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Autore: Panda_chan    07/02/2012    4 recensioni
Cercando di non smuovere troppo il materasso solleva appena le coperte e si appoggia sul fianco sinistro, girandosi verso Fugaku che, tornato tardi dall’ultima riunione della sera prima, dorme ancora.
Non osando toccarlo – ha il sonno leggero del ninja, lui, e al minimo contatto si sveglia – lo osserva quieta, godendosi la pace di quegli attimi di tregua.
Sul viso di suo marito i trentanove anni non pesano ancora come ci si aspetterebbe.
È sempre stato un uomo giovanile, e di certo il suo perenne stato di attività ha contribuito a mantenere ben vivo il suo fascino brusco e ancora solida la sua corporatura senza appesantirla.
Com’è naturale c’è qualche segno in più sul suo viso di quando aveva vent’anni, ma a Mikoto pare che gli doni – se sia davvero così o sia l’amore a parlare per lei, però, non lo saprebbe dire.

[FugakuxMikoto]
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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Non so bene cosa sia questo.
Cioè, ok, è una FugakuxMikoto, ma è un po’ atipica e non credo che potremmo proprio definirla una shot sulla coppia. Mi sa che mi è venuta fuori una cosa formato famiglia come al solito.
Vabbé, io ci ho provato, cosa vi devo dire. XD
In ogni caso tutto questo è stato creato per Emmevi, che domani festeggerà il suo diciannovesimo compleanno (vecchiarda! XD).
Grazie di tutto, tesoro, ti voglio bene. Buon compleanno! :)
E a tutti gli altri, buona lettura! ^^

 

Sunday morning

 

Quando avverte i rumori esterni e la luce del sole, già forte, filtra attraverso le sue palpebre chiuse Mikoto Uchiha, un poco infastidita, si rende conto di essere sveglia.
In realtà lei è sempre stata tutto fuorché pigra. Da bambina era graziosa e delicata ma estremamente vispa, e da ragazza e da donna ha mantenuto sempre queste caratteristiche: non ha mai amato rimanere a letto più a lungo del necessario.
Però, però, quella mattina è domenica. E alla domenica sì, lei ama rimanere a letto un po’ di tempo in più, sotto le coperte.
Le piace perché domenica è il giorno libero di tutti ed è anche l’unico giorno in cui Fugaku si concede un po’ di riposo. Permettendo anche a lei di trascorrere insieme qualche momento in cui non è la consorte perfetta del severo capoclan ma semplicemente sua moglie.
Cercando di non smuovere troppo il materasso solleva appena le coperte e si appoggia sul  fianco sinistro, girandosi verso Fugaku che, tornato tardi dall’ultima riunione della sera prima, dorme ancora.
Non osando toccarlo – ha il sonno leggero del ninja, lui, e al minimo contatto si sveglia – lo osserva quieta, godendosi la pace di quegli attimi di tregua.
Sul viso di suo marito i trentanove anni non pesano ancora come ci si aspetterebbe.
È sempre stato un uomo giovanile, e di certo il suo perenne stato di attività ha contribuito a mantenere ben vivo il suo fascino brusco e ancora solida la sua corporatura senza appesantirla.
Com’è naturale c’è qualche segno in più sul suo viso di quando aveva vent’anni, ma a Mikoto pare che gli doni – se sia davvero così o sia l’amore a parlare per lei, però, non lo saprebbe dire.
L’unica cosa di cui è sicura è che vorrebbe vedere meno accentuate quelle rughe sulla sua fronte: che lui affronti così tante preoccupazioni ogni giorno la impensierisce.
Senza contare che la natura di tali preoccupazioni la inquieta ancora di più e la definizione ‘colpo di stato’ non le piace proprio.
Decide di non pensarci: per i problemi c’è la settimana, ma oggi è domenica e tutti devono poter essere sereni.
Continua a guardare Fugaku, mentre lui dorme e non può sottrarsi, burbero, ai grandi occhi scuri di lei; e Mikoto si sofferma a osservare le ciglia scure e ricurve, le palpebre chiuse sui suoi occhi neri.

 

Mikoto è sempre stata una ragazza ammirata.
Sua madre, Sonoko, se la porta sempre in giro a fare commissioni orgogliosamente, come esibendo un magnifico fiore, e quella mattina non ha fatto eccezione: dato che la sua diciannovenne figlia non ha missioni particolari, l’ha svegliata presto e le ha chiesto di pettinarsi e vestirsi affinché l’accompagnasse al mercato.
La fanciulla ormai è in piedi e un po’ sbuffa, un po’ borbotta e un po’ protesta, sicura che si annoierà, ed è scocciata per essere stata così brutalmente buttata giù dal letto dopo la missione da vera jonin del giorno prima, ma in fondo in fondo non le dispiace.
Lei è un’ottima ninja e svolge sempre alla perfezione i suoi compiti, ma spesso ha la sensazione di non essere tagliata per quel lavoro, quindi alla fine ammette a se stessa che un po’ di distrazione le farà bene.
Dopo essersi pettinata accuratamente i lunghi e serici capelli scuri, lasciandoli sciolti – odia già abbastanza doverli raccogliere durante le missioni – toglie il vestito leggero che indossa per dormire e sceglie un kimono dal taglio pratico che trova nell’armadio.
Velocemente scende, e ha appena il tempo di ficcarsi in bocca un dolcetto per colazione che sua madre la trascina fuori.
Ci arrivano in fretta, al mercato, camminando sostenute, e Mikoto ne approfitta per guardarsi un po’ intorno e fare il pieno di quotidianità, dato che ultimamente il lavoro non le ha dato tregua, e pazientemente si ferma alle bancarelle incassando con un sorriso i complimenti che le vengono rivolti dai conoscenti che incontrano.
Mentre Sonoko attende in coda il suo turno per prendere la frutta lei ne approfitta per avvicinarsi ad un espositore dove sono disposti in bell’ordine dei fermagli colorati.
Mikoto ama acconciarsi i capelli e adora elastici, cerchietti e affini; vede, nella fattispecie, una molletta particolarmente bella con meravigliose pietre multicolori e sta giusto per chiedere quanto costa quando si sente chiamare.
Vagamente esasperata, ma paziente come sempre, urla un affrettato “Arrivo subito, mamma!” in direzione del richiamo e si avvia cercando di scansare la calca del mercato.
Finalmente raggiunge sua madre alla bancarella dove l’aveva lasciata, e vedendola accompagnata da due persone si prepara mentalmente i saluti di rito.
“Mikoto, questo è un vecchio amico di tuo padre, Seito Uchiha.”
La giovane china educatamente il capo in saluto all’importante rappresentante di quel clan prestigioso.
“E questo è suo figlio, Fugaku.”
Mikoto sa di essere bella. Ne è consapevole quindi è anche abituata agli occhi degli altri, giovanotti in particolare, su di sé. In genere non le fanno né caldo né freddo e si limita, nel caso, a rispondere con un sorriso cortese di circostanza.
Quindi è del tutto impreparata al turbamento istantaneo che le mettono gli occhi neri di Fugaku Uchiha, ventiquattro anni, che la osservano con una particolare fermezza, soffermandosi senza evidente imbarazzo sui tratti delicati del suo viso.
Comunque padrona di se stessa – ormai è una jonin, non certo più un’adolescente frivola – china nuovamente il capo in un saluto perfetto, e quando rialza gli occhi il ragazzo guarda ormai da un’altra parte.
Dopo qualche parola la madre di Mikoto e Seito si salutano ponendo fine all’incontro fortuito, ma per tutta la mattina la ragazza non riesce a non essere assente e distratta, disturbata nei suoi pensieri dall’austerità affascinante di un giovane che ha visto solo per pochi secondi.

 

Mikoto guarda ancora per qualche minuto il viso di Fugaku, che è profondamente addormentato e pare, per una volta, sereno, poi il suo sguardo cade sulla sveglia e decide di alzarsi e andare a preparare qualcosa per i suoi tre uomini, che non amano aspettare per la colazione.
Con calma mette i piedi giù dal letto, cercando le pantofole, e in un’azione automatica che si svolge identica ogni mattina si siede davanti al magnifico comò con specchiera che ha scelto con suo marito prima di sposarsi.
Prende la bellissima spazzola con il dorso d’argento che le ha regalato sua madre e comincia, metodica, a spazzolarsi i capelli insistendo dove incontra qualche nodo.
Continua a lungo, tranquillamente, finché la spazzola non scorre ininterrottamente e senza intoppi per tutta la lunghezza della sua magnifica chioma nera, riversa e sciolta sulle sue spalle esili.
Posa la spazzola e prevedendo di cucinare qualcosa di speciale per colazione decide di raccogliere i capelli.
Estrae dal primo cassetto del comò un nastro bianco di raso, che tiene in una scatoletta, e dopo averli raccolti in uno chignon voluminoso li lega con un fiocco.

 

L’atmosfera è commossa, festosa, partecipe: Mikoto lo avverte e ne è felice, ma non riesce a condividere la spensierata allegria della maggior parte degli ospiti, nervosa com’è.
Sua madre le avrà ripetuto cento volte, da quando si è alzata, di smetterla di mordersi le labbra ossessivamente per l’ansia ma lei non riesce a farne a meno ed anzi persevera senza rendersene conto.
Il vestito immacolato l’ha già indossato e le sta d’incanto: non è nulla di elaborato ma d’altronde lei è così genuinamente bella che non necessita di fronzoli particolari.
Adesso è in piedi davanti allo specchio a figura intera della stanza, così rigida da sembrare un manichino di legno, con sua madre che le sistema le pieghe dell’abito in modo che cadano perfettamente a terra senza stropicciarsi.
Quando ha terminato Mikoto la vede trottare in fretta fuori dalla camera, per rientrare poco dopo con una scatoletta chiusa.
La apre davanti a lei, e la ragazza ne è deliziata: all’interno vede un meraviglioso, lucido e spesso nastro di raso bianco per raccogliere i capelli, accompagnato da varie forcine di diverse fogge, tutte decorate con meravigliose perle e scintillanti zirconi.
Da quando Mikoto era piccola è sempre stata sua madre a spazzolarle i capelli e ad acconciarli nelle occasioni speciali; ad ogni celebrazione, festa, ricorrenza importante quel piccolo rito non si è mai interrotto, e ad ognuna delle due si gonfia una bolla di commozione nel petto al pensiero che sì, quella sarà l’ultima volta, perché quando la piccola Mikoto uscirà da quella stanza sarà per andare a diventare una donna.
Magari un giorno avrà una figlia e sarà lei a spazzolarle i capelli.
“Meno male che non ti ho ancora truccata” commenta Sonoko, alludendo alle lacrime che bagnano le guance di sua figlia.
“Mh.” la giovane assente con un borbottio tremulo.
“Non ci posso credere” continua sua madre, la voce incrinata dalle
proprie, di lacrime “la mia bambina ora diventerà la signora Uchiha.”
Il pensiero ha su Mikoto un effetto un po’ strano: la rattrista ancora di più perché suona troppo definitivo, e la riempie d’ansia per la prospettiva di diventare la consorte di qualcuno di importante; ma d’altro canto la riempie di euforia e orgoglio, perché lei ha saputo conquistarsi l’amore di un uomo esigente, intelligente, severo e perché è certa che non potranno essere che felici insieme.
Fugaku può essere scostante, di certo non è tenero e raramente mostra sensibilità e comprensione; ma lei sa bene che un tale atteggiamento è necessario per la posizione che lui ora occupa nel clan Uchiha e nella Polizia della Foglia, e d’altronde ha imparato ad amarlo esattamente com’è.
Un po’ rinfrancata si asciuga le lacrime mentre sua madre le lega i capelli setosi annodando il nastro bianco in un fiocco vaporoso.
Riesce a ristabilire un po’ di equilibrio nelle sue emozioni mentre Sonoko stende un trucco leggero sul suo viso, e quando ogni preparativo è ultimato ormai si sente bene.
Sorride al proprio riflesso, sicura, e con una punta di curiosità – fatica proprio ad immaginarsi Fugaku in un kimono da cerimonia, anche se immagina che sarà elegante e ineccepibile come sempre  – avanza verso la porta che sua madre le ha aperto, per scendere a celebrare le nozze con il suo sposo.

 

Dopo essersi vestita scende in cucina, e senza fretta poggia sul tavolo basso tazze, piattini, posate per tutti e comincia a tagliare il pane.
Mentre le fette si tostano inforna l’impasto dei biscotti al cioccolato che ha preparato la sera prima, in modo che siano fragranti e fumanti, ancora caldi, quando scenderanno tutti per la colazione.
Con l’ombra di un sorriso divertito pensa alla faccia che farà Sasuke, che pur odiando i dolci adora quei biscotti, e regolato il forno perché non si brucino comincia a tagliare le arance per la spremuta.
Poi estrae dalla dispensa il miele per Itachi – che i dolci, invece, li adora – e lo appoggia vicino al posto del figlio maggiore, sapendo che lo mangerà solo lui.
Poco dopo il pane è tostato, i biscotti sono pronti, una torta è su di un ampio piatto d’argento, la spremuta è nella grande caraffa di vetro così come il latte e tutto è disposto in bell’ordine sulla tavola in attesa  di essere fagocitato, perché della colazione da fiaba che Mikoto prepara alla domenica, chissà perché, rimane sempre poco o niente.
La donna si scioglie i capelli e ripone il nastro al sicuro nella tasca del grembiule.
Prende poi un cuscino e lo posiziona amorevole sulla sedia di Sasuke.

 

Si sente sfinita, con le gambe molli, il ventre inesistente e le palpebre di piombo.
Non ce la fa davvero più e d’altronde non è stato un parto facile: Sasuke è un bimbo normalissimo, forse addirittura un po’ gracile, ma gliene ha dato di filo da torcere.
A lei e alle levatrici, e le viene da pensare che da grande avrà un bel caratterino.
Avrebbe tanta voglia di chiudere gli occhi per dormire due o tre giorni, ma i parenti in visita per le congratulazioni si susseguono inarrestabili e non può ancora riposare, intenta a rispondere a sorrisi, domande e complimenti e a badare che nessuno si avvicini troppo alla culla del piccolino, ancora così delicato.
L’iter si sussegue per tutto il pomeriggio e pare davvero infinito, ma finalmente Fugaku chiude la porta alle spalle all’ultimo visitatore e la casa torna silenziosa e quieta.
Finalmente Mikoto può godersi un po’ di pace, ma improvvisamente non vuole più dormire.
Itachi ha afferrato una sedia e l’ha portata accanto alla culla del fratellino.
Ci è salito sopra e ora lo guarda, pensoso, con quegli occhi neri dalle lunghe ciglia scure che paiono troppo incredibilmente riflessivi e profondi per un bimbo ancora piccolo; poi con aria ancora meditabonda allunga una mano e infila l’indice nel pugnetto del fratellino, toccandolo piano piano.
Mikoto non lo allontana e non lo avverte di essere delicato, perché Itachi sembra già provvisto di ogni cautela e si limita a quell’unico contatto con quella manina minuscola.
Mentre lei guarda la scena anche Fugaku arriva lì da loro; entra e si appoggia allo stipite della porta, rigido, le braccia conserte.
Non la abbraccia, non si avvicina ai suoi figli, non fa nessun commento, e il suo viso non mostra la minima dolcezza.
Sembra una statua e pare che non gli importi, e proprio in questa distaccata indifferenza Mikoto legge la sua commozione più grande.
Mentre lo osserva lui si volta e i loro sguardi si incrociano.
Nessuno parla, ma l’atmosfera è talmente carica che le parole sembrano inutili per tutti.

 

Proprio mentre sta sistemando quel cuscino sulla sedia sente uno scalpiccio sulle scale, e corricchiando in cucina compare giusto Sasuke.
“Ciao mamma!”
“Sas’ke, abbassa la voce” lo riprende lei senza effettiva severità “tuo padre non sopporta le urla di prima mattina, lo sai.”
Il bambino annuisce – probabilmente non l’ha nemmeno ascoltata davvero – e permette che Mikoto gli lasci un bacio sulla testolina bruna prima di correre a sedersi.
Nel mentre giunge anche Itachi, placido e silenzioso come sempre;  anche lui la saluta, con un sorriso lieve, e si siede accanto al fratellino scompigliandogli i capelli e ricevendo una linguaccia.
Sasuke fa per afferrare un biscotto – li ha occhieggiati dal momento in cui è entrato in cucina – ma l’occhiata amorevolmente severa di Mikoto lo fa desistere immediatamente.
Regola non scritta vuole che alla domenica si possa iniziare la colazione solo quando arriva papà.
Infatti proprio in quel momento si odono i passi cadenzati di Fugaku rimbombare per le scale e subito dopo anche lui è in cucina.
A malapena si produce in un “Buongiorno”, si siede e attende che Mikoto faccia lo stesso, per poi iniziare a mangiare come non facendo caso al fatto che tutti stessero aspettando lui.
Mentre ognuno fa sparire biscotti, pane, miele, spremuta e via dicendo Mikoto smette per un momento di mangiare e osserva la sua famiglia.
E quando vede anche Fugaku scrutare Itachi e Sasuke per poi guardarla capisce che anche lui, per quanto poco lo dimostri e nonostante le ultime tensioni con il figlio maggiore, è periodicamente meravigliato da ciò che insieme, come sposi e come genitori, hanno saputo creare.

 

 

**********

 

 

Grazie ai lettori e ancor di più a chi vorrà darmi l’immensa gioia di lasciarmi un parere. :D
A presto!
Panda

  
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