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Autore: Eikochan    10/02/2012    5 recensioni
“Hei, Uchiha!” Un ragazzino dai capelli mori raccolti in una coda alta l’aveva chiamata urlando in mezzo al cortile dell’Accademia.
“Ti ho detto di non chiamarmi Uchiha, Takumi!”
“Ma tu sei un’Uchiha.”
“No, io sono una Uzumaki!”
“Ma fammi il piacere.. perché allora avresti lo Sharingan?”
Ma a quella domanda non seppe trovare risposta e con le lacrime di rabbia agli occhi se ne tornò a casa seguita dall’urlo di quel maledetto Takumi che le ronzava nelle orecchie: “Sei un mostro! Proprio come tuo padre.” E intanto si domanda perché diavolo doveva avere quello stramaledetto Sharingan.

Long-fic basata sulla mia one-shot precedente "Il frutto del peccato"; la protagonista è Misaki, figlia di Sasuke e Sakura, che viene abbandonata sull'uscio di casa di Naruto che si prende cura di lei come un padre. Disprezzata e odiata da tutto il villaggio inizierà a odiare sè stessa e i suoi genitori naturali, che non ha mai conosciuto.
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Nuovo Personaggio | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il frutto del peccato.'
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CAPITOLO VIII:

 

Erano ormai  due ore che si rigirava nel letto senza ottenere nulla. Del resto, dopo la dormita del pomeriggio, era perfettamente normale che non riuscisse a prendere sonno. Alla fine, innervosita e arrabbiata, scalciò via le coperte e si infilò le pantofole prima di aprire la porta e scendere al piano di sotto.
Avanzava nel buio del corridoio -i passi attutiti dalla suola morbida- in direzione della cucina: aveva deciso che un thè caldo fosse la soluzione migliore. Diede un’occhiata veloce all’orologio appeso in soggiorno: erano le 23.15. Si maledisse mentalmente, perché il giorno dopo sarebbe stato un trauma svegliarsi per la scuola.
Era quasi arrivata a destinazione quando si accorse che dalla porta semi-chiusa della cucina filtrava una striscia gialla che si rifletteva sul pavimento e sulla parete di fronte: qualcuno le aveva già rubato il posto. Si domandò chi potesse essere e, se fino a qualche settimana prima le opzioni erano ben poche, ora come ora la casa era anche troppo affollata per i suoi gusti. Decise di entrare e porre così fine ai suoi dubbi; spinse la porta, che cigolando, le permise di entrare.
Rivolse un’occhiata indagatrice alla stanza e poi, infine, scorse Sakura seduta al tavolo e con in mano una tazza fumante.
“Ciao Misaki!” la salutò lei aprendosi in un sorriso. “Non è un po’ tardi per essere sveglia?”
L’altra si avvicinò alla madre.
“Non riesco a prendere sonno. Colpa del riposino pomeridiano.”
“In effetti. Ti va una tazza di tè? L’ho appena preparato.”
“Che thè è?” Le domandò Misaki prima di risponderle, avvicinandosi ai fornelli.
“Thè verde.”
“Per fortuna!” sospirò. “E’ l’unico gusto di thè che mi piace.”
“E’ anche il mio preferito.” le rispose Sakura. “Almeno in qualche aspetto ci assomigliamo, allora.”
“Già” acconsentì la mora, versandosene una tazza e prendendo posto di fronte alla madre.
“Del resto ne bevevo a barilate quando ero incinta di te. Chissà, magari te l’ho trasmessa io questa inclinazione.” concluse pensierosa ma anche piuttosto contenta della possibilità.
“Magari.” le concesse il beneficio del dubbio Misaki. “Dove sono tutti?”
“Naruto è ancora a lavoro... aveva una riunione con i consiglieri, Sasuke è a girovagare, non so dove.” le rispose tranquillamente Sakura, mentre cercava di non pensare a lui che la abbandonava al villaggio come era accaduto molto tempo prima. Perse giusto un battito al ricordo, ma tornò subito calma per non far intuire niente alla figlia. “Hinata, invece, è già a dormire; la gravidanza la stanca parecchio.”
Misaki annuì in silenzio nel suo personalissimo modo di dire alla gente ‘ho capito cosa volevi dire ma non ho niente di meglio da risponderti.’ Rimasero un po’ in silenzio, ognuna persa nei propri pensieri; poi Sakura prese di nuovo la parola, incapace di stare zitta per più di cinque minuti.
“Sei contenta che avrai un fratellino?”
“Tecnicamente non è mio fratello.” osservò Misaki.
“Ma in pratica si.”
“Già. Speriamo che non sia così esaltato come Naruto, ma prenda un po’ della tranquillità della mamma.” disse Misaki, senza pensare al ‘mamma’ finale che –come aveva intuito dall’espressione afflitta di Sakura- aveva rattristato la sua vera madre.
“Tu non piangevi quasi mai né tantomeno ti agitavi, nonostante i continui spostamenti e combattimenti.” osservò Sakura. “Non sembravi nemmeno una neonata.”
Misaki non rispose ma iniziò a raschiare, con precisione ma allo stesso tempo distratta da altri pensieri, lo zucchero che si era postato sul fondo della tazza. Alla fine sputò fuori la domanda che le aleggiava nel cervello e le saliva alle labbra ormai da giorni.
“Perché alla fine hai deciso di rischiare tutto e scappare con Sasuke?” le domandò piantandole gli occhi nei suoi. Verde contro verde.
Sakura rimase un po’ in silenzio, cercando di trovare le parole per quel lungo discorso che si apprestava a fare.
“Vedi, Misaki, ti ho avevo già accennato del mio lungo amore per Sasuke, no?”
L’altra annui.
“Sono cresciuta a pane e favole per questo fin da piccola. Sono sempre andata alla ricerca del vero amore, di quella persona che sarebbe sempre stata con me, che mi avrebbe amato, che ci sarebbe sempre stata. Inizialmente mi basavo sui canoni estetici.. da vera sognatrice quale ero il mio Vero Amore sarebbe dovuto essere semplicemente bellissimo... e iniziai a guardarmi intorno. E poi Bingo!  avevo trovato il mio Vero Amore: tratti fini, portamento elegante, muscoloso quanto bastava, con quell’aria da bello e impossibile, in altre parole Sasuke Uchiha.”
Sakura stava parlando come un fiume in piena e Misaki la osservava, cercava di individuare il più piccolo gesto che potesse identificarla come sua madre, scorgeva il modo in cui apriva le mani, come un’esplosione, ogni qualvolta voleva sottolineare un concetto; come le si apriva il sorriso sul viso ogni qual volta pensava a qualcosa di piacevole; come storceva, impercettibilmente, il naso a ripensare ai momenti più difficili. Era alla ricerca di qualcosa, di un movimento, un modo di esprimersi, un tic nervoso, che la riconducesse in maniera precisa e definita al concetto di “madre”.
Non ne trovò.
“Ero la classica bambina infatuata, convinta che i ragazzi arrivassero su un cavallo bianco per portarti via. Peccato che, effettivamente, di Sasuke non sapessi un bel niente. A me bastava il bel visino per convincermi. E poi, con una botta di fortuna sfacciata, sono finita in team con lui e con quell’idiota”  sorrise, pronunciando la parola, e tolse ogni cattiveria dal termine “di Naruto. Non potevo crederci. Riuscivo a sentire il coro di arcangeli scesi dal cielo. E così ho scoperto il suo carattere: era freddo, distante, superbo, orgoglioso, insomma un concentrato di negatività come pochi ne avevo conosciuti; ma in fondo ai suoi occhi neri vedevo che c’era qualcosa di sbagliato nel tutto, che lui non era così, che in fondo non era quello il suo vero carattere. E mi innamorai –oltre che del suo aspetto- anche del suo carattere: incondizionatamente e eternamente. E arrivò il momento in cui se ne andò, nonostante la mia confessione a cuore aperto. Fui a pezzi per tantissimo tempo.”
“Io non ce la farei.” la interruppe Misaki.
“Lo avevo intuito” le sorrise Sakura, prima di ricominciare il monologo. “Comunque se ne andò lasciando nello sconforto più totale sia me –che avevo perso l’amore della vita- che Naruto –che, invece, aveva perso il suo migliore amico-. Tradì il villaggio della Foglia e scappò con Orochimaru alla ricerca del potere, della forza per uccidere Itachi. Lo andammo a cercare e lo trovammo in uno dei covi del Sannin: pronunciò per primo il mio nome ‘Sakura’ nel suo tono freddo e altero. Erano due anni che non lo vedevamo e per ogni giorno passato distante lui si era fatto più bello. Penso di non aver respirato per tutta la durata dell’incontro, me ne stavo lì, ferma, cercando di trattenere le lacrime e poi sparì di nuovo. Eravamo così vicino e si è dissolto di nuovo in una nuvola di fumo. Stavo per abbandonare tutto e lasciarmi andare, lasciar perdere.. arrendermi. Ma non potevo, sapevo che dovevo salvarlo e quindi mi sono allenata duramente per me e per lui. Sono diventata forte, ho studiato con Tsunade, ho fatto la mia gavetta, ho sputato sangue, lacrime e sudore per diventare un kunoichi degna.”
“Ma poi l’hai quasi ucciso.” le fece notare Misaki.
“Può sembrare un ossimoro, ma ho cercato di ucciderlo per salvarlo. Era venuto a conoscenza della verità su Itachi –quella che tu hai sentito l’altro giorno- ed era impazzito dal dolore, completamente spersonalizzato dall’odio. Avevo deciso di ucciderlo perché non era giusto condannarlo a vivere una vita nell’oscurità, tanto valeva porre fine al tutto. Peccato che sia stato lui a quasi uccidermi. Alla fine non ce l’avevo fatta a colpirlo sopraffatta com’ero dai ricordi.”
Sakura fece un respiro, prendendo fiato, aveva la gola secca a forza di parlare.
“Quindi per tornare alla tua domanda, dopo tutto questo poema che ti ho decantato, ti dico che ora che Sasuke era lì, svenuto, ma dalla nostra parte… era tornato in sé, finalmente. Non potevo perderlo un’altra volta… sarebbe stato più di quanto potessi sopportare, e lo sapevo. E quindi ho mandato al diavolo tutto. Avevo passato più della metà della mia vita a corrergli dietro, a sostenerlo, a cercare di aiutarlo, a ingoiare lacrime e tristezza e a diventare forte. Non era forse arrivato anche il mio turno di essere felice? Ho deciso di fare l’egoista per una volta e puntare alla mia felicità, così non ci ho pensato due volte e sono scappata con lui.
Potrà sembrare la scelta sbagliata ma per me è stata la più giusta, perché finalmente avevo quello che avevo sempre desiderato e quello per cui avevo lottato. Ero felice anche io.”
Sakura aveva finito il discorso e osservava Misaki, in attesa di una qualunque reazione, ma la mora non si azzardava a parlare.
“Non riesci a capire le mie ragioni, eh?” provò a ipotizzare allora.
“In effetti no. O almeno non pienamente..”
“Sai perché non riesci a capire le mie motivazioni?”
Misaki la guardò in attesa di una risposta.
“Perché tu sei quella che viene definita una ‘vera ninja’. Io non ho mai avuto l’inclinazione di una  kunoichi e ho dovuto impararlo. Tu, al contrario di me, sei in grado di capire quali sentimenti portare con te e quali invece, lasciar perdere.”
“In poche parole sono un’insensibile?”
“No!” si affrettò a negare Sakura, mulinando le mani davanti a sé “Sei capace di capire quali situazioni ti porteranno qualcosa di buono e quali qualcosa di male.”
Misaki non rispose –in realtà non aveva capito pienamente cosa intendesse dire la madre- e soprattutto non era così convinta che quello da lei descritto fosse un pregio.
“Ti conviene andare a dormire ora, tesoro. Altrimenti domani non ti alzi.”
“Già. Hai ragione.” concordò Misaki posando la tazza nel lavello.
“Buonanotte.” la salutò Sakura.
“Notte.”

 

Si stava allenando nel grande giardino di casa: non si poteva di certo dire che i componenti del clan Hyuga fossero tipi sobri. Tutte le case che componevano l’area erano di uno sfarzo che dava quasi il voltastomaco: ville con engawa fatti dei legni più pregiati, cancelli dal design elaborato e giardini immensi. Anche la loro casa, posta al limitare del quartiere per mantenere un po’ di pace, era piuttosto lussuosa; il pregio migliore fra tutti era quello di avere un immenso giardino rigoglioso: c’erano diversi alberi di ciliegio, un laghetto in cui si gettava un piccolo ruscello, diverse aiuole piene di azalee e gigli ed un’area apposita per allenarsi. Proprio lì Misaki si stava esercitando.
Attivò lo Sharingan e iniziò a comporre i sigilli con le mani, per poi portarsele alla bocca e urlare “Katon Goukakyuu no Jutsu”. Il risultato fu piuttosto scarso: riuscì solo a sputacchiare qualche fiammella.
Frustata e innervosita, si girò e sferrò un poderoso calcio contro la corteccia di un albero. S’accasciò poi al suolo.
“Componi in modo errato il sigillo del cavallo.”
Sasuke era comparso nell’area e ora la stava guardando.
“In che senso?”
“Devi essere più chiara quando posizioni le mani e utilizza bene quello Sharingan, altrimenti è inutile che lo attivi.” Sasuke si avvicinò, continuando a guardarla.
“Allora fammi un po’ vedere.” lo rimbeccò stizzita Misaki.
Il moro si posizionò e, senza farselo ripetere due volte, si produsse in una palla di fuoco suprema di alto livello.
“Insegnami.” gli chiese allora seria e concentrata.
“Ok.”

Erano ormai due ore che si stavano allenando senza sosta e finalmente Misaki riuscì a produrre un Katon che Sasuke considerò accettabile; finalmente si sdraiò d’impeto sull’erba fresca mentre le ombre del sole basso del tramonto le illuminavano il viso. Sasuke prese posto vicino, seduto con la schiena contro l’albero che aveva colpito prima Misaki.
Stettero in silenzio per un bel po’, Misaki cercando di recuperare le forze e Sasuke perso nei suoi pensieri.
Ad un certo punto la mora aprì gli occhi e rivolse il volto verso il padre.
“Tu non sei contento di stare qua.”
L’altro la guardò, senza dire niente.
“Intendo dire a Konoha.” precisò Misaki.
“Non molto.” rispose lui, telegrafico come sempre.
“E allora perché sei tornato?”
L’altro non rispose, come al solito poco avvezzo a spiegare i propri sentimenti.
“Immagino che tu non abbia voluto abbandonare Sakura.” continuò lei, notando la reticenza del padre a rispondere, in modo da non lasciare cadere il discorso.
L’altro rispose con un mezzo grugnito che Misaki prese per un sì.
“Ma allora perché rimanete qua? Posso cavarmela benissimo da sola come ho sempre fatto in questi undici anni.”
“Cavartela da sola? Non riesci nemmeno a fare un Katon decedente.”
Misaki gli rispose con un’occhiata inferocita alle sue, purtroppo veritiere, parole.
“E poi Naruto non può tirar su in maniera decente l’unica erede del clan Uchiha.” specificò Sasuke con noia e superiorità, ma Misaki vide un guizzo passare nei suoi occhi e lo decifrò perfettamente perché era lo stesso che passava nei suoi quando si parlava del suo imminente ‘fratellino’ e non voleva ammettere di volergli già bene.

 
SPAZIO AUTRICE:
Sii, lo so che sono sempre in ritardo ç.ç Ma che ci volete fare? E’ già un miracolo, per me, riuscire ad aggiornare così presto e a continuare questa long (contate che di solito faccio un aggiornamento al mese °//°)
Comunque spero mi perdoniate! (: Questo capitolo è più incentrato sul rapporto genitoriali e non vediamo ne Aki ne Naruto e Hinata.
Come sempre, aspetto con ansia i vostri pareri!

Baci, Eikochan.

   
 
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