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Autore: JohnnyMignotta    10/02/2012    13 recensioni
La mia gabbia era diventata come un figlio, per me. Feci una linguaccia ad Uchiha Sasuke, che neanche poteva vedermi, e stetti a guardare. Da quel momento in poi, per il bene del figlio di Kushina, dell'eroe di Konoha, del sesto Hokage, sarei stato zitto. L'avrei lasciato fare.
Io ero lì. C'ero. Ci sono sempre stato. Naruto è il protagonista della sua storia, di tutte le pagine della sua vita, ma io sono sempre lì.
[ Naruto/Sasuke pov!Kyuubi ] [ ATTENZIONE! Spoiler capitolo 572 ].
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la serie
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ATTENZIONE! Questa storia contiene spoiler non decisivi, ma considerevoli per chi non segue i capitoli del manga insieme a Weekly Shonen Jump. Se non hai letto il capitolo 572, non proseguire con la lettura di questa fanfiction. Oh, be', grazie in anticipo. "XDD
...E ciao! "XD Lo so: questa Nel ventre della bestia è del tutto inaspettata. Ho cominciato a scriverla una settimana fa, quando 'sto benedetto 572 di Naruto è uscito, e tra una cosa e l'altra sono riuscita a farle vedere la luce solo adesso. ;O; Scusa, piccina della mamma! Spero almeno di averti reso giustizia. ♥
Il format della storia è facilissimo, chissà quante ne avrete già viste, voi che bazzicate questi lidi: il manga è finito, Sasuke è a Konoha, Naruto è il sesto Hokage. Fin qui niente di strano, no? La mia intuizione è stata quella di rendere Kurama, Kyuubi, la Volpe a Nove Code voce narrante. Ebbene sì, avete capito bene, crocchette di pollo. u_u *Applausi*.
...XD Eh. Adesso: io potrei dirvi un sacco di cazzate su com'è nata, su come l'ho scritta; potrei rifilarvi tutta una serie di aneddoti su me che racconto il plot a mia sorella come fosse un fatto mio XDDD, ma non lo farò. u_u 1. Perché ho sonno e 2. perché chissene. ò_ò :D
Però un paio di cose ve le devo dire. u_u
Tutto questo è per le mie Ilarione & Judine, che mi mancano un sacco! ;_; Tornate nella mia vita, pervertitelle mie, ché mi mancate un sacco. ♥♥♥♥♥
Ad un certo punto vedrete che Sasuke si firma "S.", come me. Giuro solennemente che non mi sono mai identificata con S. -asuke XDDD, neanche per un istante! LO GIURO, CAZZO!!!1 D< *Sbaccana durissimo*.
Ad un certo punto, verso la fine, leggerete: "disse a Sakura che somigliava a Tonton, il maialino di Shizune, e per poco non la prese a calci, quando la poverina provò ad informarsi sulla sua salute e sul suo umore". Be', XD questa cosa cattivissima mi è stata ispirata da quella matta di Ricotta: prendetevela con lei! è_é "XDD
Il titolo di questa storia, come qualcuno avrà appreso, oltre ad essere la tagline del mio profilo su EFP, ("mamma mia quanto si atteggia 'sta zeroschiuma *_*;;"), è anche il titolo di un episodio di Adventure Time, probabilmente la cosa più geniale che vedrete mai. u///u
...E, mh-mh ò_o, credo di aver detto pressappoco tutto! e_e! Non mi resta che spammare come di consueto la mia pagina autore @ Faccia e Brain-shaped Glasses, sperando che anche questa mia ultima cazzata sia di vostro gradimento. Io incrocio le mie dita ciccione & vi sbaciucchio via internet. :3 ♥










Nel ventre della bestia

Aien kien
("Destino condiviso, destino misterioso", proverbio giapponese).



Quella sera divenne chiaro che la situazione ci stava sfuggendo di mano. Non che non fosse mai successo prima, voglio dire: Naruto è sempre stato un ragazzo... esuberante, da più di un punto di vista, ma qui si stava decisamente esagerando e pure io, che sono un bijuu, una creatura leggendaria, una bestia millenaria e tutto il resto, non sapevo proprio come affrontare il problema.
Convenni che l'essere diretto fosse la soluzione più pratica e meno dolorosa ed annunciai, tutto d'un fiato: "dobbiamo parlare del sogno".
Il ragazzo stava riordinando certe carte sulla sua scrivania, cosa già di per sé sovrannaturale. Balbettò un "quale sogno? Io non vedo nessun sogno" terrorizzato, poi sbuffò. "Dovrei poter decidere cosa puoi e cosa non puoi vedere di me, Kurama-chan: questo tuo atteggiamento da ninja psichico comincia a rendermi nervoso".
Io ridacchiai: ero troppo perplesso per qualsiasi altra reazione. Lo trascinai nel mio limbo, mi sistemai con la guancia sulle zampe ed "andiamo" lo incitai, serio, dissumulando l'imbarazzo.
Lui recuperò l'equilibrio, si sistemò lo spolverino da Hokage con le mani ed abbozzò un sorriso maldestro, troppo simile a quello del ragazzino impertinente che era stato nemmeno poi tanto tempo prima. "Va bene" disse, come fosse dolorosissimo ammetterlo: "ho sognato che Sasuke ed io...".
E così cominciò il mio peggior incubo.





Era ancora tutto intento ad imbarazzarmi a morte, raccontandomi con minuzia di particolari il suo sogno, quando il diretto interessato, il maledetto capitano Uchiha Sasuke, entrò nell'ufficio dell'Hokage. Immediatamente il ragazzo scosse la testa, lasciò il nostro limbo e "Sasuke!" urlò, puntando le mani sulla scrivania, quasi sotto shock.
Il capitano, invece, era distratto. Teneva una pila di documenti tra le braccia e li sfogliava svogliatamente, senza alcun interesse. "Ciao, testa di cazzo" disse soltanto, leccandosi un dito, prima di ricominciare a sfogliare i documenti, che l'attimo dopo erano sulla scrivania dell'Hokage. Finalmente lo guardò. Il cuore di Naruto accelerò improvvisamente, di botto e, per me che sono in quelle zone, non fu una bella esperienza. Doveva cercare di controllarsi, dannazione: stavo invecchiando e non potevo più sopportare certe sorprese! Comunque il capitano Uchiha offrì a Naruto un mezzo sorriso dei suoi, di quelli che mettono di proposito in bella mostra il filo dei suoi denti perfetti, e "questi te li manda Sakura" spiegò, pungente. "Adesso ripeti insieme a me: Uchiha Sasuke non è un postino. E adesso scusami, ma ho la questione della sicurezza del tuo maledetto Villaggio da sbrigare".
Naruto sospirò e scosse la testa, ma non disse niente. Insomma: l'avrebbe lasciato andare? Lo tirai immediatamente nel nostro limbo arancio e rosso e gli dissi di fermarlo. Naruto, che è sempre stato un ragazzo ubbidiente e rispettoso, benché a suo modo, eseguì. "Aspetta!" gemette, quasi urlando; suonò vagamente allarmante, perché Uchiha Sasuke si girò di scatto, attivò lo Sharingan, tirò fuori dalla guaina la sua maledetta katana... un macello. Io mi colpii la fronte con una zampa.
Appena capì che non c'era niente di cui preoccuparsi, Uchiha Sasuke ritirò lo Sharingan ed abbandonò la posizione da combattimento. Rimase così, senza muoversi, con la katana a mezz'aria ed un'espressione interrogativa. Naruto inghiottì, ridacchiò, arrossì come un peperone. Io lo incitai a dire qualcosa e lui, apparendo per un solo istante nel nostro limbo, mi indicò soltanto, furioso, e mi rivolse un gesto eloquente: mi avrebbe tagliato la testa. Il capitano Uchiha ci richiamò immediatamente. "Tu o la tua volpe volete dirmi qualcosa o continuare a coccolarvi nelle vostre testacce?" chiese, ironico, fingendo di pulirsi le unghie sul suo giubbotto verde da jonin.
Odiavo quel ragazzo, non l'avevo mai potuto subire. Mi metteva di cattivo umore. Naruto invece era un agnellino, quando era nei paraggi: pendeva dalle sue dannate labbra taglienti quasi quanto la sua katana. E così fui costretto a giocare a quel gioco: incitai il ragazzo, affinché facesse un complimento a Sasuke. Quello nel nostro limbo fece un'espressione disgustata, ma poi sorrise a Sasuke. "I tuoi occhi sono" mormorò. Poi sospirò, guardando in basso e stirandosi lo spolverino di quel matto di suo padre addosso, e "letali" concluse, illudendosi che potesse funzionare.
Uchiha Sasuke, che come ho già detto era odioso, lo guardò quasi con disgusto. "Che geniale intuizione" esclamò, fingendosi entusiasta: "lo terrò presente, la prossima volta che dovrò salvarti il culo, Hokage-sama".
Naruto venne dietro le sbarre a picchiarmi, ma stava sorridendo ad Uchiha Sasuke che, spargendo il suo odore in giro per l'ufficio, si voltò e, chiudendosi la porta alle spalle, se ne andò.





Decidemmo quel pomeriggio stesso che le cose non potevano andare avanti in quel modo.
Potevo sopportare che il mio jinjuuriki fosse innamorato di un ragazzo, nonostante fosse pure un Uchiha, ma non che tenesse in bilico la cosa con insicurezze, batticuori da vergine e rossori inqualificabili. Sono un animale leggendario, dopotutto, sono il Kyuubi: potevo accettare che il mio contenitore - oh, al diavolo - che il mio bambino fallisse in una cosa semplice come l'amore? Insieme avevamo sbrogliato matasse più intricate, vinto battaglie più disperate, superato situazioni ben più rischiose; insieme avevamo combattuto anche contro la persona della quale ora era innamorato, dannazione: avremo passato anche questa. Insieme. Anche se l'intera faccenda mi metteva i brividi.
Glielo dissi. E allora lui, che tutto sommato era un bravo ragazzo, smise di prendermi a pugni, per altro usando il mio stesso chakra, e "ok" disse. "Prendiamoci Uchiha Sasuke!".
Ignorai la prima persona plurale e mi feci coraggio.





Quella sera stessa, Naruto si diresse al quartiere Uchiha, appena lasciato l'ufficio. Passando davanti ad Ichiraku, salutò Hatake Kakashi, il maestro Iruka e quel matto di Gai. Gli chiesi come mai non si fosse fermato a mangiare un boccone con quella compagnia, visto che sentivo distintamente il suo stomaco protestare, ma Naruto scosse la testa. Cazzo, se era determinato: il ragazzo irruento, un po' spericolato e senza dubbio di buon appetito di sempre era addirittura irriconoscibile, mentre il cielo si scuriva, preannunciando un temporale.
Disse: "l'ho lasciato andare una volta: 'sta volta non commetterò lo stesso errore". Io gli dissi che Uchiha Sasuke non sarebbe andato proprio da nessuna parte, ma lui per tutta risposta affrettò il passo e qualche istante dopo eravamo già a villa Uchiha. Stavo per dirgli che avvertivo un secondo chakra, insieme a quello del capitano, quando Haruno Sakura aprì la porta. Ecco una persona che avrei preferito vedere al fianco del mio ragazzo; be', probabilmente chiunque sarebbe stato meglio di Uchiha Sasuke: da Inuzuka Kiba al Kazekage, passando per Tsunade, una delle rane di Jiraya o, che cavolo, anche un sociopatico a caso dell'Akatsuki, ma Haruno Sakura era veramente una ragazza graziosa, una compagna di squadra affidabile ed era anche chiaro che avesse cucinato per il capitano Uchiha, cosa che le conferiva decisamente qualche altro punto bonus. "Sasuke-kun" esclamò, con una manina bianca al lato della bocca, "hai visite!". E fece segno a Naruto di entrare, sorridendo.
"Suigetsu, tornatene a casa, non hai il permesso di bere prima delle missioni!" si sentì da un'altra stanza. Sakura ridacchiò e allora Naruto tossì, come per attirare l'attenzione.
"Suigetsu beve prima delle missioni?" disse, ad alta voce, per farsi sentire, mimando una delle sue espressioni più studiatamente ridicole, probabilmente per far ridere Sakura. "Lo rimando a Kiri, com'è vero che sono il sesto Hokage". Be', Sakura rise. "Che ci fai qui?" chiese poi a lei, sussurrando, mentre quella gli toglieva lo spolverino della Terra del Fuoco, per riporlo dentro un armadio con ante scorrevoli.
Lo fece accomodare accanto alla cucina, dove del pesce cuoceva a vapore accanto ad una stufa. Naruto si accorse in quel momento, probabilmente, che aveva i capelli legati, i guanti ed un grambiulino rosso e bianco a quadretti, da perfetta massaia. "Una o due volte a settimana passo a cucinare per Sasuke" sospirò lei, come rassegnata, a mo' di risposta. "Qualcuno dovrà pur farlo, visto che altrimenti mangia solo pomodori crudi".
Naruto prima annuì, poi ci pensò su. "Ed io che mangio solo il ramen di Ichiraku? Da me non passi?" domandò, beccandosi un ben poco garbato pugno nello stomaco, che per inciso fece male anche a me.
Lei rise ed afferrò, attraverso il giubbotto verde, gli addominali di Naruto. "Tu sei ingrassato" lo ammonì, perentoria, tornando alla cena. Non era vero, ma Naruto sorrise. Evidentemente stava a cuore anche a lui che Sasuke avesse un po' di quell'atmosfera familiare, un po' di quel calore. Lei aggiunse: "non resto, tranquillo". Si asciugò un rivolo di sudore col braccio nudo e "metto a tavola per voi due e tolgo il disturbo" disse ancora.
Naruto, che pure si vantava di essere un ometto con un'intelligenza di tutto rispetto, annuì; poi capì e "cosa?" chiese. "Pensavo restassi".
Lei prese a sistemare del pesce su un piatto tondo e dell'altro su delle tavolette di legno, avvolgendolo dentro alghe di vari colori, spiegando: "ma di solito resto, solo che adesso ci sei tu ed io ho casa a cui badare". Gli offrì un sorriso tristissimo, che Naruto finse di non vedere. Sussurrò un "resta, dai" che mise i brividi sia a me che a Naruto. Troppi sottintesi.
Il capitano Uchiha Sasuke, intanto, era arrivato in cucina. Era in accappatoio, cosa che non potei far a meno di notare, visto che provocò un istantaneo accrescersi della temperatura corporea di Naruto. Si strofinò i capelli con un asciugamano, schizzando goccioline di acqua e sapone dappertutto, e "Hokage-sama" salutò, plateale, accennando un inchino derisorio, "quale onore averla nella nostra modesta dimora! La mia adorata mogliettina ha fatto gli onori di casa a dovere?".
Sakura sorrise, ma si rabbuiò all'improvviso. "Sasuke-kun, piantala" mormorò, portando i piatti sulla tavola già perfettamente apparecchiata. Per due.
Naruto sollevò le sopracciglia, ma restò seduto. "E così" disse, con quella sua aria spavalda, quella di quando non sapeva esattamente cosa fare, come comportarsi, "Suigetsu beve prima delle missioni".
Sasuke prese posto a tavola, si versò un sorso d'acqua e "dovresti farlo anche tu, Hokage-sama" fece, avvicinandoglielo, come per brindare a qualcosa: "magari ti renderebbe meno nervoso".
Naruto aggrottò la fronte. "Io non ci vado neanche, in missione" disse ed io sentii il suo stomaco accartocciarsi.
Avvertivo distintamente l'odore del sapone che Uchiha Sasuke aveva usato e mi disgustava, ma evidentemente non sortiva lo stesso effetto su Naruto. Sakura accese la candela al centro della tavola, prese delle bacchette monouso e tirò fuori il riso dal bollitore. Poi si sciolse i capelli, mentre Sasuke "vogliamo metterci a tavola, mogliettina mia?" la invitava, ironico.
Lei si tolse il grembiule e lo avvolse in lavatrice con un gesto distratto. "Spiacente, maritino" disse, fingendosi calma, "ma stasera dovrai cenare solo con Naruto". Aveva ancora il camice dell'ospedale di Konoha e lo stesso sguardo triste che le avevo visto mille volte. Perché Uchiha Sasuke si comportava così? Ce l'aveva in pugno: avrebbe potuto stringerla sul palmo e soffocarla o avvicinarsela alla bocca in qualsiasi momento. Perché si ostinava a soffiarla via come un bacio, perché se ne andasse?
Fu Naruto ad accompagnarla alla porta. Le disse, con dolcezza infinita: "sta piovendo: dovresti restare. Hai cucinato riso a sufficienza".
Lei si strinse il camice addosso. Non aveva scarpe adatte alla pioggia. Prese il colletto del giubbotto di Naruto e schiacciò forte la fronte contro la sua, così potevo vedere anch'io i suoi occhi verdi, pieni di lacrime. Disse: "no, devi restare tu". Gli accarezzò il viso, persino. Sia io che Naruto pensammo distintamente che, l'ultima volta che ci aveva guardati così, eravamo nel Paese del Ferro, durante il summit dei Kage, quando aveva mentito per salvare la vita a Sasuke. Stava mentendo anche ora? E lo stava facendo ancora per Sasuke? "E comunque piove poco. Buona cena" abbozzò. Poi corse via, lasciandosi alle spalle solo l'odore del cibo che aveva preparato con tanto amore per qualcuno che non aveva mai neanche preso in considerazione i suoi sentimenti.
Poi mi si chiede perché odiavo Uchiha Sasuke: non è chiaro?
Ad ogni modo, il ragazzo tornò dentro casa Uchiha, chiudendosi la porta alle spalle. Gli dissi, trascinandolo di peso nel nostro limbo, che era stato proprio uno stronzo a lasciarla andare. Lui non rispose e si sedette a tavola, accanto ad Uchiha Sasuke, il quale, tanto per non riconfermarsi il solito maleducato, aveva pensato bene di cominciare a mangiare da solo, accanto alla sua stufetta elettrica. Naruto disse, facendomi andare su tutte le furie: "a casa mia ho un kotatsu".
"Ingombrante" ridacchiò il capitano, masticando il suo pesce. Io gli avrei voluto spaccare la faccia e loro parlavano di tavoli.
E, insomma, cominciarono a cianciare come zitelle di arredamento e coperte termiche, delle temperature invernali nei vari paesi, delle terme, poi della differenza tra il miso di maiale di Ichiraku e quello degli altri chioschi per il ramen. Insomma: si finì fuori tema ed io mi appisolai. Mi pare di aver già detto che avevo ormai raggiunto un'età ragionevole: non si può chiedere ad un animale anziano di restar sveglio a comando, qualunque sia il numero delle sue code. Quando mi svegliai, per altro, Naruto e Sasuke stavano ancora chiacchierando, ridendo, come se niente fosse: come si erano sempre comportati a tredici anni e poi quando Naruto aveva riportato Sasuke a Konoha. Normalmente.
Decisi di lasciare che le cose facessero il suo corso e, fingendomi seccato, mi rivolsi all'interno della mia gabbia e mi riaddormentai.





"È chiaramente una cospirazione cosmica contro di me" fece Naruto, quando il capitano Uchiha aprì la porta di casa sua. Io non ero neanche sveglio, ma sembrava piovere fortissimo.
"Povera bestia" disse il capitano Uchiha, ancora in accappatoio. Spinse il ragazzo appena appena, tenendolo per le spalle, in un gesto possessivo ed allo stesso tempo antipatico, che mise comunque i brividi a Naruto. "Allora ciao, Hokage-sama" disse, tutto d'un fiato, "a domani".
Naruto rimase accanto alla porta di legno e carta di riso e "dammi almeno un ombrello, bastardo che non sei altro" imprecò, mostrandogli il pugno.
"Che fastidioso" replicò il capitano, scuotendo la testa: "la mia cena, il mio ombrello, poi cos'altro? Le mie figlie femmine?".
Naruto ebbe persino la forza di ridere, mentre l'umidità aveva già arruffato i suoi capelli. "Non hai figlie femmine, Sasuke!" sbraitò Naruto, come fosse quello il punto, allungando le vocali di quel "Sasuke" a dismisura, come se lo stesse invocando in preghiera. Io, dentro il suo ventre, continuavo a girarmi e rigirarmi, perché le loro discussioni senza senso mi tenevano sveglio. Ragazzini. Ed in più Naruto cominciava a tremare di freddo e da me ballava tutto, non so se mi spiego.
Comunque Sasuke rise e "se è per questo non ho neanche un ombrello" ammise, incrociando le braccia intorno al busto, scoperto dall'accappatoio allentato. Poi alzò le braccia, come disarmato, e "va bene" urlò, in qualche modo divertito: "puoi restare". Rientrò dentro casa, trascinando i piedi nudi sul pavimento di legno. Naruto si grattò la testa, guardado a turno fuori (la pioggia, perdere l'occasione di restare da solo con Sasuke) e dentro (il calore della sua stufa elettrica, la possibilità di restare da solo con Sasuke, il suo batticuore). Io mi coprii le orecchie con le zampe, ma lo sentii comunque chiedermi: "Kurama-chan, che devo fare?".
Io ringhiai e "sei l'Hokage, hai vent'anni, sei grande, grosso e vaccinato: scegli tu con chi accoppiarti". Lui scosse la testa, come per scacciare quel pensiero, e si tolse le scarpe. Solo il calore del pavimento sotto le piante dei piedi lo fece smettere di tremare.
Trovò Sasuke in intimo, piegato a novanta gradi, tutto intento a sistemare un futon accanto al suo letto. "Scordatelo" disse, con un'espressione terrorizzata.
Uchiha Sasuke si voltò, stiracchiandosi, e gli offrì uno dei suoi sorrisi - ok, lo ammetto - sensuali. "Scordatelo tu" fece, con un tono che non lasciava possibilità d'appello.
Naruto incrociò le braccia intorno al busto e "far dormire il tuo Hokage in un futon pieghevole, ma non ti vergogni?" tentò, cercando di impietosirlo.
Ma Uchiha Sasuke era odioso, l'ho già detto? Non si impietosì. Indicò la porta e "il mio Hokage capirà che ci sono altre stanze in questa casa" spiegò, fingendosi distaccato e formale, "ma che le altre stanze non hanno una stufa, perché vivo solo". Poi diede un calcio al futon, gli sorrise e "non hai altra scelta, testa di cazzo" tagliò corto.
Naruto, che modestamente avevo in un certo senso educato io, restituì il sorriso e, con un balzo solo, si sistemò sul letto occidentale del capitano Uchiha, strofinandosi come un cucciolo infreddolito contro un cuscino.
Io risi, mi complimentai con lui, ma l'attimo dopo Sasuke era dietro di noi. "Be'" concluse, senza fare una piega, "se sta bene a te". E spense la luce.
Io ci provai ad addormentarmi, quella notte, ma il cuore del ragazzo batteva troppo forte, dannazione, e mi teneva sveglio.





Il biglietto attaccato alla fronte di Naruto diceva:
Testa di cazzo,
ho spento la sveglia e dirò agli anziani che stai male. La tua giacca è piegata sulla sedia, insieme ad una tuta pulita e della biancheria. Fa' una doccia e riposati: ci vediamo dopo pranzo in ufficio. Usa pure bagno e cucina, ma non lasciare tutto a soqquadro.
S.
"Sono perplesso" disse Naruto ad alta voce. Poi si grattò prima la testa e poi una chiappa, si rigirò su se stesso e "ma è da prima della guerra che non dormo fino a mezzogiorno" biascicò, bavando contro il cuscino, un attimo prima di riaddormentarsi. Quando si svegliò, seguì alla lettera le istruzioni del biglietto di Sasuke: fece una doccia calda, pulì il bagno, preparò latte e cereali, mangiò con calma, lavò tazze della colazione e scodelle della sera prima, poi il lavello, il pavimento ed i vetri. Quando ebbe finito, mise l'accappatoio in lavatrice, insieme ad altri vestiti che trovò in giro per casa, e si vestì con le cose che era stato Sasuke a preparargli. Indossò anche lo spolverino della Terra del Fuoco, quello di Yondaime, e fu allora che mi chiese qualcosa come: "hai una buona idea su perché abbia fatto da donna delle pulizie a quello stronzo?".
Io scossi la testa, ma lui si guardava interrogativo nello specchio e mi sembrò giusto dargli una seppur poco esaustiva risposta. "Ti ha lasciato dormire a casa sua e poi ti ha regalato una mattinata di ferie" cercai di spiegare: "stai esprimendo gratitudine".
Il ragazzo storse la bocca. Poi però annuì. Erano le quattro del pomeriggio: il sole era quasi tramontato. Naruto incrociò Nara Shikamaru, che lasciò sua moglie camminargli davanti con i pacchi della spesa e la piccola Shikari e "come ti senti, Naruto?" gli chiese.
Naruto si grattò la testa, assottigliò gli occhi e rise, in un atteggiamento che mi ricordò Namikaze Minato in modo quasi commovente. "Sono stato male stanotte" recitò alla perfezione, come se lui e quel Sasuke avessero provato la scena milioni di volte: "Sasuke si è occupato di me e sono rimasto a casa sua a riposare".
Shikamaru annuì e "sì" confermò, "proprio come ha detto a noi in consiglio". Lasciò a Naruto una pacca sulla spalla, che fece traballare anche me. "Riprenditi, Hokage-sama" aggiunse, con un sorriso.
Naruto era nervosissimo, ma sorrise a sua volta e "stammi bene anche tu" rispose. Fu quando fu lontano abbastanza, che gli chiesi cos'avesse intenzione di fare. Lui tergiversò, diede risposte vaghe e non pertinenti e solo alla fine, quando arrivammo al palazzo, mormorò qualcosa come "pare che debba dirglielo e basta". Io annuii. Lui inghioottì la sua stessa gola e "se poi ride di me e, non so, tenta di uccidermi?". Fui io a ridere di lui: gli dissi che era stato preso in giro per molto meno e che anche combattere contro di lui non sarebbe stato un problema. Naruto non parve sollevato, ma entrò nel palazzo dell'Hokage. Passò a salutare Shizune e Kakashi in sala missioni, diede un'occhiata veloce all'ufficio degli anziani e poi salì gli scalini ad uno ad uno. Potevo sentire la sua tensione e mi angosciavo insieme a lui. Maledetto ragazzino, alla mia età non avrei dovuto neanche immaginarle quelle emozioni!
Comunque, quando entrò dentro il suo ufficio, Uchiha Sasuke era controluce, di spalle al tramonto. Se ne stava alla scrivania, indaffarato, con lo stemma del Konohagagure sulla fronte e quello dell'Alleanza sul braccio. Nessuno metteva mai entrambi i coprifronte. Per qualche momento mi venne in mente che Uchiha Sasuke lo faceva perché era stato un nukenin: aveva tradito prima il suo villaggio e poi tutti i ninja. Portare quei segni addosso, sentire il peso metallico di quelle medagliette, doveva essere come sentirsi a casa per lui. In un certo, assurdo senso cominciai a capirlo. Uchiha Sasuke era... solo un ragazzo. Ed era più simile a Naruto di quanto osasse ammettere, perché entrambi avevano i segni della loro resa addosso. Erano cresciuti e, crescendo, avevano dovuto rinunciare ai loro sogni opposti, mettendosi l'uno di fronte all'altro e, soprattutto, l'uno accanto all'altro. Naruto aveva zittito la sua coscienza, si era messo contro Godaime, contro gli anziani, contro l'Alleanza per riavere Sasuke; Sasuke era tornato con la coda tra le gambe, ammesso le sue colpe, giurato fedeltà ad un sistema nel quale non credeva, per... be', per Naruto. Tutto ciò che aveva fatto, l'aveva fatto per Naruto. Portava entrambi gli stemmi come Naruto portava me nelle viscere: entrambi i segni, in qualche modo, dicevano: "farò quello che voi mi direte". Ed il codice per decifrare quei segni era ciò che li legava l'uno all'altro.
Avevo appena smesso di odiarlo, ma allora non lo sapevo. Sapevo solo che Naruto era affascinato dal modo in cui il sole, sparendo dietro alle colline, gli colorava i capelli. Era incantato dal suo profilo, dal modo in cui riordinava i documenti con perizia, quasi con maestria, come fosse stato allenato per anni per quello e non per uccidere suo fratello. Era... era bello, in quella luce arancio, rosa, rosso scuro. Era bello. Bello, non c'è altro modo per dirlo. Naruto lo pensò, nella sua ingenuità quasi fastidiosa, e l'attimo dopo lo stavo pensando anch'io. Uchiha Sasuke era bello.
Io scossi Naruto, incitandolo sottovoce a sbrigarsi. Lui, facendomi segno di star zitto, bussò alla porta dell'ufficio dell'Hokage, come non fosse suo. Io mugolai qualcosa, in un moto di disappunto, ma poi restai a guardare. "Posso entrare?" chiese Naruto, facendo capolino, con un sorriso bellissimo, che probabilmente non gli avevo mai visto prima.
Sasuke rise, ma non alzò neanche lo sguardo, quando "chiudi la porta" disse, autoritario, ma con un tono pacato.
Naruto eseguì, ma restò zitto. Attraversò l'ufficio lentamente e si sedette di fronte alla scrivania, mentre Uchiha Sasuke continuava a badare ai suoi rotoli. Naruto stette in silenzio per qualche istante, mentre il cielo da arancio si tingeva di un rosa pallidissimo, e poi "hai mai fatto sogni imbarazzanti, Sasuke?" gli chiese, fingendosi quasi disinteressato, ma ponendo il solito accento su quel "Sasuke".
Uchiha Sasuke sollevò lo sguardo. Era allegro, in qualche modo: sembrava felice. Scrollò le spalle e "qualche volta" accennò. "Perché?".
Naruto appoggiò i gomiti alla scrivania, inclinando la schiena. "Intendo" spiegò, temendo di non esser stato abbastanza chiaro, "su qualcuno di imbarazzante".
Sasuke rise, scosse la testa e "capisco" affermò, divertito: "la domanda che volevi farmi è: hai mai fatto sogni su di me?". Fu allora che Naruto cominciò ad agitarsi. Prese a tormentarsi le mani, l'orlo della giacca, a mordersi le labbra. Balbettò un "no". Al quale Sasuke rispose, ridendo tra sé e sé, dicendo: "sei la persona più imbarazzante che conosca".
Il ragazzo si grattò la testa, si finse divertito ed accavallò le gambe. "Lo prendo" accennò, tremando, "come un no".
Fu allora che il capitano Uchiha, in un modo del tutto inedito ed inaspettato, aggrottò la fronte e, come fosse la cosa più normale del mondo, "no no" lo corresse, serio, "è un sì". Poi sorrise. Era un sorriso sfacciato, volutamente sexy, palesemente ed innegabilmente fraintendibile. Chiese, con un tono difficile da interpretare in modo casto e disinteressato: "ceni da me anche stasera?". Disse: "scommetto che ci sarà un altro temporale". Io, dentro la pancia di Naruto, aggrottai la fronte. Cosa?
Naruto invece stava ancora tremando, aveva le guance arrossate, ma era sicuro di sé, quando "no" disse. Io diedi una testata nelle sbarre, per manifestare il mio disappunto, cosa che lo fece sorridere e "ma ti offro volentieri un sake". Poi prese fiato, abbassando lo sguardo, e "non hai una missione domani, vero?" domandò. Il cuore di quel benedetto ragazzo batteva sulla mia testa come un pugno contro una porta sbarrata.
Poi Uchiha Sasuke era ancora bellissimo, mentre si faceva buio su Konoha; mentre allargava un altro sorriso ironico ed allo stesso tempo sensuale, caldissimo, e diceva di sì.





La scena successiva si svolse al villaggio, in una piccola taverna al chiuso. Rokudaime Hokage ed il capitano Uchiha erano seduti l'uno di fronte all'altro. Io, Kurama, la Volpe a Nove Code, ero dentro Naruto. Ero dentro la bestia, sì.
Naruto bevve un sorso di sake. Aveva già le guance rosse ed anch'io mi sentivo un po' strano. "Scusa" biascicò. Non era rivolto a me, anche se sarebbe stato garbato. Tener sveglia a quell'ora una vecchia volpe, ma, dico, era educato?
Uchiha Sasuke aveva un'aria maliziosa. Si era tolto il giubbotto da jonin ed aveva lasciato la sua inseparabile katana in ufficio. Chiese a voce bassissima, come di proposito per suggerire a Naruto di avvicinarsi, per sentire ciò che aveva da dire: "e per cosa, Hokage-sama?".
Naruto assottigliò gli occhi. "La domanda strana di prima, in ufficio" disse, versandosi dell'altro alcol. Non ce n'era più, dentro la brocca, così chiamò una cameriera, facendole segno di portargliene altro.
Sasuke distolse lo sguardo, accennando un sorriso che per qualche istante mi parve imbarazzato. "Non mi è sembrata strana" pronunciò, persino, scandendo tutte le parole lentamente, come fosse una preghiera. "O sì" ridacchiò subito dopo, "ma, in questo caso, è stata strana anche la mia risposta".
La cameriera portò un'altra brocca di sake, poi si allontanò. Naruto rimase in silenzio, bevve ancora e poi cominciò a guardarsi intorno.
Quando Naruto era bambino, tutti lo allontanavano, perché ero stato legato al suo corpo. Il mio chakra enorme, insieme alla mia personalità, erano cose spaventose, perché ero stato usato per distruggere Konoha. Manipolato dallo Sharingan, avevo ucciso delle persone. Ero spiacente per ciò che era successo, ma c'era prima di tutto il rancore a tormentarmi. Naruto era un bambino testardo e solo Sandaime sembrava sapergli tener testa e la gente del villaggio diffidava da noi, ci emarginava; il mio chakra era bloccato, impotente. Provavo rabbia. Non appena me ne veniva data occasione, sopprimevo Naruto, perché non lo rispettavo: era solo il bambino per salvare il quale Kushina e Minato avevano dato la vita.
Poi, con l'andar del tempo, le cose erano cambiate. Naruto sconfisse l'Akatsuki, poi si gettò a capofitto dentro una guerra, quasi completamente da solo; non aveva fatto neanche in tempo ad accorgersene, ma mentre proteggeva il villaggio, lo stesso che per anni lo aveva odiato, e cercava l'amico, quello che l'aveva abbandonato, era diventato un ninja potentissimo ed un ragazzo attraente. Ed io? Io ero dentro di lui, enorme ed inutile. Lui era il mostro che mi conteneva; io ero stato come in trappola fino a quel momento, senza capire che gli dovevo la vita e, in qualche modo, la libertà.
Poi lui mi chiamò per nome. Pioveva, quando lo fece per la prima volta. "Kurama-chan". Improvvisamente non ero più la Volpe, non ero più il Kyuubi: ero Kurama, uno shinobi del Villaggio della Foglia. E Naruto, di conseguenza, non era più la mia prigione: era un compagno, un alleato, un amico. Per Mito, per Kushina, per tutti i miei jinjuuriki non ero mai stato altro che il demone nella loro pancia; per Uzumaki Naruto, per la prima volta, ero qualcuno. Non provavo più nessun rancore. Ero... libero in ogni senso possibile. E quel giorno, dentro quella taverna al chiuso, avevo finalmente l'occasione per ringraziarlo per il legame che aveva stabilito tra noi, per non averlo tradito quando gli era stato imposto di continuare a portarmi in grembo, come un bambino che non sarebbe mai nato; per essere un buon Hokage, per avere ancora vent'anni, per essere innamorato di qualcuno come Uchiha Sasuke, che lo amava alla stessa maniera se non di più, che io volessi accettarlo o meno.
Dissi a Naruto, tirandolo a fatica nel nostro limbo di magma: "ragazzo, è il tuo momento".
"Kurama-chan!" mi sgridò lui, irrispettoso ragazzino irruento che non era altro. "Taci! Forse non ti è chiaro che con quel dannato Coso Eterno, come si chiama, può vedere e sentire tutto quello che ci diciamo qui dentro".
"Chi se ne fotte?!" mi feci sentire, facendo passare la mia zampa attraverso le sbarre e colpendolo in fronte: "bada che, se non lo fai tu, lo faccio io!".
Naruto sembrava agitatissimo e per poco non mi venne da ridere, tanto era buffo. Chiese, su tutte le furie, "ma cosa!? Cosa avresti intenzione di fare?!". Agitava le braccia, arrossiva, gli tremavano le gambe: uno spasso.
Io mi feci coraggio, mentre mi trattenevo per non ridere, e "bacialo, cretino!" gli ordinai, visto che era l'unica cosa da fare. Insomma, il giorno dopo ne avrebbero parlato tutti, dal giornalino dell'Accademia alle zitelle di Kusa, passando per i fratelli del Kazekage, gli ambu dell'Hokage e qualche civile, ma una cosa era certa: all'Hokage, superato l'imbarazzo iniziale, non sarebbe importato un fico secco.
Fu allora che, tutto d'un fiato, "KURAMA!" urlò Naruto, dentro e fuori il limbo. Io mi nascosi dietro le mie zampe. Uchiha Sasuke sollevò le sopracciglia, perplesso.
"Dovresti dire al tuo animale domestico di piantarla" sciorinò, del tutto padrone di sé, mentre si versava dell'altro sake, che per altro pareva non avere effetto su di lui: "mi sento osservato". Bevve e poi: "e ti sta facendo fare anche delle figuracce. Senza offesa, testa di cazzo".
La mia gabbia era diventata come un figlio, per me. Feci una linguaccia ad Uchiha Sasuke, che neanche poteva vedermi, e stetti a guardare. Da quel momento in poi, per il bene del figlio di Kushina, dell'eroe di Konoha, del sesto Hokage, sarei stato zitto. L'avrei lasciato fare.





Stava piovendo.
"Scusa". Bevve un altro sorso di sake.
Uchiha Sasuke aveva finalmente le guance rosse, ma appena appena. "Chiedi troppe volte scusa, ultimamente, Naruto".
Un brivido: non lo chiamava quasi mai per nome. "È che in questo periodo sono un po' nervoso. Chiedo scusa a tutti e due".
Io mi inchinai, ma restai zitto. "Ci sono solo loro" mi dissi. Sasuke chiese: "cosa c'è che non va?".
Naruto rispose: "è una cosa imbarazzante".
Lui rise. "Sei una persona notoriamente imbarazzante" spiegò.
Naruto si fece coraggio, ma gli si contorceva lo stomaco, il cuore gli batteva nel petto come impazzito, la salivazione gli si arrestò all'improvviso. "Quando avevo l'età giusta per queste cose" sussurrò, sottintendendo ciò a cui si riferiva, dando per scontato che il capitano Uchiha capisse, "ero troppo impegnato a pensare a come riportarti a casa". Prese fiato e ne aveva bisogno, perché se avesse fatto pause, anche solo per respirare, ci avrebbe ripensato. "Adesso" disse, probabilmente realizzandolo per la prima volta, "non riesco a scinderti da certe cose nelle quali è ovvio che non dovresti essere".
Un sorriso: gli angoli della bocca di Sasuke si aprirono, mostrando quei denti bianchissimi. I suoi occhi si socchiusero, conferendogli un'aria timida, graziosa, quasi femminile. Era la virilità delle sue spalle a tradirlo: il timbro rude ed allo stesso tempo dolcissimo della sua voce, quando sibilò: "e perché non dovrei esserci?". Prese un altro sorso di sake e poi "tu ci sei, nelle mie fantasie" aggiunse, con gli occhi dritti dentro quelli di Naruto, al quale mancava il fiato.
Riuscì a dire a stento un "ok" balbettato, prima di chiedere il conto. Io, libero, ma ancora nella sua pancia, ripensavo ad Uzumaki Kushina tra le braccia di Yondaime.
"Vai, ragazzo" dissi, più a me stesso che a Naruto.
E lui andò, nonostante stesse piovendo.





Ci corsero, sotto la pioggia, non per ripararsi. Il temporale colorava il cielo per qualche istante, lo rendeva rumoroso subito dopo; poi pioveva soltanto, finché non ricominciava.
Si rincorsero come da ragazzini, ma ridendo; non c'erano le loro sfide, la loro rivalità: c'era il gusto di stare insieme ed una strana tristezza collosa, sensuale, ipnotica e contagiosa. Aprirono insieme la porta dell'appartamento di Naruto e, quando furono dentro, Uchiha Sasuke sorrise soltanto. Poi Naruto lo vide inginocchiarsi al suo cospetto, esattamente come nei suoi sogni, e sentì le sue mani, poi la sua bocca. Ci venne, in quella bocca.
Il temporale lasciato ad aspettare fuori la porta, sullo zerbino e su tutte le cose. Le mani di Uchiha Sasuke a tenere i suoi genitali come fossero meravigliosi ed enormi. Poi la sua bocca, come affamata, a strappargli i gemiti più belli e senza pudore della sua vita. Naruto gli teneva le dita tra i capelli neri; Sasuke lo guardava dal basso, occhi nei suoi occhi che volevano chiudersi, e succhiava, leccava, soffocava.
A me venne solo in mente di quando Naruto mi aveva detto, neanche un giorno prima, come fosse stato dolorosissimo ammetterlo: "ho sognato che Sasuke ed io...".





Poi Uchiha Sasuke tornò in piedi, scrollando i suoi bellissimi capelli neri e zuppi. Non si era neanche tolto il giubbotto fradicio, di una gradazione di verde più scura a causa della pioggia. Aprì la porta ed "io vado" disse, in una sola emissione di fiato, come fosse la cosa più ovvia da fare: "buona notte, Hokage-sama".
Naruto era come pietrificato. Io, più che altro, atterrito. Cosa stava facendo quel maledetto di un Uchiha? Naruto si grattò la testa e "ma piove" cercò di fargli notare, come fosse la sola motivazione per la quale restare. Poi "Sasuke" lo pregò, ancora quel tono, con quelle vocali lunghissime, "resta".
Il suo capitano lo guardò negli occhi, mentre pronunciava il più asettico ed impersonale dei "no, grazie".
Fece per andarsene sul serio, sotto quel temporale, ma Naruto lo bloccò. Lo afferrò per un polso; poi se lo proiettò addosso sgarbatamente, come fosse leggerissimo. "E quello?" gli chiese, duramente. Io digrinai i denti. Pensai tra me e me che avremmo dovuto fargli la pelle in guerra, quando ancora era schierato contro di noi.
Sasuke sbuffò, mostrandosi seccato. "Cosa?" ebbe il coraggio di chiedere, cercando di divincolarsi dalla stretta di Naruto.
Ma Naruto non lo lasciò andare e "come cosa?" urlò. Questa volta era arrabbiato sul serio: aveva gli occhi arrossati, il chakra in circolo, la temperatura alta. "Il pompino!" esclamò, persino, senza nessun imbarazzo.
Sasuke gli offrì una risata amara. "Era solo un pompino, Naruto" disse. Il suo sorriso era duro, distaccato. Che fine aveva fatto il ragazzo che gli aveva dormito accanto la sera prima? Quello che l'aveva lasciato dormire, occupandosi in prima persona dei suoi doveri, affinché si riposasse? Dov'era il ragazzo che l'aveva messo completamente a suo agio, anche quando gli aveva fatto delle rivelazioni scomode? E quello che aveva bevuto con lui? E quello che l'aveva fatto godere? L'Uchiha Sasuke che il ragazzo aveva davanti adesso neanche lo vedeva: aveva gli occhi su di lui e la testa altrove. Disse: "niente di personale".
Naruto, sotto shock, balbettò: "niente di personale?" Si grattò la testa, si morse le labbra, si coprì gli occhi con una mano. "Niente di personale" ripeté. Potevo sentire il suo nervosismo: era palpabile.
"Mi hai riportato a casa, te ne sono grato" disse Sasuke. "Sei sexy" disse ancora, "hai un bel cazzo e tutta la mia gratitudine". Poi prese fiato. Concluse, gelidamente, sussurrando: "adesso lasciami tornare a casa, ché ho i vestiti bagnati".
Naruto gli avrebbe detto che poteva restare, lo avrebbe implorato, se necessario, e lui sarebbe rimasto. Ma lo lasciò andare. Per un attimo tentai io di fermarlo, ma il capitano Uchiha mi mostrò lo Sharingan ed io tacqui. Si allontanò sotto la pioggia, probabilmente ancora col sapore di Naruto tra le labbra.





Il giorno dopo, parola mia, Naruto era intrattabile. Cacciò via la povera Tsunade, che non aveva fatto niente di male; disse a Sakura che somigliava a Tonton, il maialino di Shizune, e per poco non la prese a calci, quando la poverina provò ad informarsi sulla sua salute e sul suo umore. Poco dopo toccò a Kakashi e Gai, che passarono a consegnare i rapporti delle missioni: Naruto fu così scortese che Kakashi, che era stato il suo sensei, fu costretto a richiamarlo.
Fu una giornata difficile. Naruto non passò in Accademia, cosa che solitamente lo metteva di buon umore, non pranzò da Ichiraku e non mi rivolse la parola. Per tutto il giorno se ne stette sulle sue, finché non si affacciò alla finestra, quando era già buio, e lo vide. Era su una panchina, insieme a Sakura, e stavano dividendo un bento, come i ragazzini. Naruto aprì la finestra e salutò. "Hokage- sama!" esclamò Sakura, dal basso, felicissima di vederlo. "Vieni giù".
Naruto non se lo fece ripetere due volte. Corse giù per le scale, inciampando due o tre volte: il cuore aveva preso la rincorsa ed adesso gli correva davanti, senza aspettarlo. Faceva freddissimo. Quando arrivò giù, Haruno Sakura non era più lì. C'era solo Uchiha Sasuke, su una panchina, stretto tra le sue stesse braccia.
Naruto lo fissò per qualche istante. Poi avrebbe detto volentieri qualcosa, ma quello lo zittì con un bacio. "E questo?" chiese, quando quello si allontanò, tornando sulla panchina. Era stato breve, asciutto, labbra contro labbra. Chiese ancora, ma con rabbia: "niente di personale?".
Sasuke gli fece spazio sulla panchina. "Era già successo" sbuffò, insofferente, "non ti scaldare".
Naruto si sfregò una mano contro l'altra, tentando di scaldarle. "Magari era già successo a te" mugolò, infastidito.
Uchiha Sasuke lo squadrò dalla testa ai piedi. I suoi atteggiamenti erano ironici, quasi derisori. "Non so se ridere del mio Hokage che non ha mai baciato" ridacchiò, allegro, "o offendermi, perché non ricorda di avermi già baciato prima d'ora".
Naruto arrossì di botto. Nella mia testa, immediatamente, balenarono distintamente due immagini: il loro ultimo giorno di Accademia ed una strana missione nel bosco, in prossimità di una cascata. Il ragazzo era imbarazzatissimo, mentre i lampioni di Konoha si accendevano sulla sera. "Tu ed io" balbettò, ma Sasuke non lo lasciò finire.
"E io che credevo che avessi glorificato ogni ricordo che ci vedesse coinvolti entrambi, mentre ero via" rise, incrociando le gambe sulla panchina, come in meditazione.
Naruto sospirò. "L'ho fatto" disse, quasi solennemente. "E ricordo" aggiunse, facendo in modo che non suonasse doloroso.
Ovviamente lo era. Naruto non aveva mai baciato nessun altro: Sakura per prima. Aveva detto di amarla, che per lei avrebbe riportato Sasuke a casa e sarebbe diventato Hokage, ma nessuna di queste cose era poi successa davvero. Uzumaki Naruto era diventato Hokage, era tornato a Konoha insieme a Sasuke ed aveva dato a lui tutti i suoi baci.
Lui, che rise ancora. "Allora non dovresti agitarti tanto, Hokage-sama" disse, pungente, col palese intento di provocarlo. Il suo sorriso sfavillò nella sera. "Hai vinto una guerra e te ne stai ancora lì ad arrossire per un bacio".
Il freddo era glaciale, quasi doloroso, ma Naruto aveva le mani calde. In un solo gesto avvolse le braccia intorno alle spalle di Sasuke e calcò le labbra sulle sue. L'istante successivo entrambe le loro bocche erano schiuse, umide, impegnate in un bacio che avrebbe sciolto ghiacciai. Sicuramente, in un modo nell'altro, sciolse me. "Anche tu stai arrossendo, bastardo" azzardò Naruto, quando le loro bocche furono divise.





Io ero lì. C'ero. Ci sono sempre stato. Naruto è il protagonista della sua storia, di tutte le pagine della sua vita, ma io sono sempre lì. Anche mentre il suo Sasuke si allontanava, mentre si faceva notte sul Villaggio della Foglia, e Naruto sussurrò, probabilmente senza neanche rendersene conto: "deve essere questa, la felicità".
Io ero lì, anche se nessuno poteva vedermi. Ero legato alle sue viscere, sempre enorme ed impotente, ma questa volta fui io a dire, quando penetrò nel nostro limbo, con gli occhi lucidi e le zampe protese: "sono fiero di te".
E lo ero davvero. E lo sarei stato sempre di più, giorno dopo giorno, da quella strana sera in cui divenne chiaro che la situazione ci stava sfuggendo di mano in poi.
   
 
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