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Autore: MichaelJimRaven    10/02/2012    0 recensioni
Un racconto di vita vissuta. Uno stralcio real di un episodio che mi è accaduto molte volte (purtroppo) in gioventù. Una delusione d'amore.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ottobre 1993   Avere 17 anni può essere bello, come incredibilmente brutto. Averli quando sei consapevole che siano troppo pochi..è addirittura frustrante. Treviso , ai primi di ottobre, mostra la solita vecchia faccia di paesotto allargato..pieno di borghesucci e contadini arricchiti. Colmo di uomini e donne che decidono che l'apparire sia più importante dell'essere, arroccate agli stessi 4 bar con il solito spritz in mano. Facce da sfingi, sorrisi finti e discorsi patetici..vuoti e frivoli. Beh, c'e' a chi piace. A me , no. Dopo aver passato di malavoglia Piazzale Burchiellati, mi accingo a salire verso  le mura, in cerca di pace e distrazioni. Sono oramai le 18 e devo darmi una mossa se voglio arrivare prima di cena a casa e con i compiti fatti. Che cagata! Ma chi cerco di imbrogliare? L'ultimo dei miei pensieri è proprio quello di mettermi a studiare o fare quei noiosi esercizi di tedesco. No, la mia testa è ancora alla gradinata della mia scuola. Erano passate solo 6 settimane dall' inizio delle lezioni regolari. La classe nuova aveva portato una piacevolissima sorpresa. Una sorpresa che ero deciso a tutti i costi a non lasciarmi scappare. Una ragazza di 20 anni , proveniente addirittura da un altra regione, che voleva prendere il "triennio professionale." Mi ci ero imbambolato il primo giorno e avevo proseguito con la cosa fino a stamattina. Creare dei diversivi in modo da riuscire a parlarle non era certo il mio forte. Sempre stato molto imbranato con le donne. Specie con quelle che mi piacciono. Poi, senza nemmeno rendermi conto della cosa, oggi è accaduto. Siamo l'ultima classe a terminare le lezioni del giovedì, circa verso le 14. Tutte le altre terminano alle 12 35. I miei compagni se ne vanno rapidi, ci verso la fermata del pullman e chi verso il proprio motorino, maledicendo i prof e i compiti. Io , come sempre, avevo deciso di recarmi a piedi a fare una passeggiata, prima di prendere il "6" e tornarmene a casa. I bidelli stanno pulendo le aule già vuote. Oltrepasso l'androne principale e saluto con un gesto della mano la segretaria, persa su quelle scartoffie che noi studenti capiamo a malapena. Fuori c'è il sole e sento ancora le voci in  lontananza dei mie compagni di classe, che stanno sparendo verso i rumori della città. Seduta, da sola, con un libro in mano..lei. "Non ti pare un po' troppo presto per metterti a ripassare?" Le mani di lei chiudono il libro come se avessero paura di rovinarlo. Con delicatezza. I capelli neri, legati in una lunga coda, si spostano appena di lato mentre lei volge la testa per guardare e mettermi a fuoco . "Sto solo ingannando un pò il tempo. Devono venire a prendermi!" E scatta la bestemmia, mia e silenziosa. L'idea di fare la strada assieme fino al centro, sfuma come il fumo della sigaretta che lei sta fumando. L'unico difetto che le ho trovato in quasi due mesi. Rimango in piedi, a guardarla per qualche secondo. Lo zaino mi scivola dalla spalla  e sento fisicamente le mie gambe che decidono di piegarsi per obbligarmi a sedere accanto a lei. Sono decisamente nervoso. "Ti faccio compagnia..." "No, dai! Poi arrivi a casa tardi e mi fai sentire in colpa!" "Non ti preoccupare... Tanto non è che sarei tornato a casa subito, lo dtesso." "..E perchè?" "Mi piace passeggiare per Treviso. Amo la mia città" Uno scambio di battute che fa nascere un sorriso a lei, che sembra quasi sorpresa della mia loquacità. "A me , manca Roma. Ma oramai, devo abituarmi all'idea di vivere qui. Almeno fino a che mio padre non tornerà a lavorare in sede centrale* "Beh, dai! Non è male, Treviso. Ok che tu sei abituata alla Capitale...MA nel nostro piccolo ci difendiamo bene!" "Non ti offendere, ma per quanto io trovi carina Treviso, non esiste proprio paragine con Roma!" Sorrido, e decido di non replicare. Iniziare una diatriba sulle proprie città non è di sicuro il metodo migliore per cercare di fare colpo. Rimango in silenzio per qualche secondo, incerto..quando è lei a sciogliere quel mio attimo di pausa con una domanda. "Non parli molto , tu. Vero? Di solito vedo che tutti gli altri chiacchierano e cercano di mettersi a parlare con chiunque..Tu invece no. Come mai? " Chi se l'aspettava? Si era messa ad osservarmi? No, beh, osservava tutti e anche io ero "capitato in mezzo" alle sue constatazioni. Comunque, dovevo e volevo rispondere qualcosa di "figo". "Mi piace ascoltare..E parlo solo se realmente so di poterlo fare. Di solito, rimango un pò isolato ad ascoltare musica col mio walkman.. Sai, sono un musicista. Suono la tastiera in un gruppo." "Davvero? Che cosa carina! Anche il mio ragazzo suona!" Macigno. Grossissimo macigno. Le parole che cercavo di far uscire, mi si incastrano nella gola come le auto all'incrocio delle Stiore a mezzogiorno. Cerco i mantenere il sorriso che mi si era allargato vedendola lì da sola, ma sembra che stia tramutandosi in una specie di paralisi post pugno in bocca. "Ah...E cosa suona? Ma è di qui?" "Lui suona la batteria. No . no. E' di Roma. E' qui a trovarmi. Viene su ogni settimana, perchè la sua ditta ha una sede anche qui." "Che fortuna!!..Mi fa piacere!" Falso. Credo di non aver mai desiderato di più in vita mia, che una bacchetta da batteria si infili su per il culo di qualcuno. "Magari te lo presento così quando sale la prossima volta suonate assieme, tu e il mio amore!" "SSSeh! MAgari sì! Però , ora devo andare..Se no rischio di perdermi il bus!" "Ah, te ne vai? Avevo capito che avessi tempo libero!" "Eh, però devo comunque spostarmi verso il centro... Dai, ci vediamo domani! Buon pomeriggio!" "Certo! Domani abbiamo anche compito. Vedi di studiare, ok?" "Come sempre..." Raccolgo lo zaino, e mi alzo quasi di scatto. In fondo al vialetto è comparsa una Mercedes. Non ci vuole molto a capire chi ci sia alla guida, visto che i nostri prof sono tutti dei poveracci. Non mi ci vuole nemmeno molto a girare sui tacchi e prendere l'uscita secondaria, quella che porta al parcheggio. Ci arrivo col passo veloce di chi ha paura di essere inseguito. Ma paura di cosa, infondo? Percorro tutto il tragitto da Sant'Antonino fino alla stazione quasi in trance. Mi riscuoto dai mie pensieri, solo quando una mercedes mi passa a fianco. Decido mentalmente da quell'istante, che non avrò MAI quella marca di auto. I profumi del pomeriggio autunnale mi riempiono i polmoni.  Le foglie gialle, le cortreccie degli alberi che emanano il loro tipico profumo, e anche le cucine delle case, ancora con le finestre aperte, che mi rimandano  gli effluvi di quello che mangeranno per cena i loro abitanti. L'autunno è sempre stata l amia stagione preferita. Non ha paragoni per colore ed intensità. Passo veloce lungo via Roma. Dribblo agilmente Piazza dei Signori e la sua solita folla, per infilarmi alla Loggia dei Cavalieri. Uno dei luoghi che amo in assoluto. Mi ricarico, cercando di non pensare troppo a quello che mi e' appena successo, anche se so già che la cosa mi renderà triste per un bel pò di tempo. Invidia, rabbia e anche delusione.  Tutte cose che non vanno bene. Ora, oggi, a 20 anni di distanza, lo so. Ma all'epoca.. non te ne rendi conto. Pensi a tutto quello che devi, tranne al fatto che tu non esisti in alcune vite, se non come comparsa. La parte principale spetta ad altri. E, in alcuni casi, ti rode e ti fa star male. Quasi non mi rendo conto di essere arrivato alle mura. Me ne accorgo solo quando il vento passa attorno alle foglie degli alberi e mi rimanda le note e le voci di persone che probabilmente sono dall'altra parte della città. Mi piace il vento..Mi è sempre piaciuto. Quasi quanto appoggiarmi sul tronco solido della vecchia quercia che c'e' ai Bastioni San Marco. Rimango li, quasi un ora. La sera mi coglie impreparato col buio. E' tardi e nn ho nemmeno avvisato casa. Mi scosto dal mio luogo di pace, e scendo i pochi metri di china che mi portano ad affiancare il muro di cinta del "Duca degii Abruzzi". LA cabina telefonica è libera. Inserisco un paio di monete da 100 lire..e chiamo casa. Mia madre mi prende a male parole per il fatto che siano quasi le otto. Le OTTO? Ma se erano le 3 appena, quando ho lasciato la scuola. Che diavolo ho fatto? Ho trascorso cinque ore a pensare senza accorgermene? E' tardi!! Devo correre al Duomo, o rischio di perdere anche l'ultima corsa! Poi chi lo sente mio padre? Dopo dieci minuti di zig-zag tra gente e vicoli, arrivo allo slargo degli autobus con il fiatone . Il "6" è appena arrivato. Salgo a pelo e mi siedo alla fine, in uno dei 4 posti che sono stampati addosso al finestrone posteriore Mi sa che stasera non cenerò. Mi sa che stanotte non dormirò. Mi sa che domani non andrò a scuola. No. Le cotte vanno e vengono.. ma le prime , specie se non vanno a buon fine, fanno male.       "Memories" Max Gagno , 19/09/2011
  
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