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Autore: Fayes    10/02/2012    3 recensioni
Poco dopo la morte di Jimmy, Brian inizia a scrivere So Far Away. La situazione è straziante.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Synyster Gates, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo 5



Il corridoio iniziò a volteggiare, le pareti si stringevano e si allargavano ad intervalli regolari. Il tempo non esisteva, nulla esisteva.
Johnny, pensò Matt. Johnny...il coma...l'incidente...Jimmy...erano queste le parole che rimbombavano nella testa di Matthew Shadows.
L'uomo sentiva il battito accelerato del suo cuore e il respiro affannoso che era indice di ansia, tensione, angoscia. Dopo un po', l'aria parve mancargli: doveva sedersi.
Cercò di muovere le gambe. Le immagini confuse davanti ai suoi occhi non gli permettevano di capire cosa stava succedendo. Le ginocchia tremanti minacciavano di cedere: Matt stava per svenire. Cercò invano una sedia su cui sedersi, un salvagente a cui aggrapparsi, poi sentì una voce femminile che lo chiamava. Una voce in lontananza, si disse, troppo in lontananza. 
«Signor Sanders? Signor Sanders, la prego, si calmi...deve...»
La voce della donna era allarmata, impacciata, esitante. 
L'infermiera del terzo reparto, Crystal Shell, non sapeva che fare. Un uomo grande e grosso, pieno di tatuaggi e pircing le stava crollando addosso. Dannazione! Lei era così piccola...
Non era brutto però, si disse guardandolo bene. No, non lo era affatto, però adesso le stava svenendo  tra le braccia e non era una cosa buona.
Era una situazione abbastanza comune negli ospedali. Solita prassi: il parente veniva informato del decesso o della gravità della situazione della vittima e poco dopo, nel migliore dei casi, sveniva, come oggi. Come con quel bell'uomo grande e grosso che faceva parte di una band. 

«Aiutatemi! Vi prego..» esclamò esasperata l'infermiera. Guardò nel corridoio a sinistra, nessuno in vista. Si girò a destra, vuoto. Ma era possibile che in quell'ospedale non ci fosse anima letteralmente viva?
Cercava di sorreggere Shadows con molta fatica. Non sapeva dove mettere le mani, quell'uomo stava per cadere a terra e lei non avrebbe potuto farci niente.
Quel tipo e il ragazzo in coma dovevano essere molto amici, pensò.

«Signorina Shell! Aspetti, arrivo subito!» disse una voca dal lato sinistro del corridoio: il dottor Falls, finalmente.
Crystal si accorse che stava trattenendo il fiato e quando il dottore corse in suo aiuto, si allontanò dal corpo quasi inerme dell'uomo svenuto. Fece un sospiro di sollievo, si aggiustò i capelli e si assicurò che il dottor Falls riuscisse a sostenere lo svenuto.
«Signor Sanders...» chiamò il medico. Gli diede dei lievi schiaffi sul viso e riprovò: «Signore...» 
Nessuna risposta. Falls si rivolse a Crystal.
«Mi aiuti, dobbiamo portarlo nel ufficio del dottor Murdock.»
Insieme, il vecchio dottore a sinistra e la giovane Crystal a destra, trasportarono il corpo di Matthew Shadows con fatica, verso l'ufficio del medico più vicino, dove poi lo avrebbero fatto stendere e riposare.

La prima immagine che comparve nella testa di Shadows fu Johnny, con una cicatrice sulla fronte, addormentato in un letto ospedaliero.
Si svegliò su un lettino nero, di quelli che vengono usati per fare brevi visite. La stanza in cui si trovava era accogliente. Pareti arancio, vari quadri e attestai di merito, due poltrone rosso scuro, scrivania e librerie in tinta mogano. 
Strizzò gli occhi e si massaggiò le tempie: aveva il mal di testa più atroce della sua vita. Non si era mai sentito così. Neanche dopo le numerose e pesanti sbornie di capodanno con i ragazzi, si sentiva così distrutto. Cercò di ricordarsi dove si trovava e provò a dire qualcosa.

«Dove...dove sono...» mormorò sentendo un sapore acido in bocca.
«Oh, si è svegliato, signor Sanders. Non si preoccupi, è qui, in ospedale, lo stesso posto in cui è svenuto.» annunciò Falls con un sorriso di compassione. 
«Svenuto...» disse a se stesso. «Sono svenuto?! Diavolo...» 
La testa gli faceva ancora male da morire: aveva bisogno di una sigaretta.

«Oh, ehi, dottor...Falls, giusto?» chiese esitante Matt. 
L'uomo annuì.
«Per quanto tempo sono rimasto così?»
«Oh, poco, circa 30 minuti, non si preoccupi per i suoi amici. Ho preferito non dir loro nulla, sono ancora nella stanza del paziente...non mi sembrava il caso informarli di un qualcosa tanto lieve quanto...beh, vede, sarebbe troppo, non trova? » l'uomo si avvicinò a Shadows con l'intento di controllare se stesse bene.
Il paziente...Oh merda! Johnny! Doveva andare da Johnny! E da Brian, Zacky...Ma prima che potesse dire qualsiasi cosa, Falls lo fermò.

«Alt! Aspetti, non c'è fretta, i suoi amici non si muoveranno, credo. Mi faccia controllare...come si sente?»
«Ho un mal di testa tremendo ma...sto bene. Per favore, mi dica...Johnny...il coma...» sibilò esitante. Adesso l'unico pensiero era Johnny.


Christ...Matt pensò a come doveva essersi sentito male. La morte di Jimmy era stato un brutto colpo per il piccolo della famiglia Sevenfold. Matt maledisse se stesso per non essersi reso conto della gravità della situazione. Johnny aveva soffocato il suo dolore nell'alcol e i ragazzi non avevano capito, non avevano pensato...
Scacciò dalla testa quel pensiero stupido: lo sapeva che nessuno aveva colpa, ma l'immagine di Johnny con gli occhi chiusi su quel letto freddo...era insopportabile. Si strofinò il viso e aspettò le parole di Falls.

«D'accordo.» Falls si sedette sulla poltrona rossa dritta davanti a Shadows e parlò. Parlò per dieci minuti senza interruzioni. 
Ogni sillaba era un pugno nello stomaco per Matt. Johnny aveva avuto un'incidente piuttosto grave ed era fortunato ad essere ancora vivo. Quando era arrivato in ospedale aveva un'emorragia celebrale e una allo stomaco, varie fratture, lesioni, slogature ed ematomi. Insomma aveva preso una bella botta. Erano riusciti a fermare subito l'emorragia allo stomaco, per quanto riguarda quella al cervello, c'era voluto più tempo. Troppo tempo. Il cuore di Johnny si era fermato più volte, nel corso dell'operazione ma alla fine ce l'avevano fatta. Johnny era sopravvissuto ma il coma aveva sequestrato il suo cervello, il suo cuore, la sua anima.

«Quando...quando si sveglierà? Voglio dire...presto?» chiese speranzoso Matt, ma poi si rese conto di quanto stupida fosse quella domanda. Si morse il labbro.
«Non si può dire, signor Sanders. Il coma è uno dei più grandi misteri della medicina. Potrebbe aprire gli occhi tra qualche giorno, settimane, mesi... » pronunciò l'ultima parola con una malinconia quasi tastabile «Anni.»
Shadows abbassò gli occhi, rassegnato. Prima Jimmy, adesso Johnny: la vita ce l'aveva con lui.
I momenti felici ad ubriacarsi con Brian, a suonare con la band, ad andare a pesca con Jimmy e Valary, a giocare a golf con Zacky e a baseball con Johnny, erano finiti.
Matthew Shadows non avrebbe mai più potuto versare la birra sulla cresta perfettamente acconciata di Christ. Matthew Shadows non avrebbe mai più punzecchiato il suo amico nano. Era tutto finito. La magia era scomparsa, la favola si era chiusa, e si era conclusa nel peggiore dei modi. 


Brian e Zacky vennero informati dalla stessa signorina Shell, poco dopo. Quando Matt entrò nella stanza, entrambi rimasero fermi, continuando a fissare il petto di Johnny che si alzava ed abbassava lievemente. Il suo respiro era fievolissimo, ma nel silenzio della stanza era chiaramente udibile.
Zacky fu il primo a prendere parola.

«Ce la faremo.» disse con convinzione. Zacky Vengeance aveva gli occhi chiari colmi di lacrime, che però avrebbe trattenuto. 
Nessuna risposta da parte dei suoi due amici.

«Mi avete sentito?» ripetè con tono aggressivo, guardando prima Syn, poi Matt. I due si voltarono e lo fissarono negli occhi con aria arresa, apatica, quasi morta.
«Jimmy se ne è andato e ce ne stiamo facendo una ragione, ma Johnny è ancora qui, capite? Noi siamo gli Avenged Sevenfold, dannazione! La miglior  band di questo fottuto mondo!» disse con una risatina nervosa. «Noi non ci arrendiamo, cazzo! Il nostro amico è vivo! E' vivo!» ripetè. «Verremo qui ogni giorno, gli parleremo, gli terremo compagnia finchè non si sveglierà. Perchè...cazzo...un giorno aprirà gli occhi e comincerà a sparare le sue solite stronzate da ometto ubriaco. Va bene? Dovremo essere forti, d'accordo, il tempo passerà e il dolore sarà sempre lì, ma noi dobbiamo farcela. Dio santo...siamo amici da quando eravamo bambini, finire così è...è ingiusto! Abbiamo sbagliato, sì, non ci siamo accorti dello stato di Johnny. Non ci siamo accorti di quanto soffriva...» le labbra gli tremarono. Lo sguardò si posò sul suo amico "addormentato" e, finalmente, una lacrima gli rigò il viso. Zacky se l'asciugò con una mano con la vilenza e determinazione di chi ne ha abbastanza di piangere sul latte versato. 
Intanto Brian e Matt continuavano a guardarlocon la fierezza negli occhi,  con un briciolo di speranza e sicuramente più convinzione.

«Gli porteremo una birra ogni tanto, l'appoggeremo su quel fottuto comodino e aspetteremo che si svegli e se la beva tutta. Resteremo uniti, dormiremo qui se sarà necessario, ma staremo insieme ed una cosa del genere non dovrà accadere mai più. Nessuno di noi dovrà essere costretto a piangere da solo, da oggi in poi lo si farà insieme. Saremo pazienti, non ci arrendermo come fanno molti davanti al coma...Noi...noi....» Zacky aveva parlato abbastanza, la voce iniziò a mancargli. Aveva urlato con un tono stanco, straziante, ma convinto. Credeva davvero in ciò che diceva e sperava che i suoi amici facessero altrettanto. 
Brian si alzò e guardò Zacky, che intanto fissava il pavimento, con le gambe tremanti ed un espressione arrabbiata, stressata e decisa. 

«Cazzo...si che lo faremo...» mormorò. «Cazzo! Certo che lo faremo!» stavolta urlò, quasi ridendo.
Zacky alzò la testa e i suoi occhi brillarono di nuovo. Si alzò anche lui, si avvicinò a Brian e sorrise. Poi fu il turno di Matt.
«Avete ragione..si!» disse anche lui con una certa determinazione, quella determinazione che aveva sempre avuto nella voce e che, ultimamente era svanita.
Poi i tre amici, si avvicinarono al centro della stanza e si abbracciarono, ridendo e piangendo nello stesso momento; un po' come quella volta tanto tempo fa, quando in quell'abbraccio c'era anche Johnny e soprattutto Jimmy. E in quell'abbraccio coinvolto, in quella stretta, ognuno di loro sentì una presenza estranea, ma non un intruso. Un calore avvolgente e amico che finalmente li univa di nuovo, un calore che sapeva di Guinness e risate, un calore familiare che forse, non era così lontano.

Penultimo capitolo.

 
 
  
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