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Autore: Ginger Si Nasce    10/02/2012    3 recensioni
Ho scritto questa specie di racconto in un impeto di follia narrativa. L'ispirazione è venuta da un tema in classe: "Ettore e Achille due eroi a confronto". L'idea fondamentale era di far emergere le loro caratteristiche sotto forma di un dialogo tra due altri personaggi. Alla fine, non ho avuto il coraggio di consegnalo e ne ho scritto da capo uno normale. Ora mi piacerebbe sapere se possiede una valenza narrativa (ne dubito) e se trovate buono il mio stile (magari!!). Leggete a vostro rischio e pericolo e rispondetemi. Accetterò gli insulti di buon grado. Chiedo umilmente venia per questa oscena pubblicazione. Ginger.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 UN DIALOGO
 
"Ho sognato Achille cadavere. Lo sogno da che Patroclo è morto".
Antiloco è sdraiato nella branda e fa ballare la gamba destra flessa. Ha una mano posata sulla coscia e l'altra sollevata dal corpo: le dita impigliate tra le labbra.
 
Diomede accenna un sì con il capo e continua a lucidare la sua spada. E' un uomo di stazza, potente, taciturno; parla voltando la testa a sinistra e il più delle volte senza guardarti negli occhi. Spesso i suoi pensieri hanno un corso che per i deboli è difficile arginare.
"Anch'io ho temuto un gesto sconsiderato, Antiloco, ma non temo più, adesso"
 
"Eppure ti vedo pensieroso" osserva Antiloco, che a buon occhio per le emozioni.
 
"Penso ad Ettore, alla sua morte vicina. A quando il Pelide compierà la sua vendetta"
 
"Credi che tornerà a combattere?"
Antiloco non sembra perplesso, ma non evita di porre la domanda. Conquistata l'attenzione di Diomede sa bene che deve mantenerla.
 
"Lo spero" risponde secco il compagno. Ciò detto allontana la spada dal volto e ne contempla i riflessi sanguigni. E' un uomo la cui indole solitaria tradisce un'abitudine al comando.
 "Negli ultimi tempi, più del suo valore, ci ha fatto notare la sua assenza"
 
"Dicono che ha una nuova armatura" interviene Antiloco, timoroso. "Fabbricata da Efesto in persona" A disagio, piega la gamba sinistra e al contempo distende la destra, trasformandosi nel riflesso della sua immagine.
 
"Merito di Teti, suppongo" azzarda Diomede, stringendosi nelle spalle. I muscoli guizzano rapidi tra le giunture.
 
"Non mi stupirei" aggiunge Antiloco "E' una madre così premurosa e attenta"
 
"Preoccupata, piuttosto, e a disagio. Timorosa per la mortalità mortalità del figlio e intraprendente. Vuole per lui la vita eterna, a tutti i costi, e ha improntato la sua vita a quello scopo. Non per niente lo ha immerso nello Stige, per tre volte, quando era bambino."
 
"E non si preoccupa che di contentarlo" osserva Antiloco, storcendo il naso.
 
Di nuovo, da parte di Diomede, c'è quel parco cenno di assenso. "Come dopo il litigio con Agamennone. E' stata lei a mandargli quel sogno ingannatore, il giorno della battaglia, quando volle metterci alla prova e Ulisse mise a tacere Tersite."
 
"Quella battaglia è stata un vero massacro" osserva Antiloco, mentre Diomede si stende al suo fianco.
 
"A volte mi chiedo" dice l’eroe "come può Achille sfuggire all'aidos, in virtù di certi suoi comportamenti. Nell'agire è spesso meschino, basato su istinti individuali. E' categorico: lascia che le passioni lo dominino, ostenta fin troppo apertamente grande rabbia e grande dolore"
 
Antiloco manifesta disagio: arrossisce, stacca le spalle dal materasso e scivola in posizione seduta per nascondere a Diomede il suo imbarazzo. Non osa parlar male di Achille e resta fisso nelle ginocchia magre e nelle dita incastrate tra di esse.
 
Diomede prosegue il suo discorso. Dà ragione ad Agamennone, dice persino che le infinite qualità di Achille sono frutto dei doni degli dei.
 
Antiloco si agita e si tormenta alla ricerca delle parole finché non le trova. Poi dice, tremando: "eppure Achille si distingue, perché Achille può scegliere e ha scelto. Tra un'esistenza mediocre ma longeva ed una vita breve gloriosa ha scelto la gloria e la gloria ha avuto. E' questo che lo rende un eroe: non ciò che è o ciò che fa, ma ciò che sceglie."
 
Diomede fissa il compagno infervorato, con la sua solita, intangibile calma. Sul suo volto stanco ma attraente c'è il suo sonnacchioso, indecifrabile io. "E' vero" conviene lentamente "noi facciamo molto, ma siamo poco e non scegliamo. Conosciamo l'arete e l'aidos, ci educhiamo all'ardore e alla battaglia, ma mai, in vita non scegliamo".
 
"Ma neanche lui può sfuggire la Moira" prosegue dopo una piccola pausa "anzi in qualche modo il suo destino è segnato. Egli sarà artefice della caduta di Troia perché ha cercato di ostacolarla. Ora sa di dover uccidere Ettore e di essere l'unico in grado di farlo"
 
"Quindi non si ucciderà?" chiede Antiloco, sentendosi uno sciocco. Sul volto segnato di Diomede saetta il fantasma di un sorriso:  "Arriverà ad Ettore attraverso Patroclo, non può più rinunciare alla vendetta, solo un dio sarà in grado di fermarlo"
 
"E non temi che potrà essere ucciso?" chiede ancora il giovane preoccupato.
 
 "E come?" risponde Diomede.
 
Il silenzio avvolge la tenda.
Rannicchiato in posizione fetale, né in piedi, né sdraiato, né seduto, Antiloco ritorna bambino. Lo sguardo di Diomede va da lui all’asta ombra lunga e all’armatura, mentre l'occhio allenato è attento perché ogni cosa sia al suo posto.
 
"Che ne pensi di Ettore, Diomede?" chiede Antiloco quando il dialogo essersi concluso.
 
"E' coraggioso" risponde subito il compagno, per cui il coraggio viene prima di tutto "ma come Achille, manca di misura."
 
Antiloco lo guarda interrogativo.
Il campo greco rimanda loro un silenzio assordante che è complementare al rumore della battaglia. 
 
"Nella circostanza della morte di Partoclo si è dimostrato tracotante e cinico" dice Diomede alzando un sopracciglio e soffiando aria dal naso "sprezzante nel minacciare ed eccessivo nel vanto"
 
Antiloco sobbalza, irritato.
 
"Ha insinuato sulla lealtà di Achille e promesso di non dargli sepoltura, ma di lasciarlo in preda agli avvoltoi"
 
"E dire" esclama Antiloco, stupito "che me lo figuravo ligio al codice eroico..."
 
"Ma lo è! Ne è ossessionato! Il timore di un giudizio negativo lo distrugge, ne sgretola l'umanità già provata. E dire che è un padre di famiglia ed ha una moglie che ha già perso tutto.  Cosa sarà di suo figlio e di sua moglie, se antepone a loro la gloria e il vanto? Non gli preme che di sconfiggere gli Achei"
 
"Ti sbagli, Diomede, tu ti sbagli. E’ vero che combatte contro i greci, ma combatte anche contro se stesso. La sua è un’ umanità complessa in cui convivono una dimensione umana ed una eroica. I suoi affetti non fanno che ostacolarlo, ma lui non può rinunciarvi e al contempo non sa come proteggerli. La sua incoscienza si trasforma in coraggio e la passione prende posto del suo cinismo perché affrontare la morte  è l'unico modo che conosce per salvare ciò che ama."
 
Il fervore delle sue parole va perdendosi quando Diomede risponde, pacato. La sua saggezza stilla lentamente e solo se il suo cuore è opportunamente pungolato: "Achille affronta il suo destino con furia” osserva “Ettore lo fa con risolutezza. Ma la furia di Achille è tale da costituire in qualche modo coerenza, mentre Ettore è costretto in un ruolo cui non appartiene del tutto ed è spesso vittima di debolezza, tracotanza e paura"
 
Prima che possa aggiungere altro, il fisico possente di Achille riempie lo spazio tra gli stipiti e l'eroe si fa strada nella la porta. "Cosa si dice di me" chiede "quando non sono presente?"  
  
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