punteranno il dito, quasi tutti avranno dimenticato in un giro di luna.
  Rosaline prepara le uova: la sua famiglia l’ha cacciata di casa quando è rimasta incinta ed ora ha i gemelli a cui badare e la piccola che le ingrossa la pancia. Dave continua a metterla incinta come se ci provasse gusto, come se gli piacesse avere la casa che puzza di vomito e feci e una compagna che non riesce neppure a lavarsi, distrutta com’è dai due lavori e dall’occuparsi dei figli. Rosaline piange ogni notte, quando lui non la sente, e abbraccia un cuscino rimpiangendo la cittadina dove è nata; Francois, al piano di sotto, la sente e d’istinto si stringe di più a Carlos, l’amore della sua vita finora - e chissà che non duri, che non sia lui quello giusto. Chiudono gli occhi tenendosi per mano e si addormentano che il calore umido dei loro baci marchia ancora la pelle di entrambi; nella stanza accanto un ladro sta frugando nel barattolo in cui tengono i loro risparmi e domattina il padrone di casa avrà una scusa per cacciarli via. Ha visto due guerre, lui, ed è convinto che questo gli dia il diritto di odiare i negri ed i froci.
  All’angolo della strada un ragazzino malconcio e nervoso spaccia della droga, che Louis compra; si farà di una dose tagliata male, stasera, ma riusciranno a rianimarlo in tempo perché possa mettersi in macchina e tornare a casa; per salvarlo, l’ambulanza tarderà e Nathan morirà nel tragitto, vittima innocente di un pazzo che guidava a fari spenti.
  Nel ghetto un diciottenne accoltella un coetaneo perché guardava la sua ragazza; non finirà neanche sui giornale, ed in fondo a chi potrebbe interessare? A casa, sua sorella Georgia resterà ad aspettarlo e non farà domande sulle sue mani rosse; è chiusa da troppo in un mondo che è suo per metà e trascorre le giornate riempiendo fogli di poesie e frasi che nessuno legge mai, muti appelli che, col senno di poi, avrebbero evitato la catastrofe.
  Alice cammina verso casa: le fa piacere il vento sulla pelle, dopo un’ora passata in piscina. Sogna le olimpiadi, una medaglia che renda fieri i suoi genitori. Svolta l’angolo in cui Peter l’attende, il bisogno che gli attanaglia la mente; la prenderà su quel vicolo e la lascerà lì, ferita nel corpo e nell’anima, a recuperare i pezzi.
  All’ultimo piano di un bel palazzo elegante Michael sta per infilarsi ancora in camera della sua figliastra; domani andrà a pregare e riceverà l’assoluzione, perciò solo un piccolo rimpianto gli offusca la mente; è lucido e razionale e la giovane Kayla non dirà niente: Michael dirige una grande azienda, è stimato: chi potrebbe mai crederle?
  È questa la vita nelle arterie, questo il male che corrode; per ogni buona azione diecimila altre infangano il nome della Città, per ogni vita salvata ce ne sono cinque perse. Nessuno se ne cura ed il dolore non passa mai la facciata, che resta dipinta e lucida e splendente; un vetro che non sarai mai opaco.
  Babilonia è un mostro addormentato e gli uomini sono il suo sangue, ogni vita solitaria ed interconnessa alle altre, importante quanto un numero sullo schermo, parte di un programma più grande. La Città ci osserva, vigila su di noi, ci alleva e ci uccide; ci nutre con i suoi fumi venefici e resta a guardare la nostra sofferenza. La Città è silente, sembra in pace: nulla la turba, nulla la scuote. È un mondo di cui è padrona e schiava.
 
 

 



Nickname:
Sul forum: Releeshahn
Su Efp: Aleena
Titolo: Babilonia
Rating: Arancione
Genere: Drammatico
Avvertimenti: One-shot
Link al video scelto: Linkin Park – Breaking the Habit 
Introduzione: Dal testo:“La Città macina vita ed amore filtrandoli attraverso lo smog ed il cemento, elevandoli al massimo livello per poi degradarli; ha paura del buio perciò riflette miliardi di sogni da una parte e dall’altra attraverso gli specchi lucidi e le vetrate immacolate dei grandi palazzi, sulla scia dei semafori e dei lampioni sempre accesi; ricicla aspettative e desideri, li frantuma e ne fa concime per i parchi. Sforna esistenze ad un ritmo intercalato e poi le demolisce con una nuova cultura od una nuova droga, con uno nuovo talk-show”
Piccolo Spazio-me: Innanzitutto ci tengo a precisare, al di là di ogni ragionevole dubbio – non ho mai scritto storie del genere, perciò prevengo - che la mia intenzione non era di generalizzare, né tanto meno denigrare le categorie di persone che vengono citate nella storia, o le città in sé. Come da titolo, questa è Babilonia: la città del peccato e della corruzione, l’immagine di quello che mi sembrava trasparire dal video da cui ho preso spunto; non dissimile dalle nostre, ma neppure identica a mio parere. Ho evitato volontariamente di inserire riferimenti ad una specifica religione per non rischiare di offendere nessuno.
Ho voluto omettere le note che avevo inserito: spero sia abbastanza chiaro che i pensieri di un personaggio non rispecchiano quelli dell'autore! ;)
Detto questo… ho scritto questa storia di getto, senza quasi sapere dove sarebbe andata a parare, seguendo solo l’idea che il video mi aveva data; non è da me, ma tutto sommato sono molto soddisfatta di ciò che ne è venuto fuori. La storia segue il filo logico delle immagino del video, reinterpretando le storie ed aggiungendovi uno sfondo.
A fine testo è riportato il giudizio ottenuto al contest ;)


PREMIO SPECIALE:
« Ooh La! » per la storia più originale, "Babilonia" di Aleena. 

VALUTAZIONE: 
Grammatica: 7/10 
Stile: 10/10 
Originalità: 10/10 
Caratterizzazione del/i pg: 10/10 
Utilizzo del video: 10/10
Parere personale: 5/5 
Per un totale di 52 punti su 55. 

Partiamo dalla scelta del titolo: fantastica. Hai pensato alla città caotica per antonomasia, che funge da ottimo preludio alla narrazione, la quale si presenta lineare e ben articolata, ricca di belle metafore. Hai inserito delle costruzioni lessicali davvero notevoli, una retorica cruda ed incalzante, perfettamente aderente con l'atmosfera cupa ed angosciosa del video, da cui hai tratto un'idea ed un'interpretazione più che splendide. La concatenazione di eventi che attorniano la drammatica morte di Mike è, anch'essa, geniale: ripercorre le note dei Linkin Park con lo stesso ritmo frenetico, il racconto si sposta veloce da un micro - universo all'altro, tramite un narratore onniscente e brutale, al pari della Città. A tal proposito, ho adorato la personificazione di questa, mostrata come un essere spietato ed apatico, suddivisa in piccoli nuclei che, ad uno ad uno, vengono distrutti dalla corruzione che s'incunea lungo le sua arterie. Malgrado tutta la mia adorazione, però, un minuscolo appunto devo farlo: la grammatica risulta più che buona, ma talvolta si presenta un'imprevista confusione nel corso del periodo, dovuta forse ad una rilettura veloce e poco accurata. Ti faccio un esempio: Dave continua a metterla ad ingravidarla - volevi forse dire a metterla incinta o, più semplicemente, ad ingravidarla senza quel 'metterla' di troppo. Per il resto, ho rintracciato solo qualche errore di palese distrazione ( come un paio di virgole dimenticate, alcuni plurali da convertire in singolari e piccolezze del genere ) e un'imprecisione che, però, ho notato che commetti abbastanza spesso: Caroline ha avuti molti uomini, il verbo non deve concordare col complemento oggetto, bensì col soggetto della frase, a meno che non abbia la funzione di aggettivo. Concludo quindi col farti i miei migliori complimenti, innanzitutto per l'originalità della tua idea - che ti è valsa l'assegnazione del premio a tal proposito - e, secondariamente, per il lessico assai variegato e ben adattato alle diverse descrizioni. Bravissima, sul serio! 

 
  
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