Non
so bene
cosa sia questo.
Cioè, ok, è
una FugakuxMikoto, ma è un po’ atipica e non credo
che potremmo proprio
definirla una shot sulla coppia. Mi sa che mi è venuta fuori
una cosa formato
famiglia come al solito.
Vabbé, io ci
ho provato, cosa vi devo dire. XD
In ogni caso
tutto questo è stato creato per Emmevi, che domani
festeggerà il suo
diciannovesimo compleanno (vecchiarda! XD).
Grazie di
tutto, tesoro, ti voglio bene. Buon compleanno! :)
E a tutti
gli altri, buona lettura! ^^
Sunday
morning
Quando
avverte i rumori esterni e la luce del sole, già forte,
filtra attraverso le
sue palpebre chiuse Mikoto Uchiha, un poco infastidita, si rende conto
di
essere sveglia.
In realtà
lei è sempre stata tutto fuorché pigra. Da
bambina era graziosa e delicata ma
estremamente vispa, e da ragazza e da donna ha mantenuto sempre queste
caratteristiche: non ha mai amato rimanere a letto più a
lungo del necessario.
Però, però,
quella mattina è domenica. E alla domenica sì,
lei ama rimanere a letto un po’
di tempo in più, sotto le coperte.
Le piace
perché domenica è il giorno libero di tutti ed
è anche l’unico giorno in cui
Fugaku si concede un po’ di riposo. Permettendo anche a lei
di trascorrere
insieme qualche momento in cui non è la consorte perfetta
del severo capoclan
ma semplicemente sua moglie.
Cercando di
non smuovere troppo il materasso solleva appena le coperte e si
appoggia
sul fianco
sinistro, girandosi verso
Fugaku che, tornato tardi dall’ultima riunione della sera
prima, dorme ancora.
Non osando
toccarlo – ha il sonno leggero del ninja, lui, e al minimo
contatto si sveglia –
lo osserva quieta, godendosi la pace di quegli attimi di tregua.
Sul viso di
suo marito i trentanove anni non pesano ancora come ci si aspetterebbe.
È sempre
stato un uomo giovanile, e di certo il suo perenne stato di
attività ha
contribuito a mantenere ben vivo il suo fascino brusco e ancora solida
la sua
corporatura senza appesantirla.
Com’è
naturale c’è qualche segno in più sul
suo viso di quando aveva vent’anni, ma a
Mikoto pare che gli doni – se sia davvero così o
sia l’amore a parlare per lei,
però, non lo saprebbe dire.
L’unica cosa
di cui è sicura è che vorrebbe vedere meno
accentuate quelle rughe sulla sua
fronte: che lui affronti così tante preoccupazioni ogni
giorno la
impensierisce.
Senza
contare che la natura di tali
preoccupazioni la inquieta ancora di più e la definizione
‘colpo di stato’ non
le piace proprio.
Decide di
non pensarci: per i problemi c’è la settimana, ma
oggi è domenica e tutti
devono poter essere sereni.
Continua a
guardare Fugaku, mentre lui dorme e non può sottrarsi,
burbero, ai grandi occhi
scuri di lei; e Mikoto si sofferma a osservare le ciglia scure e
ricurve, le
palpebre chiuse sui suoi occhi neri.
Mikoto è sempre stata una ragazza
ammirata.
Sua madre, Sonoko, se la porta sempre in giro
a fare commissioni orgogliosamente, come esibendo un magnifico fiore, e
quella
mattina non ha fatto eccezione: dato che la sua diciannovenne figlia
non ha
missioni particolari, l’ha svegliata presto e le ha chiesto
di pettinarsi e
vestirsi affinché l’accompagnasse al mercato.
La fanciulla ormai è in piedi e un po’
sbuffa, un po’ borbotta e un po’ protesta, sicura
che si annoierà, ed è
scocciata per essere stata così brutalmente buttata
giù dal letto dopo la
missione da vera jonin del giorno prima, ma in fondo in fondo non le
dispiace.
Lei è un’ottima ninja e svolge sempre alla
perfezione i suoi compiti, ma spesso ha la sensazione di non essere
tagliata
per quel lavoro, quindi alla fine ammette a se stessa che un
po’ di distrazione
le farà bene.
Dopo essersi pettinata accuratamente i
lunghi e serici capelli scuri, lasciandoli sciolti – odia
già abbastanza
doverli raccogliere durante le missioni – toglie il vestito
leggero che indossa
per dormire e sceglie un kimono dal taglio pratico che trova
nell’armadio.
Velocemente scende, e ha appena il tempo di
ficcarsi in bocca un dolcetto per colazione che sua madre la trascina
fuori.
Ci arrivano in fretta, al mercato,
camminando sostenute, e Mikoto ne approfitta per guardarsi un
po’ intorno e
fare il pieno di quotidianità, dato che ultimamente il
lavoro non le ha dato
tregua, e pazientemente si ferma alle bancarelle incassando con un
sorriso i
complimenti che le vengono rivolti dai conoscenti che incontrano.
Mentre Sonoko attende in coda il suo turno
per prendere la frutta lei ne approfitta per avvicinarsi ad un
espositore dove
sono disposti in bell’ordine dei fermagli colorati.
Mikoto ama acconciarsi i capelli e adora
elastici, cerchietti e affini; vede, nella fattispecie, una molletta
particolarmente bella con meravigliose pietre multicolori e sta giusto
per
chiedere quanto costa quando si sente chiamare.
Vagamente esasperata, ma paziente come
sempre, urla un affrettato “Arrivo subito, mamma!”
in direzione del richiamo e
si avvia cercando di scansare la calca del mercato.
Finalmente raggiunge sua madre alla
bancarella dove l’aveva lasciata, e vedendola accompagnata da
due persone si
prepara mentalmente i saluti di rito.
“Mikoto, questo è un vecchio amico di tuo
padre, Seito Uchiha.”
La giovane china educatamente il capo in
saluto all’importante rappresentante di quel clan prestigioso.
“E questo è suo figlio, Fugaku.”
Mikoto sa di essere bella. Ne è consapevole
quindi è anche abituata agli occhi degli altri, giovanotti
in particolare, su
di sé. In genere non le fanno né caldo
né freddo e si limita, nel caso, a
rispondere con un sorriso cortese di circostanza.
Quindi è del tutto impreparata al turbamento
istantaneo che le mettono gli occhi neri di Fugaku Uchiha, ventiquattro
anni,
che la osservano con una particolare fermezza, soffermandosi senza
evidente
imbarazzo sui tratti delicati del suo viso.
Comunque padrona di se stessa – ormai è una
jonin, non certo più un’adolescente frivola
– china nuovamente il capo in un
saluto perfetto, e quando rialza gli occhi il ragazzo guarda ormai da
un’altra
parte.
Dopo qualche parola la madre di Mikoto e
Seito si salutano ponendo fine all’incontro fortuito, ma per
tutta la mattina
la ragazza non riesce a non essere assente e distratta, disturbata nei
suoi
pensieri dall’austerità affascinante di un giovane
che ha visto solo per pochi
secondi.
Mikoto
guarda ancora per qualche minuto il viso di Fugaku, che è
profondamente
addormentato e pare, per una volta, sereno, poi il suo sguardo cade
sulla
sveglia e decide di alzarsi e andare a preparare qualcosa per i suoi
tre
uomini, che non amano aspettare per la colazione.
Con calma
mette i piedi giù dal letto, cercando le pantofole, e in
un’azione automatica
che si svolge identica ogni mattina si siede davanti al magnifico
comò con
specchiera che ha scelto con suo marito prima di sposarsi.
Prende la
bellissima spazzola con il dorso d’argento che le ha regalato
sua madre e
comincia, metodica, a spazzolarsi i capelli insistendo dove incontra
qualche
nodo.
Continua a
lungo, tranquillamente, finché la spazzola non scorre
ininterrottamente e senza
intoppi per tutta la lunghezza della sua magnifica chioma nera, riversa
e
sciolta sulle sue spalle esili.
Posa la
spazzola e prevedendo di cucinare qualcosa di speciale per colazione
decide di
raccogliere i capelli.
Estrae dal
primo cassetto del comò un nastro bianco di raso, che tiene
in una scatoletta,
e dopo averli raccolti in uno chignon voluminoso li lega con un fiocco.
L’atmosfera è commossa,
festosa, partecipe:
Mikoto lo avverte e ne è felice, ma non riesce a condividere
la spensierata allegria
della maggior parte degli ospiti, nervosa com’è.
Sua madre le avrà ripetuto cento volte, da
quando si è alzata, di smetterla di mordersi le labbra
ossessivamente per l’ansia
ma lei non riesce a farne a meno ed anzi persevera senza rendersene
conto.
Il vestito immacolato l’ha già indossato e
le sta d’incanto: non è nulla di elaborato ma
d’altronde lei è così genuinamente
bella che non necessita di fronzoli particolari.
Adesso è in piedi davanti allo specchio a
figura intera della stanza, così rigida da sembrare un
manichino di legno, con
sua madre che le sistema le pieghe dell’abito in modo che
cadano perfettamente
a terra senza stropicciarsi.
Quando ha terminato Mikoto la vede trottare
in fretta fuori dalla camera, per rientrare poco dopo con una
scatoletta
chiusa.
La apre davanti a lei, e la ragazza ne è
deliziata: all’interno vede un meraviglioso, lucido e spesso
nastro di raso
bianco per raccogliere i capelli, accompagnato da varie forcine di
diverse
fogge, tutte decorate con meravigliose perle e scintillanti zirconi.
Da quando Mikoto era piccola è sempre stata
sua madre a spazzolarle i capelli e ad acconciarli nelle occasioni
speciali; ad
ogni celebrazione, festa, ricorrenza importante quel piccolo rito non
si è mai
interrotto, e ad ognuna delle due si gonfia una bolla di commozione nel
petto
al pensiero che sì, quella sarà
l’ultima volta, perché quando la piccola Mikoto
uscirà da quella stanza sarà per andare a
diventare una donna.
Magari un giorno avrà una figlia e sarà lei
a spazzolarle i capelli.
“Meno male che non ti ho ancora truccata”
commenta Sonoko, alludendo alle lacrime che bagnano le guance di sua
figlia.
“Mh.” la giovane assente con un borbottio
tremulo.
“Non ci posso credere” continua sua madre,
la voce incrinata dalle proprie, di
lacrime “la mia bambina ora diventerà la signora
Uchiha.”
Il pensiero ha su Mikoto un effetto un po’
strano: la rattrista ancora di più perché suona
troppo definitivo, e la riempie
d’ansia per la prospettiva di diventare la consorte di
qualcuno di importante;
ma d’altro canto la riempie di euforia e orgoglio,
perché lei ha saputo conquistarsi
l’amore di un uomo esigente, intelligente, severo e
perché è certa che non
potranno essere che felici insieme.
Fugaku può essere scostante, di certo non è
tenero e raramente mostra sensibilità e comprensione; ma lei
sa bene che un
tale atteggiamento è necessario per la posizione che lui ora
occupa nel clan
Uchiha e nella Polizia della Foglia, e d’altronde ha imparato
ad amarlo
esattamente com’è.
Un po’ rinfrancata si asciuga le lacrime
mentre sua madre le lega i capelli setosi annodando il nastro bianco in
un
fiocco vaporoso.
Riesce a ristabilire un po’ di equilibrio
nelle sue emozioni mentre Sonoko stende un trucco leggero sul suo viso,
e
quando ogni preparativo è ultimato ormai si sente bene.
Sorride al proprio riflesso, sicura, e con
una punta di curiosità – fatica proprio ad
immaginarsi Fugaku in un kimono da
cerimonia, anche se immagina che sarà elegante e
ineccepibile come sempre –
avanza verso la porta che sua madre le ha
aperto, per scendere a celebrare le nozze con il suo sposo.
Dopo
essersi
vestita scende in cucina, e senza fretta poggia sul tavolo basso tazze,
piattini, posate per tutti e comincia a tagliare il pane.
Mentre le
fette si tostano inforna l’impasto dei biscotti al cioccolato
che ha preparato
la sera prima, in modo che siano fragranti e fumanti, ancora caldi,
quando
scenderanno tutti per la colazione.
Con l’ombra
di un sorriso divertito pensa alla faccia che farà Sasuke,
che pur odiando i
dolci adora quei biscotti, e regolato il forno perché non si
brucino comincia a
tagliare le arance per la spremuta.
Poi estrae
dalla dispensa il miele per Itachi – che i dolci, invece, li
adora – e lo
appoggia vicino al posto del figlio maggiore, sapendo che lo
mangerà solo lui.
Poco dopo il
pane è tostato, i biscotti sono pronti, una torta
è su di un ampio piatto d’argento,
la spremuta è nella grande caraffa di vetro così
come il latte e tutto è
disposto in bell’ordine sulla tavola in attesa
di essere fagocitato, perché della colazione da
fiaba che Mikoto prepara
alla domenica, chissà perché, rimane sempre poco
o niente.
La donna si
scioglie i capelli e ripone il nastro al sicuro nella tasca del
grembiule.
Prende poi
un cuscino e lo posiziona amorevole sulla sedia di Sasuke.
Si sente sfinita, con le gambe molli, il
ventre inesistente e le palpebre di piombo.
Non ce la fa davvero più e d’altronde non
è
stato un parto facile: Sasuke è un bimbo normalissimo, forse
addirittura un po’
gracile, ma gliene ha dato di filo da torcere.
A lei e alle levatrici, e le viene da
pensare che da grande avrà un bel caratterino.
Avrebbe tanta voglia di chiudere gli occhi
per dormire due o tre giorni, ma i parenti in visita per le
congratulazioni si
susseguono inarrestabili e non può ancora riposare, intenta
a rispondere a
sorrisi, domande e complimenti e a badare che nessuno si avvicini
troppo alla
culla del piccolino, ancora così delicato.
L’iter si sussegue per tutto il pomeriggio e
pare davvero infinito, ma finalmente Fugaku chiude la porta alle spalle
all’ultimo
visitatore e la casa torna silenziosa e quieta.
Finalmente Mikoto può godersi un po’ di
pace, ma improvvisamente non vuole più dormire.
Itachi ha afferrato una sedia e l’ha portata
accanto alla culla del fratellino.
Ci è salito sopra e ora lo guarda, pensoso, con
quegli occhi neri dalle lunghe ciglia scure che paiono troppo
incredibilmente
riflessivi e profondi per un bimbo ancora piccolo; poi con aria ancora
meditabonda allunga una mano e infila l’indice nel pugnetto
del fratellino,
toccandolo piano piano.
Mikoto non lo allontana e non lo avverte di
essere delicato, perché Itachi sembra già
provvisto di ogni cautela e si limita
a quell’unico contatto con quella manina minuscola.
Mentre lei guarda la scena anche Fugaku
arriva lì da loro; entra e si appoggia allo stipite della
porta, rigido, le
braccia conserte.
Non la abbraccia, non si avvicina ai suoi
figli, non fa nessun commento, e il suo viso non mostra la minima
dolcezza.
Sembra una statua e pare che non gli
importi, e proprio in questa distaccata indifferenza Mikoto legge la
sua
commozione più grande.
Mentre lo osserva lui si volta e i loro
sguardi si incrociano.
Nessuno parla, ma l’atmosfera è talmente
carica che le parole sembrano inutili per tutti.
Proprio
mentre sta sistemando quel cuscino sulla sedia sente uno scalpiccio
sulle
scale, e corricchiando in cucina compare giusto Sasuke.
“Ciao mamma!”
“Sas’ke,
abbassa la voce” lo riprende lei senza effettiva
severità “tuo padre non
sopporta le urla di prima mattina, lo sai.”
Il bambino
annuisce – probabilmente non l’ha nemmeno ascoltata
davvero – e permette che
Mikoto gli lasci un bacio sulla testolina bruna prima di correre a
sedersi.
Nel mentre
giunge anche Itachi, placido e silenzioso come sempre;
anche lui la saluta, con un sorriso lieve, e
si siede accanto al fratellino scompigliandogli i capelli e ricevendo
una
linguaccia.
Sasuke fa
per afferrare un biscotto – li ha occhieggiati dal momento in
cui è entrato in
cucina – ma l’occhiata amorevolmente severa di
Mikoto lo fa desistere
immediatamente.
Regola non
scritta vuole che alla domenica si possa iniziare la colazione solo
quando
arriva papà.
Infatti
proprio in quel momento si odono i passi cadenzati di Fugaku rimbombare
per le
scale e subito dopo anche lui è in cucina.
A malapena
si produce in un “Buongiorno”, si siede e attende
che Mikoto faccia lo stesso,
per poi iniziare a mangiare come non facendo caso al fatto che tutti
stessero
aspettando lui.
Mentre
ognuno fa sparire biscotti, pane, miele, spremuta e via dicendo Mikoto
smette
per un momento di mangiare e osserva la sua famiglia.
E quando
vede anche Fugaku scrutare Itachi e Sasuke per poi guardarla capisce
che anche
lui, per quanto poco lo dimostri e nonostante le ultime tensioni con il
figlio
maggiore, è periodicamente meravigliato da ciò
che insieme, come sposi e come
genitori, hanno saputo creare.
**********
Grazie
ai
lettori e ancor di più a chi vorrà darmi
l’immensa gioia di lasciarmi un
parere. :D
A presto!
Panda