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Autore: _Loki_    06/02/2012    1 recensioni
Celia è una ragazzina che ha paura delle tenebre, scoprirà che in una sola notte i suoi sogni potranno diventare realtà.
Damien è un ragazzino che ama sognare e ha imparato a giocare con il buio.
Un circo che apre al pubblico solo di notte: qual'è il suo segreto?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano passati anni ormai.

Per l’esattezza sette anni da quando mia madre mi lasciò e andai a vivere con mio padre, Hector Bowen, conosciuto come Prospero l’Incantatore.
Mi aveva accolta a braccia aperte, come dovrebbe fare ogni genitore. Da allora, la mia vita aveva preso una piega inaspettata:  era divenuta vivace, colorata e divertente.
Di pomeriggio, appena dopo la scuola, lo accompagnavo spesso al lavoro: aveva un bellissimo ufficio nel teatro del paese.
Aveva  forti passioni che lo dominavano: i giochi di prestigio,  la  fantasia,  la scena, lo stupore…tutto ciò che poteva essere in qualche modo legato allo spettacolo.
Appena poteva, insieme trasformavamo il suo posto di lavoro in un grande palcoscenico, tutto nella nostra fantasia. A quel punto io diventavo Adèle, la sua assistente e lui,… beh lui era sempre il magico Prospero l’Incantatore.
“Mademoiselle  Adèle, vuole cortesemente togliere il velo dalla gabbia?” mi chiedeva sorridendo e facendo il gesto di togliersi il cappello.
“Mais certaiment Monsieu! Lo farò con vero piacere” gli rispondevo io stando sempre al suo gioco.
Tolto il velo, tante piccole colombe immaginarie spiccavano  il volo invadendo l’ufficio e la nostra mente. Entusiasti  come non mai, ci inchinavamo infine davanti a degli appendiabiti, il nostro vivace pubblico,  a quel punto si rompeva la magia e io tornavo a casa a piedi per fare i compiti.
Delle volte, alla fine di questo nostro “rituale” egli approfittava  dell’atmosfera  del momento  per svelarmi qualche piccolo trucco  di prestigio. Mi stupiva sempre, non avevo parole per descriverlo, la mia vita non poteva essere migliore.

Una fredda sera di Marzo dell’anno 1880, io e mio padre stavamo cenando allegramente nella grande cucina della sua villetta.
La mia pancia aveva brontolato e borbottato tutto il giorno ed era arrivato il momento di spegnere il cervello dopo una lunga e faticosa giornata e metterla a tacere.
“Allora, come va con la scuola?” mi chiese.      
“Bene, come sempre. Oggi la professoressa deCorti ci ha fatto imparare a memoria  una poesia, e durante le ore di scienze abbiamo parlato degli invertebrati.”
“ Interessanti! E a te sono piaciuti?”                                  
“Bah non molto. Preferisco mille volte un gattino ad un ragno peloso!”
“Immaginavo.  Dai Celia, ora mangiamo. Tra un’ora circa arriverà il signor Lockwell per illustrarmi un paio di faccende di lavoro. Tu vai pure a letto se non hai voglia di stare sveglia fino a tardi.”
“Se sarò stanca salirò in camera. Grazie papà.”
Era sempre stato così con me: aperto, disponibile, non mi aveva mai tenuta all’oscuro di nulla e questo lo apprezzavo  moltissimo; non era cosa frequente nelle famiglie  di mia conoscenza.
Finita la cena mi sedetti davanti al camino a leggere un libro, fino a quando si udì qualcuno bussare alla porta. Mio  padre corse ad aprire, ed un uomo molto alto, riccamente vestito, fece il suo ingresso.
Lo salutai con educazione  e ripresi la mia lettura con attenzione. Purtroppo le palpebre iniziarono a farsi molto pesanti…forse non era una cattiva idea quella di mio padre, ancora un po’ e sarei andata a letto.
Papà e il suo collega parlarono parecchio di alcune novità che presto sarebbero giunte sul posto di lavoro.       
A quel punto decisi che potevo benissimo andare a coricarmi.
“Buona notte Signor Lockwell. Buona notte padre. Mi ritiro nella mia stanza.”
“Buona notte Signorina Celia.”
“Buona notte tesoro!  Fai sogni d’oro.”

 

Salii le scale ed entrai in fretta nella mia camera, chiusi la porta e mi lanciai sul mio soffice letto, mi misi sotto le coperte ignorando il fatto di avere indosso i vestiti e non la camicia da notte. Prima di chiudere gli occhi mi assicurai che la candela non fosse troppo consumata …per fare in modo di non addormentarmi nella più completa oscurità, una delle cose che più mi terrorizzavano.
Neanche un minuto e scivolai dolcemente tra le braccia di morfeo. Sognai molto: colombe bianche, poesie da recitare e con mio sommo orrore anche dei ragni pelosi.

Un rumore assordante.  Mi svegliai. Me l’ero immaginato? Faceva tutto parte del mio sogno oppure era reale? Mi misi seduta sul letto in ascolto. Nulla. Chissà che ore erano,  sarei potuta scendere in salotto a vedere il grande orologio sopra il tavolo.
Con un gran calcio spinsi da parte coperte e lenzuola e mi alzai in fretta dal letto, barcollai per un momento per lo stordimento dovuto al brusco risveglio e cercai in fretta un fiammifero per accendere una nuova candela, poi facendo attenzione a non svegliare papà, aprii la porta e scesi lentamente le scale…
Arrivata in salotto lessi le ore: appena le quattro del mattino! Sarei tornata a letto se non fosse per il fatto di essere completamente sveglia … e coricarmi ora sarebbe stato inutile. Decisi però di risalire, avrei trovato qualcosa di rilassante da fare.

Stavo giusto per entrare in camera quando sentii ancora quel fastidioso rumore. Allora non me l’ero immaginato! Proveniva dall’esterno, dalla grande distesa d’erba  incolta proprio di fianco casa. Mi precipitai a una finestra. Mi affacciai e vidi molta gente che si dava da fare, era molto buio e non vedevo molto bene.
La curiosità era troppa; aprii il mio armadio e scelsi i vestiti più pesanti, indossai i miei mocassini foderati in pelo e la mia mantellina nera.
Lentamente, facendo in modo di non fare troppo rumore andai verso l’uscita, guardai che tutto fosse a posto e uscii di casa. Il vialetto era ricoperto da un sottile strato di ghiaccio e la strada completamente al buio. Avevo i brividi, anche se non sapevo se fossero per il freddo o per la paura; il buio mi ha sempre terrorizzata, mi faceva sentire impotente … ma la curiosità superava di gran lunga questa mia “fobia”.
Mi avvicinai lentamente al grande campo, che avendo passato lunghi periodi in maggese era tutt’altro che in ordine, e mi rannicchiai dietro un grande arbusto cercando di capire qualcosa dal grande brusio che proveniva da grandi inferriate poste chissà quando.
Realizzai quasi subito l’origine dello strano rumore: dietro a un grande cancello tantissime persone stavano piantando a terra qualcosa che somigliava a dei grandi chiodi a colpi di sonore martellate. Vidi altre persone che trasportavano verso il centro un immenso tessuto a strisce bianche e nere e cercavano di innalzarlo usando ciò che avevano fissato a terra  gli altri uomini.
 Solo in quel momento vidi appeso al grande cancello un cartello; vi erano scritte in un corsivo molto elegante delle parole alquanto suggestive: 
                                                       “Apre al Crepuscolo
                                                        Chiude all’Alba “
Strizzai gli occhi e piegai la testa di lato, che cosa apriva al crepuscolo e chiudeva all’alba? Non riuscivo ad arrivarci…
Spostai lo sguardo verso il centro del campo, dove vidi che gli uomini avevano quasi terminato la loro opera, fu allora che un’immagine si stampò bene nella mia mente. Come diamine avevo fatto a non pensarci prima ?? La forma , la dimensione…   quel tessuto! Non era altro che il tendone di un circo!
Iniziai a fremere di impazienza, un gruppo di acrobati si sarebbe esibito nel mio piccolo paesino, stentavo a crederci!
Felice come non mai mi alzai, diedi un’occhiata ancora alle persone al lavoro e sperai ardentemente che mio papà acconsentisse ad accompagnarmi appena avesse aperto.
“Ciao! E tu chi saresti? Cosa ci fai qui a quest’ora?” 
Raggelai all’istante.
“Ehi dico a te! Ci senti?”
Mi girai lentamente e poco distante da me stava un ragazzo. Avrà avuto sì e no la mia età, forse era un po’ più grande,  lo guardai meglio: dei capelli neri e spettinati incorniciavano il suo viso illuminato da due occhi verdi. Era poco più alto di me e portava dei  vestiti un po’ più grandi di quelli che sarebbero andati bene per la sua taglia. Ricordai immediatamente gli avvertimenti di mio padre: mai parlare agli sconosciuti, men che meno se non è gente del posto… e io non avevo mai visto quel ragazzo in giro per il paese.
Mi guardava ….e stava sorridendo sinceramente divertito, non vi era né malignità né ironia nel suo sguardo, quindi decisi di fidarmi.
“Si si. Ci sento eccome. Il mio nome è Celia Bowen, e tu chi sei?”
“Io sono Damien.”
“ Damien…?”
“Damien e basta.” Scoppiò a ridere.
“E il cognome? Non ce l’hai?”
“ Non so quale sia il mio cognome, sono stato adottato da piccolo e non so chi sia mio padre; quindi per tutti io sono Damien…  e basta. Cosa ci fai qui da sola a quest’ora tarda?”
“Abito proprio davanti a questo campo e ho sentito dei rumori. Sono uscita  ed eccomi qua. Tu piuttosto?” Chiesi con decisione.
“ Io qui do una mano. I miei genitori adottivi sono nella compagnia  di questo circo. Mio padre è il direttore!” disse incrociando le braccia e assumendo un’aria orgogliosa. “Ti andrebbe di fare un giro? Nel frattempo possiamo parlare.” Aggiunse.
“Mi piacerebbe davvero molto. Grazie. “
“Prego, da questa parte allora!” Mi fece entrare dal grande cancello che c’era tutt’intorno  al gigantesco tendone. Entrando si vedeva tutto meglio, e notai come fosse pieno di vita  quel luogo, tantissima gente, donne e bambini compresi si aggiravano dando una mano agli uomini che montavano ogni cosa:  delle provvisorie scuderie, delle gabbie per animali più feroci, dei botteghini per lo zucchero filato, per le frittelle e per  le caramelle, delle panchine per il pubblico tutte attorno alla pista circolare ricoperta di una sottilissima sabbiolina bianca e una grande struttura sulla quale imperava la scritta “Biglietteria”.
Damien mi portò a vedere gli animali, mi raccontò della vita dei circensi, mi fece conoscere Adelfo Mangiafuoco,  Emir il contorsionista, Dalia la ballerina, Paride il domatore di animali e infine i suoi genitori: Tessa e Liam. Mi confidò che durante gli show era lui a fare il clown.  Quando fummo di nuovo da soli a girare per i vari tendoni minori la curiosità fu troppa e gli posi la domanda che mi premeva da molto:
“Posso sapere quando aprirete al pubblico questo magnifico posto?  Insomma, io stessa non vedo l’ora di assistere al primo spettacolo. Chissà com’è per voi…che sogno!!”
“Aprirà domani sera. E ti assicuro che sarà strepitoso, abbiamo provato e riprovato per tutto Gennaio e Febbraio e ora siamo pronti. Nemmeno noi non aspettiamo altro.”
Domani sera.  Ci sarei stata a qualunque costo! Solo a quel punto mi venne in mente il cartello appeso all’entrata.
“Damien ma ci sarà un solo spettacolo al giorno? Solo uno  e di sera?”
“ No ce ne saranno altri a più o meno tre ore di distanza  a partire dal tramonto.”
“Come? Io ho notato un foglio appeso sul cancello. Sul serio qui siete chiusi di giorno? Voglio dire… perché di notte? Insomma è così buia, terribilmente spaventosa e silenziosa!”
“Hai paura del buio?”
“Ne sono terrorizzata. Rendo l’idea?” Ero un po’ sconsolata … era già tanto che fossi uscita questa notte, non sapevo per quanto avrei potuto fare così.
Sorrise come per incoraggiarmi.
“Dai vieni con me, chiudi gli occhi; dammi la mano e fidati.”
Sapevo di potermi fidare di lui nonostante ci conoscessimo da appena un paio di ore; chiusi gli occhi, mi prese la mano e mi affidai a lui.
Ci fermammo.
“Posso aprirli ora?”
“Certo aprili pure, ma non lasciare la mia mano.”
Feci come mi aveva detto, spalancai gli occhi e vidi… nulla! Buio completo.
Stavo giusto per urlare quando sentii Damien stringermi la mano come per infondere coraggio.
“Celia non avere paura.”
“Dove mi hai portata Damien?”
“Non ti preoccupare, ti ho portata dall’altra parte del campo, qui è tutta campagna e non ci sono le solite luci che ci sono in paese, è tutto buio, lo so, ma prova a guardarti in giro …cosa vedi?”
“Damien non vedo nulla!”
“Prova a concentrarti… appunto perché è buio e può esserci qualsiasi cosa davanti a te. Scatena la tua fantasia, lasciati trasportare, immagina cosa può esserci dietro questo velo scuro che è la notte. Hai l’opportunità di vederci qualsiasi cosa, coglila al volo! Sembrerà anche banale, ma è questo il motivo per cui questo circo apre solo di notte: dà l’opportunità unica di lasciare alla gente una notte da sogno, fatta di fantasia, desideri, con il buio la gente può credere in ciò che viene cancellato dalla certezza della luce.”
“Che belle parole Damien…” Avevo quasi le lacrime agli occhi…
“Sono le stesse parole che mi hanno detto i miei genitori adottivi quando ho posto a loro la stessa domanda. Hai ancora paura?”
“Molta di meno grazie a te, sei un vero amico. Ora però possiamo ritornare  indietro?  Dovrò anche ritornare a casa prima che papà si preoccupi.” Scoppiammo entrambi a ridere.
“Hai ragione, andiamo. Questo pomeriggio ritorneresti qui? I circensi, me compreso, faranno le prove generali e vorrei che ci fossi pure tu! Magari domani sera potrai fare la nostra assistente durante lo show, ti andrebbe?” Mi sorrise e fece l’occhiolino.
“Sarebbe un vero onore! Sì eccome se mi piacerebbe, ci verrò sicuramente. Ti ringrazio moltissimo Damien, sei speciale!” Ci scambiammo un abbraccio, sincero ma allo stesso tempo di intesa, come sigillo della nostra amicizia.
Ritornammo presto al tendone e lì salutai tutti, promettendo che sarei tornata di pomeriggio.
Mi incamminai verso casa, saranno state circa le sette di mattino  ormai, e decisi di muovermi per non  mettere in agitazione papà nel caso si fosse svegliato prima del previsto.
Ero raggiante, il mio viso esprimeva pura gioia nient’altro. Ero sicura, non ero mai stata così sicura: questa giornata sarebbe stata memorabile, e sarebbe stata la serata più bella di tutta la mia esistenza.
Questa notte, grazie al buio, il mio sogno sarebbe diventato realtà.

  
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