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Autore: LightsTurnOff    08/02/2012    2 recensioni
E nel garage potè ammirare la decappottabile d'epoca rosso fiammante che il padre aveva destinato a quel suo progetto folle per la sua età. Ma, si sa, quando i genitori sono più folli dei figli è difficile scamparla. Salì per la stretta scalinata in legno scuro, tendente al rossiccio e coperta da un tappeto verde bottiglia, che portava al piano superiore e, quindi, alla parte abitata della casa.
La sua camera era a piano terra, proprio dietro l'enorme sala da pranzo, una camera del tutto normale, piena di carta appesa ovunque e, dove non vi erano posters e foto varie, le superfici della stanza erano coperte di scritte di tutti i colori e di tutte le grafie. La sua preferita era quella sopra il letto, l'aveva scritta lui quando aveva si e no dodici anni:
"Cosa vuoi fare da grande?"
"Cambiare il mondo."
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo
That's the beginning.

La sabbia dorata si stendeva fino quasi a dove gli occhi potessero andare, per poi immergersi nel blu del Pacifico. Forse gli ombrelloni colorati che percorrevano la costa erano pari, come numero, ai granelli di quella distesa morbida e calda.
Era il primo vero giorno di vacanza quello, l’Huntington Beach High School aveva finalmente deciso di chiudere i battenti e per un ragazzo che era seduto sulla riva con i piedi immersi nella fresca acqua salata era per sempre. Si godeva quel sole che gli picchiava sulle spalle con gli occhi socchiusi e i pensieri che andavano lontano, molto lontano.
Non sapeva bene cosa dovesse pensare, cosa fosse più adatto che gli vorticasse in testa, ma di certo l’euforia ci stava bene e lui ne aveva tanta in quel momento.
Ultimo giorno di scuola per sempre, ultimo giorno ad Huntington Beach…  per sempre?
"Ehi."
Il ragazzo alzò lo sguardo al suono di quella voce dolce e decisa, ma fu costretto a socchiudere gli occhi per colpa dei raggi di sole che gli folgorava le retine.
"Ehi." rispose lui, a dir la verità poco convinto.
"Si dice che stai per partire." continuò l'esile ragazzina bionda, sedendosi sulla sabbia umida senza il permesso del suo interlocutore. "Mi sarebbe piaciuto saperlo."
Denti bianchi e luminosi si dipinsero oltre le labbra dischiuse di lui, lo sguardo ormai perso sulle piccolissime onde che gli bagnavano i piedi.
"Mi dispiace non averlo fatto."
"Dici davvero?"
No, questo avrebbe voluto rispondere ma convenne con se stesso che non era la mossa giusta.
Probabilmente non l'avrebbe vista mai più, che senso aveva farle male ulteriormente?
Mosse la testa, e la biondina lo prese per un sì.
"Mi chiamerai?"
"Ashley io..." Iniziò, leggermente indeciso. "Non ho nessuna intenzione di chiamarti."
Continuava a guardare in basso, non aveva nessuna voglia di lasciarsi impietosire.
"P-Perchè?"
Ashley aveva incrociato le braccia intorno al petto, la pelle dorata stretta al piccolo bikini blu notte.
"Devo proprio farti male, non ci arrivi da sola?"
La ragazza singhiozzò sommessamente.
"Dai su non fare così, siamo stati bene e ci siamo divertiti ma non può funzionare. Starò via non so per quanto tempo e le relazioni a distanza non sono il mio forte."
Tentò di metterle un braccio sulle spalle, intorno al collo, ma lei si scostò e fece per alzarsi.
"Sei uno stronzo."
Il ragazzo accusò il colpo senza replicare - infondo in quel momento lo era - e aspettò che la biondina tutto pepe si allontanasse del tutto, perdendosi tra la folla dei bagnanti.
Si alzò e, dopo aver pulito i pantaloncini dai fastidiosi residui di sabbia, raggiunse il limitare della spiaggia dove aveva lasciato lo zaino con dentro anche la t-shirt che aveva pensato bene di togliere.
La tirò finalmente fuori e la infilò, decidendo così di coprire alla vista di ragazzine bionde e longilinee il suo magro ma ben delineato fisico da quasi diciottenne.
La sua pelle era ancora una tela vuota, vuota ma che col tempo aveva già deciso di riempire con tutto ciò che aveva dentro. Voleva scriverci la sua vita, su quell’epidermide bronzea a causa dei suoi lunghi pomeriggi passati a correre in riva all’oceano.
Issò lo zaino in spalla e, scavalcata la recinzione, si trovò finalmente a camminare sull’asfalto vicino alla sua fedele bicicletta.
Dopo averla liberata dalla catena ci montò su e si immise quasi immediatamente sull’Huntington Beach Bike Trail, il lungo viale che fiancheggiava la costa procedendo in direzione Sud-Est.
Dopo poco vide apparire alla sua destra il Ruby’s Diner, la tavola calda più famosa –ed anche costosa- della zona situata sul pontile. Ogni turista giunto in città voleva andare a mangiare lì, affascinato dai depliant delle agenzie di viaggio che lo proponevano sempre come meta paradisiaca.
Arrivato lì svoltò a sinistra imboccando la Main e a quel punto rallentò, godendosi la strada più trafficata, cuore pulsante di tutto ciò che fino a quel momento aveva vissuto. Voleva godersela fino
all’ultimo, quell’atmosfera prettamente californian.
Dopo una decina di minuti abbondanti arrivò sulla Sesta Strada, passò sfrecciando davanti alla Main Street Branch Library ritrovandosi finalmente su Pecan Avenue. La prima casa sull’Ottava, giungendo da Sud-Ovest, era la sua.
Scese attraversando il vialetto a piedi ansimando –le sigarette avevano fatto la loro parte- e finalmente potè lasciare la sua bici all’interno del garage.
E nel garage potè ammirare la decappottabile d'epoca rosso fiammante che il padre aveva destinato a quel suo progetto folle per la sua età. Ma, si sa, quando i genitori sono più folli dei figli è difficile scamparla. Salì per la stretta scalinata in legno scuro, tendente al rossiccio e coperta da un tappeto verde bottiglia, che portava al piano superiore e, quindi, alla parte abitata della casa.
La sua camera era a piano terra, proprio dietro l'enorme sala da pranzo, una camera del tutto normale, piena di carta appesa ovunque e, dove non vi erano posters e foto varie, le superfici della stanza erano coperte di scritte di tutti i colori e di tutte le grafie. La sua preferita era quella sopra il letto, l'aveva scritta lui quando aveva si e no dodici anni:
"Cosa vuoi fare da grande?"
"Cambiare il mondo."
E non voleva coprirla! Aveva costretto sua madre a non pitturare quel quadrato qualche mese prima, quando avevano deciso di pitturare casa ancora una volta, lasciando così un buco bianco sporco nelle pareti diventate ormai blu acceso... per quel che si riusciva ad intravedere.
La valigia nera in tessuto sintetico era sul letto, aperta, mostrando alle foto il suo alquanto prevedibile contenuto; vestiti, scarpe, il rasoio e la schiuma e il dopobarba, accendini vari ed una stecca di sigarette.. tutte cose troppo importanti per Matt, tutte cose che non potevano mancare durante il può viaggio. Un brivido gli percorse la schiena al pensiero che sarebbe partito di lì a poche ore, portandosi come sole compagne le sue sigarette e qualche vecchio CD di buona musica.
Quello sarebbe stato l'inizio della sua vera vita.
Quello sarebbe stato divertimento puro.
"Sta' attento, soprattutto quando viaggi di sera. E non bere!"
"Mamma... finiscila."
Il ragazzo le sorrise amorevolmente prima di stringere la signora Sanders in un abbraccio, la madre ciò quasi scomparse nascosta dalla mole del figlio. Papà Sanders osservava la scena in disparte, ammettendo che suo figlio gli sarebbe mancato, ma consapevole anche del fatto che Matt doveva affrontare quel viaggio, doveva farlo per lui, perché lui -quando voleva- non aveva potuto. Inevitabilmente il signor Sanders rivedeva la sua adolescenza in suo figlio e proiettava in lui tutti i suoi sogni mancati.
Un viaggio senza meta era fra quelli.
"Papà, grazie" disse il figlio avvicinandosi al padre e guardandolo negli occhi. Con lui niente abbracci, non era decisamente il tipo, piuttosto riuscivano a comunicare molto meglio con quegli sguardi complici di un adolescente e dell'adulto ormai cresciuto ma con l'animo ancora fermo a diciotto anni.
"Vedi di non fare cazzate... e non portarti erba in macchina, se ti beccano io non ti tiro fuori."
Matt rise prima di stringere la mano al padre come se fossero due amici e, quando quel breve contatto terminò, raggiunse l'auto scarlatta già caricata con le valigie e qualcosa da mangiare durante il viaggio. Il suo cuore aveva iniziato ad accelerare senza controllo quando si rese conto che stava davvero partendo, lasciandosi Huntington Beach alle spalle e trovandosi davanti a sé solo una landa sconfinata ed infinita tutta da esplorare.
"Allora ci si vede!" esclamò lui entrando in macchina, i coniugi Sanders fermi sulla porta osservavano il figlio che metteva in moto e, senza pensarci due volte, usciva dal cancello di casa per immettersi sull'Ottava, in direzione dell'oceano. Passò l'incrocio con l'Orange prima, con la Olive e la Walnut prima di inboccare la E Pacific Coast che lo avrebbe accompagnato verso la sua prima tappa: San Francisco, California.
Intanto dall'altra parte del paese un altro ragazzo era partito per un'avventura simile a quella del nostro amico. Forse il tempo li avrebbe fatti incontrare per un caso fortuito.
Ma adesso è ancora troppo presto per parlare di questa storia.

 






Dom's and Shizue's Corner:

Here we are again :3
Ovviamente la colpa per il ritardo nel postare questo prologo è di Dom e sappiate che le dispiace molto ma non ci può far nulla se l'ispirazione fa la stronza con lei.
Anyways, ci dispiace un po' per la brevità di questo prologo, ma volevamo proprio dare l'idea di un assaggio, anche per creare suggestione nei lettori e spingerli magari -speriamo- a continuare.
Ringraziamo per eventuali recensioni/whatelse e niente, alla prossima!

Dom & Shizue.

[LOVEISLIKESUICIDE ti vogliamo bene <3]
   
 
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