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Autore: Deilantha    05/02/2012    7 recensioni
Pasi è una diciannovenne impulsiva e socievole, dal futuro incerto ma dal buon cuore, che vive una situazione di conflitto in famiglia, sentendosi sempre la pecora nera rispetto ad una sorella apparentemente perfetta. Provando un vuoto affettivo tra le mura domestiche, Pasi si circonda di amici, che reputa la sua vera unità familiare.
Emile è il suo esatto opposto: non è un tipo socievole e vive esclusivamente per la musica, sul cui argomento è terribilmente arrogante. Ma il suo modo di essere così rigido e poco aperto agli altri, nasconde un dolore che il ragazzo si porta dietro dall’infanzia, dovuto ad una madre caduta vittima della depressione quando lui era ancora in fasce.
Emile e Pasi si scontreranno la prima volta che si vedranno, ma le loro vite sono destinate ad incrociarsi e farli crescere nella reciproca conoscenza.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Filrouge'
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Capitolo 29









 

 

Quando tornai a casa di Emile, le audizioni erano terminate e il mio Pel di Carota aprì la porta di casa con aria contrariata: «Ma insomma, giro un secondo le spalle e tu sparisci?»

«Sì, era per una buona causa! E poi tu eri impegnato, dovevo pur far qualcosa!»

Mi alzai sulle punte, per dargli un bacio e azzittirlo: non avevo intenzione di discutere, anche perché la nostra giornata anti musi lunghi non era ancora terminata. Emile chiuse la porta con l’espressione più perplessa che gli avessi mai visto sul volto.

«Cosa stai architettando? E Lucien, dove l’hai lasciato?»

Mi girai mostrandogli il mio sorriso migliore, soddisfatta di me per la mia genialata.

«È in compagnia, non preoccuparti.»

Mi guardò per un istante, con quella stessa espressione perplessa, ma quando la comprensione apparve sul suo volto, scoppiò in una risata di quelle che non gli avevo mai sentito fare: «Sei proprio impossibile! Ti rendi conto che stai scherzando col fuoco? Ti metti a giocare a Cupido, ora?»

Unii le mani dietro la schiena, sentendomi una ragazzina molesta colta su una marachella, ma anche soddisfatta del proprio operato:  «Sì lo so, ma se tutto andrà per il verso giusto, qualcuno mi ringrazierà.»

«Invece io ho idea che quel qualcuno ora stia pensando a tutto, tranne che a ringraziarti!»

Emile mi raggiunse e mi scompigliò i capelli con una mano, prima di circondarmi le spalle con il suo braccio. «E mentre i due piccioncini si stavano nutrendo del loro amore, tu che hai fatto?»

«Sono andata da Simona; non sto più andando ogni settimana e quindi quando ho un pomeriggio libero, ne approfitto.»

Mi diede un bacio sulla testa mentre la sua mano mi strinse più forte a sé: «Devo andare a trovare mia madre… è dal giorno del funerale che non vado da lei.»

«Allora la prossima volta che vado da Simo, vieni con me e facciamo la nostra bella visitina familiare.»

Emile mi chiuse nel suo abbraccio circondandomi completamente con le braccia: «Sei una gran donna Pasi… anche se t’impicci pericolosamente nella vita altrui!»

«Ma solo a fin di bene!»

«Ovvio… del resto se non fossi stata così, probabilmente nemmeno ci saremmo conosciuti.»

«Io invece penso che sarebbe avvenuto ugualmente perché…»

«… Perché siamo legati dal Filo Rosso del Destino.» Emile continuò la mia frase facendomi il verso, ma quando alzai il viso per osservarlo, vidi una luce divertita nei suoi occhi.

«Esatto e sono sicura che ci crederai anche tu. prima o poi!» Sorrise senza dire altro e a quel punto mi venne in mente, che quel pomeriggio poteva avergli donato una nuova speranza, mentre ero via: «Come sono andate le audizioni?»

Emile dette in un sospiro prima di rispondermi: «Non si sono presentati in molti, infatti abbiamo terminato presto… ma nessuno ci convince ancora… Odio profondamente Claudio, ma diamine se ci sa fare! Sarà difficile sostituirlo.» 

Abbassai di nuovo la testa stringendomi di più a lui.

«Prima o poi arriverà la persona giusta Emile, arriva sempre e Claudio non è l’unico batterista in gamba sulla faccia della terra!»

Il mio Pel di Carote sghignazzò: «Potrei mettere un annuncio a livello mondiale allora, magari ne trovo uno in India!»

«Uff, ma quanto sei stupido!» Lo sentii sorridere tra sé, quel giorno Emile era la rappresentazione del sole, era di umore splendido e non la smetteva più di sorridere e la mia felicità si moltiplicò nel vedere quel volto che adoravo, illuminato da quelle espressioni di serenità.

«Streghetta, ora però che ne dici se ci spostiamo da quest’ingresso?»

 

 

Dato che Alberto era preso dal suo dipinto, io ed Emile ci occupammo di preparare il pasto serale, per non distogliere l’artista dalla sua opera. Era la prima volta che cucinavo insieme a lui a casa sua, ma non era la prima volta quel giorno e la mia sensazione che tutto fosse completo e perfetto quando Emile era con me, si cementò nel mio cuore: volevo stare con lui, volevo condividere ogni più piccolo momento del quotidiano con il mio Pel di Carota.

Volevo uscire e tornare a casa sapendo che ci sarebbe stato lui ad accogliermi e che con lui avrei preparato il nostro pasto, volevo condividere l’atmosfera rilassante del dopocena, stare accoccolata accanto a lui, far l’amore con lui e addormentarmi tra le sue braccia, per poi risvegliarmi guardando il suo volto… Volevo il mio Emile, sempre e per sempre.

«Pasi? Ti sei imbambolata… oggi la cucina ti fa uno strano effetto.» Il mio Pel di Carota era alla mia destra, intento  come me a preparare qualche tartina per stuzzicarci l’appetito.

«Sarà l’odore del cibo che mi annebbia i sensi!»

«Ah sì? Proviamo a vedere.» Con sguardo malizioso  e un movimento fulmineo, che mi ricordò quello della mattina quando mi aveva bloccato sul letto, prese un po’ di maionese e me la spalmò sul naso.

«Ma che… vuoi la guerra Pel di Carota? E l’avrai!» Presi la mia salsa tartara e gliela spalmai sul braccio… il viso era decisamente fuori portata e poi l’infame si era tempestivamente spostato, per cui dovetti adattarmi al primo lembo di pelle che trovai; il suo contrattacco arrivò presto e in breve tempo ci ritrovammo spalmati di salse su tutto il corpo…

«Ehm… bonsoir.» … e fu in quel momento che comparve Lucien. 

Io ed Emile ci bloccammo, osservando il nuovo arrivato che ci guardava perplesso, ci guardammo negli occhi per un istante e scoppiammo a ridere, rendendoci conto di sembrare due bambini.

«Pardonnez-moi per l’interruzione, prego fate pure.»

Lucien fece un sorriso soddisfatto e fece per andarsene, quando Emile a sorpresa si rivolse a lui: «Se vuoi ce n’è anche per te, cousin.»

Sia io e che Lucien lo guardammo sorpresi: quel giorno il mio Pel di Carota sembrava davvero un’altra persona, era riuscito per la prima volta ad interagire di sua spontanea volontà con suo cugino e senza la solita rabbia che gli riservava da sempre! Non mi feci scappare quell’occasione e colsi il suo suggerimento al volo, prendendo la mia salsa tartara e spalmandone un po’ sull’avambraccio di Lucien, che rimase totalmente interdetto.

«Ha ragione Emile, ce n’è anche per te!» Lo guardai con sfida, sperando che si unisse a noi: guardò me e suo cugino alternatamente per qualche secondo, finché con uno scatto repentino, mostrando uno spirito d’osservazione non da poco, arrivò accanto al barattolo del paté di olive, facendone la sua riserva personale di proiettili, e passò al contrattacco.

E dopo poco tempo, comparve anche l’ultimo abitante di quella casa, che si affacciò in quella stanza, che era diventata un vero e proprio campo di battaglia: 

«Cosa diavolo sta accadendo qui?»

Lo spettacolo che offrimmo ad Alberto non era dei migliori: ognuno di noi aveva il suo barattolo con la salsa in una mano e l’altra sporca, che cercava un punto indifeso sul corpo dell’altro. Io cercavo di trattenere Lucien con un piede, mentre puntavo il mio dito sporco di tutte le salse usate, mischiate tra loro, verso il naso di Emile, che dal canto suo tratteneva il suo barattolo come se ne valesse della sua vita, tirando il volto in alto e allungando la mano “armata” di salsa sul braccio di Lucien, che cercava di staccarsi dallo sgambetto che gli stavo facendo, mentre la sua mano colpiva la fronte di Emile.

Le tartine erano rinsecchite sul tavolo e ovunque sulla mobilia, c’erano i segni delle nostre mani che, sporche di salsa, avevano cercato un punto d’appoggio.

«Vi rendete conto che questa è una cucina? Guardate come l’avete ridotta! Sembrate tre bambini delle elementari…»

Restammo bloccati ad osservarci a vicenda, cercando di non ridere delle nostre facce completamente coperte  da tutte le salse possibili, finché Alberto continuò la sua ramanzina.

«Vi faccio vedere io, come si fa la guerra!»

Prese la doccetta collegata al lavello della cucina e ci coprì letteralmente d’acqua, facendoci diventare un unico impasto con le salse appiccicate sui nostri corpi! Emile fu il primo a reagire, con scatto repentino ridusse le distanze che lo separavano da suo padre e gli spalmò sul viso, la sua scorta terribilmente calante di maionese, mentre io e Lucien l’incitavamo e subito dopo prendemmo coraggio per correre al contrattacco.

«Ragazzini sleali, vi affidate al numero, eh? Vi faccio vedere io chi è che comanda qui e dopo pulirete tutto il caos che avete fatto!»

E ne facemmo di caos: quando le nostre scorte terminarono, lo spettacolo che c’era in quella cucina era devastante: Alberto ci mise a lavorare sodo per ripulire tutto, non senza partecipare anch’egli alle pulizie notturne e quando dopo un’ora di fatiche erculee la cucina tornò a brillare, ci spedì nelle docce mentre si occupava della cena, che avvenne ad orari vampireschi…

Mi dimenticai del tutto di chiedere a Lucien se fosse arrabbiato con me per il tiro mancino che gli avevo fatto, lasciandolo da solo a casa di Sofi e non potevo dire se il suo umore sereno fosse indice che non era accaduto nulla di sgradevole dalla mia amica o se fosse solo dovuto al fatto, che finalmente Emile l’aveva trattato come uno di famiglia. Dal canto mio ero totalmente al settimo cielo, quello fu uno dei giorni più belli della mia vita, un giorno che avrei portato nel cuore per sempre.

E come al solito, Alberto aveva ragione: avrei dovuto portare qualche ricambio in quella casa, perché dopo aver fatto la doccia, usai un altro vecchio completo di Emile per rivestirmi.

 

 

*****

 

«Pasiiiiii!!! Sono quiiiii!!!»

Dopo aver chiesto sul suo conto al mio Pel di Carota, mi ero decisa a chiamare Iulia, per vederci una mattina e fare due chiacchiere insieme. Quella settimana avevo il turno pomeridiano e siccome la sera la volevo trascorrere con il mio Emile (casa discografica permettendo), optai per le ore mattutine per tutti gli altri impegni. Iulia fu felicissima di sentirmi e si rivelò disponibilissima  con i miei orari, così decidemmo d’incontrarci davanti ad un bar, per poterci prendere una granita e fare due chiacchiere.

Ero arrivata prima di lei ma mi fece attendere solo qualche minuto, prima che la sua voce mi chiamasse a tutto volume da qualche metro di distanza. Mi girai sorpresa: non ero abituata ad essere chiamata in quel modo, l’unico che lo faceva era Stè e di solito non usava il  mio nome. Iulia era visibilissima in mezzo alla folla, con il suo abbigliamento scuro sembrava un sole nero, nel mare di persone che popolavano la strada quel giorno, ma a discapito del suo abbigliamento lugubre, la sua voce e l’espressione del suo viso non facevano che ispirarmi una sola cosa: il sorriso.

Una volta raggiuntami, si chinò su di sé per riprendere fiato, doveva aver corso.

«Scusami…. ti ho…. fatto aspettare…»

«Ma no, che dici! Non c’era alcuna fretta, sei in perfetto orario.»

«Per fortuna… ho corso come una pazza…»

«Ma non c’era bisogno di affrettarsi in questo modo!»

Alzò il viso verso di me e i suoi lunghi capelli le coprirono in parte il viso.

«L’auto si è fermata all’improvviso e ho dovuto farmi qualche metro di troppo a piedi… temevo che te ne saresti andata via, stanca di aspettarmi.»

«Ma potevi chiamarmi! Sarebbe bastato che mi avessi avvisato e ti avrei aspettato! Anzi, vuoi una mano con l’auto?»

«Oddio hai ragione, che scema! Non ci avevo nemmeno pensato!!»

Iulia si rialzò e si mise a ridere di gusto, era davvero un tipetto allegro e sembrava anche molto autoironica… il suo modo di ridere così spontaneo fece sorridere anche me.

«Sarà stato il calore che ti ha offuscato i pensieri.»

«No, purtroppo, sono io che a volte sono davvero svampita e menomale che non sono bionda!»

Sorrisi a quella battuta, pensando che se Rita l’avesse sentita, si sarebbe alterata non poco: il biondo cenere dei suoi capelli aveva scatenato spesso delle battute sulla stupidità delle bionde, battute a cui reagiva ogni volta infuriandosi, proprio lei che normalmente era una persona così tranquilla e posata.

«Vuoi una mano con l’auto? Possiamo vedere insieme cos’ha…»

«Te ne intendi? Io credo di sapere cos’ha perché spesso mi lascia a piedi, la carogna, ma del resto è una Vecchia Signora, ha la sua età e non posso pretendere troppo da lei… però ci penseremo dopo, ora ho voglia davvero di qualcosa di fresco e di fare due chiacchiere.»  Mi prese a braccetto e senza nemmeno attendere una mia replica, entrammo nel bar.

Ordinammo le nostre granite e ci accomodammo ad un tavolino, posto nel fresco di un angolo, lontano dalla calca e soprattutto lontano dal calore devastante di quel mattino.

«Non sai che piacere mi abbia fatto, ricevere la tua telefonata! Non credevo che avresti risposto al mio invito, anche se ci speravo… avevo davvero desiderio d’incontrarti!»

«Grazie Iulia, sei così gentile… non credevo di essere così popolare!»

«Oh invece lo sei! Franz ti adora, dice che sei una persona sincera e divertente e che hai anche amici simpatici.»

Avevo capito benissimo a chi si riferisse… ancora mi vergognavo al pensiero degli aneddoti che Stè aveva raccontato sul mio conto a Francesco e Filippo… Una serie interminabile di figuracce, collezionate in otto anni di conoscenza; c’era materiale in abbondanza per scrivere una saga cinematografica!

«Sì, beh… diciamo che Francesco e Stè sono andati subito d’accordo.»

«Ti hanno messo alla berlina, vero? Franz quando ci si mette è spietato! Lo fa con affetto, ma quando prende di mira qualcuno, riesce a prenderlo in giro per qualsiasi cosa! Fil è più pacato, ma se si fa prendere dal fratello ci si mette anche lui e allora è davvero finita!»

Ricordai il giorno in cui incontrai per la prima volta i due gemelli e mi tornò alla mente il modo in cui si divertivano a sminuire le arie di superiorità di Emile. Sorrisi, rendendomi conto che le parole di Iulia erano vere: anche se con spirito bonario, quei due insieme erano capaci di minare l’amor proprio di chiunque…

«Pasi… scusami se te lo chiedo ma,  hai un nome particolare…»

E come da copione, ecco che tornava come sempre, il tormento che mi accompagnava da quando ero nata…

«Sì beh, ecco… in realtà è Pasifae, è un nome greco…»

«Che bello allora siamo cugine! Il mio è romano!» Il viso di Iulia si illuminò come quello di una bambina e la vidi anche unire le mani in un gesto di gioia. «Ho il nome della Gens Iulia, la famiglia a cui apparteneva Caio Giulio Cesare.»

«Allora probabilmente, i tuoi genitori conoscevano i miei!» dissi senza alcuna gioia; ogni volta che si tornava sull’argomento del mio nome, non riuscivo a trovarci nessun lato positivo, ancor più se l’associavo ai miei genitori, che continuavano a costituire per me, un problema da risolvere… Invece la mia interlocutrice sembrava del tutto entusiasta delle mie parole!

«Sarebbe bello scoprire che davvero si conoscono, sarebbe un segno del Destino!»

«Sì, magari erano compagni di classe alle superiori!» Iniziai a prendere gusto anche io a quell’idea strampalata, immaginavo persino i miei genitori in veste di studenti che parlavano con i loro compagni di classe...

«E magari sono stati anche presenti ai rispettivi matrimoni!» Iulia sembrava divertirsi davvero all’idea… sembrava una persona che si entusiasmava davvero con poco, avrebbe potuto fare concorrenza a Stè!

«Ma bando alle ciance, torniamo a noi: probabilmente ti sarà sembrato eccessivo il mio entusiasmo nel volerti conoscere, ma è la prima volta che riesco a parlare con la ragazza di uno di quei perdigiorno dei GAUS… soprattutto di Emile! Franz mi ha detto che state insieme da tanto tempo, come hai fatto? Le altre non sono durate che qualche mese scarso!»

«Beh… non so… oddio non che sia stato facile…»

Cercai d’ignorare il riferimento alle altre, per concentrarmi sulla sua domanda principale… Era meglio non istigare la mia gelosia latente, perché iniziavo davvero a temerla.

«No scusami, non volevo farmi gli affari tuoi, ti sarò sembrata un’impicciona! Era una domanda retorica, perché sono stupita e sono anche felice che quella testa dura sia più sereno, da quando ci sei tu.» Alzai il viso sorpresa da quell’affermazione: quanto sapeva Iulia sul conto di Emile? 

«In che senso?»

«Vedi, Franz ed io ci conosciamo da tanti anni e tra di noi non ci sono segreti: mi parla spesso del gruppo e dei loro problemi e mi ha sempre detto che il tuo ragazzo era intrattabile la maggior parte del tempo, anche se aveva talento e le sue scelte si erano rivelate quasi sempre giuste. E da quando è con te, Franz mi dice che Emile è migliorato: è più aperto ai loro pareri e anche se stanno attraversando un momento critico, lo vede più sereno, meno cupo… A parte quando il suo sguardo incontra quello di Claudio, perché in quel caso potrebbe scapparci il morto!»

«Sì… Emile si sta sforzando tantissimo, per sopportare la presenza di Claudio nel gruppo…»

«Per fortuna quel pallone gonfiato se andrà via, dopo il tour! Era ora che si allontanasse, lui e la sua ex ragazza che ci ha sempre snobbato, non li ho mai sopportati!»

«Emile mi ha detto qualcosa in proposito.»

«Quella tipa l’avrò vista due volte in quattro anni! Lei e Claudio litigavano in continuazione, perché diceva che il gruppo allontanava il suo ragazzo da lei, ma lei nemmeno ha provato a stargli accanto! Non l‘ho mai vista ad una delle loro serate, non è mai venuta a fare il tifo per il proprio ragazzo, né a portare un po’ di amici nei locali dove si esibivano… In realtà credo fosse gelosa della band, perché temeva di essere meno importante agli occhi di Claudio… Così prima che fosse lui a farlo, l’ha lasciato lei…»

Con quelle rivelazioni di Iulia, mi vennero in mente le parole di Claudio al riguardo: “Quell’ipocrita non mi ha permesso di andare a trovare la mia ragazza in ospedale quando si è ferita l’anno scorso” e compresi quanto quell’assenza al capezzale della sua ragazza, dovesse essere pesata nel  loro rapporto, tanto da spingerla a lasciarlo.

 «… e Claudio si è vendicato in quel modo ignominioso.»

Al solo ricordo di quel giorno, in cui quel tipo mi aveva messo le mani addosso, provocando la rabbia di Emile, arrossii di vergogna, d’imbarazzo e di rabbia e chinai il capo, incapace di affrontare apertamente il viso di Iulia.

«Non devi imbarazzarti Pasi, non è dipeso a te, è Claudio ad essere un verme viscido e schifoso.»

«Lo so, ma mi sento ancora così arrabbiata per il modo in cui sono stata usata contro Emile! E terribilmente in colpa per quello che ho scatenato…»

«Mah, secondo me invece, è stato un bene: a parte il tour, Claudio sarà fuori dai giochi e i ragazzi saranno liberi di trovarsi un altro batterista, che rispetti la loro politica e che non metta i bastoni tra le ruote nei momenti cruciali.»

«Io lo spero  davvero, Iulia, perché mi sento così terribilmente in colpa e ho visto Emile ridotto in pezzi dalla cattiveria di Claudio… Spero che se ne vada da quel gruppo il prima possibile!»

Iulia mi prese le mani tra le sue guardandomi con affetto: «Se ne andrà, stai tranquilla, dobbiamo solo pazientare un po’ e se ne andrà via per sempre dalle nostre vite e da quelle dei nostri ragazzi.»

Il modo in cui mi guardò, il tono della sua voce e il contatto delle sue mani, mi fecero sentire confortata e benvoluta e in quel momento provai un’assoluta felicità per averla conosciuta e per aver potuto finalmente condividere le mie paure e i miei pensieri relativi al futuro dei GAUS, con qualcuno che poteva comprendermi totalmente. A mia volta, iniziai a comprendere il desiderio di Iulia di conoscermi, per poter finalmente avere qualcuno con cui, come aveva detto Emile, dividere le gioie e i dolori dell’essere la compagna di un musicista.

«Ah! Prima che me ne dimentichi, grazie per il ciondolo Iulia, è bellissimo!»

«Davvero ti piace?»

«Sì, è bellissimo! Mi piace la forma e i colori usati, davvero originale!»

«Oh, quanto sono felice!» Rifece il gesto di battere le mani contenta, come una bambina  cui avevano promesso delle caramelle e mi fui contenta di averle dato quella soddisfazione… A patto che la mia idea fosse fondata…

«L’hai fatto tu, vero?»

«Con queste mani!»  disse, mostrandomi i palmi in alto orgogliosa.

«Ho sempre ammirato chi ha il dono della creatività, sei davvero brava!»

«Grazie! Ma quello che faccio io è nulla a confronto con certi geni, Pasi! Qualche volta devo portarti con me a qualche mercatino dell’artigianato e vedrai quante delizie e quanti capolavori possono nascere, da un paio di mani abili!»

«Ma anche tu sei brava!»

«Cerco di fare quel che posso: mi piace lavorare le paste sintetiche e più lo faccio, più mi vengono in mente idee diverse e sono felice quando ciò che creo piace… Anche se questa mia cliente ha disdetto all’ultimo secondo e senza nemmeno vedere il mio lavoro… Mi ha lasciato come una stupida, con il ciondolo pronto!»

«Fatti risarcire, allora! Hai impiegato tempo per farlo.»

«Sì, per quello non ci sono problemi, mi faccio dare sempre un acconto prima d’iniziare a lavorare, così se i clienti cambiano idea almeno ci guadagno comunque qualcosa.» Mi sorrise sodisfatta; a quanto sembrava Iulia non era una sprovveduta, nonostante quei suoi atteggiamenti che la facevano sembrare una bambina un po’ cresciuta.

«Hai un negozio?»

«No, ma mi piacerebbe, un giorno! Sto mettendo da parte il mio gruzzolo personale in previsione, ma è ancora tutto da decidere e poi se la carriera dei GAUS andrà avanti, Franz sarà spesso in giro, quindi per ora mi è più comodo avere il lavoro con me, senza dover restare in una sede fissa, così posso accompagnarlo ovunque vada!»

«Hai intenzione di seguirlo in tournée?!»

«Ti sembra così strano? Sarà via per mesi ed io non ho impegni fissi qui e poi avrà di sicuro bisogno di un sostegno, senza contare che  posso fare i miei lavori, ovunque ci sia un forno.»

«Allora, sarai la loro groupie!»

«Uhm… una groupie un po’ riservata… solo per uno dei chitarristi!» Ci mettemmo a ridere su quella battuta ma Iulia si fermò all’improvviso.

«Tu non verrai?»

«No… o meglio, non ne abbiamo nemmeno parlato, ma non credo che sia il caso: Emile non vuole che m’intrometta nella sua vita professionale e non posso che dargli ragione, perché quando l’ho fatto ho scatenato quel casino…»

«Ah è vero, Claudio sarà lì.»

«Già… probabilmente riuscirei anche a tollerare la presenza di Claudio, ma darei solo un problema in più ad Emile, che già fatica ad essere sereno in presenza di quel tipo... e poi io qui ho il mio lavoro e il mio impegno col centro.»

«Che centro?»

«Un centro d’accoglienza per chi ha problemi psicologici: io e il mio amico Federico aiutiamo chi ha problemi a confidarsi, oppure indichiamo a chi lo chiede, i centri migliori nel circondario per risolvere i singoli casi. Fede ha lavorato in una comunità per tossicodipendenti per anni e ha una grande esperienza con chi ha problemi psicologici, io facevo del volontariato insieme a lui e quando la comunità ha chiuso, abbiamo pensato di creare qualcosa personalmente, con le nostre poche risorse. Per ora è solo un piccolo centro di ascolto, ma col tempo se ci giochiamo bene le nostre, carte potremmo aprire anche noi una comunità o qualcosa di simile.»

«Wow! Pasi sono senza parole, tu e il tuo amico siete da ammirare, avete un progetto meraviglioso a cui dedicarvi! Ce ne fossero di più, di persone come voi!»

Iulia aveva il viso palesemente ammirato e quello sguardo mi fece arrossire; io continuavo a considerare il mio impegno sociale come qualcosa di normale, perché faceva parte del mio carattere dare aiuto quando potevo;  gli sguardi ammirati delle persone mi mettevano a disagio, perché non li capivo.

«Ma no, Iulia, non è nulla di che, mi piace e cerco di fare di una passione, qualcosa che mi impegni il tempo in modo proficuo.»

«Io continuo a pensare che tu sia da ammirare, non ho mai conosciuto qualcuno della tua età così prodigo verso gli altri… Viviamo in un mondo egoista e indifferente e il tuo impegno verso chi è fragile dentro è davvero unico!»

«Se ti fa piacere allora, qualche volta ti porto con me al centro, così conoscerai anche Fede e vedrai cosa facciamo.»

«Sììì! Mi piacerebbe tantissimo, grazie!» Quasi saltando dalla sedia, prese le mie mani nelle sue e mi guardò con una luce bambinesca negli occhi che mi fece sorridere di cuore: quella ragazza mi piaceva davvero tanto!

La mattinata trascorse velocemente in sua compagnia: Iulia era una persona socievole e molto loquace e aveva saputo ispirarmi fiducia presto, nonostante avessi notato anche degli atteggiamenti del tutto singolari in lei, come quell’ingenua spontaneità da bambina che mi aveva lasciato un po’ sorpresa.  A quel pensiero, ricordai le parole di Emile: “Iulia mi ha dato l’impressione di essere una ragazza vitale e fuori dagli schemi” e mi resi conto che quella descrizione combaciava perfettamente, con quello che avevo percepito su di lei. Iulia sprigionava una grande vitalità dal suo modo di fare e a volte lasciava del tutto spiazzati per la sua imprevedibilità.

Quando giunse per me, l’ora di andare a lavoro, mi abbracciò con calore: «Sono davvero felice di averti conosciuta, Pasi, mi piacerebbe se noi due diventassimo amiche.»

Ricambiai il suo abbraccio con sincero trasporto: «Anche a me ha fatto piacere conoscerti.»

«Visto che non ci sarai nel tour, voglio portarti più vicina al mondo dei GAUS: tieniti pronta, perché la prossima volta che mi farò sentire, dovrai ritagliarti qualche ora libera!»

«Ma che intenzioni hai?»

Mi staccai dal suo abbraccio sconcertata e Iulia si portò l’indice davanti al naso:  «Segreto! Ed ora vai, sennò fai tardi al lavoro. A presto, Pasi!» Mi diede un bacio sulla guancia e scappò via verso la direzione da cui era venuta.

Ero di nuovo senza parole, come quella sera a lavoro: cosa aveva voluto dire con quella frase? In che modo voleva portarmi più vicina al mondo dei GAUS?

Feci la strada verso il fast food riflettendo su quelle parole e su quella mattinata e solo arrivata a destinazione, mi ricordai che Iulia aveva l’auto ferma per strada e che non le avevo dato una mano a rimetterla in sesto.

 

*****

 

 

«Pronto?»

«Stè ho bisogno di una mano.»

«Cos’hai combinato stavolta, Testarossa?»

«Nulla, ho solo bisogno della tua tecnologia.»

«Uhm, chissà perché ho l’impressione che c’entri la famiglia di Emile…»

«Bravo Einstein! Puoi aiutarmi?»

«Certo, che domande fai? Vieni pure.»

«Perfetto, mi preparo e vengo da te.»

Mi ero appena alzata e prima che la mattinata scorresse in altre faccende, mi preparai ad andare da Stè per portare a termine quel piccolo lavoretto di cui avevo bisogno.

Alberto mi aveva donato senza pensarci due volte, una delle rare foto in cui lui e sua moglie si godevano l’inizio della loro avventura di genitori ed era anche una delle poche foto felici in cui erano presenti tutti e tre. L’avevo presa con gioia, ma dopo qualche giorno mi sembrò di aver tolto un tesoro prezioso da quella casa e dalla scatola dei ricordi di Emile e Alberto. Così in cerca di una soluzione, che mi permettesse di avere quella foto ma senza toglierla ai legittimi proprietari, trovai di nuovo un valido aiuto nella strumentazione tecnologica di Stè: avrei scannerizzato la foto, rendendola digitale, per poi farmela stampare, così avrei avuto la mia copia  senza togliere l’originale ai proprietari.

«Ho l’impressione che la casa di Emile sia un negozio di antiquariato… sarà per quello che restaura mobili antichi!»

«In effetti, l’arredamento ha alcuni dettagli che ricordano altri tempi.»

«In verità mi riferivo alle volte che sei venuta per modernizzare gli oggetti provenienti da quella casa, come le canzoni della signora Claudine… A proposito, Lucien ha parlato con Sofia?»

«Eh?»

«Per le lezioni di francese, Pasi!»

«Ah sì, giusto… Credo di sì, perché l’ho accompagnato io stessa da lei.»

«Come “credi”? Non eri presente?»

«Ehm… in realtà l’ho solo accompagnato… appena arrivati, me ne sono andata via.»

«COSA? E perché mai? Hai lasciato Lucien in pasto a Sofia? Oh cielo, l’avrà fatto a fette!»

«Quanto sei drastico, Stè! Sofi non è mica un orco!»

«Ma se tu sei la prima a litigarci!»

«Lo so, ma Lucien riesce a zittirla, ricordi? Senza la mia presenza in mezzo, sono sicura che se la sarà cavata alla grande.»

«Scusa, ma poi non sei andata a prenderlo? Com’è tornato a casa?»

«Non lo so di preciso: è tornato poco prima di cena, ma non abbiamo avuto modo di parlare…»

Sorrisi, ricordando quella sera stupenda che avrei conservato per sempre nel mio cuore: erano trascorsi due giorni da allora e non avevo avuto occasione di rivedere né Emile né tantomeno Lucien.

Il mio Pel di Carota poteva anche aver terminato le registrazioni, ma c’era ancora così tanto da fare alla casa discografica, che le sue serate finivano con l’essere risucchiate dai GAUS e a me non restava che attendere l’ora della nostra chiacchierata telefonica, prima di andare a dormire.

«Uhm… tu non me la conti giusta, Testarossa… Stai architettando qualcosa, vero?»

 Stè era un caro ragazzo, ma se c’era una cosa che non sapeva fare, era fingere e dirgli dei sospetti miei e di Rita sul conto di Sofia, non era contemplabile, perché anche se gli avessi fatto giurare di non fare battute in presenza di Sofi, sapevo che non avrebbe resistito, scatenando l’ira della nostra amica, che già stavo mettendo alla prova personalmente con il mio comportamento da Cupido.

«No Stè, te l’ho detto, era meglio per tutti se Lucien avesse parlato da solo con Sofi, perciò non sono entrata anche io… e poi ho dato per scontato che sapesse tornare a casa da solo, com’è accaduto, quindi non c’è alcun motivo per insospettirsi!»

«Mah… continuo a non essere convinto.»

Gli mostrai uno dei miei sorrisi più convincenti e cercai di cambiare discorso, per non finire col tradirmi: era difficile per me mantenere un segreto con Stè, lui era il mio confidente più grande, sapeva ogni piccola cosa sul mio conto e mi dispiaceva mentirgli, ma era a fin di bene: Sofia era una persona difficile e dovevo andarci con i piedi di piombo se volevo riuscire nel mio scopo, senza farla arrabbiare definitivamente con me e perdere la sua amicizia.

«Testa di Paglia… ricordi il discorso di qualche giorno fa, sulle vacanze?»

«Sì, certo... hai deciso dove andare?»

«Sì… o meglio, credo che per quest’anno non ci andrò.»

«Eh? E perché? Non ti danno le ferie?»

«Non so, non le ho ancora chieste a dir la verità… Il fatto è che Emile sarà impegnato tutta l’estate con la realizzazione dell’album e poi andrà via in tour… Voglio stare con lui Stè, voglio riuscire a sfruttare tutto il tempo possibile per stargli accanto, perché poi sarà lontano da me per mesi.» 

M’incupii al solo pensiero di trascorrere settimane e settimane senza il mio Pel di Carota e sapere che invece Iulia avrebbe seguito Francesco, non mi aiutava affatto. Ma sapevo che il mio posto non era con i GAUS, sarei stata totalmente d’intralcio e non avrei potuto abbandonare il mio mondo per Emile, non me lo sarei perdonato e non l’avrebbe fatto nemmeno il mio Pel di Carota. Ci eravamo ripromessi di non perdere noi stessi e le nostre vite, per annullarci in funzione della vita del nostro compagno/a e così avremmo dovuto procedere: Emile doveva andare in tour ed io dovevo restare qui con i miei amici, il mio lavoro e il centro. 

«Ho capito… Uhm… a questo punto allora credo che saremo tutti a casa, quest’anno.»

«Eh? E perché? Nemmeno Rita e Fede vanno in vacanza?»

«Non so di preciso, ma dubito che quei due, vogliano qualcuno tra i piedi! Ora che sono tornati ad essere una coppia, sicuramente vorranno farsi una vacanza romantica, non trovi?»

«Uhm, hai ragione… Però c’è So…»

«Testarossa, sii obiettiva: cosa mai potremmo fare io e Sofia insieme? A parte litigare, ovviamente!»  Stè aveva ragione, lui e Sofi erano poco compatibili: per quanto potessero funzionare in compagnia, tanto era impossibile che legassero quando erano da soli, c’era ben poco che li accomunasse… e poi se Sofi fosse andata via in vacanza, avrebbe messo delle distanze da Lucien e questo non doveva accadere!

«Allora dobbiamo organizzare più spesso qualche altra giornata al mare, almeno ci divertiremo un po’, staremo insieme e ci godremo come possiamo le vacanze… Anche se mi dispiace che per colpa mia ci rinunci anche tu!»

«Ma no, Pasi, non preoccuparti, lo sai che io trovo sempre modo d’impegnare il mio tempo e poi a dir la verità, dovrei studiare un po’ per i prossimi esami: quest’anno non sono stato troppo ligio al dovere e devo recuperare!»

Abbracciai Stè preda del senso di colpa e di un’improvvisa tristezza: ogni volta che accennava all’università, non potevo che andare col pensiero a Simona e l’associazione con il mio amico mi metteva immediatamente addosso una grande malinconia. In più con la mia decisione di stare accanto ad Emile, avevo anche precluso il suo divertimento estivo e anche se mi dicevo che ognuno è libero di gestirsi il tempo come vuole, senza dover dipendere dagli altri, non potei evitare di pensare di fare un torto al mio amico.

«Testarossa, non preoccuparti, mal che vada se sentirò il bisogno di prendermi una vacanza, chiederò a qualche mio collega di facoltà o a qualcuno dei miei fratelli… Sono pieno di risorse, lo sai.»

Annuii, lasciandomi confortare dal suo abbraccio.

«Su, ora mettiamoci al lavoro, per portare nel ventunesimo secolo quella fotografia.»

 

 

*****

 

«Pronto?»

«Allô Pasi?»

«Lucien?»

«Oui, c’est moi.»

«Che sorpresa, è la prima volta che mi chiami!»

«Oui… non posso usare mon portable ici e sto chiamando da quello di Oncle Albert…»

«Ah sì, vero, le tariffe estere ti ucciderebbero…»

«Oui, per questo ho chiesto a Oncle Albert ,se potevo usare son portable.»

«Allora, cosa ti ha spinto a chiamarmi?»

La mia mente era già in pieno fermento: stavo già immaginando una confessione e una richiesta d’aiuto per far breccia nel cuore strettamente protetto di una persona che conoscevo bene…

«Bien, qualche giorno fa, ho trovato un depliant sulle rassegne estive teatrali e ho letto che daranno l’Edipo Re, une tragédie greque… Ne ho parlato a Sophie e dice che forse poteva interessarti vederla… sia a toi  che a les autres…»

 Aveva parlato di una tragedia greca a Sofia… Iniziavo a pensare davvero che quei due fossero fatti l’una per l’altro!

Mi aveva sempre appassionato il teatro, aveva un certo fascino,  anche se quando a scuola i professori ci portavano a vedere qualche rappresentazione, io e Stè ci distraevamo in continuazione;  ma chissà perché, pensare a quei due che parlavano di teatro, mi dava l’impressione di un discorso tra cervelloni di quelli che passano in tv alle ore più tarde della notte... e che puntualmente mi facevano addormentare!

L’idea di Lucien tuttavia non era affatto male: di sicuro lui e Sofi nutrivano un interesse per il teatro maggiore del mio, o comunque diverso: io lo percepivo più emozionalmente, mentre quei due di sicuro sapevano vita morte e miracoli dell’autore e dei significati reconditi dietro la trama… Poteva nascere una serata interessante e non volevo perderla, perché Lucien e Sofia avevano ancora bisogno di Cupido!

«Certo che m’interessa! Verrò con piacere, Lucien!»

«Bien! Alors, ci pensi tu a chiamare les autres? Non vorrei sfruttare troppo le portable de mon Oncle…»

«Chi dovrei chiamare?»

«Rita, Federico e Stefano e confermare a Sophie chi ci sarà…»

A quel punto mi balenò nella testa un’altra idea per avvicinare i piccioncini: «A dir la verità, proprio non posso, ho finito il credito e non ho nemmeno il tempo di chiamare i ragazzi… Perché non vi organizzate tu e Sofi?»

«Moi e Sophie?!»

«Sì, anzi ora ti do il suo numero e poi devo scappare perché ho un impegno e non posso rimandare!»

 

Portai a termine con stile la mia nuova mossa da Cupido e non lasciai a Lucien il tempo di replicare… Stavo giocando col fuoco, sia con lui che con Sofi, ma finché mi fosse andata bene, avrei fatto di tutto per aiutare quei due a venirsi incontro! In effetti non sapevo nemmeno se Lucien fosse interessato alla mia amica, ma un sesto senso mi diceva che stavo agendo nella giusta direzione: se avevo visto bene, quei due erano legati dal Filo Rosso del Destino, proprio come me ed Emile e anche se prima o poi quel filo li avrebbe chiamati a sé senza il mio aiuto, ciò che avevo detto a Simo qualche giorno prima era vero: qualche volta le persone hanno bisogno di essere spinte verso la giusta strada da imboccare… Anche Fede aveva fatto così con me, quando mi aveva dato la foto da restituire ad Emile…

Certo non ero come Sofi, ma avevo avuto anche io i miei tentennamenti e come erano stati vinti loro, ero certa che forzando un po’ la mano, anche la muraglia che la mia amica aveva intorno al suo cuore, si sarebbe sgretolata mano a mano.

 

 

*****

 

«Pasifae!»

L’impegno che avevo accennato a Lucien c’era davvero, anche se non era così urgente come gli avevo fatto credere: non vedevo Emile da giorni e per quando sarei riuscita nell’impresa, avevo intenzione di fargli un regalo speciale,  così uscii di casa piena di entusiasmo per la mia idea. Ma per strada, all’improvviso fui bloccata da una voce che conoscevo bene e che non sentivo da tanto tempo: mi bloccai sul colpo e mi girai per salutare mia madre.

«Ma…mma.»

Era di fronte a me, ferma, con delle buste sotto braccio, che indicavano che fosse in giro a fare spese. Il suo viso era ancora smagrito e sofferente, i suoi capelli erano raccolti in una coda bassa e avevano un aspetto trascurato; l’immagine generale era la stessa che avevo lasciato mesi addietro, mia madre era un fantasma e mi si strinse il cuore nel vederla in quelle condizioni.

«Ti trovo bene, Pasifae.»

A quella affermazione, chinai lievemente la testa, sentendomi quasi in colpa perché a differenza sua, io in quel periodo ero felice e quella gioia traspariva sul mio viso.

«Sì, beh… è un buon periodo.»

«Sono contenta per te.»

Quella frase su quel viso distrutto, sembrava nascondere il significato opposto a quello enunciato… e  il mio senso di colpa continuò a crescere.

«Come mai sei da queste parti?»  Cercai di cambiare discorso, per poter avere una conversazione decente che non  andasse a finire con uno scontro o una recriminazione.

«Sono venuta a far spese, c’è una macelleria nei dintorni che  ha una carne che piace molto a tuo padre…»

Al solo nominarlo, sentii una fitta allo stomaco: ricordavo benissimo l’ultima volta in cui avevo visto mio padre… e al modo tragico e conflittuale in cui ci eravamo separati.

«Co… come sta? Come stai tu?»

«Come al solito, cerchiamo di elaborare il lutto e andiamo avanti.»

«Ma stai mangiando? Ti preoccupi per papà, ma a te ci pensi?»

Mia madre accennò un sorriso triste: «È bello vedere che ti preoccupi Pasifae, anche se non ti fai vedere da un po’.»

«È ovvio che mi preoccupi! Siete sempre i miei genitori… e lo sai che venire in quella casa non è facile per me!»

«Sì, lo so… tuo padre mi ha detto com’è andata l’ultima volta che sei venuta: gli hai mancato di rispetto e questo non dovevi farlo.»

Chiusi gli occhi per un secondo prima di fare un lungo respiro, per evitare di andare in escandescenza: in quel modo non avrei risolto alcunché.

«Sì, lo so di aver esagerato, ma nemmeno lui c’è andato leggero… e poi stavo cercando di difendere te!»

«Pasifae, io non ho bisogno di essere difesa! Conosco tuo padre da più di vent’anni e so come comportarmi con lui; non è cosa che ti riguardi.»

Iniziai a sentire il magone chiudermi la gola: ancora una volta i miei gesti venivano fraintesi, ancora una volta, i miei tentativi di comunicare venivano distrutti.

«Ci manchi… perché non torni a casa?»

Ricacciai indietro il magone e mi armai di un’improvvisa risolutezza: dovevo smetterla di sperare in un miracolo, dovevo prendere atto che la realtà era quella, che io e i miei genitori non saremmo mai andati d’accordo; dovevo accettarli così come erano, dovevo farmene una ragione.

«No mamma, non tornerò… cercherò di venire a trovarvi più spesso, ma non tornerò a vivere con voi.»

Mia madre calò la testa e si zittì ed io, incapace di mandare avanti ancora quella conversazione, tagliai corto.

«Ora devo andare… passerò presto a trovarvi, così potremo stare un po’ insieme.» Non ero affatto convinta sul quel “presto”, ma sperai di riuscire a mantenere quella parola, mentre mi accomiatavo da mia madre, lasciandomela alle spalle.

 

 

*****

 

«Pronto?»

«Ciao streghetta.»

«Emile! Hai finito prima stasera? Non aspettavo la tua telefonata prima di un’ora.»

«Sì, abbiamo lavorato tutta la settimana al missaggio dei brani ed oggi eravamo davvero esausti, così abbiamo finito prima.»

«Che bello, così magari ti riposi un po’.»

«Sì, infatti… Sei a casa?»

«Sì, ho appena finito di cenare… mi manchi!»

«Anche tu mi manchi… ma a questo rimediamo subito, vieni ad aprire la porta.»

Quasi lanciai il cellulare sul tavolo per lo scatto repentino che feci verso l’uscio di casa mia, il pensiero che il mio Pel di Carota fosse a pochi passi da me, mi aveva mandato su di giri per la felicità e quando aprii la porta e lo vidi arrivare sorridente, con il cellulare ancora in mano, gli saltai letteralmente addosso, aggrappandomi al suo collo.

«Sei qui! Sei qui!»

Emile restò senza fiato per la mia stretta improvvisa: «Piano Pasi, mi stacchi il collo!»

«Non m’interessa, dopo te lo curo, ora voglio stringermi a te!»

Si mise a ridere e mi strinse a sua volta:  «Se si stacca, voglio proprio vedere come farai a curarlo!»

«Ho un’ottima colla!»

Ci guardammo per qualche secondo con la felicità negli occhi, poi Emile si chinò verso di me e mi diede un meraviglioso bacio che sapeva di felicità.

 

*****

 

«Quindi come al solito, il vostro non è stato un incontro felice.»

«No… ma ormai inizio ad abituarmici.»

Dopo l’iniziale euforia di vederlo, avevo fatto entrare Emile in casa chiedendogli se avesse fame: mi piaceva l’idea di preparargli  la cena, ma il mio Pel di Carota aveva già mangiato nella casa discografica… Dubitavo che fosse stato un pasto sostanzioso, ma aveva bloccato ogni mia insistenza, così ci eravamo accomodati sul divano e, abbracciati l’una all’altro, avevamo parlato della nostra giornata… E per quanto riguardava la mia, il racconto comprendeva l’incontro con mia madre.

Emile mi stringeva forte a sé, come se volesse proteggermi dai brutti pensieri che, sapeva, mi stavano affollando la mente.

«Però da quello che mi hai raccontato, sembrava più disposta a parlarti, stavolta.»

«Sì è vero, ma quando ha difeso mio padre sul mio tentativo di difendere lei, mi sono sentita davvero persa… Perché non riesce a capirmi?»

Mi strinsi a lui più forte che potei, mentre parlavo mi resi conto di aver un bisogno immenso della sua presenza, delle sue braccia confortanti, del battito del suo cuore che mi dava sicurezza…

«Tua madre ha un altro modo di vedere le cose… e poi credo che qualsiasi donna difenderebbe il proprio uomo da chiunque, anche nel caso si trattasse di una figlia… non credi?»

«Forse hai ragione… io ti difenderei sempre e comunque!»

«Eccola, la mia strega combattiva!» Emile mi diede un bacio sulla testa, continuando a stringermi a sé.

«Probabilmente devo rinunciare all’idea di averli accanto a me: mentre le parlavo ho sentito che la mia era una battaglia persa, che volevo da loro qualcosa che non avrebbero mai potuto darmi… Devo accettarli così come sono, proprio come i genitori dovrebbero fare con i figli.»

«Però così soffriresti.»

«Soffro comunque. Emile! Almeno me ne faccio una ragione e vado avanti! Prenderò le cose come andranno, andrò a far visita loro, faremo due chiacchiere di circostanza e dopo un’oretta di parole superficiali, me ne andrò, avrò fatto il mio dovere di figlia e avrò mantenuto un contatto con loro, seppur del tutto formale… Se è solo questo ciò che potrò avere da loro, lo accetterò di buona grazia.»

Sentii la stretta di Emile farsi più serrata, mentre  mi poggiava una mano sul viso, per volgerlo verso il suo: «C’è qualcosa che posso fare, per aiutarti?» Lo guardai negli occhi, e vidi quel grigio azzurro offuscato dalla preoccupazione;  quella dimostrazione d’amore mi commosse e gli rivolsi un sorriso.

«Stammi vicino, non lasciarmi.»

«Questo mai.»

Mi stavo beando di quelle parole nel conforto del suo abbraccio, quando mi ricordai del suo regalo: mi alzai all’improvviso, lasciandolo del tutto sorpreso e salii le scale che portavano al soppalco per raggiungere la cassettiera, presi il pacchetto dal cassetto e tornai trionfante verso il mio Pel di Carota, che era rimasto ad osservare i miei movimenti, con la stessa espressione stupita.

«Questo è per te.»

La sorpresa sul suo viso lasciò spazio al sospetto: «Ho dimenticato qualche ricorrenza, per caso?» e il sospetto si tramutò in timore di aver commesso un grande errore di dimenticanza.

«Ma no! È una piccola cosa che volevo avessi, avanti apri!»

Emile fece un sorrisetto tornando all’espressione dubbiosa, prese il pacchetto e in un colpo solo sciolse il nastro che lo teneva chiuso, tirandone fuori il contenuto.

«Una chiave?»

«Sì… la chiave… di questa casa.» Emile sgranò gli occhi per la sorpresa. «Ho ripensato a quando ti ho visto sulla porta la settimana scorsa e che se avessi avuto le chiavi, avresti potuto dormire comodo appena arrivato… e poi mi piaceva l’idea di saperti in casa al mio ritorno… o al mio risveglio.»

Senza dire una parola, si alzò dal divano e mi abbracciò forte a sé ed io lo strinsi a mia volta, travolta da quell’abbraccio carico del suo amore.

«Grazie.»

Quella sola parola da parte sua, bastava a riempire pagine di significati: lui temeva che l’abbandonassi ed io volevo che fosse parte della mia vita con tutte le mie forze e quella chiave confermava che le nostre vite erano intrecciate indissolubilmente l’una all’altra; era un altro giro del filo che si avvolgeva intorno ai nostri mignoli, rendendo il nostro legame e la fiducia reciproca, ancora più solidi.

















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NDA

Ave mie care, anche stavolta vi ho fatto attendere una decina di giorni per avere il capitolo, ma credo che ormai questo sia il ritmo di pubblicazione, quindi spero che siate clementi e che sopportiate l'attesa ^ ^
Come vi è sembrato? Credo che il cellulare di Pasi abbia funzionato più in queste righe che in tutti i capitoli messi insieme, l'ho fatto lavorare decisamente tanto xD
Credo di aver trovato un certo equilibrio anche nel dividermi tra le due storie e se la Musa mi sorriderà ancora, non dovrei avere troppi problemi a mandarle avanti entrambe con una certa regolarità. E se tutto va bene, mi piacerebbe dare alla luce anche un altro spin-off, a cui tengo davvero, ma che per ora resta a riposo... vedremo. ^ ^
Intanto mi concentro su queste mie due creature, sperando di mantenere l'nteresse in voi fino alla fine ^ ^




Angolo dei Ringraziamenti

Il mio Arigatou regolare va come sempre alle mie sorelle speciali, che mi sostengono praticamente da sempre e che riescono ogni volta anche con una sola parola a togliermi i dubbi su ciò che scrivo: Fiorella Runco, Saretta, Vale, Concy, Niky, Cicci, Darkely, Ana-chan, a cui si aggiungono la mia adorata admin Kira1983 e le mie colleghe speciali ThePoisonofPrimula, Dreamer_on_heart. Con le vostre recensioni mi aiutate ogni volta ad essere soddisfatta di ciò che creo e m'incitate sempre di più a continuare, siete davvero il mio sostegno più grande, grazie davvero a tutte voi!
E un GRAZIE grande quanto una casa va anche ad Androgynous, che ha recensito lo scorso capitolo con parole che ancora adesso mi commuovono e mi inorgogliscono, non ho nemmeno le parole per dirti quanto tu mi abbia fatto felice!!! ç_ç  *me piange di gioia come Pasi*

E grazie di cuore a tutte voi che leggete in silenzio e che avete messo questa storia tra le preferite, le ricordate e le seguite: 
Ai_line, DISORDER, gigif_95, kiki0882, lorenzabu
, lovedreams, samyoliveri, smokeonthewater, Tattii, Thebeautifulpeople., Aly_Swag, firstlost_nowfound, green apple,
incubus life, princy_94, roxi, Ami_chan, Camelia Jay, cara_meLLo, cris325, epril68, georgie71, IriSRock, LAURA VSR, matt1, myllyje, nickmuffin, Origin753, petusina, piccolina_1994, sel4ever, smokeonthewater, Strega Mangia Frutta, Veronica91, _anda, _Calypso_

Un mega ARIGATOU GOZAIMASU a tutte voi!!!!

   
 
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