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Autore: Verobelieber    06/02/2012    7 recensioni
Luce ha perso il padre, e con lui la capacità di amare e la passione di dipingere.
La madre per mantenerla fa la sgualdrina, portando i suoi clienti a casa mettendo quindi in pericolo la ragazza. Per farle avere una vita migliore, la madre acconsente che Luce vada a vivere a Los Angeles con Stef, la sua migliore amica.
Nella scuola di Luce c'è un ragazzo di nome Justin, puttananiere di prima categoria, che
riuscirà a guarire il suo cuore dal dolore...
All'inizio solamente per una scommessa, ma in seguito egli capirà ben presto di essere innamorato della ragazza.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi è sempre piaciuto il mare, da un senso di totale calma, con le onde, la leggera schiuma, chi l'ha inventato ha mischiato bene anche i colori.
Pensateci: il blu e le diverse tonalità di azzurro si mescolano con la purezza della schiuma e con il cielo limpido... Dando un armonia che si contrasta con l'oro della sabbia e del sole.
Lo dipingevo sempre nei miei quadri, stesso soggetto, diversi stili. Dipingevo sempre il tramonto, con i riflessi del sole sull'acqua e di tre barchette, a vela per essere precisi.
Giò diceva sempre che avevo talento, tanto. 
E io ci credevo a questa storia del talento, tanto che stavamo organizzando di aprire una nostra galleria d'arte. Vi immaginate la cosa?
Io un sacco di volte, m'immaginavo l'inaugurazione, io che tagliavo il nastro rosso, mamma al bancone che serviva da bere e dei muffin, quelli alla vaniglia, quelli che faceva con me per 
quando tornava Giò, quelli che non assaporavo da quattro anni...
Un rumore forte vicino a me interruppe i pensieri. Alzai lo sguardo, e vidi un immensa onda che mi stava per sommergere. Ma ero sulla sabbia, a cinque metri dalla riva, come fa ad arrivare 
un onda così grossa? Alzati scema, alzati e scappa mi urlavo da dentro la mia testa. Sempre se si può urlare dentro la testa, io non lo so.
No, non mi alzai, mi lasciai travolgere da quell'onda, aspettando il contatto con l'umido...Ma invece no, anzi sentì calore, ma non caldo, era più simile a tepore. Un dolce rilassante tepore.
Aprì gli occhi. Ero bianca. Bianca? No,no ero ricoperta di schiuma. Com'era soffice!... sembrava quasi la stoffa più mormida che abbia mai sfiorato nella mia vita.
Mi alzai, e con me la schiuma. No, aspetta era diventata stoffa veramente! Avevo indosso un candido vestito bianco, stretto alla vita in un prezioso corpetto che si congiungeva ad un 
nastro legato alla vita, finente in un fiocco dietro la schiena. La gonna era a più strati di pizzo, si spostava ad ogni minimo movimento. Era un vestito da sera, per un evento importante.
Tipo la prima di un film, o un inaugurazione. L'INAUGURAZIONE CERTO! C'era l'inaugurazione della galleria,e io ero ancora in spiaggia, perfetto.
Una lucciola si avvicinò a me, che bella... Ne avevo viste solo tre di lucciole in tutta la mia vita.
Come brilla... E...e lampeggia! Sembra quella luce che ti avvisa dell'arrivo del treno, quindi t'invoglia ad allontanarti dai binari, la dovevo seguire? 
Si faceva più piccola "Hey aspettami!" Inizio a correre, il vestito mi è d'intralcio, sento che si sta strappando qualcosa. "Perfetto" mormoro con il fiatone. L'ho quasi reggiunta...
"Signorina..." Eh? Da quando le lucciole parlano?
"Signorina si svegli!" Si svegli? ma che...
"Mi scusi ma questa è l'ultima fermata, deve scendere" ha parlare è stato un tizio con un berretto blu, la faccia tonda, due grandi baffoni neri increspati con la bocca in un sorriso tirato.
 Ho sempre pensato che le persone con i berretti blu fossero dei giocatori di baseball, questo non ci assomigliava molto, a un giocatore.
"Mi ha sentito?" Il suo finto sorriso scomparve, ma io avevo ancora in testa questa domanda, gliel'ho chiedo? Mi prende per pazza?...
"Mi scusi ma lei percaso gioca a baseball?" Vidi i suoi baffoni contrarsi fino a formare una "u" al contrario.
"Una volta forse, ma per favore scenda, devo finire il turno" lo sapevo! LO SAPEVO! Ah si ora scendo. No aspetta vuol dire che devo tornare a casa...da mia madre... MERDA.
 
 
Scesi dall'autobus di malavoglia, guardai l'orologio... 22:46. Cazzo ieri ero riuscita a tirare fino alle 22:57 così da arrivare a casa alle 23:36 e stare solo nove minuti ad aspettare mia madre,
invece così dovevo aspettare ben venti minuti. Merda, merda e ancora merda. In venti minuti in quella casa poteva succedere di tutto... metti che il cliente arrivi venti minuti prima, non
avendo niente da fare si metterà a parlare con me, e metti che sia un malintenzionato a cui non basti solo la madre, se la prenderà con la figlia per far passare il tempo.
Rabbrividì al pensiero e al ricordo di due mesi prima... Brian si chiamava, Brian Gurler. Ero arrivata trentaquattro minuti prima, e naturalmente questo si annoiava. Forse voleva solo 
parlare, ma era sbronzo, e si sa, se uno paga una sgualdrina per farci sesso, si sbronza e deve pure aspettarla, si diverte con quello che trova. 
Chi era la sgualdrina? A mia mamma si, non trovava lavoro e questo gli dava circa trecento euro a notte, era un bel prendere ma si viveva nel terrore. E poi era una sgualdrina di lusso lei, 
niente strada con la sedia e la bottiglia d'acqua, no. Lei solo su prenotazione e in casa al calduccio. Faceva di solito due uomini a sera, uno alle 22.45 e uno alle 23.45. Perfetta come un orologio.
Camminando mi soffermai su un cartello di una mostra d'arte, la galleria mostrava dei pezzi di un gruppo di francesi costantemente in viaggio, esordienti, così diceva la locandina.
Sarebbe aperta il successivo sabato. Quasi quasi potrei... No, no Lucinda Marie Lewis che ti salta in mente! Tu hai chiuso con l'arte, CHIUSO!
Sbuffai e ritornai a camminare 23:16, arriverò fra circa dieci minuti, bene sono pronta a tutto!
 
 
Ok, ero all'inizio della mia via, esattamente quarant'otto metri distavano da casa mia. Cercai di sbirciare, luce spenta: PERFETTO!
Affrettai il passo, quando ne sentì un altro congiungersi con il mio. Mi girai di scatto, un signore sulla trentina era lì davanti a me che mi sorrideva.
"Sei la figlia di Paola?" io annuì, ed oltrepassai il cancello di casa. Lui mi seguì ed arrivata alla porta si blocco a guardarmi.
"Puoi entrare ed accomodarti, mia madre arriva alle 23:45" riuscì a dire. Lui sorrise e entrò sedendosi sul divano.
Entrai anch'io, chiusi la porta e buttai lo zaino per terra. Andai in cucina a prendere un bicchier d'acqua. Dai Luce sarà anche un morto di figa ma non essere maleducata!
"Vuoi..vuoi qualcosa?" dissi a bassa voce ma lui sentì benissimo. Mi girai ed era a un metro da me che mi fissava con uno sguardo ambiguo. Ahia, non credo che hai afferrato la mia domanda.
"Bhè veramente..." Mi fece la completa radiografia, soffermandosi sul settore seno. Merda, MERDA MERDA!!!  Indietreggiai e lui avanzò. 
"Mia madre arriverà a breve, non fatevi strane idee" dissi con la voce spezzata. Dovevo apparire dura. Se no era finita.
"Non si può avere l'aperitivo? Se sei figlia di tua madre avrai eretidato qualcosa no? Tipo le tue belle tet..."
"NO" sbottai furiosa ma allo stesso tempo allarmata. Lui avanzò e mi spinse contro il muro, bloccandomi con il suo corpo. No ti prego! Non ancora! Non riuscirei a sopportarlo!
"Lasciami puttaniere che non sei altro!" mi tirò uno schiaffio. "Stai zitta troia!" Mi iniziò baciare violentemente, mentre mi toccava sotto la maglietta. Le lacrime iniziavano a uscire mentre mi 
dimenavo per cercare di liberarmi. Ero sola, come al solito, iniziai a urlare, ma mi tappò la bocca. Mi prese e mi mise sul tavolo, mentre iniziava a togliermi la maglia.
Io piangevo, versavo lacrime di dolore e di vergogna. Papà dove sei? Perchè ci hai lasciate sole? Ho bisogno di te, dobbiamo aprire la galleria ricordi? Me l'avevi promesso!
Vidi la mia maglietta cadere sul pavimento, mentre il tizio cercava di togliermi il reggiseno. Ti prego basta, lasciami in pace, fammi morire sola...
"Luce!" sentì un grido "Alan lascia stare mia figlia, lei non centra niente!" Sentì  Alan che allentò la presa e in seguito due braccia più esili avvolgermi. Io rimasi ferma immobile a quel contatto.
"Esci di qui Alan, non sei più un cliente gradito!!" sbottò mia madre. "Sei solo una troia e tua figlia con te!" urlò Alan uscendo di casa.
"Te...Tesoro mi dispiace tanto... Sta... Stai bene?" balbettò mia madre. "NO MAMMA NON STO BENE! TU E IL TUO LAVORO DEL CAZZO, NON RIESCO PIù A SOSTENERLO!"
Prima che potesse rispondere presi il cappotto e corsi fuori. Alan era ancora fuori mi guardò strano, io gli feci il medio e continuai a correre.
 
 
Erano le 23:52, non c'era anima viva in giro, arrivai alla spiaggia e mi sdraiai sulla sabbia. Iniziai a piangere in silenzio, pensando a quei quattro anni senza papà, il mio Giò. Era passato molto
tempo dall'ultima volta che lo chiamai papà. Ma ora basta Luce, pensa alla realtà! 
Mi alzai e iniziai a incamminarmi verso la casa di Stef, la mia migliore amica. Solo lei e Nik sapevano la mia situazione, gli altri sapevano solo che ero ricca ma con dei complessi per la morte del 
padre. Arrivai a casa sua e suonai al campanello della camera di Stef. L'avevamo progettato noi, in queste eventualità di sentirci in tarda sera senza svegliare i suoi genitori e Paul, il suo fratellino.
Vidi una luce accendersi e poi sentì dei passi lenti sulle scale, una luce nell'atrio e poi la porta si aprì. Stef era lì, in tutta la sua bellezza, un fisico da modella, capelli biondi lisci come seta, ora
raccolti in una coda per la notte e i suoi occhioni color cioccolato, segnati dal sonno. Il suo sguardo passò da spento a preoccupato notanto il mio mascara sbavato, gli occhi rossi e il solo 
giubbotto. Con la voce impastata dal sonno mugugnò un "Cos'è successo?" Io istintivamente l'abbracciai. Poi senza dire niente andai in camera sua, nel letto riservato a me mi ci buttai sopra
e ricominciai a piangere. Poco dopo sentì una mano accarezzarmi i capelli con tocco leggero. Stef sussurrò: "Tranquilla ora dormi, ne parliamo domani, se ne hai voglia."
Si alzò, io mi asciugai le lacrime e mi misi sotto le coperte. 
Papà ti voglio bene, scusa non dovevo prendermela solo con la mamma, lei lo fa per me, per mantenermi, anche se credo ci siano lavori migliori. Tu dicevi sempre quando qualcosa va male 
vai a guardare il mare, ascolta le onde, percipiscine la purezza che esse emanano, e sii come loro, libere.
Sorrisi e mi addormentai. 
La conquisterò la mia libertà, te lo prometto.
 
 
Look me!!!
Hei ragazze! è la mia prima storia quindi siate buone :)
Mi basterebbe una recensione piccina picciò, grazie a tutte!
   
 
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