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Autore: mamie    06/02/2012    1 recensioni
Una one-shot sul secondo Ramo del Mabinogion, Branwen figlia di Llyr. Branwen viene data in sposa al re d'Irlanda, che la tratta come una serva. I suoi fratelli invadono l'isola, il re d'Irlanda Matholuch cerca un accordo di pace, ma Evnyssien non ci sta.
Partecipa alla challenge "I difetti di Howl".
Genere: Angst, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
- Questa storia fa parte della serie 'Vizi e virtù'
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Nota: questa storia partecipa alla challenge I difetti di Howl

 #03 Codardo – Evnyssien
 
UNA SOLA VOLTA
 
“Pensa, prima di agire”. Glielo diceva sempre suo fratello Nyssien. Il suo gemello per la precisione.
Nyssien era identico a lui, di fuori.
Nyssien era il contrario di lui, di dentro.
Nyssien era quello buono, quello coraggioso, quello altruista, quello che risolveva sempre i problemi, quello che sorrideva e aveva una parola buona per tutti. Nyssien era l’unico che gli voleva veramente bene, che si prendeva anche le sue colpe, che lo difendeva, che lo amava e lo accettava per quello che lui invece era. Perché lui era Evnyssien, il gemello cattivo, quello che aveva preso tutta la parte oscura della sua stirpe, lasciando all’altro la parte più nobile e ammirevole.
“Pensa, prima di agire” gli diceva dopo averlo tirato fuori dai guai in cui si cacciava di continuo. Gliel’aveva detto anche quella volta.
Nyssien era morto.
Le sue azioni sconsiderate e codarde avevano portato esattamente a questo, che Nyssien era morto. Lui non voleva la morte di suo fratello, voleva solo la vendetta. Voleva farla pagare a quei cani di Irlandesi e al loro re dal cuore di topo il modo in cui avevano trattato la loro sorella Branwen. Voleva cancellare per sempre la loro stirpe. L’onore della sua famiglia era al di sopra di ogni altra cosa e lì, a quella specie di festa in cui ogni risata suonava falsa, sembravano tutti averlo dimenticato.
Per quello aveva ucciso il bambino. Gwen, suo nipote. L’aveva chiamato, e il piccolo era corso da lui ridendo, spalancando le piccole braccia per aggrapparsi al suo mantello. Gwen che era la delizia di tutti, che era figlio di sua sorella, ma che era anche figlio di Matholuch dal Cuore di  Topo, la cui stirpe doveva finire. Aveva preso in moglie sua sorella giurando di onorarla come regina e invece l’aveva fatta rinchiudere nelle cucine, trattata come l’ultima delle sguattere a strofinare pentole e prendere scapaccioni dal macellaio. Branwen figlia di Llyr, la più nobile principessa del Galles. Quando aveva visto l’armata gallese attraversare il mare su tante navi che parevano una foresta, quel codardo di Matholuch era corso ad offrire giustificazioni e riparazioni. E Bran, il loro fratello maggiore, il capo della loro casa, le aveva accettate. Come aveva potuto fare una cosa del genere? Disonorare a tal punto la sua gente? Ci avrebbe pensato lui, Evnyssien, a riportare la giustizia.
Aveva preso in braccio il bambino, come per cullarlo, e poi con tutta la sua forza gli aveva sbattuto la testa sulla pietra del focolare.
Ecco, la sua vendetta era compiuta. Ora potevano finalmente fare strage di quel popolo ingrato.
 
Non sapeva nulla del calderone magico. Non poteva saperlo. Quella cosa infernale, dove buttavano i morti, e quelli dopo si rialzavano e continuavano a combattere, muti guerrieri straziati che uccidevano e uccidevano finché anche solo un pezzetto delle loro ossa fosse rimasto insieme.
Si erano battuti come leoni, inutilmente. Nyssien era morto, cercando di salvarlo ancora una volta dalla sua sconsideratezza. E se suo fratello era morto, di tutti gli altri non gli importava più nulla. Non gli importava nemmeno di sua sorella, una pedina spostata di qua e di là dai loro giochi di guerra. Dov’era adesso? Morta anche lei insieme al suo bambino bastardo? Aveva guardato Bran che la teneva riparata dietro il suo scudo, aveva guardato la sua bocca che urlava di pena, ma le sue grida, nel rumore della battaglia, non si sentivano più.
Stava cercando un posto per scappare, ancora una volta, ma dove nascondersi? Senza Nyssien a rimproverarlo, a rassicurarlo, ad amarlo nonostante tutto, senza di lui non gli era rimasto nessuno. Nessun posto al mondo sarebbe stato suo.
Allora si nascose fra i cadaveri, strisciando nel sangue, perché aveva finalmente capito cosa doveva fare. Forse la sua codardia, alla fine, sarebbe servita a qualcosa.
Infatti sentì qualcuno che lo tirava per i piedi, trascinandolo, imprecando per il peso. In due lo sollevarono senza neanche guardarlo e lo buttarono dentro quell’orrendo crogiuolo. Atterrò su un mucchio di morti che cominciavano a bollire oscenamente.
Aprì la bocca per gridare senza che uscisse un suono.
Cercò di tirare pugni e calci a quella cosa ustionante che ruggiva come il mare.
Sentiva il suo cuore che batteva impazzito, come se dovesse uscirgli dalla bocca e sputarlo in faccia al suo orrendo destino. “Ancora un poco” riusciva a pensare solo questo nell’ondata di dolore atroce che lo travolgeva. “Ancora un poco”.
Il calderone strideva e fumava sul fuoco, l’oscura magia che doveva riportare in vita i morti, ora che dentro c’era uno vivo, gli si rivoltava contro.
“Ancora un poco.”
Con un ultimo urlo il calderone si spaccò in quattro pezzi nello stesso momento in cui anche il suo cuore si schiantava. E il suo ultimo pensiero fu che per una volta, una sola volta, aveva fatto anche lui qualcosa di buono.
 
Tornarono in sette dall’Irlanda, non uno di più. Questa fu tutta la loro vittoria.
 
  
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