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Autore: Betsy Gravestone    07/02/2012    1 recensioni
Trascorsi circa sette anni dall'incontro con Prospero l'Incantatore, Celia è diventata una piccola donna che incanta coi suoi numeri gli spettatori del Circo dei Sogni. Ma la malinconia che le attanaglia l'animo a causa di quella sua capacità di compiere azioni che gli altri non possono la perseguita e la rende irrequieta tanto da farle pensare che "la magia era la più grande illusione della vita, dopo la speranza."
Genere: Drammatico, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Celia, tesoro. Tra poco tocca a te.
Madam Giselle, un'acrobata che dimostrava almeno la metà degli anni che in realtà aveva, entrò nel camerino con aria trafelata. Il trucco iniziava a scioglierlesi a causa del calore delle luci e dei riflettori di scena, e sembrava quasi che la matita scura sotto gli occhi le avesse disegnato delle macabre lacrime lungo le guance.
Celia si voltò a guardarla e le rivolse un mesto sorriso. Toccava a lei. Come ogni sera, dopo il numero di Madam Giselle e del nano Belfort accompagnato dalle gemelle siamesi, arrivava il suo momento.
L'ultimo spettacolo, quello per cui frotte di persone si accalcavano davanti alla biglietteria sfidando la frescura della notte e sperando in un posto tra le prime file.
Celia sospirò e tornò a spazzolarsi i folti riccioli scuri, indomabili.
Rimirò la sua immagine nello specchio, la quale le mostrava un volto dall'espressione rassegnato e triste. Madam Giselle, intuendo ciò che stava passando nella mente della ragazza, le si avvicinò per sfilarle lentamente la spazzola dalle mani e riprendere a passarla tra i suoi riccioli ribelli.
- Non stare in pena, piccolina.- le disse- Pensa piuttosto a quello che hai. Guardati attorno.
Guardati attorno....

Celia non riusciva a vedere altro se non la sua immagine accigliata nello specchio. E riconobbe nei suoi occhi scuri il bagliore di un ricordo lontano. Il ricordo di un cappottino al quale era stata appuntata una lettera, e il ricordo di una tazza fumante che prima si frantumava poi si ricomponeva sotto lo sguardo per nulla meravigliato di un uomo. Quell'uomo era suo padre.
L'uomo che aveva rifiutato anche il suo nome.
“Avrebbe dovuto chiamarti Miranda..”
- Quanto tempo resteremo qui?- domandò con voce dimessa.

Ma dov'era poi collocato il qui? Per Celia ogni luogo della terra era lo stesso, poiché il Circo dei Sogni per lei era in realtà il mondo. Ciò che accadeva al di là dei tendoni era per Celia l'illusione che tanto gli spettatori ricercavano lì all'interno. E in quel ribaltamento della realtà, lei era la linea di congiunzione tra il reale e la magia.
- Ancora per una settimana.- rispose Madam Giselle mentre riponeva la spazzola sul ripiano della specchiera- Andiamo piccola, è quasi l'ora.
Potevano sentire lo scroscio degli applausi. Un fragore che infrangeva la quiete e la tranquillità di quella notte senza luna. E tra non molto quelle stesse acclamazioni di ammirazione sarebbero state rivolte tutte a lei.

Un brivido le attraversò la schiena a quel pensiero. Celia fece un profondo respiro e si alzò in piedi. La lunga veste elegante con la quale era solita fare il suo numero le accarezzò le caviglie nude, solleticandola.
Si mosse per recuperare le sue calzature, con movimenti flemmatici ma che se guardati con attenzione avevano il potere quasi di ammaliare.
Bastava uno sguardo per capire che quella ragazza era speciale; racchiudeva un mondo, qualcosa che lì all'interno del Circo dei Sogni trovava la sua libertà e comprensione. Si sarebbe detto che era nata per quella vita, che il destino almeno con lei era stato generoso e per nulla beffardo. Celia infilò le sue scarpette dorate. Lo sguardo le si posò, come avveniva sempre prima di entrare in scena, su quegli stivaletti che facevano capolino da sotto il mobile degli abiti, su quella punta dove visibile c'era ancora quel piccolo graffio.
Segno indelebile del suo passato.
Celia voltò i suoi occhi scuri verso Madam Giselle e lasciò andare un respiro rassegnato.
- Mi avresti voluto bene lo stesso se mi fossi chiamata Miranda?- domandò.
Una delle sopracciglia di Madam Giselle si inarcò leggermente, il trucco sciolto oramai che le aveva trasfigurato l'espressione. La donna non capiva. Non avrebbe mai potuto. Non conosceva la storia di Celia, non tutta per lo meno.

Perché essere così diversi comportava ogni volta quelle pene? Quel non appartenere a niente e a tutto? Quel Circo dei Sogni era l'universo intero per Celia, ma allo stesso tempo era nulla e polvere. Polvere, odore di caramello, luci e tendoni bianco e nero. Scrosci di applausi che s'alternavano ai lunghi silenzi della sua anima. Un'esistenza la sua che si estendeva dal crepuscolo all'alba, e il tutto si ripeteva ogni notte, ogni settimana, ogni mese, ogni anno.
La magia che viveva in lei era frutto di un'abominevole diversità che la rendeva unica e sola. Celia la figlia del mago, della quale l'uomo detestava anche il nome.
La magia era la più grande illusione della vita, dopo la speranza. E in quel vorticoso spettacolo notturno trovava il suo unico sfogo.
- Quando tutto questo finirà, dove andremo?- domandò ancora Celia- Che ne sarà di noi? Di me?
Madam Giselle abbozzò un sorriso che su quelle labbra dipinte di rosso carminio sembrò quasi un ghigno beffardo.
- Non pensarci ora, piccolina. E' il tuo momento. Ma ricorda che quella gente stasera è qui perché tu la faccia sognare, perché tu la sbalordisca. Hai un grande potere: non a tutti è concesso di saper compiere meraviglie.
La tazzina che si frantuma e che poi si risana, intatta e immacolata. Un piccolo prodigio che per anni l'aveva accompagnata nei suoi sogni. Un ricordo lontano che s'affrettò a scacciare con un gesto della mano.
Celia si obbligò a sorridere e ad annuire. Meraviglie era ciò che più sapeva far bene, e il pubblico l'amava per questo.
E avrebbe fatto ancora magie quella notte, come per lei il destino aveva scritto nelle stelle prima della sua nascita.

Un incanto il suo di saper compiere meraviglie.

   
 
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