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Autore: broken wings    05/02/2012    5 recensioni
Era il periodo degli Inspiral Carpets e delle prime chitarre, il periodo delle droghe, del sesso, dell'alcohol, il periodo di una madre preoccupata, di un padre violento, di una fidanzata trascurata e di un'amica che torna.
Era il periodo fine anni '80 ed inizi '90, e a viverlo sono soltanto degli ingenui e sognanti adolescenti.
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Yesterday, love was such an easy game to play.

Ho deciso di intitolare la storia con il famoso brano dei Beatles, Yesterday, perché il racconto che qui troverete comincia dal principio, da quando gli Oasis non esistevano neppure, da quando tutto doveva ancora nascere e tutto doveva ancora essere vissuto. 
Grace è un personaggio puramente inventato, tuttavia il nome l'ho scelto dopo aver visto un'intervista dove Our Kid diceva che questo nome fosse probabilmente uno dei suoi preferiti. Sulla base di questa esclamazione ho creato questa fanfiction, immaginando che storia ci fosse dietro a quel nome, quella ragazza.
Riguardo Peggy, Tommy, Noel, Liam Gallagher e il resto dei personaggi realmente esistenti, non ho alcuna intenzioni di offenderli, né di dare descrizione veritiera dei fatti o caratteri di ciò che troverete. 
Tengo tuttavia a precisare che avvenimenti come la violenza del padre Tommy nei confronti della moglie, o l'espulsione dalla scuola di Noel, sono realmente accaduti.
Rispondo ed accetto ogni sorta di critica purché sia costruttiva e motivata. 
Non so quanti capitoli verranno pubblicati, non ho alcuna idea di come formulare proseguimenti e continui, quindi aspetto che arrivi la cosiddetta ispirazione e che mi aiuti per il secondo capitolo. Il primo, mi è venuto giù quasi automaticamente, quindi non riponete troppa fiducia in questa FF! :)
Nel frattempo grazie per la lettura, e buon proseguimento (?) 


 



Stay young and invincible.


 

- Psss, Grace, è per te! Indovina di chi è?
La bambina sbuffò, succedeva con frequenza ogni mercoledì di ogni settimana. Controllò con attenzione che la maestra non li stesse vedendo: non avrebbe mai voluto essere ripresa di fronte alla classe, né tanto meno che la signorina Johnston leggesse il foglietto accartocciato che puntualmente riceveva ogni mercoledì della settimana. Sapeva già cosa c'era scritto:
ti vuoi mettere con me? 
Si - No 

Mike, il suo compagno di banco mostrava una risatina quasi di compassione nei confronti dell'altro bambino. Non si dava pace. Lei strappò il foglio proprio di fronte ai suoi occhi e gli disse, alla fine della lezione: 
- William, no, no e no. Che devo fare per farti smettere di mandarmi bigliettini?
- Mi devi dire di sì! Ti prego, ti prego, ti prego! 
fece dunque il bambino, con i suoi occhi verdi già sognanti. 
- Ma se ti dico di sì, poi te la finisci? 
- Certo! 
- Va bene, allora stiamo insieme. 
La bambina se ne andò con la coda di cavallo che le svolazzava da destra a sinistra, verso le sue amichette che sorridevano e parlavano bisbigliando stupite dell'accaduto. Liam rimase a guardarla quasi ipnotizzato. 
- Hey William, riprenditi. 
gli fece dunque Mike, appoggiando la sua mano sulla spalla dell'altro bambino.
- E' la cosa più bella di tutta la mia vita!
esclamò l'altro.


- Allora, andiamo a casa insieme? 
- Mh. Che pappa.. 
In realtà tornavano sempre da scuola insieme, però il fatto che lui gliel'avesse dovuto chiedere, rendeva il tutto più ufficiale e serio. Lui saltellò lungo il marciapiede allegro, ma Grace lo fermò giusto in tempo, osservando:
- Oggi non aspettiamo Noel? 
- Ah, è vero. 
fu perciò la risposta delusa del bimbo, che dall'euforia si era addirittura dimenticato di lui. Si sedettero così sulla vecchia panchina di legno sbiadito di fronte alle scuole superiori, dove di lì a poco sarebbe dovuto uscire il fratello. Attesero cinque minuti in silenzio, seguiti poi da altri cinque, e da altri cinque ancora. Aspettarono mezz'ora ma alla fine non uscì più nessuno dal cancello arrugginito di quell'edificio. 
- Io ho fame. Andiamo a casa. 
suggerì perciò la bambina.
- Ma Noel non c'è.. 
- Starà a casa! I miei mi aspettano per pranzo. 
- Ma stamattina siamo andati a scuola insieme, non puo' stare a casa.
- Dai, muoviti Liam, anche Peggy si arrabbierà se non ci sbrighiamo! 
Grace si alzò con volto autoritario, vide il bambino con un volto terribilmente affranto, e per spingerlo a seguirla gli porse la propria mano, accompagnando quel gesto con un sorriso rassicurante. Ovviamente Liam la seguì. 
Aveva la mano che gli sudava in un modo mai provato prima, e si vergognò immensamente per questo. Così, quando arrivò il momento di separare le strade e rientrare ognuno nella propria abitazione, William ne fu in parte sollevato. 
- Ciao, dopo usciamo a giocare, no?
- Ok!
- E poi dovresti spiegarmi matematica, che non l'ho capita tanto..
La bambina fece una breve risatina. 
- Va bene, però digli a tua madre di preparare i panini buoni con il salame. Il succo di frutta l'ha comprato ieri mamma.
Chiuse il piccolo cancello del giardino dietro le sue spalle, e lo salutò poco prima di chiudere anche la porta di casa. Dalla finestrella, Liam potè vedere Grace che abbracciava calorosamente il padre in soggiorno, il quale le toccava teneramente i lunghi capelli mori. 
Purtroppo la situazione non era la stessa in casa sua: quando entrò vide Noel seduto a tavola, e d'impulso gli venne da sorridere. Ma poi, si accorse che sua madre si trovava di fronte a lui, chiaramente sconvolta. 
- Hai fatto venire qui il preside della scuola, Noel.. che figure mi fai fare? Tu.. tu non capisci che non si devono fare questo genere di cose? Cos'ho sbagliato, con te? 
Peggy era quel genere di madre che non riusciva neanche ad arrabbiarsi con i propri figli, gli voleva bene ed era tutto ciò che aveva. 
- Non hai sbagliato niente, mà. Non è colpa tua. Era solo un fottuto scherzo! 
- Non dire parolacce in questa casa.
- Si, mamma.
- E ad ogni modo, era uno scherzo di cattivo gusto. Dovrai crescere prima o poi! 
- Tutti i miei compagni hanno riso! E' stato davvero divertente! 
- Non hanno riso con te, hanno riso DI te. E' diverso. E' grave.
- Hanno riso di Mr. Gilbert, non di me! Dovevi vedere la sua faccia! Era pieno di farina, completamente bianco! E' stato bellissimo!
- Dannazione, Noel. Queste cose non vanno fatte, punto! Ti hanno espulso, lo capisci?! Hai soli quindici anni! Che ne farai della tua vita?! Sei un ragazzo intelligente, avresti potuto studiare, stavo già mettendo.. sai, dei soldi da parte. 
- Mamma mi dispiace, ma lo studio non fa per me. Rinchiudersi in una stanza, per anni, sopra a dei libri.. e per cosa? Per un foglio di carta che ti dice che sei così intelligente da poterti permettere un buono stipendio? E' una stronzata assurda. Preferisco lavorare come fruttivendolo, piuttosto!
Peggy rimase in silenzio per un po', poi si voltò verso Liam, si scusò con lui e lo salutò con un bacio affettuoso. 
- Io ho aspettato Noel per mezz'ora.. 
mormorò il bambino chiaramente offeso. 
- Non lo dovrai più aspettare, torni a casa da solo da oggi in poi. Ormai sei abbastanza grande. 


Ma arrivò un giorno che portò con se tanta, tanta, tanta neve e la scuola venne chiusa la mattina stessa senza preavviso, a Manchester non erano abituati a cambi di clima del genere. Grace e Liam tornarono perciò a casa, e quest'ultimo desideroso di una buona cioccolata calda, decise di invitare la bambina in casa sua. Si sentiva un po' di trambusto dalla strada della via, e inizialmente William credette che fosse Noel mentre litigava con Peggy, su chissà quale problema riguardante il futuro del ragazzo. Ma c'era una figura ben più alta del quindicenne, di fronte a sua madre. E sua madre, aveva un volto ben più spaventato di quando era in loro compagnia. Inizialmente, la donna, neanche vide i due bambini sull'uscio della porta. 
- Vattene Tommy. Vattene. 
Continuava ad indietreggiare e la sua voce tremava, le scendeva del sangue dal labbro ed aveva l'occhio sinistro viola. Liam si voltò d'impulso verso Grace: aveva gli occhi sbarrati e si aggrappò al braccio dell'amico. 
- Non urlare.. 
le bisbigliò William. Nel frattempo vagò con lo sguardo lungo la casa, e vide sconcertato che Noel si trovava in pigiama nascosto sulle scale, senza fiatare, mentre guardava la scena. Dagli occhi gli si leggeva la paura, ma non era una buona giustificazione per rimanere lì impietrito senza muover dito.
-  Tommy.. Ti prego.. C'è Noel di sopra e potrebbe svegliarsi.. 
L'uomo scoppiò in una rumorosa e finta risata, aveva un tono di voce squallido quando disse:
- Dai, vieni Peggy. Vieni qui. Non ti faccio niente, ci divertiamo un po', facciamo.. 
- Smettila! Vattene! Mi fai schifo, vattene!
Silenziose lacrime rigavano il volto di Peggy e diventavano rosacee quando incontravano il sangue delle piccole ferite che le unghie del marito avevano provocato nel suo viso. 
- Forse non hai capito ciò che intendevo dire.. 
Si avvicinò lentamente alla donna, le strinse i polsi così forte che la madre cominciò un urlo disperato. Anche Grace piangeva, e Liam capiva tristemente come le cose sarebbero andate avanti, se lui stesso non avesse fatto qualcosa. Si avvicinò alla scrivania accanto la porta d'ingresso, prese un souvenir che i nonni gli avevano portato da non so quale posto: era di pietra, abbastanza pesante e con un'infrenabile impulso lo lanciò, colpendo il tendine del ginocchio destro di Tommy. L'uomo si piegò a terra e la madre guardò sconvolta la presenza di tutti quei bambini nella stanza. Noel scese le scale di corsa, si avvicinò al padre e dopo un forte calcio allo stomaco, gliene diede un altro dritto in volto. Liam si avvicinò a Grace, che purtroppo tremava ancora e Peggy corse verso i due dando loro un abbraccio di una forza travolgente. 
- Scusatemi, vi prego perdonatemi.. 
- Mamma, non ti preoccupare.. Non è niente..
Grace non riusciva a dire una parola, e una volta staccatesi dall'abbraccio, la donna si voltò rabbiosa verso il marito:
- Non tornare mai più. Mai. Prendi le ultime cose e vattene sul serio. 
Tommy si alzò dolorante da terra, lanciò uno sguardo duraturo a Noel e la madre si affrettò di avvicinarsi a quest'ultima, accarezzandogli protettivamente i capelli. A testa alta soprassò la cucina ed il salone, dirigendosi verso le scale per fare le valigie. Finalmente. 
- Sono curioso di sapere come manderai avanti questi tre figli!
disse, una volta arrivato all'uscio della porta. Non fece in tempo a terminare la frase che Liam sibilò qualcosa come:
- Sono curioso di sapere che ne farai della tua vita! Anzi, no.. Non me ne può fregar di meno.
Noel sorrise, e Grace si aggrappò ancora più forte alle braccia del bambino.
- Fatti rivedere da queste parti e chiamo la polizia, è una promessa. 
L'uomo si voltò versò la porta e la chiuse dietro di sè. Peggy si avvicinò alla porta, poi alla finestra e lo vide uscire dal giardino senza mai voltarsi. 
- E' finita..
Verso mezzogiorno e tre quarti Grace dovette tornare a casa per il pranzo, William decise di accompagnarla fino alla strada che divideva le loro case. 
- Mi dispiace per oggi
cominciò lui.
- Non è colpa tua
- Ho deciso io di prenderci la cioccolata calda. Potevamo benissimo tornare ognuno a casa propria e dormire.
- Non lo sapevi..
- Mi dispiace
La bambina si sedette lungo il marciapiede e Liam si accorse che tremava ancora. Lei si sentì il peso del suo sguardo su di se e fece, come per giustificarsi:
- Ho soltanto un po' di paura.. Ora passa..
- Lascia stare, non passa. Io ho questa paura da anni.. A casa tua non succedono queste cose ma io vorrei soltanto che non ne parlassi con i tuoi. Ho la mamma migliore del mondo e non vorrei che venisse giudicata o che altro.
- Non ne farò parola, giuro.
Lui si avvicinò e le lasciò un leggero bacio sulla guancia e prima che lei rientrasse, aggiunse:
- Ah, Grace!
- Sì?
- Se stanotte hai paura, accendi la luce e spegnila per due volte consecutive. Penso che la mia cameretta affacci sulla tua. L'altro giorno ti ho visto mentre saltavi sopra il letto, era una scena buffa.
La bambina rise, e William pensò che fosse la cosa più bella della giornata.

 

   
 
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