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Autore: Leenadarkprincess    08/02/2012    1 recensioni
"Tremano di segreto spavento, per l’ignoto, o per la conoscenza di quel cosmo animale che si nasconde dietro a quella tenda pesante"
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Apre al crepuscolo
Chiude all’alba
È un po’ come un incidente stradale, uno di quelli seri, dove le auto, scintillanti e perfette prima, come maggioloni impazziti e ronzanti scartano goffamente e si accartocciano, le une sulle altre, così, come in un rituale d’accoppiamento un po’ macabro, i carapaci che stridono, e qualche umano dentro sbalzato fuori come un organo vomitato per la violenza dell’impatto.
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Chiude all’alba
La gente ci va, al circo, è scritto nella loro debole storia, nell’intricato ed elegante segno delle vene che come inchiostro scivolano sotto la pelle, come un labirinto di sangue impuro che in fondo è tutto quello che, un essere umano, è. A volere essere anatomici sarebbe più del sangue, sarebbe carne, ossa, materia grigia. Ma la forma del corpo non ha sostanza, come non ce l’ha la pagina di un libro, se non ci sono parole scritte dentro.
È scritto, è scritto, è scritto il fascino che si prova per il circo, per un mondo che è ancora natura e che non sa leggere, è scritta la passione per le belve sottomesse che esibiscono le loro catene, è scritta la passione un po’ oscena per corpi che quasi non sono più umani e si piegano in figure impossibili, a mimare quello che non sanno scrivere, a danzare nell’aria e volare sotto una tenda, a mostrare l’equilibrio che solo l’ignoranza della gravità e delle leggi della fisica può regalare.
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Chiude all’alba
Come un incidente stradale, di quelli che se li vedi rimani incollato lì a vedere, a cercare con gli occhi una ferita anche lieve per tentare di ricostruire che cosa significhi esattamente un’emozione vera, forte, come una scossa, ma senza pericolo che sia l’ultima.
Sembra strano che un circo debba essere di notte ma non lo è, a pensarci bene, la notte è mistero. Ed è mistero quello che ognuno cerca tra le gabbie e acrobazie, in ogni grido lasciato sfuggire, che ti fa disimparare ad essere civile, di essere per la verità più del ritmo di un tamburo, o di un cuore, soltanto quella lieve pulsazione ed una manciata di colori, ed odori, questo soltanto, davvero.
Bambini che tremano di segreto spavento, per l’ignoto, o per la conoscenza di quel cosmo animale che si nasconde dietro a quella tenda pesante che cela, come un fazzoletto di seta da prestigiatore, illusioni che minacciano di farti scomparire per sempre tra le loro pieghe sinuose. Colombe che scompaiono prima di spiccare il volo e vengono inghiottite, con la loro prudenza, in un cappello riempito di sussurri ed incantesimi e dalle mani di un uomo che sorride, sorride, certo che sorride, mica è lui a scomparire.
Bambini che stringono forte una mano o un bastoncino di zucchero che sembra nuvola, che probabilmente rimarrà appiccicato al bastoncino bianco come un baco da seta ostinato, che hanno chiesto come se fosse la gioia più grande insinuati dalla sua leggerezza, dalla promessa di un divertimento più innocente, più puro, nemmeno sapessero che è un lavoro sporco, quello del circo.
Adulti che conducono bambini come a voler essere accompagnati, non a teatro dove tutto è finzione, e parole, non dove la struttura della vita viene rispettata e riprodotta come in uno specchio, ma dove la realtà è riflessa in una pozza di fango che trema sotto i pesanti passi di un elefante in catene che ricorda innumerevoli giorni tutti uguali, sono riusciti a riprodurre la giungla e l’hanno trasformata in un’abitudine, un passo, un altro, un applauso, una risata, un passo, paglia sotto le zampe e sulla schiena, qualcuno che da ordini come se si potessero capire, ch li può capire i tuoi ordini, io non sono che un elefante.
Adulti che osservano uomini col volto bianco ed un sorriso tanto largo da inghiottire ogni risata prima di suscitarla, che grottescamente si sforzano di risputarla fuori come un pettirosso che rigurgita del cibo per nutrire i figli.
Fuochi d’artificio, risate, promesse di memorie che si perdono nei labirinti della folla alla ricerca di un posto a sedere. Zucchero filato, una tigre la cui pelle si increspa come le onde del mare ad ogni passo, un filo che regge un uomo oscillante che sfida se stesso a cadere. Bambini che si perdono perché lasciano una mano, adulti che si perdono anche tenendola, marce tribali e risate un po’ sguaiate che odorano di zucchero e di pop corn caramellati, ninnoli luminosi e luccicanti che costavano una fortuna e smettono di valerla quando li stringi finalmente nella mano.
Celia è arrivata, e non ha nessuno a prenderla per mano. Non ha spettacoli da vedere se non quello di un uomo che non vuole neanche il suo nome, non vuole neanche lei, non vuole nulla. E’ entrata nel cappello magico da una porta sul retro, in quel doppio fondo dove osserva i segreti, il complesso intreccio di una bugia.
Tutto questo, tutto questo è la promessa del circo, tutto questo è la recita dietro al sipario calato sul cielo.
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Chiude all’alba
 
  
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