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Autore: ManuBach96    06/02/2012    1 recensioni
Anno 58 a.C., Gallia. Accursio è solo un ragazzo eduo quando il suo villaggio viene ripetutamente attaccato dal malvagio Ariovisto, condottiero suebo a capo dei Germani, proclamatosi re della Gallia e nemico di Roma, con la quale gli Edui sono da tempo alleati. Il ragazzo si ritrova così a dover affrontare con suo padre e uno sparuto gruppo di altri intrepidi guerrieri un futuro a cui non era stato preparato, un futuro che lo vedrà al fianco delle legioni di Caio Giulio Cesare ma che lo porterà un giorno a dover compiere una terribile scelta.
A tutti voi la possibilità di scoprire queste intense vicende.
Recensite numerosi!
Genere: Avventura, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
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Seconda Puntata. Il condottiero suebo

Piangeva, affranto, chino sul corpo esangue della madre amata, e le carezzava i capelli, come per coccolarla, come per fingere che ella potesse ancora rispondergli con un bacio, un sorriso, un abbraccio. Ma ciò non sarebbe avvenuto mai più.
- Madre, - gridava, straziato dal dolore - madre, chi ha voluto dilaniare il mio cuore?
Il cielo si era fatto grigio; grigio e turpe come il cuore di colui che aveva compiuto quel massacro. Accursio si era rassegnato al fatto che ormai fosse l'unico sopravvissuto. Quel ragazzo magro, biondo e dagli occhi castani era dunque il solo rimasto vivo? Si guardò attorno, voleva rispondersi a questa triste domanda, e osservava il tappeto di cadaveri che fioriva tra l'erba. Ma l'anima di tutti gli abitanti del villaggio era spirata, ne fu convinto. Osservò la sua capanna, ormai interamente bruciata, ma nonostante ciò, tentando invano di fermare le proprie lacrime, si alzò in piedi e si avvicinò lentamente. Per un attimo si fermò e la contemplò intensamente, finché non vide al suo interno un lungo tubo metallico, che a tratti era celato sotto la cenere, e tentò di spolverarlo con la manica della propria veste. Con l'altra mano, con la delicatezza di quando coglieva le erbe per suo padre, raccolse quel misterioso oggetto, e nel levarlo dalla sua ubicazione, portandolo più vicino al suo volto, si alzò un cumulo di cenere calda che emetteva ancora del fumo. Si commosse. Quello era il carnyx che suo padre gli aveva insegnato a suonare con tanto amore. In un gesto di solitudine e disperazione, Accursio sollevò lo strumento musicale e con un soffio emise un caldo suono, una lunga nota straziata come lui, nella speranza che qualche superstite potesse sentirlo e raggiungerlo. Se effettivamente qualche superstite fosse rimasto. Il ragazzo tuttavia suonò la medesima nota per un'altra volta, e poi per una terza volta ancora.
- Accursio?
Il ragazzo si spaventò e si voltò alle sue spalle, da dove aveva udito provenire quella voce. Si meravigliò, e quasi sembrò accentuare un sorriso.
- Figlio mio, sei vivo! Oh, mio caro, piccolo Accursio!
Il ragazzo corse ad abbracciare il padre, e in parte si consolò, ma nessuno avrebbe mai cancellato dalla sua giovane memoria quel momento, doloroso per un verso, felice per l'altro. Dopo mille dilemmi, finalmente una cosa era certa: non era rimasto solo come pensava.
- Padre mio adorato! Io credevo che anche tu...
Accursio strinse il padre ancora più forte, e il suo pianto, intenso e sonoro, interruppe le sue stesse parole.

La tristezza regnava. In questo stato d'animo e sotto una violenta pioggia fredda, Accursio, il padre e gli altri cinque sopravvissuti stavano seppellendo i loro morti.
- Padre, dimmi che cosa è accaduto. - singhiozzò il puro fanciullo. - Chi ha ucciso la nostra gente? Chi ha devastato le nostre capanne?
Il padre esitò, poiché il ricordo lo faceva star male, ma con amara sincerità rispose.
- Mentre tu, e siano benedetti gli dèi per questo, eri per i boschi a cogliere erbe, siamo stati attaccati.
- Da chi? Per quale motivo? Noi non abbiamo mai fatto del male a nessuno, perché allora questo massacro?
- Essere alleati con qualcuno che gli altri non sopportano è molto difficile, figliolo. In particolare un uomo non vuole capire. Egli è l'essere umano più crudele al mondo, Accursio, non dimenticarlo. Uccide, uccide, non ha pietà neppure per i bambini. Il suo nome è Ariovisto, comandante suebo a capo dei Germani, proclamatosi re della Gallia e nemico di Roma. Abbiamo combattuto i suoi uomini con coraggio, perfino tua madre ha preso le armi pur di salvare la nostra patria, ed è stata trafitta dallo stesso Ariovisto. Tua madre era una donna meravigliosa, io l'amavo più di me stesso, anche se avrei dovuto convincerla a non combattere, e in questo mi sento profondamente colpevole. Anzi, lo sono.
Segeste scosse la testa. Riprese a scavare la buca destinata a sua moglie, e sul suo volto scorrevano gocce di pioggia. O forse erano lacrime. Accursio abbassò lo sguardo e si lasciò andare ancora una volta ai suoi sentimenti, si accucciò e mise la testa tra le ginocchia. Il fango gli aveva sporcato tutta la veste.
- Che cosa faremo adesso? - chiese, con la rassegnazione di chi è convinto di essere destinato alla rovina. Ma non ottenne considerazione.
Accursio non ripeté ancora la sua domanda. Si alzò, incurante della sua veste infangata, e dopo essersi asciugato, per quanto potesse, il suo volto abbattuto dai fati, si accinse a salutare per l'ultima volta la genitrice.

Per altri due giorni i sopravvissuti scavarono tombe per i loro defunti, e nel loro cuore ardeva il desiderio di vendetta, ma per il momento sarebbe stato un desiderio destinato a rimanere lì, sepolto assieme ai morti, nei meandri di un animo tartassato e afflitto.

- Quale sarà il nostro destino, padre? - chiese quel giorno Accursio, seduto con suo padre Segeste sul prato del loro villaggio ormai fantasma.
- Solo gli dèi immortali possono sapere quel che tu chiedi a me, figlio mio. Cercheremo asilo in un'altra tribù, dove forse potremo ricominciare una nuova vita, integrarci e dimenticare.
- Io non riesco a dimenticare, padre, il sorriso di mia madre quando suonavo il tuo carnyx per lei. Non posso credere che adesso sia tutto finito.
- Devi essere forte, perché la vita continua. E tu hai tutta una vita davanti. Non lasciare che un mostro senza valori vanifichi la tua esistenza: tu un giorno sarai un grande uomo.
- Ricordo che quando ero piccolo amavo molto passeggiare per i sentieri di questi boschi. Ebbene, un giorno io e mia madre andammo a fare una di queste passeggiate. Mi parlò un intero pomeriggio del sole, della luna, delle stelle, della natura e delle stagioni. Io seguivo i suoi discorsi con ammirazione, e imparavo sempre qualcosa di nuovo.
Silenzio. Ma poi il sentimento ebbe ancora la meglio, e Accursio si accasciò sul padre, abbracciandolo con puro e sincero amore.
- Ecco, bravo, piangi e sfogati, figliolo. E ricorda per sempre questi bei momenti, perché quando avrai perso ogni traccia saranno l'unica cosa che avrai.
 

  
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