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Autore: destroyed    06/02/2012    2 recensioni
Diciamocelo coprire quel coglione è stata una di quelle cazzate di cui te ne penti seduta stante.
Insomma almeno avrebbe potuto chiedermelo. Avrebbe potuto dire: “Hey Iero, senti ho messo la mia droga sotto i tuoi calzini, così tanto per non essere beccato.”
Infatti non è lui che hanno beccato, sono io il deficiente colto con le mani nel sacco (altrui).
Cosa potevo dire? Nessuno mi avrebbe creduto, perché hey, lui ha dietro di se generazioni di gente importante, nessuno avrebbe voluto buttare merda sulla loro reputazione.
Genere: Avventura, Commedia, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Un po' tutti | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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Attenzione: Questa storia è ispirata al film Hooligans diciamo che l’ho riadattato al fine di farlo diventare una Frerard.  Naturalmente i personaggi non mi appartengono e oh, se avete già visto il film, bene, ma se non lo avete visto, a voi la scelta se leggere prima la fan fiction o no. Diciamo che questa è un po’ diversa dalle solite storie che scrivo, quindi non so se verrà bene. Vi voglio avvertire che non è proprio uguale spiccicata al film, ho alterato qualche cosa e ho cambiato qualcos’altro. Buona lettura e fatemi sapere se vi è piaciuta, mi farebbe molto contenta.
 
 
Diciamocelo coprire quel coglione è stata una di quelle cazzate di cui te ne penti seduta stante.
Insomma almeno avrebbe potuto chiedermelo. Avrebbe potuto dire: “Hey Iero, senti ho messo la mia droga sotto i tuoi calzini, così tanto per non essere beccato.”
Infatti non è lui che hanno beccato, sono io il deficiente colto con le mani nel sacco (altrui).
Cosa potevo dire? Nessuno mi avrebbe creduto, perché hey, lui ha dietro di se generazioni di gente importante, nessuno avrebbe voluto buttare merda sulla loro reputazione.
Quindi eccomi lì, a raccogliere la mia roba sotto gli occhi vigili di un poliziotto che appena finisco di buttare le mie penne e fogli nello scatolone mi dice:“Su forza, andiamo.”
Sentivo gli occhi delle persone (una volta miei amici) puntati addosso, i commenti che volavano non mi appartenevano, io non ero un drogato, non mi meritavo quella merda.
Non appena tornai in camera a prendere i vestiti , trovai Jeremy a fumarsi una sigaretta e a parlare al telefono con qualcuno, come se quello che era successo , non era affar suo. Tirai lo zaino sul letto e iniziai ad accatastarci accanto la mia roba.
Con la coda dell’occhio vidi Jeremy lanciare qualcosa vicino a me. Misi a fuoco e notai che erano dei soldi, ed erano tanti, senza pensarci due volte li presi e li scaraventai nel cestino.
Continuai a fare le valigie in modo arrabbiato e deluso, perché era proprio quel che sentivo, rabbia e delusione.
Lui attaccò il telefono , mi guardò per qualche secondo e raccolse i soldi dal cestino, poggiandoli sulla scrivania.
“Sono diecimila dollari, Frank, secondo me sono un ottimo affare.”
“Non siamo mai stati in affari, Jeremy.” Gli feci il verso senza girarmi per guardarlo. Lui fece un altro tiro e continuò.
“Senti, so che questa cosa ti ha fregato, ma io ho la reputazione della mia famiglia da difendere. Solo, 
pensaci, un Van Holden espulso da Harvard, non se ne parla proprio. Io ho molto più da perdere Frank.”
Dopo quelle parole sentii la rabbia scorrermi nelle vene , così calda ed invitante. Avrei voluto prenderlo a calci fino a fargli sputare tutti quei sui denti perfetti. Ma non lo feci, quel comportamento non mi apparteneva.
“Iero? Dai su… Mio padre verrà sicuramente rieletto e quando mi laureerò, ci penserò io a te. Promesso.”
Alzò le braccia fino a sopra alla testa, e fece una faccia come per dire: “Non ti sembra logico?”
Infilai l’ultima maglietta nella borsa e la chiusi. Per un attimo chiesi al cielo che sia Jeremy che quel suo maglioncino celeste sparissero da quella camera.
Sentii la sua risata e una pacca sulla spalla.
“Grazie fratello, mi stai salvando il culo alla grande.”
Prese il suo giacchetto e uscì. A quel punto non sapevo veramente cosa fare, dove andare…
I soldi erano ancora sulla scrivania. Potevo prenderli, diciamo che mi spettavano , vista questa situazione.
Invece presi il telefono e composi il numero di mio padre. Lui anche aveva frequentato quell’università e di certo non sarebbe stato felice di sapere che suo figlio era stato espulso con l’accusa di spacciare droga. Eh no, non sarebbe stato affatto felice.
Ricordai a stento il suo numero, ma inutilmente, perché non fu la sua voce ad accogliermi, ma la segreteria, sempre la stessa fottutissima segreteria.
Al diavolo mio padre, presi i soldi e comprai un biglietto aereo.
Quando atterrai Inghilterra , aspettai le mie valige per un’ora. Ormai avevo perso la speranza. Vedevo la gente intorno a me, cercare con gli occhi la propria valigia e tirare un sospiro di sollievo una volta trovata.
Quando arrivò la mia, tirai anche io un sospiro di sollievo e mi alzai da terra.
Tanto per fare il nostalgico, in treno, rilessi la mia tesi di laurea. Avevo preso una A e la nota sotto diceva che se non avevo ancora un lavoro , qualcuno avrebbe gradito fare un colloquio con me.
Insomma diciamo che la mia carriera universitaria non era da buttar via….Oh, lo avevo appena fatto.
La signorina che passava con il carrello era piuttosto giovane e faceva un sorrisino a tutti gli uomini che sedevano in quel maledetto treno. Sorrise anche a me, ma io non ero veramente in vena di sorrisi.
Uscito dalla stazione, mi accorsi di dover fare ancora un percorso in metro, accidenti ero veramente stanco.
Fortunatamente trovai un posto e mi sedetti. Nel momento in cui la voce annunciò la mia fermata , mi preparai, afferrai la mia borsa e mi appostai alla portiera. Quando salii le scale ed uscii dalla metro mi venne da pensare che forse era meglio se me ne stavo in America.
Una cabina telefonica era  a terra contornata da pezzi di vetro e qualcosa che sembrava sangue, ma non ci avrei giurato.
Rimasto colpito da tutto ciò non mi accorsi di mia sorella che mi corse incontro abbracciandomi.
“Oh mio dio Frank quanto mi sei mancato!”
“Ciao Shannon.” 
“Stai veramente bene!” mi disse staccandosi dall’abbraccio ed osservandomi.
“Anche tu.” Sorrisi, in realtà era un sorriso forzato, la mia stanchezza mi rendeva un pochino apatico.
“C’è stato un attacco terroristico per caso?” Chiesi indicando con lo sguardo la cabina in frantumi.
“Oh, benvenuto al mach-day pazzia, il Tottenham era in città ieri sera.”
“Sei un’appassionata di soccer ora?”
“Ah, non farti sentire che usi la parola soccer!” 
“Da chi scusa?”
“Dall’impero britannico!” Rise di gusto e devo dire che a me non fece ridere, ma sorrisi per lei. 
“È così bello vederti” Continuò lei. “ ma cosa ci fai qui?”
Le raccontai tutto, del piccolo incidente, del fatto che la polizia aveva avuto una soffiata riguardo la droga e aveva controllato la nostra stanza, del fatto che avevo dovuto  coprire il mio amico cocainomane, e…dell’espulsione.
La prese bene, più o meno. Insomma mi disse che ero stato veramente un idiota a farmi fregare così e che se papà avesse saputo che il suo “ragazzo d’oro” si era fatto espellere si sarebbe buttato di testa in una piscina vuota. 
In realtà è sempre stata Shannon la sua figlia preferita, o almeno lo era finché non aveva lasciato il paese e se n’era andata in Inghilterra. Io ero sempre stato quello diverso, quello con i capelli di due colori, quello che ascolta musica “strana”, ma non appena la figliola prediletta è scappata via papà ha deciso che ero io il suo preferito, ovviamente ero l’unico rimasto. Perciò mi fece andare ad un’università costosa per farmi laureare, così da avere un figlio di cui parlare bene alle cene di lavoro.
Arrivammo a casa sua e mi posizionai sul divano di fronte alla finestra e lei quello opposto. La sua casa era accogliente ed ordinata. 
Continuammo a parlare ancora un po’, poi la porta di casa si aprì ed entrò un uomo.
“Oh, è tornato Mikey!” Esclamò lei alzandosi dal divano raggiungendo quello che supposi  essere suo marito.
“Hey baby, ho una sorpresa per te.” Disse lui afferrandola e baciandola.
“Abbiamo un ospite” Gli fece notare lei. 
“È appena arrivato, è mio fratello, Frank.”
Lui mi raggiunse e mi strinse la mano. “Ciao Frank come andiamo?”
Non appena vidi Mikey mi accorsi che era proprio come me lo immaginavo, alto, biondo, vestiti impeccabili e molto ricco.
“E’ un piacere conoscerti “
“Si anche per me. Ce l’hai fatta ad oltrepassare l’oceano!”
“Già.”
Ci fu qualche attimo di silenzio poi mia sorella disse: “Volete un po’ di tè?”
“Si grazie.”
“Tè?” Dissi io sarcastico. Mi è sempre piaciuto prenderla in giro soprattutto quando si tratta di questo.
“Non sfottere.” Rispose mentre si avviava verso la cucina.
Mikey  ed io rimanemmo soli.
“Senti Frank è un piacere averti qui, ma vedi ho fatto dei programmi per sta sera, ho organizzato una serata romantica e ho due biglietti per Chicago, non ti dispiace se andiamo?”
Stavo per rispondere, ma il bussare alla porta mi precedette. Mikey si diresse verso l’entrata ed aprì la porta.
Entrò un ragazzo alto con i capelli neri che mi guardò accigliato e disse :” Hey Shannon hai veramente una brutta cera.”
“Ahaha sei molto divertente Gerard.” Sospirò mia sorella guardando il ragazzo prendere una birra nel frigo.
“Frank, questo è Gerard il fratello di Mikey. Gerard lui è mio fratello Frank.” 
Gerard mi strinse la mano distrattamente e aprì la birra con i denti. Rimasi perplesso nel vedere che non si era fatto per niente male.
Quando i suoi occhi si incontrarono con i miei, mi accorsi del loro colore, erano verdi. Ho sempre amato gli occhi verdi.
“Allora che ci fai qui Gerard, credevo che andassi alla partita.”
“Beh in teoria si, ma poi, ieri sera, io e i ragazzi abbiamo fatto un po’ di baldoria. Una cosa tira l’altra e così…”
“Fammi indovinare” Lo interruppe Mikey. “Hai perso il portafoglio.”
Gerard sorrise e gli fece l’occhiolino. “E le chiavi.” Aggiunse prima di guardarmi e chiedermi “Come va?”
Io rimasi in silenzio per qualche secondo e guardai Mikey allontanarsi.
Gerard si sedette sul bancone e bevve un sorso di birra, tenendo lo sguardo fisso su di me. Diciamo che mi metteva in imbarazzo essere osservato, soprattutto essere osservato da Gerard.
“Bene, grazie.”
“Bene, grazie.” Ripeté lui schernendo il mio accento americano, ridendo.
Mikey ritornò in cucina e subito Gerard scese dal bancone  e lo seguì.
“Hey fratellone, non è che mi presti un centone?”
“Beh fratellino che ne pensi di vaffanculo?”
“Eddai.” Disse lui poggiando il gomito accanto al lavandino. Mikey non sembrava assolutamente interessato e Gerard iniziò a cantare.
“Get some drinks in, get some drinks in, get…”
“Ok , stai zitto.” Mi sfuggì un sorriso , ma Mikey mi fulminò con lo sguardo e si avvicinò a me.
“Ti darò cento stelline se porti Frank alla partita con te.” Disse tirando fuori i soldi e posizionandoli all’altezza della mia faccia. Notai subito il cambio d’espressione di Gerard.
“Che cosa? Neanche se mi ammazzi, vaffanculo Mikey!” Sbottò lui osservando prima me poi il fratello.
“Dai, lo sai che non posso portare uno Yankee con me alla partita.”
“Invece si che puoi e voglio che non ci sia nessun problema, sono stato chiaro?” Gerard roteò gli occhi in segno di resa e mi guardò. Di scatto allungò in avanti il braccio cercando di afferrare i soldi, ma Mikey era più veloce di lui.
Sbuffò. “Vieni con me Yankee.” Mi superò e si diresse verso l’uscita sbuffando.
Mikey mi poggiò una mano sulla spalla.“Grazie Frank, non riusciamo mai a stare da soli io e Shannon e oh, tieni i soldi, ma non li dare a Gerard  capito?”
“Capito.”
“Sbrigati” Urlò Gerard agitando le braccia.
“Offrici la birra ai ragazzi.” Annuii e uscii di casa seguendo Gerard che era già parecchio avanti.
Camminavamo distanti, lui davanti, ed io dietro ad osservare una città che non avrei mai voluto visitare in realtà. Lui continuava a sbuffare. Girammo l’angolo e si fermò.
“Senti Frank, l’ultima cosa che voglio fare è portarti alla partita con me perciò ecco come stanno le cose, dammi la metà dei soldi, io vado alla partita e tu puoi andare a vedere dove abitava Churchill da bambino o qualsiasi altra cosa voi Yankee cercate qui in Inghilterra.”
“La casa di Churchill?”
“Si, bravo. Mentre io mi guardo la partita , tu vai a fare il turista. Ora non so se hai capito ma dammi quei fottuti soldi.” Mi ringhiò Gerard facendomi indietreggiare.
“Ma ho fatto una promessa a Mikey”
“Beh Mikey non è qui, vero amico? Io si e stai pisciando contro vento se pensi che ti porterò alla partita con me.”
“Mi dispiace ma non ti do niente.” Risposi io alzando le sopracciglia e cercando di continuare a camminare, ma Gerard mi piazzò un braccio allo stomaco e mi spinse al muro. 
“Non è così, non sei tu a decidere Frank e cominci a starmi sulle palle. Devi darmi la metà dei soldi.”
Sgranai gli occhi, indicai di fronte a me e urlai :” Oh mio dio, la polizia.” 
Ok, forse non è stata una genialata e si faceva abbastanza schifo come diversivo, infatti nel momento in cui cercai di dargli un calcio dove non batte il sole, lui mi afferrò lo gamba e incominciò a ridere.
“Ahaha allora quanto sei stupido da uno a cento? Daiballa per me Yankee.” Mentre zoppicavo lo vedevo ridere e si divertiva pure quel bastardo a prendermi in giro in quel modo.
Mi diede un calcio sull’unico piede che toccava terra ed io caddi , lamentandomi per aver sbattuto la schiena.
“Ti sta bene. Ti muovi come una femminuccia isterica. Tu riprovaci e ti prometto che ti faccio a pezzi.”
Notai nei suoi occhi che in realtà non voleva farmi del male, per lui non ero niente, ne un amico, ne un nemico, solo un ostacolo che devi buttare giù se vuoi continuare a correre.
“Già, ho capito il messaggio ,grazie.” Lui sorrise , si guardò intorno e mi porse la mano.
“Ahaha vieni su dai.” La afferrai  e mi tirai su grazie al suo aiuto.
“Allora, non sei un granché a fare a botte.” Mi disse sorridendo e annuendo.
“Scherzi? È stata la prima rissa della mia vita.” Dissi abbassando lo sguardo e pulendomi la maglietta.
Lui inarcò le sopracciglia. “Quella la chiami una rissa?” Rimase in silenzio per qualche secondo e mi guardò dubbioso.
Va bene, non ero uno di quei tipi che fa a botte per una ragazza, a dire il vero ero anche confuso circa le ragazze, ma questa è un’altra storia. Ad ogni modo, non ero andato fino a lì per farmi prendere a calci da un esaltato, anche se ero parecchio curioso di conoscere i suoi amici, le sue abitudini, dove abita, cosa mangia, la sua squadra preferita…  Ero completamente fuori di testa a pensarci bene. Non capisco perché mi dovevo interessare ad un tipo che invece per me non aveva nessun interesse.
“ E va bene, ti porto con me. Potresti imparare qualcosa.”
“Sul soccer?”
“No Frank!” Sbottò lui alzando la voce. “Voi Yankee lo chiamate soccer e mi fa vomitare. La devi smettere di chiamarlo SOCCER!” 
Scrollando la testa si avviò verso il semaforo. Per qualche secondo rimasi ad osservarlo, il modo in cui camminava mi piaceva.
Faceva ondeggiare le spalle e teneva sempre le mani in tasca, aveva un non so che di… affascinante?
“Dai! Sbarigati!”
 
Mi  chiamo Frank Iero. Sono stato espulso da Harvard quando mi mancavano appena due mesi alla laurea in giornalismo. Ma quello che stavo per imparare, nessuna università di prestigio avrebbe potuto insegnarmi.
  
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