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Autore: goldfish    18/09/2006    4 recensioni
"Hermione non sapeva dire di preciso come era cominciata quella cosa. Era cominciata e basta, come capita con le cose che sarebbe meglio non succedessero mai, le cose sbagliate. D'altronde, non viveva in un mondo perfetto." La mia prima D/He, e una delle ,mie prime ff in assoluto!Premettendo che sono un'ubriachissima Sidekick, la coppia D/He mi piace lo stesso... la classica storia impossibile! Ditemi che ve ne pare, non è propriamente il mio genere (ovvero non è squisitamente idiota)... ho anche fatto una sorta di seguito che (forse) prima o poi (poi) pubblicherò...
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hermione non sapeva dire di preciso come era cominciata quella cosa. Era cominciata e basta, come capita con le cose che sarebbe meglio non succedessero mai, le cose sbagliate.

Magari avrebbe potuto evitarla. Ma perché?

Era forse giusto che tutte quelle persone fossero morte? No, ma adesso si trovavano lo stesso due metri sottoterra, e nessuno aveva potuto farci niente.

Era forse giusto che Ron fosse morto? No, ma adesso a lei non restava altro che il ricordo di quel sorriso che amava così tanto, e nulla di più.

Non viveva in un mondo perfetto, e le cose ingiuste, quelle che non dovrebbero succedere mai, succedevano in continuazione.

E allora perché avrebbe dovuto evitarlo?

Fatalista, superficiale, sinceramente non le importava come la chiamassero; per quanto ne sapeva lei, era solo disgustata. Disgustata al punto di non volerne più sapere niente dell’Ordine, niente della guerra, niente di niente. Voleva solo tirare avanti per non affondare definitivamente, perché lei era forte. Arrancare, afferrandosi agli ultimi brandelli di realtà rimasti.

Ed era questo che stava facendo, si afferrava a dei brandelli di realtà.

Una realtà scomoda? Forse, ma d’altronde stava solo mettendo in pratica quello che aveva imparato, a sue spese. Aveva imparato ad accettare le cose per come venivano, perché non aveva alternativa; aveva imparato a convivere con quel costante senso di nausea; aveva imparato ad arrancare.

E adesso avrebbe imparato a convivere anche con quello sbaglio. Perché era inequivocabilmente uno sbaglio, ma che ci poteva fare? Era pur sempre la realtà, e la aiutava a non andare a fondo.

Non viveva in un mondo perfetto.

Guardava la sua immagine riflessa nello specchio, le prime luci del mattino filtravano attraverso le tende della vecchia casa di famiglia. Quanto era cambiata, quasi stentava a riconoscersi. La vecchia Hermione lottava per quello in cui credeva, aveva fiducia in se stessa e nelle sue convinzioni; ma adesso vedeva una ragazza arrivata alla conclusione che, purtroppo, lottare spesso non porta a nulla. La vita glielo aveva dimostrato.

Si sciacquò il viso, i capelli erano sempre un tale disastro che non ci provò neanche a sistemarli, e si limitò a raccoglierli alla meglio.

Tornò in camera e si raggomitolò in fondo al letto. Lui era ancora addormentato. Le piaceva osservare le persone quando dormono, perché nel sonno siamo tutti più autentici, più vulnerabili senza le maschere che indossiamo di giorno. Il suo viso era rilassato, evidentemente non avvertiva il peso di quello sbaglio come lo avvertiva lei. Ce l’avrà avuta una coscienza da qualche parte?

Era sdraiato a pancia in giù, i capelli scomposti gli coprivano in parte il viso, il braccio destro stringeva il cuscino, mentre quello sinistro ricadeva di lato come un peso morto.

Quel marchio era ancora lì, un macabro promemoria per il suo errore. Per l’errore di entrambi.

Se mesi fa qualcuno le avesse detto che avrebbe contemplato Draco Malfoy nel sonno, sarebbe di certo sbottata per l’indignazione. Ma il tempo passa, e le cose succedono.

Ma allora cos’era quel nodo alla gola, senso di colpa?

Aveva salvato la vita a un Mangiamorte. Era un crimine seguire il proprio istinto? Era un crimine cercare di salvare una vita umana? Probabilmente, in quel caso lo era stato. Ma si può guardare  morire una persona con fredda indifferenza? Lei non poteva.

Aiutandolo, quella notte, si era messa in pericolo, aveva messo tutti quanti in pericolo. Nascondendolo, peggiorava solamente la situazione. Avrebbe dovuto raccontare tutto, ma non l’aveva fatto. Per paura, forse. Vergogna.

Senso di colpa. In fondo meritava di morire.

Eppure era convinta di non aver visto solo odio, dietro a quegli occhi.

I suoi pensieri vagavano liberi.

Malfoy sussultò un po’ e fece una smorfia. Era seduto a letto, ed Hermione gli stava medicando le numerose ferite, un’espressione preoccupata sul volto; lui la guardava di sbieco con gli occhi leggermente socchiusi.

“Perché lo fai? Avresti dovuto lasciarmi morire.”

“Lo so.”

Dopo qualche momento fu lei a rompere di nuovo il silenzio.“Tutti ti credono morto. E io non posso tenerti qua ancora a lungo. Se uscissi allo scoperto, l’Ordine…”

“Non si fideranno.”

“C’è la prova del Veritaserum.”

“La fai facile, Granger.”

“Ma non capisci?! Così è troppo rischioso, per entrambi.” Hermione si era fermata per fissarlo dritto negli occhi, quegli occhi glaciali e indecifrabili.

“Ti ho detto già tutto quello che sapevo, non servirei a nient’altro.”

“Io- non posso- tenerti- ancora qui.” scandì queste parole lentamente, a denti stretti.

Fece per riprendere a medicarlo, ma lui le bloccò il braccio e la squadrò a sua volta.

“Me ne vado.”

“COSA?! E dove? Sei ancora debole…”

“Sono perfettamente in grado.”

“Sarebbe una stupidaggine.”

“Lo è restare. E se mi succederà qualcosa tanto peggio per me, che t’importa.”

“Tu non vai proprio da nessuna parte.”

“Che fai, ti metti a darmi ordini adesso?” le disse con strafottenza. Lei lo fulminò con lo sguardo.

“Sì. Non ti permetto di rovinarti. Non di nuovo.” E si morse il labbro, consapevole di quello che si era lasciata scappare. I due rimasero immobili per qualche momento, poi lui fece scorrere inspiegabilmente la mano lungo il suo braccio, su fino al collo. Poteva sentire l’adrenalina che le scorreva nelle vene, un brivido inaspettato. Eccolo, il brandello di realtà, una realtà che la faceva sentire sorprendentemente viva. Vi si aggrappò.

E poi, le sue labbra.

Malfoy cominciò a agitarsi un po’ nel sonno, aprì gli occhi e incontrò lo sguardo della ragazza.

“Ciao. Che ci fai lì impalata?”

“Pensavo.”

Il ragazzo sbadigliò e si mise a sedere. Le ferite che gli aveva curato erano ancora un po’ visibili, ma notevolmente migliorate.

“Vieni qua.”

La afferrò per un braccio e la tirò a sé; Hermione ricadde al suo fianco e si girò di lato a guardarlo, mentre giocava coi suoi capelli. Aveva di nuovo stampigliata sulla faccia la sua espressione indecifrabile, la sua maschera.

“Cos’è questa cosa che ci è capitata, Malfoy?”

“Sei pentita?”

“No. Tu?”

“È la prima cosa di cui non mi sia pentito in troppi anni.”

“E adesso che succederà?”

“Non lo so, Granger…”

Hermione non si era ancora posta troppe domande, né voleva farlo. Era successo e basta. Era la realtà. Forse era uno di quei casi in cui due persone che condividono un’esperienza forte si trovano inevitabilmente connesse.

E loro due si erano trovati a condividere così tanto, in così poco tempo. La vita, la morte, il segreto, il pericolo.

“Ma chi sei tu, eh?” gli chiese.

Malfoy si strinse nelle spalle e alzò un sopracciglio.

“Lo stesso vale per te. Non dovresti neanche rivolgermi la parola.”

Hermione sorrise. “E infatti, ti detesto; con tutto il mio cuore. Ma che vuoi…” e fece spallucce con una faccia rassegnata. Ma quando lo sguardo le scivolò sul braccio sinistro del ragazzo, il sorriso che le si era disegnato in volto scomparve, e la sua testa la riportò violentemente al presente.

E il presente era la guerra, le morti, il suo passato, il pericolo che correvano.

“Non possiamo andare avanti così.”

“Lo so.”

“Se solo la smettessi di nasconderti qua e ti decidessi a…”

“Granger…”

“Ma ragiona, cosa mai potrebbe succ-“

“MA LA VUOI PIANTARE?!”

“Non gridare, adesso.” Hermione si alzò a sedere. “Non ha senso questa tua ostinazione. È pericoloso, pericoloso per tutti!”

“È per questo che voglio andarmene.”

“Ma perché invece di scappare non mi dai retta una buona volta, eh? Non puoi scappare all’infinito! Dove avresti intenzione di andare?”

Malfoy si voltò di lato con una smorfia. Quella ragazza aveva ragione, come sempre. Si passò una mano tra i capelli.

“Non lo so, ho detto, NON LO SO!”

“Vedi? Non hai molta scelta…”

“So solo che non posso uscire così allo scoperto, non dopo tutto quello che… non ci arrivi proprio, eh?! E l’hai detto anche tu, mi credono morto.”

Si alzò di scatto da letto e uscì dalla stanza facendo sbattere la porta così forte che Hermione sussultò. Questo dopotutto era sempre Malfoy, ostinato, orgoglioso. Era un po’ come lei, in fondo, e la cosa la fece sorridere, un sorriso amaro.

Era tardi, doveva andare al San Mungo. Si preparò in fretta e furia, si mise il mantello da guaritrice e si smaterializzò da casa ignorandolo. Per quanto lo conosceva, sarebbe stata un’inutile perdita di tempo provare a farlo ragionare.

Ed ecco riaffiorare quel sottile ma pungente senso di colpa. Non le importava, ma non poteva neanche continuare a nasconderlo a quel modo.

Era uno sbaglio. Per questo, era ancora più irresistibile.

~~~~~~

Quando tornò a casa, quella sera, per un attimo temé di non trovarlo; ma invece era ancora lì, seduto alla finestra, che guardava fuori.

“Ciao.”

Nessuna replica.

Hermione si avvicinò al ragazzo, aveva uno sguardo serio e pensieroso e notò che continuava a fregarsi il braccio sinistro.

“Malfoy, stamattina… mi spiace, ma lo sai come la penso.”

“Avevi ragione tu, come sempre del resto.” Mentre le diceva questo continuava a guardare fuori, tra le fessure della tenda. “Sta per succedere qualcosa. Ne sono certo…”

Hermione lo scrutò qualche attimo, poi gli afferrò gentilmente il braccio sinistro e gli sollevò la manica della maglia. Il marchio era di un intenso rosso scuro, scottava. Lo sfiorò leggermente con le dita, come se il fastidio potesse in quel modo alleviarsi. Alzò lo sguardo, sentendo che gli occhi le si stavano gonfiando, e un groppo le stringeva la gola.

“Non ho molte alternative, giusto?”

“Vuoi dire che accetti di collaborare?” bisbigliò.

“Non posso permettere che mi trovi qua.”

I suoi occhi grigi, così glaciali, sembravano essersi accesi di uno scintillio d’argento. Era una sua impressione, o quello sguardo non era più così indecifrabile come al solito?

La ragazza allungò una mano verso il suo viso, sentendo che non avrebbe più potuto combattere a lungo contro le lacrime che stavano lottando per uscire, e gli spostò di lato i capelli per leggere meglio dietro quello sguardo che per la prima volta non era freddo e distaccato.

Una strana sensazione le nacque da qualche parte tra lo stomaco e il cervello, una sensazione sgradevole, ma non appena sentì le loro labbra schiudersi in una cosa sola, e il suo sapore mischiarsi a quello salato delle lacrime, dimenticò tutto. Era l’effetto che lui le faceva, la annullava, la destabilizzava. Era reale, la teneva a galla.

Si svegliò di colpo nel cuore della notte, chissà perché. Automaticamente, con gli occhi ancora chiusi, distese un braccio alla sua destra come per andare a cercarlo, ma tutto ciò che sentì scorrere sotto la sua mano era la stoffa del lenzuolo stropicciato. Si voltò di scatto.

Vuoto.

Sentì di nuovo fare capolino quella sensazione sgradevole che prima aveva messo da parte, e si alzò di fretta.

“Malfoy? Dove sei?”

La casa era vuota, a parte lei non c’era nessuno. Venne colta da un presentimento. E poi vide quel biglietto, sintetico, secco:

Ti sono riconoscente, ma devo andare.

Scusami.

Addio.

Sapeva che sarebbe successo, lo sapeva fin dall’inizio.

“Addio anche a te, Malfoy” disse. Alla fine aveva fatto come aveva voluto lui.

Ma lei, adesso, come si sentiva?

Sinceramente non lo sapeva. Era consapevole che loro due non sarebbero mai arrivati a nulla, e anche se a volte si ripeteva il contrario era solo un timido tentativo di mentire a se stessa. Abbastanza debole per dirla tutta.

Non era giusto, però. Era certa di aver imparato a guardare oltre quel muro che Malfoy alzava da sempre tra sé e gli altri; o almeno aveva intravisto qualcosa attraverso una crepa, ma adesso lui se n’era andato, e lei era di nuovo sola, rimasta ad affondare sotto il peso del suo senso di colpa. Aveva sbagliato tutto.

Ma non era colpa sua. Non viveva in un mondo perfetto, e le cose sbagliate succedono. Succedono in continuazione. Succedono e basta.

Rabbia.

Tristezza.

No, non tristezza, amarezza.

Di nuovo quel sapore salato sulle labbra, ma questa volta nessun bacio sarebbe arrivato a raddolcirgliele. Questa volta, l’avrebbe assorbito fino all’ultima goccia.

Ma era reale, come la rabbia e l’amarezza, e questo le bastava. Se lo sarebbe fatto bastare.

Arrancare, aggrappandosi a brandelli di realtà.

 

 

 

  
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