Capitolo 29
Quando
tornai a casa di Emile, le audizioni erano terminate e il mio Pel di
Carota
aprì la porta di casa con aria contrariata: «Ma
insomma, giro un secondo le
spalle e tu sparisci?»
«Sì,
era per una buona causa! E poi tu eri impegnato, dovevo pur far
qualcosa!»
Mi
alzai sulle punte, per dargli un bacio e azzittirlo: non avevo
intenzione di
discutere, anche perché la nostra giornata anti musi lunghi
non era ancora
terminata. Emile chiuse la porta con l’espressione
più perplessa che gli avessi
mai visto sul volto.
«Cosa
stai architettando? E Lucien, dove l’hai lasciato?»
Mi
girai mostrandogli il mio sorriso migliore, soddisfatta di me per la
mia
genialata.
«È
in compagnia, non preoccuparti.»
Mi
guardò per un istante, con quella stessa espressione
perplessa, ma quando la
comprensione apparve sul suo volto, scoppiò in una risata di
quelle che non gli
avevo mai sentito fare: «Sei proprio impossibile! Ti rendi
conto che stai
scherzando col fuoco? Ti metti a giocare a Cupido, ora?»
Unii
le mani dietro la schiena, sentendomi una ragazzina molesta colta su
una
marachella, ma anche soddisfatta del proprio operato:
«Sì lo so, ma se tutto
andrà per il verso giusto,
qualcuno mi ringrazierà.»
«Invece
io ho idea che quel qualcuno ora stia pensando a tutto, tranne che a
ringraziarti!»
Emile
mi raggiunse e mi scompigliò i capelli con una mano, prima
di circondarmi le
spalle con il suo braccio. «E mentre i due piccioncini si
stavano nutrendo del loro
amore, tu che hai fatto?»
«Sono
andata da Simona; non sto più andando ogni settimana e
quindi quando ho un pomeriggio
libero, ne approfitto.»
Mi
diede un bacio sulla testa mentre la sua mano mi strinse più
forte a sé: «Devo
andare a trovare mia madre… è dal giorno del
funerale che non vado da lei.»
«Allora
la prossima volta che vado da Simo, vieni con me e facciamo la nostra
bella
visitina familiare.»
Emile
mi chiuse nel suo abbraccio circondandomi completamente con le braccia:
«Sei
una gran donna Pasi… anche se t’impicci
pericolosamente nella vita altrui!»
«Ma
solo a fin di bene!»
«Ovvio…
del resto se non fossi stata così, probabilmente nemmeno ci
saremmo
conosciuti.»
«Io
invece penso che sarebbe avvenuto ugualmente
perché…»
«…
Perché siamo legati dal Filo Rosso del Destino.»
Emile continuò la mia frase
facendomi il verso, ma quando alzai il viso per osservarlo, vidi una
luce
divertita nei suoi occhi.
«Esatto
e sono sicura che ci crederai anche tu. prima o poi!» Sorrise
senza dire altro
e a quel punto mi venne in mente, che quel pomeriggio poteva avergli
donato una
nuova speranza, mentre ero via: «Come sono andate le
audizioni?»
Emile
dette in un sospiro prima di rispondermi: «Non si sono
presentati in molti,
infatti abbiamo terminato presto… ma nessuno ci convince
ancora… Odio
profondamente Claudio, ma diamine se ci sa fare! Sarà
difficile sostituirlo.»
Abbassai
di nuovo la testa stringendomi di più a lui.
«Prima
o poi arriverà la persona giusta Emile, arriva sempre e
Claudio non è l’unico
batterista in gamba sulla faccia della terra!»
Il
mio Pel di Carote sghignazzò: «Potrei mettere un
annuncio a livello mondiale
allora, magari ne trovo uno in India!»
«Uff,
ma quanto sei stupido!» Lo sentii sorridere tra
sé, quel giorno Emile era la rappresentazione
del sole, era di umore splendido e non la smetteva più di
sorridere e la mia
felicità si moltiplicò nel vedere quel volto che
adoravo, illuminato da quelle
espressioni di serenità.
«Streghetta,
ora però che ne dici se ci spostiamo da
quest’ingresso?»
Dato
che Alberto era preso dal suo dipinto, io ed Emile ci occupammo di
preparare il
pasto serale, per non distogliere l’artista dalla sua opera.
Era la prima volta
che cucinavo insieme a lui a casa sua, ma non era la prima volta quel
giorno e
la mia sensazione che tutto fosse completo e perfetto quando Emile era
con me,
si cementò nel mio cuore: volevo stare con lui, volevo
condividere ogni più
piccolo momento del quotidiano con il mio Pel di Carota.
Volevo
uscire e tornare a casa sapendo che ci sarebbe stato lui ad accogliermi
e che
con lui avrei preparato il nostro pasto, volevo condividere
l’atmosfera
rilassante del dopocena, stare accoccolata accanto a lui, far
l’amore con lui e
addormentarmi tra le sue braccia, per poi risvegliarmi guardando il suo
volto…
Volevo il mio Emile, sempre e per sempre.
«Pasi?
Ti sei imbambolata… oggi la cucina ti fa uno strano
effetto.» Il mio Pel di
Carota era alla mia destra, intento
come
me a preparare qualche tartina per stuzzicarci l’appetito.
«Sarà
l’odore del cibo che mi annebbia i sensi!»
«Ah
sì? Proviamo a vedere.» Con sguardo malizioso
e un movimento fulmineo, che mi ricordò quello
della mattina quando mi
aveva bloccato sul letto, prese un po’ di maionese e me la
spalmò sul naso.
«Ma
che… vuoi la guerra Pel di Carota? E
l’avrai!» Presi la mia salsa tartara e
gliela spalmai sul braccio… il viso era decisamente fuori
portata e poi
l’infame si era tempestivamente spostato, per cui dovetti
adattarmi al primo
lembo di pelle che trovai; il suo contrattacco arrivò presto
e in breve tempo
ci ritrovammo spalmati di salse su tutto il corpo…
«Ehm…
bonsoir.» … e fu in quel momento che comparve
Lucien.
Io
ed Emile ci bloccammo, osservando il nuovo arrivato che ci guardava
perplesso,
ci guardammo negli occhi per un istante e scoppiammo a ridere,
rendendoci conto
di sembrare due bambini.
«Pardonnez-moi
per l’interruzione, prego fate pure.»
Lucien
fece un sorriso soddisfatto e fece per andarsene, quando Emile a
sorpresa si
rivolse a lui: «Se vuoi ce n’è anche per
te, cousin.»
Sia
io e che Lucien lo guardammo sorpresi: quel giorno il mio Pel di Carota
sembrava davvero un’altra persona, era riuscito per la prima
volta ad
interagire di sua spontanea volontà con suo cugino e senza
la solita rabbia che
gli riservava da sempre! Non mi feci scappare quell’occasione
e colsi il suo
suggerimento al volo, prendendo la mia salsa tartara e spalmandone un
po’
sull’avambraccio di Lucien, che rimase totalmente interdetto.
«Ha
ragione Emile, ce n’è anche per te!» Lo
guardai con sfida, sperando che si
unisse a noi: guardò me e suo cugino alternatamente per
qualche secondo, finché
con uno scatto repentino, mostrando uno spirito
d’osservazione non da poco,
arrivò accanto al barattolo del paté di olive,
facendone la sua riserva
personale di proiettili, e passò al contrattacco.
E
dopo poco tempo, comparve anche l’ultimo abitante di quella
casa, che si
affacciò in quella stanza, che era diventata un vero e
proprio campo di
battaglia:
«Cosa
diavolo sta accadendo qui?»
Lo
spettacolo che offrimmo ad Alberto non era dei migliori: ognuno di noi
aveva il
suo barattolo con la salsa in una mano e l’altra sporca, che
cercava un punto
indifeso sul corpo dell’altro. Io cercavo di trattenere
Lucien con un piede, mentre
puntavo il mio dito sporco di tutte le salse usate, mischiate tra loro,
verso
il naso di Emile, che dal canto suo tratteneva il suo barattolo come se
ne
valesse della sua vita, tirando il volto in alto e allungando la mano
“armata”
di salsa sul braccio di Lucien, che cercava di staccarsi dallo
sgambetto che
gli stavo facendo, mentre la sua mano colpiva la fronte di Emile.
Le
tartine erano rinsecchite sul tavolo e ovunque sulla mobilia,
c’erano i segni
delle nostre mani che, sporche di salsa, avevano cercato un punto
d’appoggio.
«Vi
rendete conto che questa è una cucina? Guardate come
l’avete ridotta! Sembrate tre
bambini delle elementari…»
Restammo
bloccati ad osservarci a vicenda, cercando di non ridere delle nostre
facce
completamente coperte da
tutte le salse
possibili, finché Alberto continuò la sua
ramanzina.
«Vi
faccio vedere io, come si fa la guerra!»
Prese
la doccetta collegata al lavello della cucina e ci coprì
letteralmente d’acqua,
facendoci diventare un unico impasto con le salse appiccicate sui
nostri corpi!
Emile fu il primo a reagire, con scatto repentino ridusse le distanze
che lo
separavano da suo padre e gli spalmò sul viso, la sua scorta
terribilmente
calante di maionese, mentre io e Lucien l’incitavamo e subito
dopo prendemmo
coraggio per correre al contrattacco.
«Ragazzini
sleali, vi affidate al numero, eh? Vi faccio vedere io chi è
che comanda qui e
dopo pulirete tutto il caos che avete fatto!»
E
ne facemmo di caos: quando le nostre scorte terminarono, lo spettacolo
che
c’era in quella cucina era devastante: Alberto ci mise a
lavorare sodo per
ripulire tutto, non senza partecipare anch’egli alle pulizie
notturne e quando
dopo un’ora di fatiche erculee la cucina tornò a
brillare, ci spedì nelle docce
mentre si occupava della cena, che avvenne ad orari
vampireschi…
Mi
dimenticai del tutto di chiedere a Lucien se fosse arrabbiato con me
per il
tiro mancino che gli avevo fatto, lasciandolo da solo a casa di Sofi e
non
potevo dire se il suo umore sereno fosse indice che non era accaduto
nulla di
sgradevole dalla mia amica o se fosse solo dovuto al fatto, che
finalmente
Emile l’aveva trattato come uno di famiglia. Dal canto mio
ero totalmente al
settimo cielo, quello fu uno dei giorni più belli della mia
vita, un giorno che
avrei portato nel cuore per sempre.
E
come al solito, Alberto aveva ragione: avrei dovuto portare qualche
ricambio in
quella casa, perché dopo aver fatto la doccia, usai un altro
vecchio completo
di Emile per rivestirmi.
*****
«Pasiiiiii!!!
Sono quiiiii!!!»
Dopo
aver chiesto sul suo conto al mio Pel di Carota, mi ero decisa a
chiamare Iulia,
per vederci una mattina e fare due chiacchiere insieme. Quella
settimana avevo
il turno pomeridiano e siccome la sera la volevo trascorrere con il mio
Emile
(casa discografica permettendo), optai per le ore mattutine per tutti
gli altri
impegni. Iulia fu felicissima di sentirmi e si rivelò
disponibilissima con
i miei orari, così decidemmo
d’incontrarci davanti ad un bar, per poterci prendere una
granita e fare due
chiacchiere.
Ero
arrivata prima di lei ma mi fece attendere solo qualche minuto, prima
che la
sua voce mi chiamasse a tutto volume da qualche metro di distanza. Mi
girai
sorpresa: non ero abituata ad essere chiamata in quel modo,
l’unico che lo
faceva era Stè e di solito non usava il
mio nome. Iulia era visibilissima in mezzo alla folla, con
il suo
abbigliamento scuro sembrava un sole nero, nel mare di persone che
popolavano
la strada quel giorno, ma a discapito del suo abbigliamento lugubre, la
sua
voce e l’espressione del suo viso non facevano che ispirarmi
una sola cosa: il
sorriso.
Una
volta raggiuntami, si chinò su di sé per
riprendere fiato, doveva aver corso.
«Scusami….
ti ho…. fatto aspettare…»
«Ma
no, che dici! Non c’era alcuna fretta, sei in perfetto
orario.»
«Per
fortuna… ho corso come una pazza…»
«Ma
non c’era bisogno di affrettarsi in questo modo!»
Alzò
il viso verso di me e i suoi lunghi capelli le coprirono in parte il
viso.
«L’auto
si è fermata all’improvviso e ho dovuto farmi
qualche metro di troppo a piedi…
temevo che te ne saresti andata via, stanca di aspettarmi.»
«Ma
potevi chiamarmi! Sarebbe bastato che mi avessi avvisato e ti avrei
aspettato!
Anzi, vuoi una mano con l’auto?»
«Oddio
hai ragione, che scema! Non ci avevo nemmeno pensato!!»
Iulia
si rialzò e si mise a ridere di gusto, era davvero un
tipetto allegro e sembrava
anche molto autoironica… il suo modo di ridere
così spontaneo fece sorridere
anche me.
«Sarà
stato il calore che ti ha offuscato i pensieri.»
«No,
purtroppo, sono io che a volte sono davvero svampita e menomale che non
sono
bionda!»
Sorrisi
a quella battuta, pensando che se Rita l’avesse sentita, si
sarebbe alterata
non poco: il biondo cenere dei suoi capelli aveva scatenato spesso
delle
battute sulla stupidità delle bionde, battute a cui reagiva
ogni volta
infuriandosi, proprio lei che normalmente era una persona
così tranquilla e posata.
«Vuoi
una mano con l’auto? Possiamo vedere insieme
cos’ha…»
«Te
ne intendi? Io credo di sapere cos’ha perché
spesso mi lascia a piedi, la
carogna, ma del resto è una Vecchia Signora, ha la sua
età e non posso
pretendere troppo da lei… però ci penseremo dopo,
ora ho voglia davvero di
qualcosa di fresco e di fare due chiacchiere.»
Mi prese a braccetto e senza nemmeno attendere una mia
replica, entrammo
nel bar.
Ordinammo
le nostre granite e ci accomodammo ad un tavolino, posto nel fresco di
un
angolo, lontano dalla calca e soprattutto lontano dal calore devastante
di quel
mattino.
«Non
sai che piacere mi abbia fatto, ricevere la tua telefonata! Non credevo
che
avresti risposto al mio invito, anche se ci speravo… avevo
davvero desiderio
d’incontrarti!»
«Grazie
Iulia, sei così gentile… non credevo di essere
così popolare!»
«Oh
invece lo sei! Franz ti adora, dice che sei una persona sincera e
divertente e
che hai anche amici simpatici.»
Avevo
capito benissimo a chi si riferisse… ancora mi vergognavo al
pensiero degli
aneddoti che Stè aveva raccontato sul mio conto a Francesco
e Filippo… Una
serie interminabile di figuracce, collezionate in otto anni di
conoscenza;
c’era materiale in abbondanza per scrivere una saga
cinematografica!
«Sì,
beh… diciamo che Francesco e Stè sono andati
subito d’accordo.»
«Ti
hanno messo alla berlina, vero? Franz quando ci si mette è
spietato! Lo fa con
affetto, ma quando prende di mira qualcuno, riesce a prenderlo in giro
per
qualsiasi cosa! Fil è più pacato, ma se si fa
prendere dal fratello ci si mette
anche lui e allora è davvero finita!»
Ricordai
il giorno in cui incontrai per la prima volta i due gemelli e mi
tornò alla
mente il modo in cui si divertivano a sminuire le arie di
superiorità di Emile.
Sorrisi, rendendomi conto che le parole di Iulia erano vere: anche se
con
spirito bonario, quei due insieme erano capaci di minare
l’amor proprio di
chiunque…
«Pasi…
scusami se te lo chiedo ma, hai
un nome
particolare…»
E
come da copione, ecco che tornava come sempre, il tormento che mi
accompagnava
da quando ero nata…
«Sì
beh, ecco… in realtà è Pasifae,
è un nome greco…»
«Che
bello allora siamo cugine! Il mio è romano!» Il
viso di Iulia si illuminò come
quello di una bambina e la vidi anche unire le mani in un gesto di
gioia. «Ho
il nome della Gens Iulia, la famiglia a cui apparteneva Caio Giulio
Cesare.»
«Allora
probabilmente, i tuoi genitori conoscevano i miei!» dissi
senza alcuna gioia;
ogni volta che si tornava sull’argomento del mio nome, non
riuscivo a trovarci
nessun lato positivo, ancor più se l’associavo ai
miei genitori, che
continuavano a costituire per me, un problema da risolvere…
Invece la mia
interlocutrice sembrava del tutto entusiasta delle mie parole!
«Sarebbe
bello scoprire che davvero si conoscono, sarebbe un segno del
Destino!»
«Sì,
magari erano compagni di classe alle superiori!» Iniziai a
prendere gusto anche
io a quell’idea strampalata, immaginavo persino i miei
genitori in veste di
studenti che parlavano con i loro compagni di classe...
«E
magari sono stati anche presenti ai rispettivi matrimoni!»
Iulia sembrava
divertirsi davvero all’idea… sembrava una persona
che si entusiasmava davvero
con poco, avrebbe potuto fare concorrenza a Stè!
«Ma
bando alle ciance, torniamo a noi: probabilmente ti sarà
sembrato eccessivo il
mio entusiasmo nel volerti conoscere, ma è la prima volta
che riesco a parlare
con la ragazza di uno di quei perdigiorno dei GAUS…
soprattutto di Emile! Franz
mi ha detto che state insieme da tanto tempo, come hai fatto? Le altre
non sono
durate che qualche mese scarso!»
«Beh…
non so… oddio non che sia stato
facile…»
Cercai
d’ignorare il riferimento alle altre,
per concentrarmi sulla sua domanda principale… Era meglio
non istigare la mia
gelosia latente, perché iniziavo davvero a temerla.
«No
scusami, non volevo farmi gli affari tuoi, ti sarò sembrata
un’impicciona! Era
una domanda retorica, perché sono stupita e sono anche
felice che quella testa
dura sia più sereno, da quando ci sei tu.» Alzai
il viso sorpresa da
quell’affermazione: quanto sapeva Iulia sul conto di Emile?
«In
che senso?»
«Vedi,
Franz ed io ci conosciamo da tanti anni e tra di noi non ci sono
segreti: mi
parla spesso del gruppo e dei loro problemi e mi ha sempre detto che il
tuo
ragazzo era intrattabile la maggior parte del tempo, anche se aveva
talento e
le sue scelte si erano rivelate quasi sempre giuste. E da quando
è con te,
Franz mi dice che Emile è migliorato: è
più aperto ai loro pareri e anche se
stanno attraversando un momento critico, lo vede più sereno,
meno cupo… A parte
quando il suo sguardo incontra quello di Claudio, perché in
quel caso potrebbe
scapparci il morto!»
«Sì…
Emile si sta sforzando tantissimo, per sopportare la presenza di
Claudio nel
gruppo…»
«Per
fortuna quel pallone gonfiato se andrà via, dopo il tour!
Era ora che si
allontanasse, lui e la sua ex ragazza che ci ha sempre snobbato, non li
ho mai
sopportati!»
«Emile
mi ha detto qualcosa in proposito.»
«Quella
tipa l’avrò vista due volte in quattro anni! Lei e
Claudio litigavano in
continuazione, perché diceva che il gruppo allontanava il
suo ragazzo da lei,
ma lei nemmeno ha provato a stargli accanto! Non l‘ho mai
vista ad una delle
loro serate, non è mai venuta a fare il tifo per il proprio
ragazzo, né a
portare un po’ di amici nei locali dove si
esibivano… In realtà credo fosse
gelosa della band, perché temeva di essere meno importante
agli occhi di
Claudio… Così prima che fosse lui a farlo,
l’ha lasciato lei…»
Con
quelle rivelazioni di Iulia, mi vennero in mente le parole di Claudio
al riguardo:
“Quell’ipocrita non mi ha
permesso di
andare a trovare la mia ragazza in ospedale quando si è
ferita l’anno scorso”
e compresi quanto quell’assenza al capezzale della sua
ragazza, dovesse essere
pesata nel loro
rapporto, tanto da
spingerla a lasciarlo.
«…
e Claudio si è vendicato in quel modo
ignominioso.»
Al
solo ricordo di quel giorno, in cui quel tipo mi aveva messo le mani
addosso,
provocando la rabbia di Emile, arrossii di vergogna,
d’imbarazzo e di rabbia e
chinai il capo, incapace di affrontare apertamente il viso di Iulia.
«Non
devi imbarazzarti Pasi, non è dipeso a te, è
Claudio ad essere un verme viscido
e schifoso.»
«Lo
so, ma mi sento ancora così arrabbiata per il modo in cui
sono stata usata
contro Emile! E terribilmente in colpa per quello che ho
scatenato…»
«Mah,
secondo me invece, è stato un bene: a parte il tour, Claudio
sarà fuori dai
giochi e i ragazzi saranno liberi di trovarsi un altro batterista, che
rispetti
la loro politica e che non metta i bastoni tra le ruote nei momenti
cruciali.»
«Io
lo spero davvero,
Iulia, perché mi sento
così terribilmente in colpa e ho visto Emile ridotto in
pezzi dalla cattiveria
di Claudio… Spero che se ne vada da quel gruppo il prima
possibile!»
Iulia
mi prese le mani tra le sue guardandomi con affetto: «Se ne
andrà, stai
tranquilla, dobbiamo solo pazientare un po’ e se ne
andrà via per sempre dalle
nostre vite e da quelle dei nostri ragazzi.»
Il
modo in cui mi guardò, il tono della sua voce e il contatto
delle sue mani, mi
fecero sentire confortata e benvoluta e in quel momento provai
un’assoluta
felicità per averla conosciuta e per aver potuto finalmente
condividere le mie
paure e i miei pensieri relativi al futuro dei GAUS, con qualcuno che
poteva
comprendermi totalmente. A mia volta, iniziai a comprendere il
desiderio di
Iulia di conoscermi, per poter finalmente avere qualcuno con cui, come
aveva
detto Emile, dividere le gioie e i dolori dell’essere la
compagna di un
musicista.
«Ah!
Prima che me ne dimentichi, grazie per il ciondolo Iulia, è
bellissimo!»
«Davvero
ti piace?»
«Sì,
è bellissimo! Mi piace la forma e i colori usati, davvero
originale!»
«Oh,
quanto sono felice!» Rifece il gesto di battere le mani
contenta, come una
bambina cui avevano
promesso delle
caramelle e mi fui contenta di averle dato quella
soddisfazione… A patto che la
mia idea fosse fondata…
«L’hai
fatto tu, vero?»
«Con
queste mani!» disse,
mostrandomi i palmi
in alto orgogliosa.
«Ho
sempre ammirato chi ha il dono della creatività, sei davvero
brava!»
«Grazie!
Ma quello che faccio io è nulla a confronto con certi geni,
Pasi! Qualche volta
devo portarti con me a qualche mercatino dell’artigianato e
vedrai quante
delizie e quanti capolavori possono nascere, da un paio di mani
abili!»
«Ma
anche tu sei brava!»
«Cerco
di fare quel che posso: mi piace lavorare le paste sintetiche e
più lo faccio,
più mi vengono in mente idee diverse e sono felice quando
ciò che creo piace… Anche
se questa mia cliente ha disdetto all’ultimo secondo e senza
nemmeno vedere il
mio lavoro… Mi ha lasciato come una stupida, con il ciondolo
pronto!»
«Fatti
risarcire, allora! Hai impiegato tempo per farlo.»
«Sì,
per quello non ci sono problemi, mi faccio dare sempre un acconto prima
d’iniziare
a lavorare, così se i clienti cambiano idea almeno ci
guadagno comunque qualcosa.»
Mi sorrise sodisfatta; a quanto sembrava Iulia non era una sprovveduta,
nonostante quei suoi atteggiamenti che la facevano sembrare una bambina
un po’
cresciuta.
«Hai
un negozio?»
«No,
ma mi piacerebbe, un giorno! Sto mettendo da parte il mio gruzzolo
personale in
previsione, ma è ancora tutto da decidere e poi se la
carriera dei GAUS andrà
avanti, Franz sarà spesso in giro, quindi per ora mi
è più comodo avere il
lavoro con me, senza dover restare in una sede fissa, così
posso accompagnarlo
ovunque vada!»
«Hai
intenzione di seguirlo in tournée?!»
«Ti
sembra così strano? Sarà via per mesi ed io non
ho impegni fissi qui e poi avrà
di sicuro bisogno di un sostegno, senza contare che posso
fare i miei lavori, ovunque ci sia un
forno.»
«Allora,
sarai la loro groupie!»
«Uhm…
una groupie un po’ riservata… solo per uno dei
chitarristi!» Ci mettemmo a
ridere su quella battuta ma Iulia si fermò
all’improvviso.
«Tu
non verrai?»
«No…
o meglio, non ne abbiamo nemmeno parlato, ma non credo che sia il caso:
Emile
non vuole che m’intrometta nella sua vita professionale e non
posso che dargli
ragione, perché quando l’ho fatto ho scatenato
quel casino…»
«Ah
è vero, Claudio sarà lì.»
«Già…
probabilmente riuscirei anche a tollerare la presenza di Claudio, ma
darei solo
un problema in più ad Emile, che già fatica ad
essere sereno in presenza di
quel tipo... e poi io qui ho il mio lavoro e il mio impegno col
centro.»
«Che
centro?»
«Un
centro d’accoglienza per chi ha problemi psicologici: io e il
mio amico
Federico aiutiamo chi ha problemi a confidarsi, oppure indichiamo a chi
lo
chiede, i centri migliori nel circondario per risolvere i singoli casi.
Fede ha
lavorato in una comunità per tossicodipendenti per anni e ha
una grande
esperienza con chi ha problemi psicologici, io facevo del volontariato
insieme
a lui e quando la comunità ha chiuso, abbiamo pensato di
creare qualcosa
personalmente, con le nostre poche risorse. Per ora è solo
un piccolo centro di
ascolto, ma col tempo se ci giochiamo bene le nostre, carte potremmo
aprire
anche noi una comunità o qualcosa di simile.»
«Wow!
Pasi sono senza parole, tu e il tuo amico siete da ammirare, avete un
progetto
meraviglioso a cui dedicarvi! Ce ne fossero di più, di
persone come voi!»
Iulia
aveva il viso palesemente ammirato e quello sguardo mi fece arrossire;
io
continuavo a considerare il mio impegno sociale come qualcosa di
normale,
perché faceva parte del mio carattere dare aiuto quando
potevo; gli sguardi
ammirati delle persone mi
mettevano a disagio, perché non li capivo.
«Ma
no, Iulia, non è nulla di che, mi piace e cerco di fare di
una passione,
qualcosa che mi impegni il tempo in modo proficuo.»
«Io
continuo a pensare che tu sia da ammirare, non ho mai conosciuto
qualcuno della
tua età così prodigo verso gli altri…
Viviamo in un mondo egoista e
indifferente e il tuo impegno verso chi è fragile dentro
è davvero unico!»
«Se
ti fa piacere allora, qualche volta ti porto con me al centro,
così conoscerai
anche Fede e vedrai cosa facciamo.»
«Sììì!
Mi piacerebbe tantissimo, grazie!» Quasi saltando dalla
sedia, prese le mie
mani nelle sue e mi guardò con una luce bambinesca negli
occhi che mi fece
sorridere di cuore: quella ragazza mi piaceva davvero tanto!
La
mattinata trascorse velocemente in sua compagnia: Iulia era una persona
socievole e molto loquace e aveva saputo ispirarmi fiducia presto,
nonostante
avessi notato anche degli atteggiamenti del tutto singolari in lei,
come
quell’ingenua spontaneità da bambina che mi aveva
lasciato un po’ sorpresa. A
quel pensiero, ricordai le parole di Emile:
“Iulia mi ha dato
l’impressione di essere
una ragazza vitale e fuori dagli schemi” e mi resi
conto che quella
descrizione combaciava perfettamente, con quello che avevo percepito su
di lei.
Iulia sprigionava una grande vitalità dal suo modo di fare e
a volte lasciava
del tutto spiazzati per la sua imprevedibilità.
Quando
giunse per me, l’ora di andare a lavoro, mi
abbracciò con calore: «Sono davvero
felice di averti conosciuta, Pasi, mi piacerebbe se noi due
diventassimo
amiche.»
Ricambiai
il suo abbraccio con sincero trasporto: «Anche a me ha fatto
piacere
conoscerti.»
«Visto
che non ci sarai nel tour, voglio portarti più vicina al
mondo dei GAUS:
tieniti pronta, perché la prossima volta che mi
farò sentire, dovrai ritagliarti
qualche ora libera!»
«Ma
che intenzioni hai?»
Mi
staccai dal suo abbraccio sconcertata e Iulia si portò
l’indice davanti al
naso: «Segreto!
Ed ora vai, sennò fai
tardi al lavoro. A presto, Pasi!» Mi diede un bacio sulla
guancia e scappò via
verso la direzione da cui era venuta.
Ero
di nuovo senza parole, come quella sera a lavoro: cosa aveva voluto
dire con
quella frase? In che modo voleva portarmi più vicina al
mondo dei GAUS?
Feci
la strada verso il fast food riflettendo su quelle parole e su quella
mattinata
e solo arrivata a destinazione, mi ricordai che Iulia aveva
l’auto ferma per
strada e che non le avevo dato una mano a rimetterla in sesto.
*****
«Pronto?»
«Stè
ho bisogno di una mano.»
«Cos’hai
combinato stavolta, Testarossa?»
«Nulla,
ho solo bisogno della tua tecnologia.»
«Uhm,
chissà perché ho l’impressione che
c’entri la famiglia di Emile…»
«Bravo
Einstein! Puoi aiutarmi?»
«Certo,
che domande fai? Vieni pure.»
«Perfetto,
mi preparo e vengo da te.»
Mi
ero appena alzata e prima che la mattinata scorresse in altre faccende,
mi
preparai ad andare da Stè per portare a termine quel piccolo
lavoretto di cui
avevo bisogno.
Alberto
mi aveva donato senza pensarci due volte, una delle rare foto in cui
lui e sua
moglie si godevano l’inizio della loro avventura di genitori
ed era anche una
delle poche foto felici in cui erano presenti tutti e tre.
L’avevo presa con
gioia, ma dopo qualche giorno mi sembrò di aver tolto un
tesoro prezioso da
quella casa e dalla scatola dei ricordi di Emile e Alberto.
Così in cerca di
una soluzione, che mi permettesse di avere quella foto ma senza
toglierla ai
legittimi proprietari, trovai di nuovo un valido aiuto nella
strumentazione
tecnologica di Stè: avrei scannerizzato la foto, rendendola
digitale, per poi
farmela stampare, così avrei avuto la mia copia
senza togliere l’originale ai proprietari.
«Ho
l’impressione che la casa di Emile sia un negozio di
antiquariato… sarà per
quello che restaura mobili antichi!»
«In
effetti, l’arredamento ha alcuni dettagli che ricordano altri
tempi.»
«In
verità mi riferivo alle volte che sei venuta per
modernizzare gli oggetti
provenienti da quella casa, come le canzoni della signora
Claudine… A
proposito, Lucien ha parlato con Sofia?»
«Eh?»
«Per
le lezioni di francese, Pasi!»
«Ah
sì, giusto… Credo di sì,
perché l’ho accompagnato io stessa da
lei.»
«Come
“credi”? Non eri presente?»
«Ehm…
in realtà l’ho solo accompagnato…
appena arrivati, me ne sono andata via.»
«COSA?
E perché mai? Hai lasciato Lucien in pasto a Sofia? Oh
cielo, l’avrà fatto a
fette!»
«Quanto
sei drastico, Stè! Sofi non è mica un
orco!»
«Ma
se tu sei la prima a litigarci!»
«Lo
so, ma Lucien riesce a zittirla, ricordi? Senza la mia presenza in
mezzo, sono
sicura che se la sarà cavata alla grande.»
«Scusa,
ma poi non sei andata a prenderlo? Com’è tornato a
casa?»
«Non
lo so di preciso: è tornato poco prima di cena, ma non
abbiamo avuto modo di
parlare…»
Sorrisi,
ricordando quella sera stupenda che avrei conservato per sempre nel mio
cuore:
erano trascorsi due giorni da allora e non avevo avuto occasione di
rivedere né
Emile né tantomeno Lucien.
Il
mio Pel di Carota poteva anche aver terminato le registrazioni, ma
c’era ancora
così tanto da fare alla casa discografica, che le sue serate
finivano con
l’essere risucchiate dai GAUS e a me non restava che
attendere l’ora della
nostra chiacchierata telefonica, prima di andare a dormire.
«Uhm…
tu non me la conti giusta, Testarossa… Stai architettando
qualcosa, vero?»
Stè
era un caro ragazzo, ma se c’era una cosa
che non sapeva fare, era fingere e dirgli dei sospetti miei e di Rita
sul conto
di Sofia, non era contemplabile, perché anche se gli avessi
fatto giurare di
non fare battute in presenza di Sofi, sapevo che non avrebbe resistito,
scatenando l’ira della nostra amica, che già stavo
mettendo alla prova
personalmente con il mio comportamento da Cupido.
«No
Stè, te l’ho detto, era meglio per tutti se Lucien
avesse parlato da solo con
Sofi, perciò non sono entrata anche io… e poi ho
dato per scontato che sapesse
tornare a casa da solo, com’è accaduto, quindi non
c’è alcun motivo per
insospettirsi!»
«Mah…
continuo a non essere convinto.»
Gli
mostrai uno dei miei sorrisi più convincenti e cercai di
cambiare discorso, per
non finire col tradirmi: era difficile per me mantenere un segreto con
Stè, lui
era il mio confidente più grande, sapeva ogni piccola cosa
sul mio conto e mi
dispiaceva mentirgli, ma era a fin di bene: Sofia era una persona
difficile e
dovevo andarci con i piedi di piombo se volevo riuscire nel mio scopo,
senza
farla arrabbiare definitivamente con me e perdere la sua amicizia.
«Testa
di Paglia… ricordi il discorso di qualche giorno fa, sulle
vacanze?»
«Sì,
certo... hai deciso dove andare?»
«Sì…
o meglio, credo che per quest’anno non ci
andrò.»
«Eh?
E perché? Non ti danno le ferie?»
«Non
so, non le ho ancora chieste a dir la verità… Il
fatto è che Emile sarà
impegnato tutta l’estate con la realizzazione
dell’album e poi andrà via in
tour… Voglio stare con lui Stè, voglio riuscire a
sfruttare tutto il tempo
possibile per stargli accanto, perché poi sarà
lontano da me per mesi.»
M’incupii
al solo pensiero di trascorrere settimane e settimane senza il mio Pel
di
Carota e sapere che invece Iulia avrebbe seguito Francesco, non mi
aiutava
affatto. Ma sapevo che il mio posto non era con i GAUS, sarei stata
totalmente
d’intralcio e non avrei potuto abbandonare il mio mondo per
Emile, non me lo
sarei perdonato e non l’avrebbe fatto nemmeno il mio Pel di
Carota. Ci eravamo
ripromessi di non perdere noi stessi e le nostre vite, per annullarci
in
funzione della vita del nostro compagno/a e così avremmo
dovuto procedere:
Emile doveva andare in tour ed io dovevo restare qui con i miei amici,
il mio
lavoro e il centro.
«Ho
capito… Uhm… a questo punto allora credo che
saremo tutti a casa, quest’anno.»
«Eh?
E perché? Nemmeno Rita e Fede vanno in vacanza?»
«Non
so di preciso, ma dubito che quei due, vogliano qualcuno tra i piedi!
Ora che
sono tornati ad essere una coppia, sicuramente vorranno farsi una
vacanza
romantica, non trovi?»
«Uhm,
hai ragione… Però c’è
So…»
«Testarossa,
sii obiettiva: cosa mai potremmo fare io e Sofia insieme? A parte
litigare, ovviamente!» Stè
aveva ragione, lui e Sofi erano poco compatibili:
per quanto potessero funzionare in compagnia, tanto era impossibile che
legassero quando erano da soli, c’era ben poco che li
accomunasse… e poi se
Sofi fosse andata via in vacanza, avrebbe messo delle distanze da
Lucien e
questo non doveva accadere!
«Allora
dobbiamo organizzare più spesso qualche altra giornata al
mare, almeno ci
divertiremo un po’, staremo insieme e ci godremo come
possiamo le vacanze… Anche
se mi dispiace che per colpa mia ci rinunci anche tu!»
«Ma
no, Pasi, non preoccuparti, lo sai che io trovo sempre modo
d’impegnare il mio
tempo e poi a dir la verità, dovrei studiare un
po’ per i prossimi esami:
quest’anno non sono stato troppo ligio al dovere e devo
recuperare!»
Abbracciai
Stè preda del senso di colpa e di un’improvvisa
tristezza: ogni volta che
accennava all’università, non potevo che andare
col pensiero a Simona e
l’associazione con il mio amico mi metteva immediatamente
addosso una grande
malinconia. In più con la mia decisione di stare accanto ad
Emile, avevo anche
precluso il suo divertimento estivo e anche se mi dicevo che ognuno
è libero di
gestirsi il tempo come vuole, senza dover dipendere dagli altri, non
potei
evitare di pensare di fare un torto al mio amico.
«Testarossa,
non preoccuparti, mal che vada se sentirò il bisogno di
prendermi una vacanza,
chiederò a qualche mio collega di facoltà o a
qualcuno dei miei fratelli… Sono
pieno di risorse, lo sai.»
Annuii,
lasciandomi confortare dal suo abbraccio.
«Su,
ora mettiamoci al lavoro, per portare nel ventunesimo secolo quella
fotografia.»
*****
«Pronto?»
«Allô
Pasi?»
«Lucien?»
«Oui,
c’est moi.»
«Che
sorpresa, è la prima volta che mi chiami!»
«Oui…
non posso usare mon portable ici e sto chiamando da quello di Oncle
Albert…»
«Ah sì,
vero, le tariffe estere ti ucciderebbero…»
«Oui,
per questo ho chiesto a Oncle Albert ,se potevo usare son
portable.»
«Allora,
cosa ti ha spinto a chiamarmi?»
La mia
mente era già in pieno fermento: stavo già
immaginando una confessione e una
richiesta d’aiuto per far breccia nel cuore strettamente
protetto di una
persona che conoscevo bene…
«Bien,
qualche giorno fa, ho trovato un depliant sulle rassegne estive
teatrali e ho
letto che daranno l’Edipo Re, une tragédie
greque… Ne ho parlato a Sophie e
dice che forse poteva interessarti vederla… sia a toi che a les
autres…»
Aveva
parlato di una tragedia greca a Sofia…
Iniziavo a pensare davvero che quei due fossero fatti l’una
per l’altro!
Mi
aveva sempre appassionato il teatro, aveva un certo fascino, anche se quando a scuola i
professori ci
portavano a vedere qualche rappresentazione, io e Stè ci
distraevamo in
continuazione; ma
chissà perché, pensare
a quei due che parlavano di teatro, mi dava l’impressione di
un discorso tra
cervelloni di quelli che passano in tv alle ore più tarde
della notte... e che
puntualmente mi facevano addormentare!
L’idea
di Lucien tuttavia non era affatto male: di sicuro lui e Sofi nutrivano
un
interesse per il teatro maggiore del mio, o comunque diverso: io lo
percepivo
più emozionalmente, mentre quei due di sicuro sapevano vita
morte e miracoli dell’autore
e dei significati reconditi dietro la trama… Poteva nascere
una serata
interessante e non volevo perderla, perché Lucien e Sofia
avevano ancora
bisogno di Cupido!
«Certo
che m’interessa! Verrò con piacere,
Lucien!»
«Bien!
Alors, ci pensi tu a chiamare les autres? Non vorrei sfruttare troppo
le
portable de mon Oncle…»
«Chi
dovrei chiamare?»
«Rita,
Federico e Stefano e confermare a Sophie chi ci
sarà…»
A quel
punto mi balenò nella testa un’altra idea per
avvicinare i piccioncini: «A dir
la verità, proprio non posso, ho finito il credito e non ho
nemmeno il tempo di
chiamare i ragazzi… Perché non vi organizzate tu
e Sofi?»
«Moi e
Sophie?!»
«Sì,
anzi ora ti do il suo numero e poi devo scappare perché ho
un impegno e non
posso rimandare!»
Portai
a termine con stile la mia nuova mossa da Cupido e non lasciai a Lucien
il
tempo di replicare… Stavo giocando col fuoco, sia con lui
che con Sofi, ma
finché mi fosse andata bene, avrei fatto di tutto per
aiutare quei due a
venirsi incontro! In effetti non sapevo nemmeno se Lucien fosse
interessato
alla mia amica, ma un sesto senso mi diceva che stavo agendo nella
giusta
direzione: se avevo visto bene, quei due erano legati dal Filo Rosso
del Destino,
proprio come me ed Emile e anche se prima o poi quel filo li avrebbe
chiamati a
sé senza il mio aiuto, ciò che avevo detto a Simo
qualche giorno prima era
vero: qualche volta le persone hanno bisogno di essere spinte verso la
giusta
strada da imboccare… Anche Fede aveva fatto così
con me, quando mi aveva dato la
foto da restituire ad Emile…
Certo
non ero come Sofi, ma avevo avuto anche io i miei tentennamenti e come
erano
stati vinti loro, ero certa che forzando un po’ la mano,
anche la muraglia che la
mia amica aveva intorno al suo cuore, si sarebbe sgretolata mano a
mano.
*****
«Pasifae!»
L’impegno
che avevo accennato a Lucien c’era davvero, anche se non era
così urgente come
gli avevo fatto credere: non vedevo Emile da giorni e per quando sarei
riuscita
nell’impresa, avevo intenzione di fargli un regalo speciale, così uscii di
casa piena di entusiasmo per la
mia idea. Ma per strada, all’improvviso fui bloccata da una
voce che conoscevo
bene e che non sentivo da tanto tempo: mi bloccai sul colpo e mi girai
per
salutare mia madre.
«Ma…mma.»
Era
di fronte a me, ferma, con delle buste sotto braccio, che indicavano
che fosse
in giro a fare spese. Il suo viso era ancora smagrito e sofferente, i
suoi
capelli erano raccolti in una coda bassa e avevano un aspetto
trascurato;
l’immagine generale era la stessa che avevo lasciato mesi
addietro, mia madre
era un fantasma e mi si strinse il cuore nel vederla in quelle
condizioni.
«Ti
trovo bene, Pasifae.»
A
quella affermazione, chinai lievemente la testa, sentendomi quasi in
colpa
perché a differenza sua, io in quel periodo ero felice e
quella gioia
traspariva sul mio viso.
«Sì,
beh… è un buon periodo.»
«Sono
contenta per te.»
Quella
frase su quel viso distrutto, sembrava nascondere il significato
opposto a
quello enunciato… e il
mio senso di
colpa continuò a crescere.
«Come
mai sei da queste parti?»
Cercai di
cambiare discorso, per poter avere una conversazione decente che non andasse a finire con uno
scontro o una
recriminazione.
«Sono
venuta a far spese, c’è una macelleria nei
dintorni che ha una
carne che piace molto a tuo padre…»
Al
solo nominarlo, sentii una fitta allo stomaco: ricordavo benissimo
l’ultima
volta in cui avevo visto mio padre… e al modo tragico e
conflittuale in cui ci
eravamo separati.
«Co…
come sta? Come stai tu?»
«Come
al solito, cerchiamo di elaborare il lutto e andiamo avanti.»
«Ma
stai mangiando? Ti preoccupi per papà, ma a te ci
pensi?»
Mia
madre accennò un sorriso triste: «È
bello vedere che ti preoccupi Pasifae,
anche se non ti fai vedere da un po’.»
«È
ovvio che mi preoccupi! Siete sempre i miei genitori… e lo
sai che venire in
quella casa non è facile per me!»
«Sì,
lo so… tuo padre mi ha detto com’è
andata l’ultima volta che sei venuta: gli
hai mancato di rispetto e questo non dovevi farlo.»
Chiusi
gli occhi per un secondo prima di fare un lungo respiro, per evitare di
andare
in escandescenza: in quel modo non avrei risolto alcunché.
«Sì,
lo so di aver esagerato, ma nemmeno lui c’è andato
leggero… e poi stavo
cercando di difendere te!»
«Pasifae,
io non ho bisogno di essere difesa! Conosco tuo padre da più
di vent’anni e so
come comportarmi con lui; non è cosa che ti
riguardi.»
Iniziai
a sentire il magone chiudermi la gola: ancora una volta i miei gesti
venivano
fraintesi, ancora una volta, i miei tentativi di comunicare venivano
distrutti.
«Ci
manchi… perché non torni a casa?»
Ricacciai
indietro il magone e mi armai di un’improvvisa risolutezza:
dovevo smetterla di
sperare in un miracolo, dovevo prendere atto che la realtà
era quella, che io e
i miei genitori non saremmo mai andati d’accordo; dovevo
accettarli così come
erano, dovevo farmene una ragione.
«No
mamma, non tornerò… cercherò di venire
a trovarvi più spesso, ma non tornerò a
vivere con voi.»
Mia
madre calò la testa e si zittì ed io, incapace di
mandare avanti ancora quella
conversazione, tagliai corto.
«Ora
devo andare… passerò presto a trovarvi,
così potremo stare un po’ insieme.» Non
ero affatto convinta sul quel “presto”, ma sperai
di riuscire a mantenere
quella parola, mentre mi accomiatavo da mia madre, lasciandomela alle
spalle.
*****
«Pronto?»
«Ciao
streghetta.»
«Emile!
Hai finito prima stasera? Non aspettavo la tua telefonata prima di
un’ora.»
«Sì,
abbiamo lavorato tutta la settimana al missaggio dei brani ed oggi
eravamo
davvero esausti, così abbiamo finito prima.»
«Che
bello, così magari ti riposi un po’.»
«Sì,
infatti… Sei a casa?»
«Sì,
ho appena finito di cenare… mi manchi!»
«Anche
tu mi manchi… ma a questo rimediamo subito, vieni ad aprire
la porta.»
Quasi
lanciai il cellulare sul tavolo per lo scatto repentino che feci verso
l’uscio
di casa mia, il pensiero che il mio Pel di Carota fosse a pochi passi
da me, mi
aveva mandato su di giri per la felicità e quando aprii la
porta e lo vidi
arrivare sorridente, con il cellulare ancora in mano, gli saltai
letteralmente
addosso, aggrappandomi al suo collo.
«Sei
qui! Sei qui!»
Emile
restò senza fiato per la mia stretta improvvisa:
«Piano Pasi, mi stacchi il
collo!»
«Non
m’interessa, dopo te lo curo, ora voglio stringermi a
te!»
Si
mise a ridere e mi strinse a sua volta:
«Se
si stacca, voglio proprio vedere come farai a curarlo!»
«Ho
un’ottima colla!»
Ci
guardammo per qualche secondo con la felicità negli occhi,
poi Emile si chinò
verso di me e mi diede un meraviglioso bacio che sapeva di
felicità.
*****
«Quindi
come al solito, il vostro non è stato un incontro
felice.»
«No…
ma ormai inizio ad abituarmici.»
Dopo
l’iniziale euforia di vederlo, avevo fatto entrare Emile in
casa chiedendogli
se avesse fame: mi piaceva l’idea di preparargli la cena, ma il mio Pel di
Carota aveva già
mangiato nella casa discografica… Dubitavo che fosse stato
un pasto sostanzioso,
ma aveva bloccato ogni mia insistenza, così ci eravamo
accomodati sul divano e,
abbracciati l’una all’altro, avevamo parlato della
nostra giornata… E per
quanto riguardava la mia, il racconto comprendeva l’incontro
con mia madre.
Emile
mi stringeva forte a sé, come se volesse proteggermi dai
brutti pensieri che,
sapeva, mi stavano affollando la mente.
«Però
da quello che mi hai raccontato, sembrava più disposta a
parlarti, stavolta.»
«Sì
è vero, ma quando ha difeso mio padre sul mio tentativo di
difendere lei, mi
sono sentita davvero persa… Perché non riesce a
capirmi?»
Mi
strinsi a lui più forte che potei, mentre parlavo mi resi
conto di aver un
bisogno immenso della sua presenza, delle sue braccia confortanti, del
battito
del suo cuore che mi dava sicurezza…
«Tua
madre ha un altro modo di vedere le cose… e poi credo che
qualsiasi donna
difenderebbe il proprio uomo da chiunque, anche nel caso si trattasse
di una
figlia… non credi?»
«Forse
hai ragione… io ti difenderei sempre e comunque!»
«Eccola,
la mia strega combattiva!» Emile mi diede un bacio sulla
testa, continuando a
stringermi a sé.
«Probabilmente
devo rinunciare all’idea di averli accanto a me: mentre le
parlavo ho sentito
che la mia era una battaglia persa, che volevo da loro qualcosa che non
avrebbero mai potuto darmi… Devo accettarli così
come sono, proprio come i
genitori dovrebbero fare con i figli.»
«Però
così soffriresti.»
«Soffro
comunque. Emile! Almeno me ne faccio una ragione e vado avanti!
Prenderò le
cose come andranno, andrò a far visita loro, faremo due
chiacchiere di
circostanza e dopo un’oretta di parole superficiali, me ne
andrò, avrò fatto il
mio dovere di figlia e avrò mantenuto un contatto con loro,
seppur del tutto
formale… Se è solo questo ciò che
potrò avere da loro, lo accetterò di buona
grazia.»
Sentii
la stretta di Emile farsi più serrata, mentre
mi poggiava una mano sul viso, per volgerlo verso il suo:
«C’è qualcosa
che posso fare, per aiutarti?» Lo guardai negli occhi, e vidi
quel grigio
azzurro offuscato dalla preoccupazione; quella
dimostrazione d’amore mi commosse e gli
rivolsi un sorriso.
«Stammi
vicino, non lasciarmi.»
«Questo
mai.»
Mi
stavo beando di quelle parole nel conforto del suo abbraccio, quando mi
ricordai del suo regalo: mi alzai all’improvviso, lasciandolo
del tutto
sorpreso e salii le scale che portavano al soppalco per raggiungere la
cassettiera, presi il pacchetto dal cassetto e tornai trionfante verso
il mio
Pel di Carota, che era rimasto ad osservare i miei movimenti, con la
stessa
espressione stupita.
«Questo
è per te.»
La
sorpresa sul suo viso lasciò spazio al sospetto:
«Ho dimenticato qualche
ricorrenza, per caso?» e il sospetto si tramutò in
timore di aver commesso un
grande errore di dimenticanza.
«Ma
no! È una piccola cosa che volevo avessi, avanti
apri!»
Emile
fece un sorrisetto tornando all’espressione dubbiosa, prese
il pacchetto e in
un colpo solo sciolse il nastro che lo teneva chiuso, tirandone fuori
il
contenuto.
«Una
chiave?»
«Sì…
la chiave… di questa casa.» Emile
sgranò gli occhi per la sorpresa. «Ho
ripensato a quando ti ho visto sulla porta la settimana scorsa e che se
avessi
avuto le chiavi, avresti potuto dormire comodo appena
arrivato… e poi mi
piaceva l’idea di saperti in casa al mio ritorno…
o al mio risveglio.»
Senza
dire una parola, si alzò dal divano e mi
abbracciò forte a sé ed io lo strinsi
a mia volta, travolta da quell’abbraccio carico del suo amore.
«Grazie.»
Quella
sola parola da parte sua, bastava a riempire pagine di significati: lui
temeva
che l’abbandonassi ed io volevo che fosse parte della mia
vita con tutte le mie
forze e quella chiave confermava che le nostre vite erano intrecciate
indissolubilmente l’una all’altra; era un altro
giro del filo che si avvolgeva
intorno ai nostri mignoli, rendendo il nostro legame e la fiducia
reciproca,
ancora più solidi.
_____________________________________________________________
NDA
Ave mie care, anche
stavolta vi ho fatto attendere una decina di giorni per avere il
capitolo, ma credo che ormai questo sia il ritmo di pubblicazione,
quindi spero che siate clementi e che sopportiate l'attesa ^ ^
Come vi è
sembrato? Credo che il cellulare di Pasi abbia funzionato
più in queste righe che in tutti i capitoli messi insieme,
l'ho fatto lavorare decisamente tanto xD
Credo di aver trovato un
certo equilibrio anche nel dividermi tra le due storie e se la Musa mi
sorriderà ancora, non dovrei avere troppi problemi a
mandarle avanti entrambe con una certa regolarità. E se
tutto va bene, mi piacerebbe dare alla luce anche un altro spin-off, a
cui tengo davvero, ma che per ora resta a riposo... vedremo. ^ ^
Intanto mi concentro su queste mie due creature, sperando di mantenere
l'nteresse in voi fino alla fine ^ ^
Angolo dei Ringraziamenti
Il mio
Arigatou regolare va come sempre alle mie sorelle speciali, che mi
sostengono praticamente da sempre e che riescono ogni volta anche con
una sola parola a togliermi i dubbi su ciò che scrivo: Fiorella
Runco, Saretta,
Vale, Concy, Niky, Cicci,
Darkely, Ana-chan, a
cui si aggiungono la mia adorata admin Kira1983 e le mie colleghe
speciali ThePoisonofPrimula,
Dreamer_on_heart. Con le vostre
recensioni mi aiutate ogni volta ad essere soddisfatta di
ciò che creo e m'incitate sempre di più a
continuare, siete davvero il mio sostegno più grande, grazie
davvero a tutte voi!
E un GRAZIE grande quanto una
casa va anche ad Androgynous,
che ha recensito lo scorso capitolo con parole che ancora adesso mi
commuovono e mi inorgogliscono, non ho nemmeno le parole per
dirti quanto tu mi abbia fatto felice!!! ç_ç
*me piange di gioia come
Pasi*
E grazie di cuore a tutte voi
che leggete in silenzio e che avete messo questa storia tra le
preferite, le ricordate e le seguite:
Ai_line,
DISORDER,
gigif_95,
kiki0882, lorenzabu,
lovedreams,
samyoliveri,
smokeonthewater,
Tattii,
Thebeautifulpeople.,
Aly_Swag,
firstlost_nowfound,
green apple,