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Autore: _camus_    08/02/2012    13 recensioni
Io sono tutto e, al contempo, non sono niente.
Sono corpo e spirito; buio e luce; caldo e freddo.
Sono ovunque e da nessuna parte.
Ma soprattutto sono dentro di te – nel tuo cuore.

Il ponte che collega chi parte e chi resta.
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aquarius Camus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Mi manchi tanto amico caro, davvero

 

 

 

 

 

Io son partito poi così d'improvviso,

che non ho avuto il tempo di salutare;

istante breve ma ancora più breve

se c'è una luce che trafigge il tuo cuore

 

 

Freddo: tanto, tantissimo freddo.

Non ne avevo provato di così intenso nemmeno quando ero sbarcato per la prima volta sulle coste orientali della Siberia, in un giorno che sembrava essere appartenuto ad una vita precedente.

Poi, d'improvviso, una luce calda e abbagliante mi riempì gli occhi; mi avvolse nel suo fulgore come fa un raggio di sole nei pomeriggi d'agosto, e il gelo sparì.

Anche i contorni dell'Undicesimo Tempio e la figura del nuovo Signore dei ghiacci riversa al mio fianco andarono via via svanendo, quasi fossero stati ricoperti da un velo di foschia sempre più spesso.

I ricordi si accavallavano l'uno sull'altro in una fitta rete di immagini sfocate a cui non sapevo dare un ordine. Semplicemente, permettevo che mi inondassero il cuore.

Avrei voluto lasciarmi andare, abbandonare le mie membra stanche fra le braccia di quella luce confortevole; invece stringevo i denti, perché altre erano le braccia tra le quali desideravo spegnermi.

Stringevo i denti e ti pregavo di far presto, ché la morte non aspetta.

Solo il pensiero del tuo volto era rimasto a rubare all'oblio i miei ultimi istanti – ma non fu sufficiente.

Viaggiavo già verso il vuoto nel momento in cui udii, lontanissima, la voce che tanto avevo amato chiamare il mio nome.

«Camus!»

Troppo tardi: non potevo più tornare indietro.

Una lacrima scese, solitaria, sulle guance che un tempo mi erano appartenute; poi, il bianco. E il nulla.

 

 

L' arcobaleno è il mio messaggio d'amore,

può darsi un giorno ti riesca a toccare:

con i colori si può cancellare

il più avvilente e desolante squallore

 

 

Non piangere, Milo, se davvero mi ami.

Le lacrime non si addicono al viso di un cavaliere, rammenti?

Ce lo ripetevano con la stessa frequenza di un mantra, quando eravamo bambini e la notte sporcavamo il letto di sangue rappreso; ma già allora pensavamo che un braccio rotto o una ferita alla tempia fossero il male minore.

Siamo diventati uomini senza temere nulla, stretti a braccetto con lo spettro della morte.

Spesso tu tentavi di sdrammatizzare ridendoci sopra, spavaldo e sicuro di Antares – la stella che nella volta celeste per sedicesima brilla di più.

«Ci sarà tempo per pensare a ciò che sarà. Viviamo, adesso».

Così io mi convincevo che avevi ragione, che ci sarebbe stato tempo per tutto, e vivevo.

Ma nella terra del Freddo, dove l'orizzonte è grigio e i fiori non sbocciano, era difficile crederci, specialmente perché, invece, tu eri rimasto a crescere sotto il sole di Grecia.

Allora, con la neve a farmi da unica amica, tornavo a gettare lo sguardo sull'ombra funesta che lì chiamano cmeptb.

Non l'avrei mai confessato, ma certe volte ne avevo paura, poiché non sapevo cosa aspettarmi da essa; la immaginavo terribile, avvolta nel suo mantello scuro come la notte.

Quando poi, anni dopo, venne a prendersi il mio allievo maggiore senza che io potessi far nulla per impedirlo, ne ebbi ancora più timore: era stata l'unica a cogliermi impreparato.

Ora che anch'io volo con lei, ho scoperto quanto in realtà mi sbagliassi.

Non c'è sofferenza, qui fra le anime, né buio. E, soprattutto, non c'è nero.

Non piangere, Milo, se davvero mi ami: io continuerò a vivere nello sfondo colorato dei tuoi ricordi, e non solo.

 

 

Son diventato sai tramonto di sera

e parlo come le foglie d'aprile,

e vibro dentro ad ogni voce sincera

e con gli uccelli vivo il canto sottile;

il mio discorso più bello e più denso

esprime con il silenzio il suo senso

 

 

Al tramonto ci piaceva sedere sulle scale dell'Ottavo Tempio, a rimirare il sole rosseggiare sul mare e tingere di bagliori infuocati i candidi marmi del Santuario.

Tu riempivi l'aria di parole, per sovrastare quel silenzio della sera nascente che a te metteva malinconia; sei sempre stato una persona rumorosa, al contrario di me.

«Grazie».

«Di cosa, Milo?»

«Di esserci. Senza di te questo spettacolo sarebbe immensamente triste – tutto sarebbe triste, senza di te».

Io continuavo a tacere e stringevo di più la tua mano, credendo che non ci fosse risposta migliore di quel gesto.

Immagino che, dalla mia scomparsa, tu non ti sia più fermato sui quei gradini. Fallo ancora, Milo.

Anche se non potrai vedermi o toccarmi, io sarò comunque accanto te e ti terrò compagnia.

Cercami in tutte le cose belle, perché lì mi troverai: che sia nell'imbrunire del giorno, nel migrare di uno stormo di gabbiani o nello spuntare delle prime gemme in primavera, lì mi troverai.

Presta attenzione al soffio del vento e alla voce dolce di quella Dea che non ho riconosciuto giacché, se li saprai ascoltare, loro ti narreranno un poco di ciò che sono diventato.

Nei volti dei nostri fratelli d'armi potrai scorgere il riflesso del mio raro sorriso.

Lo stesso silenzio che prima rifuggivi, ora parlerà per me.

Non piangere, quindi, se davvero mi ami: molti sono i luoghi dove mi troverai, quando sentirai la mia mancanza.

 

 

Io quante cose non avevo capito

che sono chiare come stelle cadenti,

e devo dirti ch' è un piacere infinito

portare queste mie valigie pesanti

 

 

Atena è stata misericordiosa con noi cavalieri caduti; ci ha concesso di morire nel perdono, nonostante il nostro tradimento.

Come abbiamo fatto a non accorgerci dell'inganno, Milo?

La luce che vidi spirando era lei: un cosmo tanto grande e splendente che è impossibile descrivere a parole.

Grazie a esso, adesso mi sono ricongiunto alle stelle che mi diedero i natali.

Ciò che vedo non mi stupisce, ma mai avrei creduto che l'universo fosse vasto e meraviglioso a tal punto.

Qui non vi sono errori, ogni cosa si muove in perfetto equilibrio: è come tornare a far parte di una danza primordiale, da cui nascendo ci allontaniamo.

Io sono tutto e, al contempo, non sono niente.

Sono corpo e spirito; buio e luce; caldo e freddo.

Sono ovunque e da nessuna parte.

Non so più quanto tempo sia passato dalla mia morte; il ricordo di chi sono stato in vita è come una foto dai contorni sbiaditi.

La sola cosa di cui sono certo è il sentimento che a te mi ha legato, e che ancora tiene unite le nostre due anime.

Non posso fare a meno di aspettarti: raggiungerò la pace completa solo quando saremo finalmente tutt'uno.

Nel frattempo respirerò col tuo respiro, toccherò con le tue dita, guarderò coi tuoi occhi.

Non piangere, Milo, se davvero mi ami: io vivrò attraverso di te.


 

Mi manchi tanto amico caro, davvero

e tante cose son rimaste da dire;

ascolta sempre solo musica vera

e cerca sempre, se puoi, di capire

 

 

Non c'è posto per i rimorsi, non qui – un solo rimpianto è rimasto.

Non ci crederai: sono le milioni di cose che non ti ho detto mai.

«Che hai?»

«Nulla. Riflettevo».

«Su cosa?»

«Su un fatto bizzarro. Camus, tu sai tutto di me: ogni singola sfumatura della mia persona ti è nota. Io, invece, a volte ho come l'impressione di non conoscerti affatto».

«Mi conosci quanto basta ad amarmi. Non ti pare sufficiente?»

Sapevi che questo ti sarebbe dovuto bastare, così annuivi incerto e io mi ritenevo soddisfatto.

Ironia della sorte, tantissime sono adesso le domande a cui risponderei volentieri, infiniti gli argomenti che mi piacerebbe trattare con te – se solo potessi ancora.

Vorrei raccontarti dei miei pensieri riguardo alla cmeptb, lassù nell'isba, o di come la mia mente volasse a cercare la tua immagine nei momenti di maggior solitudine.

Di quando, nelle notti gelate in cui mi recavo fra i ghiacci con i miei pupilli, al posto dell'aurora boreale vedevo quegli arcobaleni che tu mi indicavi entusiasta dopo un violento acquazzone estivo.

Mi manchi tanto amico caro, davvero.

Mi manchi.

Per quanto possano essere belle, le stelle non saranno mai calde quanto il tuo abbraccio.

Però non piangere, Milo, se veramente mi ami: nemmeno la morte ha avuto il potere di farmi scordare di noi.

 

 

Son diventato sai tramonto di sera

e parlo come le foglie d'aprile,

e vibro dentro ad ogni voce sincera

e con gli uccelli vivo il canto sottile;

il mio discorso più bello e più denso

esprime con il silenzio il suo senso

 

 

Cercami in tutte le cose belle, perché lì mi troverai: che sia nell'imbrunire del giorno, nel migrare di uno stormo di gabbiani o nello spuntare delle prime gemme in primavera, lì mi troverai.

Presta attenzione al soffio del vento e alla voce dolce di quella Dea che non ho riconosciuto giacché, se li saprai ascoltare, loro ti narreranno un poco di ciò che sono diventato.

Nei volti dei nostri fratelli d'armi potrai scorgere il riflesso del mio raro sorriso.

Lo stesso silenzio che prima rifuggivi, ora parlerà per me.

Io sono tutto e, al contempo, non sono niente.

Sono corpo e spirito; buio e luce; caldo e freddo.

Sono ovunque e da nessuna parte.

Ma soprattutto sono dentro di te – nel tuo cuore.

Respirerò col tuo respiro, toccherò con le tue dita, guarderò coi tuoi occhi.

Ama te stesso, ama la vita poiché, così facendo, potrai continuare ad avermi vicino.

Non piangere, Milo, se davvero mi ami: anche se non ci sono, sono e sarò sempre con te.

 


Mi manchi tanto amico caro, davvero

e tante cose son rimaste da dire;

ascolta sempre solo musica vera

e cerca sempre se puoi di capire.

 

 

Arrivederci, amico caro.

Un giorno ci rincontreremo.




.

 

 

Note dell’autore

 

L'ho fatto per Milo; non avrei potuto non farlo per Camus.

Anche se in ritardo di un giorno, auguri chéri: questa ennesima sciagura è il mio regalo di compleanno per te.

Fortunatamente gli eventi significativi da celebrare con componimenti di tal genere sono finiti, dunque spero di riuscire a farla finita per un po'.

Lo dico sempre, ma sento che questa è la volta buona: abbiate fede!

So che lui e gli altri dopo la battaglia delle Dodici Case finiscono all'inferno, tuttavia per una volta facciamo finta che non sia stato così o, almeno, non subito.

La canzone si intitola "L'arcobaleno" ed è stata scritta dal poeta Mogol, musicata da Gianni Bella e cantata da Adriano Celentano come loro personale addio a Lucio Battisti.

Spero vi piaccia: l'ho scritta con amore come sempre, e forse di più.

Cmeptb significa "morte" in russo.

 

 

   
 
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