Spencer Reid si era sempre sentito a disagio in quel garage.

Era un ambiente buio, freddo, tetro.

Sembrava il posto perfetto per uno stupro o un rapimento.

Era come se, da un momento all’altro, qualcuno sarebbe saltato fuori dall’ombra.

Si strinse nel cappotto e proseguì a testa alta, cercando di scacciare via quegli oscuri pensieri.

Preferiva di gran lunga il parcheggio in superficie, quello per i visitatori.

Quella sera, però, era sceso fin laggiù per parlare con Hotch.

Quel giorno il loro Capo aveva detto loro che, a seguito di una riunione con il Direttore, aveva appreso che la squadra avrebbe potuto sciogliersi. Ognuno di loro avrebbe ricevuto delle offerte alternative, sarebbero stati messi di fronte ad una scelta.

Spencer Reid aveva già preso la sua decisione. Doveva soltanto comunicarla al suo capo.

Hotch era filato via come il vento; per la prima volta aveva lasciato l’ufficio per primo.

Spencer non dovette sforzarsi molto per capirne il motivo.

Hotch era sicuramente a conoscenza delle sue intenzioni e, fuggendo via, voleva semplicemente evitare che i suoi più oscuri timori diventassero realtà.

Lo raggiunse quando era appena salito sul SUV.

Bussò al finestrino e con un cenno lo invitò ad abbassare il vetro.

Hotch, in tutta risposta, spense il motore e scese direttamente dall’auto.

La sua espressione sembrava triste.

Spencer ci aveva visto giusto: Hotch sapeva ciò che stava per dirgli.

Decise di non girarci troppo intorno, dopotutto sarebbe stato inutile.

-Lascio la squadra-   annunciò, guardandolo negli occhi.

La sua voce lo tradì, si spezzò a metà della frase, scoprendo le sue emozioni.

-Non farlo-   rispose Hotch dopo diversi istanti.

-Mi dispiace, ma devo. Non ce la faccio più. Non posso continuare a lavorare con te, è troppo doloroso. Ogni volta che ti guardo, che ti parlo, ogni volta che abbiamo un qualsiasi tipo di contatto, la mia mente mi riporta a quella notte-

Hotch aprì la bocca per controbattere, ma Reid glielo impedì con un gesto della mano.

Sospirò, poi riprese:

-Non preoccuparti, sei stato molto chiaro. So che devo dimenticare quello che è successo e, credimi, ci sto provando; ma lavorare con te, fianco a fianco, di certo non mi aiuta-

-Dove andrai? Il tuo posto è qui-

-Troverò qualcos’altro-   rispose semplicemente, stringendosi nelle spalle.

-No, devi rimanere. Sarò io ad andare via. Mi hanno già parlato di una Task Force…-

-Tu hai Jack! Devi rimanere qui accanto a lui-

-E tu?-

-Magari tornerò a Las Vegas, starò accanto a mia madre e sbancherò qualche casinò-   scherzò.

Non ci furono risate, ma solo il gelo più totale.

-Io accetterò il posto che mi hanno offerto e ti chiedo di rimanere qui a Washington. Sapere che tu sei qui, mi renderà più facile il distacco da mio figlio-

Una lacrima gli rigò il volto.

Spencer dovette soffocare l’istinto di asciugargliela con un bacio.

-Vuoi che resti qui per tuo figlio?-

Hotch annuì e riprese fiato.

-Sarà più facile per me stare lontano da lui, sapendo che per qualsiasi cosa potrà contare su di te-

-Perché mi chiedi di dimenticare la nostra notte d’amore, ma poi mi preghi di stare vicino a tuo figlio?-

-Perché ti amo, Spencer-

La risposta fu diretta come un ceffone in pieno volto, piacevole come la dolce brezza mattutina, devastante come la consapevolezza di un amore irrealizzabile.

-Allora rimani qui con me, Hotch-

-Non posso. Il mondo non è ancora pronto ad accoglierci-

Detto questo, si lasciò sfuggire un’altra lacrima.

Lasciò un bacio sulla fronte di Spencer, una carezza sul suo volto; poi salì in macchina e sparì verso l’uscita, lasciandolo solo in quel luogo tanto gelido, che per un attimo si era acceso d’amore.