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Autore: fiamme    06/02/2012    1 recensioni
Gli occhi di Celia sono indimenticabili, un solo sguardo può cambiare il corso di un'intera vita.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pensi sempre sia curioso come succeda.
Per un’intera vita hai preso decisioni, buone decisioni, per te stesso, o sono state prese in nome e per conto tuo, da qualcuno che ti ha voluto bene, quando ancora non avevi l’età per capire o per desiderare di fare una scelta.
Decisioni oculate e ponderate, che ti hanno portato ad essere la persona rispettabile e ammirata che sei oggi: tu, il tuo studio medico e quei pazienti che ti venerano, senza eccezione.
Perché hai un biscotto pronto per ogni bambino che vedi, e il conforto di  una parola buona per quelli a cui la medicina non può dare speranza; perché fai scivolare qualche monera in tasca a chi è venuto a farsi curare da te senza poterselo permettere, per comprare le medicine e magari anche un po’ di pane.
 
E sono tante, ma tante davvero, le madri che ti vedrebbero volentieri con le loro figliole, i padri che sarebbero orgogliosi di poterti chiamare figlio e offrirti un sigaro, nei salotti eleganti della domenica, mentre le donne servono il caffè e siedono insieme ricamando.
 
Tu, però, una donna non l’hai mai voluta; gli unici occhi di donna di cui avresti cercato l’ammirazione te li hanno portati via prima ancora che tu potessi dare un nome a quel sentimento.
 
Eri piccolo, del resto, dieci anni sono davvero pochi per inventarsi la disobbedienza di un amore.
Così sì, eri piccolo, e troppo beneducato e rispettoso delle regole per rivolgere anche una sola parola alla figlia della lavandaia.
Quella donna di cui si diceva -  sottovoce, certo, ma lo dicevano anche la domestica e la cuoca di tua madre quando pensavano che nessuno potesse sentirle - che non avesse mai avuto un marito. 
Per quello all’inizio erano stati pochi ad affidarle, come un favore, la fatica dei propri panni, da lavare con la cenere e stirare a carbonella.
Era stata la tua signora mamma a far cadere il tabù.
Un’opera di bene e un esempio di virtù cristiana per lei, sempre in ordine perfetto, con le sue piume sul cappello e la sua associazione di carità.
Come se quei panni si lavassero da soli, quasi fosse un’elemosina a quella povera bambina, che almeno lei potesse avere un piatto caldo al giorno e potesse imparare un lavoro onesto.
Alla madre, spalle curve e mani spaccate dal gelo nelle mattine d’inverno, non pensava quasi nessuno, se non per scuotere la testa.  
E invece era bella; anche vestita di stracci e sfatta dalla fatica, con gli occhi sempre bassi, era la donna più bella che tu avessi mai visto.
Anche per quello, forse, le volevano così male le altre donne; le signore amiche di tua madre, tua madre per prima, ma anche le serve di ogni casa per bene che tu conoscevi e frequentavi

Ecco, la cattiveria del tuo piccolo mondo borghese e perfetto l’avevi imparata così, da quelle mezze frasi, quegli sguardi colmi di riprovazione e di perversa soddisfazione che seguivano quella povera schiena piegata  sotto il peso dei mastelli di legno e della stoffa bagnata.
L’avevi imparata dalla bocca del tuo parroco, un sacerdote azzimato che beveva il tè in casa tua una volta ogni quindici giorni e predicava l’umiltà ai diseredati e la dignità ai benestanti:
“Almeno la bambina è brutta, se non fosse per quello sguardo così sgradevole e intenso potrei trovarle facilmente da andare a servizio in una casa per bene.”
 
La bambina aveva quattro anni appena, ma anche nei giorni in cui il caldo ti lasciava senza forze o in quelli in cui il vento sembrava tagliare la pelle potevi vederla seguire sua madre, offrirle quel poco aiuto che poteva, sollevando il secchio della cenere e porgendole le mollette.
 
Aveva i capelli ricci, scuri – figlia di un qualche ebreo o di un italiano, diceva la cuoca, facendo schioccare la lingua - e quegli occhi, quegli occhi che il parroco trovava tanto riprovevoli.
 
Una volta sola te le eri sentiti piantati addosso.
Una volta sola perché ti stregassero per sempre.
Lungo il viale alberato avevi visto due ragazzi, i figli del notaio Williams, due giovani tori fin troppo noti nel circondario e nella scuola francese di Monsieur  Genéve, che accoglieva i rampolli più giovani di Fort Hill prima che avessero l’età per frequentare il collegio di Saint John.
I due fratelli, bassi e tarchiati, sempre pronti a imporsi prepotenti nei giochi degli altri ragazzi, avevano individuato un nido di merlo nascosto in una cascata d’edera; si preparavano ad abbatterlo usando una fionda, incuranti del pigolare terrorizzato dei piccoli e dei frenetici voli dei genitori.
 
La loro governante, aria esausta e rassegnata, aveva volto il capo, cogliendo al volo l’alibi della tua presenza: aveva cominciato a parlare con la tua, ignorandoli; di quel lavoro, del resto, aveva bisogno, e quell’anno la signora Williams aveva già licenziato tre istitutrici perché non erano in grado di gestire quei ‘cari ragazzi’.
La figlia della lavandaia si era fermata a guardarli da lontano, poi aveva guardato te.
E anche a te quello dei Williams sembrava un gesto di cattiveria gratuita, ma ti eri trattenuto dal dire qualcosa.
Erano due e tu eri solo, ed erano entrambi più forti di te.
Lei però ti aveva guardato, sfidandoti a fare la cosa giusta: e tu ti eri fatto avanti, timidamente, chiedendo che la smettessero di tormentare quelle povere bestie.
Miss Lillian e Miss Anne ti avevano guardato incredule; i due ragazzi con derisione.
Il più giovane aveva sogghignato maligno:
“Se no?”
“Non vi hanno fatto niente. Non è da uomini prendersela con chi non può difendersi.”
 
Uno dei due fratelli ti aveva spintonato furibondo; avrebbe fatto di più e peggio, ma eravate in mezzo alla strada, abbastanza vicini a casa da poter cadere sotto lo sguardo di un conoscente.
Delle due governanti non si preoccupavano; la piccola bastarda della lavandaia non l’avevano nemmeno notata. 
Tu però non ti eri spostato, e per farti togliere di mezzo l’altro ti aveva puntato contro la fionda.
 
Ti sei chiesto per molto tempo se avrebbe avuto il coraggio di colpirti.
Hai immaginato spesso che lo sguardo con cui l’avevi fissato fosse di sprezzo e non il terrore paralizzato di una vittima.
A colpirti comunque non era arrivato niente: ti eri sentito gli occhi di lei sulla schiena e poi sopra la tua spalla.
La fionda si era spezzata nelle mani del tuo aggressore, lasciandogli il segno netto di una sferzata sul viso.
Le governanti avevano precipitosamente soccorso il ferito, ma l’altro ragazzo era rimasto a bocca aperta, a guardare te.
In nome di un istinto sconosciuto avevi raddrizzato le spalle e sostenuto il suo sguardo, spostandoti appena per coprire qualsiasi visuale della bambina.
 
Lei era rimasta dov’era, tornando a casa le eri passato accanto, avevi annuito leggermente alla sua volta. Non ti aveva sorriso: sorridevano i suoi occhi.
 
Miss Lillian aveva chiesto alla cuoca di darti dei biscotti al cioccolato con il tè quella sera;  il giorno dopo, a scuola, sapevano tutti che avevi tenuto testa ai Williams e d’improvviso avevi avuto molti più amici e il rispetto tutto nuovo di molti adulti.
 
Guardandoti indietro ti chiedi sempre se non sia stato quell’episodio, al di là di ogni attenta decisione, a fare di te l’uomo che sei oggi.
Ti fa sentire bene pensarlo, e ti stringe il cuore di un rimpianto impossibile, perché a quella bambina non avevi rivolto nemmeno una parola e non l’avevi più incontrata.
 
La madre era morta solo pochi giorni più tardi, e sulla sua morte si erano accaniti di nuovo i sussurri del vicinato; di lei sapevi che era stata mandata a vivere con il padre.
Il suo nome l’avevi sentito solo una settimana dopo, dal parroco, mentre mangiava tartine nel salotto di tua madre e si rammaricava del destino della povera piccola Celia.
 
Hai pensato a lei ogni giorno della tua vita da allora, traendo da quegli occhi il coraggio di fare ogni giorno la cosa giusta, nel tuo piccolo, cercando nello sguardo della memoria l’approvazione degli unici occhi di donna che tu abbia mai sognato.
 
Non sai ancora, mentre ti appresti a entrare a Le Cirque des Rêves,  che quegli occhi stanno nuovamente per incrociare i tuoi.  
  
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