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Autore: whisperer    09/02/2012    1 recensioni
Può un sorriso cambiare la vita? A quanto pare sì.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Driiiin!-

No, non può essere già ora..

6.20 del mattino, spengo un po' a fatica la sveglia impostata sul cellulare per colpa di quel maledetto tauchscreen che per dirla tutta mi fa solo innervosire, rimango circa cinque minuti in contemplazione del soffitto e alle 6.27 circa mi alzo dal letto e barcollo fino alle scale. Scendo con le caviglie indolenzite a causa del troppo tempo che passo a cavallo. La colazione è veloce: ingoio due biscotti al volo e li mando giù con un sorso di the nemmeno tanto caldo, non ho tempo di aspettare un minuto di microonde. Corro a vestirmi. Jeans,felpa e scarpe da ginnastica, così non si sbaglia mai. Raccolgo i miei capelli riccio-mossi-sempre ribelli in una coda, mi infilo il giubbotto, zaino in spalla e via a prendere l'autobus.

Mentre aspetto in fermata assieme a ragazzi sconvolti almeno quanto me, mi sistemo la sciarpa e prendo l'immancabile Ipod. Infilo le cuffie e alzo il volume, non ho voglia di sentire niente e nessuno e mentre Bob Dylan mi sussurra all'orecchio -the aswer to my friend is blowin in the wind- salgo in autobus e mi accascio nel primo sedile libero che trovo. Saluto con un cenno alcuni amici, anzi preferirei definirli conoscenti con cui un tempo credevo di avere qualcosa in comune, e ritorno nel mio mondo fatto di musica e pensieri.

Mi vibra il cellulare in tasca, un messaggio. “ Ciao, oggi ci si vede?” eccoli qui gli amici che danno il buon giorno, peccato vadano a scuola in un altra città.

Finalmente arrivo in classe, saluto i compagni appena arrivati e mi dirigo al termosifone per scaldarmi le mani.

Le cinque ore di scuola scorrono lente, un po' ascolto professori che parlano tanto ma alla fine non hanno niente da dirmi, un po' scarabocchio il diario, parlo, rido, imparo pure qualcosa.

Ecco, uno dei grandi dubbi della mia vita sono i professori. Strani individui direi, perlopiù sono lì ad insegnare motivati da una laurea da 110 e lode in una materia quasi impossibile da applicare al di fuori dell'insegnamento. Li vedi lì, con le cartelle di pelle consunta, che ripetono le stesse cose mille volte, scrivono voti sul registro, verificano. Non si pongono quasi mai il problema di coinvolgerti, farti amare la materia almeno quanto la amano loro, loro pensano a spiegare, non ad appassionare. Non si preoccupano di capire i tuoi problemi, loro sono solo insegnanti, mica psicologi. Sono pochi a mio parere i veri prof, quelli con la P maiuscola. Loro sono quasi sempre giovani, hanno gli occhi che brillano di passione quando spiegano, ridono, ti chiedono cosa c'è che non va, si complimentano. Loro sono lì perchè amano quello che fanno. Se tutti i professori amassero il proprio lavoro, ci sarebbero sicuramente più persone con voglia di studiare. A me per esempio piace studiare. Capire, scoprire cose nuove, ragionare, il problema per me sono le verifiche, i voti. Secondo me non hanno nessun senso; i ragazzi dovrebbero studiare perchè vogliono sapere, imparare, non per i voti sul registro. Chi vuole studiare studia, chi non vuole fa a meno, tanto è lui a perderci.

Chiusa questa piccola parentesi sull'inutilità di alcuni professori e dei voti, torno alla mia mattinata dopo cinque lunghe ore: torno a casa, mangio velocemente, studio un po' e finalmente mi portano al maneggio, dal mio cavallo: è qui che comincia la mia giornata. Appena arrivata corro verso il suo box, saluto gli amici che sono lì e scambio con loro qualche parola , quando arrivo davanti apro la porta, lui drizza le orecchie e lo chiamo vicino a me offrendogli una mela. Lo accarezzo, gli parlo, e dopo averlo strigliato e spazzolato andiamo ad allenarci.

Si chiama Hickstead e no, non ho scelto io questo nome se è ciò che vi state chiedendo, gliel'hanno dato quando è nato, in Belgio.

Lui è stato il più bel regalo della mia vita, è il mio sogno. Lo montavo già da molto prima che diventasse mio, solo che era in vendita e, quando una ragazza è venuta a provarlo per compralo, non potevo sopportare l'idea di vederlo con qualcun altro, così i miei me l'hanno regalato. Credo che in qualche modo io e lui ci siamo sempre cercati. Mi ricordo che quand'ero piccola e avevo appena cominciato ad andare a cavallo, avrò avuto otto anni, ho notato il nome di Hickstead in una iscrizione per una gara, solo anni dopo me l'avrebbero presentato, sarebbe entrato nel mio cuore e non ne sarebbe mai più uscito.

I cavalli sono la mia vita, vorrei poter non smettere mai di montare, pensate che il mio primo regalo di Natale è stato un cavallino di legno a dondolo, poi ho cominciato a disegnarli, e un giorno, mio zio mi fece salire in groppa ad una cavalla di un anziano nonnetto che passava per casa mia con l'animale in un trailer, ricordo di aver provato un brivido, una vertigine, insomma sarà che la sensazione mi è piaciuta, ma da quella groppa non sono più scesa.

Quando arrivo a casa dal maneggio sono distrutta, faccio la doccia e vado a tavola dove sono seduti mio papà e mio fratello mentre mia mamma cucina.

Ci raccontiamo a vicenda della giornata, io parlo di cavalli, mio fratello di auto e motori, mio papà e mia mamma di soldi e affari. Ad un tratto però si fermano tutti e cominciano a guardarsi negli occhi lanciandosi strani segnali, capisco che c'è sotto qualcosa e li invito a svuotare il sacco. Insomma tra un discorso qui e una parola lì mi dicono che mi mandano tre mesi in America, a Los Angeles, da una zia, che è una bella occasione per imparare la lingua e fare esperienza.

Ah sì, anche mia cugina Laura verrà con me. 
 O mio Dio.
oo 

  
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