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Autore: Arwis     18/09/2006    10 recensioni
E' l'inizio di un manoscritto Fantasy che ho inviato alle case editrici. Mentre aspetto il responso degli editori, chiedo il vostro parere e le vostre recensioni... Naturalmente non potrò postare tutto il volume per ovvie ragioni, ma vorrei regalarvi qualche stralcio della storia, sperando che presto possiate trovarlo negli scaffali delle librerie! Recensite quanto più potete, è fondamentale!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ECCO A VOI LE PRIME PAGINE DELLA SAGA... DICONO CHE L'INIZIO DI UNA STORIA SIA UNA DELLE PARTI PIÙ IMPORTANTI, SPERO CHE QUESTO INVOGLI A LEGGERE ANCHE IL RESTO! GRAZIE A TUTTI PER LA LETTURA E RECENSITE, MI RACCOMANDO!


Le spade si incrociavano, producendo un clangore metallico che non faceva in tempo a dissolversi nell'aria, perchè subito rimpiazzato dal rumore di un altro colpo. Le spade si incrociavano, producendo un clangore metallico che non faceva in tempo a dissolversi nell'aria, perchè subito rimpiazzato dal rumore di un altro colpo.
Le lame stridevano, generando scintille argentate.
Il combattimento era accanito, la vittoria sospesa ad un filo sottile. Per una briciola di forza in più o meno, di precisione e di calcolo più accurati, poteva essere Arwis a vincere, come poteva riuscirci Marel.
Ansimando quest’ultima cercò di sovrastare con la sua voce il rumore del combattimento:
- Galeen mi ha raccontato che secoli fa ci fu una battaglia talmente furiosa che morirono quasi tutti i contendenti di entrambe le parti. Si dice che la battaglia si sia protratta per settimane intere, mesi forse, senza interruzioni né per la notte, né per il cambio della stagione, senza rispetto né per dei né per uomini...Si dice che quando la battaglia fu finita, il rumore delle armi si continuò a sentire per un'altra settimana, amplificato dall'eco delle montagne circostanti e che i fantasmi dei combattenti girino ancora per quella valle! -
Il racconto aveva fatto perdere alla ragazza fiato ed energie e Arwis non esitò ad approfittarne. Affondo, parata, affondo e la sua lama lucente era puntata alla gola dell'amica, che fece un saltello all'indietro, spaventata.
Era stata presa alla sprovvista.
Erano entrambe abilissime con la spada, ma forse Arwis aveva quel tocco di scioltezza in più che le poteva garantire la vittoria in uno scontro vero.
Marel invece poteva usare i suoi incantesimi per portarsi in vantaggio, ma solo qualche volta e comunque nulla di decisivo.
In amicizia è così, qualche volta bisogna far finta di non vedere.
Le ragazze si erano allenate per più di un’ora e mezza.
Stremate, piantarono le armi nel terreno, che ridiventarono gli sterpi che erano prima che Marel li trasfigurasse.
Nessuna di loro due aveva una vera spada, ma dovendo imporvi ogni volta un incantesimo proteggi lama per impedire alle lame di ferire, due rami trasfigurati erano perfetti.
Arwis e Marel sedettero a terra, la schiena poggiata alla parete della stalla dei Campo D'Oro, la famiglia di Arwis, lo sguardo rivolto verso il bosco.
- Marel... secondo te è un bosco magico? - chiese Arwis.
- Mhh... bosco magico... Galeen ti strozzerebbe dopo un’affermazione del genere. Nessun bosco è magico! Tutti nascondono dei segreti, ma è la forza intrinseca della natura! Solo stolti e ignoranti la chiamano ancora magia!-
L'apprendista maga sorprendeva sempre l'amica. Sapeva più cose di quanto tutti si aspettassero da lei e aveva sempre la risposta pronta; dove non arrivava con il sapere, arrivava con la logica.
- E allora quella che fai tu cos'è? Non si chiama forse magia? - insistette Arwis.
-Ripeto, è solo un nome convenzionale. Noi maghi prendiamo la forza da noi stessi e la impieghiamo per compiere delle azioni. Esattamente come fai tu impugnando una spada. Solo che noi... noi siamo anche in comunione con la natura... È come se la terra approvasse il nostro operato e ci desse delle abilità supplementari...così!- e sollevò qualche sassolino da terra facendolo levitare davanti al muso dell'amica, facendogli scrivere in aria la parola “Marel” e poi facendoli cadere. L'ultimo restò a mezz'aria e colpì delicatamente Arwis in fronte.
- Ahi! - protestò lei - sei sempre la solita esibizionista! -
- E comunque, tanto per fare ulteriore sfoggio della mia sapienza, tutto ciò che si fa ha un costo. Per ottenere qualcosa se ne perde sempre una di ugual valore, perciò lo stesso vale per la magia. Se faccio una magia, perdo energia. Per questo non si può far resuscitare un morto o cose simili, perchè riacquistare la vita dopo la morte varrebbe più di qualsiasi cosa... anche di un'altra vita - .
Arwis ascoltava rapita le parole dell'amica. Anche a lei avrebbe fatto piacere imparare la magia, ma appartenendo a una famiglia facoltosa come era la sua, non gliel'avrebbero mai permesso.
Lei era istruita in storia, canto, geografia, ballo e matematica ma di cosa avrebbe fatto in futuro, non aveva idea. Improvvisamente un rumore di rami spezzati interruppe il discorso delle due.
Arwis sobbalzò, ma Marel riconobbe nella macchiolina nera che avanzava tra le fronde Litris, il corvo della sua maestra. Era il segno che doveva tornare.
- Devo andare, è Litris! -
Arwis annuì. - Ti accompagno un po' se vuoi! Mancano ancora un paio d'ore al tramonto... - - Grazie! Mi fa piacere! - rispose Marel, grata.
Le faceva sempre un po' paura attraversare il bosco da sola, soprattutto in quegli ultimi anni un po' ambigui da molti punti di vista.
Nell'impero regnava la pace eppure le armate del sovrano partivano frequentemente per destinazioni sconosciute, tornando decimate. Se tornavano.
I furti e i rapimenti si erano fatti più frequenti, numerosi mercanti perdevano improvvisamente tutte le loro fortune. Era da anni ormai che alcune guardie imperiali frequentavano spesso il loro villaggio e Galeen, la maestra di magia di Arwis, era impegnata come non mai a rispondere ad alcune lettere che si materializzavano la mattina sul tavolo, oltre che a mescolare strane pozioni dall'odore ripugnante. Arwis capiva la preoccupazione dell'amica perchè erano quasi sorelle, perchè le paure di una erano quelle dell'altra.
Si avviarono insieme sui dolci pendii boscosi delle terre dell’ovest in direzione della casa della maga, non temendo i cinghiali che ogni tanto grugnivano da dietro le siepi o gli uccelli che sorvolavano le rare radure.
Erano quasi arrivate alla grande quercia, ciò significava che non mancava molto alla casa di Marel, cinque, massimo sei minuti. Il sole iniziava a calare.
- Marel, ti dispiace se vado? Il sole si sta abbassando e tra poco dovrei essere a casa... - chiese Arwis.
Marel si girò verso l'amica e sorrise
- Certo che no! Anzi grazie di avermi accompagnata! -
Si abbracciarono e Arwis iniziò a ripercorrere il bosco verso casa sua. Dopo pochi metri già non si sentivano più i passi di Marel e Arwis iniziò ad avere un po' paura.
Cales, sua madre, le aveva raccomandato mille volte di non attraversare il bosco da sola, soprattutto quando scendeva la sera ma lei, come al solito, un po' non le dava ascolto, un po' non ricordava i consigli della donna.
I rametti scricchiolavano sotto alle sue scarpe di cuoio basse, adornate di piccole perle.
Arwis iniziò a fissarsi i piedi, per avere un po' meno paura, ma si rese conto che, così facendo, rischiava di cadere a faccia in avanti tra le radici.
Iniziava a fare freddo, così, non smettendo di camminare, sciolse i capelli dalla forcina che li teneva su in uno chignon un po' troppo voluminoso.
Sembravano fili di seta, tanto erano lucidi e Arwis ne andava orgogliosa almeno quanto odiava la forma appuntita delle sue orecchie.
Sua mamma le diceva sempre che le aveva così a causa di un errore della levatrice nel farla nascere... O era perchè durante la gravidanza aveva mangiato troppe fragole? Non ricordava, ma comunque era una delle solite credenze paesane. Fattostà che le odiava.
Zolen, uno dei suoi amici, non perdeva occasione per prenderla in giro o tirargliele, altra cosa che Arwis non sopportava.
Mancava poco per arrivare a casa, il pericolo poteva dirsi scampato.
Arwis accelerò il passo, non vedendo l'ora di placare i gorgoglii affamati del suo stomaco con una delle focaccine calde di sua madre. Improvvisamente sentì un rumore.
Un boato, no, un ruggito.
Era forte, possente e gli uccelli volarono via dai rami, dai loro nidi, cinguettando spaventati, provocando un turbinio di piume e foglie.
Il rumore si placò, rimbombando ancora un po’ tra gli alberi. L’eco fu presto sostituito da un rumore ritmico, di passi pesanti, come quelli dei giganti, semmai fossero esistiti in quel bosco.
Arwis iniziò a pensare a tutte le leggende sui giganti che conosceva, le ripeteva mentalmente per evitare di cedere alla curiosità e andare vedere da dove proveniva il rumore.
Non funzionò.
In pochi secondi i suoi passi avevano abbandonato il sentiero e le sue gambe si dirigevano quasi autonome verso la direzione da cui proveniva il suono.
Senza accorgersene iniziò a correre. Agilmente saltava radici e si abbassava sotto ai rami sporgenti. La veste corta, allacciata in vita da una catenina dorata come era usanza tra le ragazze ancora non in età da marito svolazzava, mettendo in mostra le gambe lunghe, bianche e affusolate.
Si fermò e l’aria smise di rombarle nelle orecchie.
Davanti a lei si innalzava verso il cielo una montagna, enorme, argentata.


Queste sono solo le prime pagine... dite pure con sincerità cosa pensate di questo breve inizio, criticate se pensate che non vi soddisfi, ma anche dei complimenti sono ben accetti!
Baci a tutti!
Arwis

  
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