Disclaimer: I fatti narrati
sono completamente di mia invenzione, i personaggi presenti in questa storia
sono realmente esistenti ed appartengono a loro stessi, ed io non intendo dare
rappresentazione veritiera ne del loro carattere ne della loro sessualità o
offenderli in alcun modo. E per finire non guadagno nulla da tutto questo, boohya! \o/
Note: Scritta per il p0rn
fest #5 @ fanfic_italia con
il prompt: RPF AVENGED
SEVENFOLD, Matt Shadows/Syn
Gates,
“Che cosa c’è tra di noi?” “Non lo so,
davvero.” e per il COW-T #2 @ maridichallenge
con il prompt: altrove.
Io non so davvero come sono finita a
scrivere questa storia, non scrivo su di loro da come minimo tre anni e sono
rimasta indietro su un sacco di cose ;___; ma qualche giorno fa mi è tornata
voglia di ributtarmi dentro al fandom D: ed avevo una
mezza cotta per questo prompt quindi non ho saputo
resistere :| (lol, lo so, sono una angst!whore in questo periodo, I regert nothing XD) E poi volevo
finire il fest fillando un prompt non messo lì da me stessa X’D
Sì, insomma, alla fine non abbandono mai un
fandom per sempre quindi aspettatevi di nuovo altre
mie entrate di questo genere /o/ *il fumo avvolge la stanza e lei scompare di nuovo*
Titolo da Tony the Tiger dei
Manchester Orchestra.
Conteggio parole: 2.262
I set a fire and I wasted it all on you.
Matt
ama la California.
Adora
caos, il fatto che non ci siano vere stagioni, ogni cosa per cui la gente la
critica. E’ casa sua, il posto in cui è nato e quello l’unico in cui
probabilmente avrebbe voluto vivere.
Non
ha mai sentito più di tanto nostalgia di
casa, soprattutto all’inizio. Quando hai venti anni e la possibilità di
fare qualcosa d’importante, che non significhi qualcosa solamente per te, e
farlo con i tuoi migliori amici, sei disposto anche ad andare dall’altra parte
del mondo. Certo, c’erano dei giorni in cui la vita nel tourbus
gli andava stretta e sembrava non sopportare più nessuno, quando la notte in
una squallida stanza di un motel fuori città sembrava non passare mai e sentiva
davvero la mancanza della sua famiglia e dei suoi amici, ma aveva sempre
pensato che facesse parte del gioco, ed il fatto di essere con i ragazzi aveva
sempre reso tutto molto più facile da sopportare.
Le
cose erano cambiate quando la band era diventata davvero grande, e loro non
erano stati più i soli a crederci.
Più
il tempo passava e più le cose negative saltavano all’occhio. Le date del tour
erano aumentate, così come le miglia che lo separavano da casa e la voglia di
tornarci, e c’erano state volte in cui, dopo aver lasciato cadere il borsone
sul suo pavimento di marmo ed essersi buttato di faccia contro il materasso –quello di camera sua, finalmente-, aveva
desiderato non partire mai più.
Naturalmente
quindici giorni dopo, non aspettava altro se non quello.
Ormai
sono quasi le due di notte, le luci al neon del locale hanno una leggera
sfumatura giallastra e sono rimasti in pochi seduti davanti ai piccoli tavolini
di legno di quel bar.
Matt
è arrivato con gli altri meno di un ora prima per festeggiare la fine del tour,
con indosso la stessa maglietta che aveva mentre si esibivano quella sera e la
sensazione che domani, seduti sulle poltrone di un aereo dell’American
Airlines, si sarebbero pentiti amaramente di aver scelto di uscire proprio la
sera prima di tornare a casa.
Beve
un po’ di birra e si morde appena le labbra. Non sono passati che pochi istante
dall’ultima volta in cui ha lanciato uno sguardo al suo orologio.
Zack, accanto a lui, finisce il gin che
riempie il suo bicchiere tutto d’un sorso per poi appoggiarlo di nuovo sul
tavolo in legno chiaro. Si sporge verso Johnny, mormorando qualcosa a mezza
voce che lo fa scoppiare a ridere.
Il
check-in del loro volo è tra meno di dodici ore e Matt è tornato ad avere
vent’anni e sperare che il tempo rallenti quel tanto che basta per riuscire a
rimettere a posto i pensieri nel suo cervello.
Dopo
qualche istante Zacky si volta all’indietro per
prendere il suo cappotto e Brian si alza in piedi. Con una mano tiene un
bicchiere di plastica e con l’altra il pacchetto di sigarette. Quando passa
accanto a lui un po’ del liquore che c’è dentro bagna il tavolo, lasciando
piccole macchie ambrate accanto ai graffiti e alle incisioni. Matt ne segue
distrattamente il percorso con le dita mentre con l’altra mano prende in mano
la tequila che aveva ordinato, senza portarla alle labbra.
La
verità è che domani sarebbe cambiato tutto.
Non
ci sarebbero più stati concerti in cui suonare, sarebbero stati a casa e non in
qualche città di cui non sapevano nemmeno pronunciare il nome, e non avrebbero
avuto più scuse.
Era
stupido perché, anche se, nonostante all’inizio magari ne avessero avuta
qualcuna, non erano che questo. Scuse.
Qualche
bicchiere di troppo, un bacio ruvido dietro al tourbus,
una sega fatta contro il muro di un cesso di un locale, il sentirsi lontani da
casa come non mai e l’idea che per una volta non conti. Ma era successo ancora e poi di nuovo, e ormai anche lui
cominciava a non credere più alle sue stesse giustificazioni.
Ancora
poche ore e avrebbero smesso di trovarsi da un’altra parte del mondo e,
qualsiasi cosa avesse ripetuto Matt nella sua mente quando lo baciava e un
accenno di barba gli solleticava il viso, non avrebbe più avuto senso.
Aveva
meno di dodici ore per decidere cosa fare oppure poteva semplicemente rimanere
a guardare. Se ciò che si ripeteva nella mente ogni volta che sentiva il sapore
amaro delle sigarette di Brian sulla bocca era vero, allora tutto sarebbe
finito da solo, nel momento in cui sarebbero atterrati.
Solo
che non era sicuro che questa sia la conclusione che desideri, non è sicuro che
non siano solamente tutte stronzate e l’unica ragione per cui desideri Syn sia perché è lui.
Non
è sicuro di un cazzo di nulla ormai, e sta cominciando a rompersi i coglioni di
sentirsi così.
Quando
entrambi tornano dentro, Brian rimane in piedi davanti a loro senza togliersi
il cappotto. -Beh,-comincia lasciando il bicchiere vuoto sul tavolo, -E’ stato
un piacere ma vi devo lasciare. Devo finire di radunare le mie cose e dormire
almeno due ore sta notte, altrimenti non penso di potercela fare.-
–Femminuccia-
mormora Zack, facendo segno al barista di preparargli
un altro giro.
Brian
si infila una mano nelle tasche, tirando fuori il portafoglio e lasciando
qualche banconota sul legno appiccicoso. -Oh, taci e risparmiati una brutta
figura, okay?-
-Fottiti.-
-Finchè c’è tua madre non
ne ho bisogno.- gli risponde dietro ad un sorriso e Zack
scuote la testa, mandandolo di nuovo a quel paese.
Matt
lo segue con lo sguardo finché la porta non si chiude dietro di lui e poi
finisce la sua tequila, ordinando un altro bicchiere subito dopo. C’è una
piccola parte dentro di se che spera che l’alcol lo aiuti a far finire la serata
esattamente come si sono concluse le ultime che aveva passato, confuse quel
tanto che basta da poter fingere che non fosse successo nulla ma non abbastanza
da sapere che in realtà non è così.
Beve
un altro sorso ma questa volta non è sufficiente per impedirgli di farsi pena
da solo.
Venti
minuti dopo, quando ormai la porta del locale si è chiusa e loro sono rimasti
ormai gli unici clienti del bar e hanno ordinato più di cinquanta dollari di
alcolici, anche Johnny si alza in piedi, andando verso il bancone per pagare il
conto.
-Quasi
mi sento in colpa a lasciarvi da soli- dice infilandosi il suo giaccone. –Cioè,
no.-
-Tanto
tra qualche minuto buttano fuori anche noi- mormora Matt appoggiando il proprio
bicchiere sul tavolo. –Anzi, forse è meglio che gli risparmiamo il disturbo.-
Zack borbotta qualcosa ma alla fine
annuisce, afferrando ancora il suo cappotto e rischiando di inciampare un paio
di volte nei suoi piedi mentre si dirige verso l’uscita.
L’aria
fuori dal bar è più fredda di quanto Matt non ricordasse.
Comincia
a camminare velocemente stringendosi nelle spalle, piccole nuvolette escono
dalla sua bocca ogni volta che respira e quasi non si accorge della mano di
Johnny che gli sfiora il braccio, quando il taxi arriva.
Matt
non si ricorda nemmeno come sia arrivato a bussare alla porta della camera di
Brian.
Lui
ci mette qualche minuto ad aprire e, quando Matt entra, la finestra che da sul
balcone è aperta e l’aria fredda ed un leggero odore di fumo hanno ormai
riempito la stanza.
-Non
posso dire di non essere sorpreso- dice lasciando cadere la sigaretta che tiene
tra le dita in uno dei bicchieri che tiene accanto al letto.
Matt
si toglie il cappotto, lo butta su una sedia e appoggia la schiena al muro.
Rimane in silenzio, cercando qualcosa da dire e sapendo che, nonostante l’alcol
che ha bevuto gli renda la testa leggera, non troverà mai le parole giuste.
Fuori
la città sembra deserta e silenziosa, l’aria fredda gli fa venire leggeri
brividi sulle braccia e lo fa sentire improvvisamente molto più sobrio di
quanto non sia in realtà.
Raggiunge
il letto in pochi passi, sedendosi sopra il copriletto chiaro. Si morde
l’interno della guancia e, ancora una volta, le parole che gli escono dalla
labbra non sono quelle che avrebbe voluto dire.
-Domani
a quest’ora saremo in California.-
Brian
sorride buttando fuori il fumo. –Già, mi manca parlare una lingua che tutti intorno
a me conoscono.-
-Peccato
però, era divertente vederti mettere alla prova le tue conoscenze
linguistiche.- mormora trattenendo una risata e, per un secondo la tensione che
lo circonda sembra sparire.
Brian
si accende un’altra sigaretta, rimanendo in piedi davanti alla finestra. –Ma vaffanculo! Tu non te la cavi di sicuro meglio di me!-
-Okay,
okay. Touché.- esclama Matt alzando le braccia e in
quel momento capisce come mai è così facile stare con Brian. Perché, non
importa dove si trovino, con lui si sente sempre a casa nonostante non ci sia
quasi mai.
Dopo
qualche istante, Brian schiaccia la sigaretta sul cornicione e chiude la
finestra. Si lascia cadere sulle coperte di schiena e il materasso rimbalza
leggermente sotto il suo peso.
-Che cosa c’è tra di noi?- mormora guardando il
soffitto.
-Non lo so, davvero.- lo sguardo di Matt percorre tutta la stanza senza
incontrare il viso di Brian mentre risponde perché sa che quella frase non gli
sarebbe mai bastate.
Non erano abbastanza nemmeno per lui.
–Questa
è una risposta un po’ del cazzo, Sanders.-
Matt
alza le spalle. -E’ l’unica che ho al momento.-
–Bella
merda.-
Matt
sospira e si morde le labbra. Ancora una volta sembra che le parole giuste gli
siano rimaste in gola e, per un attimo, ha quasi la sensazione che morirà
soffocato prima di riuscire a pronunciarle.
-Perché
sei venuto qui?- domanda Brian, incrociando le braccia sotto la testa.
Matt
scuote la testa. –Non rendere tutto più incasinato.-
-Non
lo sta facendo anzi, tutto il contrario. Se non hai una buona ragione per
essere qui, dovresti andartene.-
Ed
è un ragionamento che non fa una piega, tranne per il fatto che è tutto
sbagliato.
Quando
lo bacia, Matt sente il sapore delle sigarette di Brian sulle labbra e le sue
mani sulle braccia.
Cerca
di inghiottire ogni stronzata che è sicuro stia per uscire dalla sua bocca,
perché lui continua a parlare ma la verità è che non sta dicendo nulla. La
serata può finire in qualsiasi modo ma la verità è che Brian sta lasciando a lui ogni decisone, e
lui non è sicuro di volerne sostenere il peso.
Si
lascia cadere sul letto e gli alza leggermente la maglietta, le sue dita si
intrecciano velocemente nei suoi capelli, scompigliando quel poco che era
rimasto della sua piega.
Brian
si slaccia la cintura dei jeans e cerca di nuovo la sua bocca, i denti
graffiano leggermente la lingua di Matt e avrebbero potuto parlare per ore, ma
nulla era più chiaro di ciò che stava succedendo ora, in questo momento.
Brian fa leva su un gomito e sospira sulle
sue labbra, quando anche Matt si toglie i pantaloni. Gli graffia leggermente la
lingua con i denti, muove il bacino e, solo per qualche istante, il peso delle
parole non dette tra di loro scompare.
Succede sempre così, avevano continuato a
rimandare fino a che il tempo a loro disposizione non si era esaurito e, anche
adesso che sono arrivati al limite, non riescono a fare altro che rinviare
ancora.
Matt sente il respiro di Brian accelerare
contro la sua guancia e le sue labbra piegarsi in nuovamente in un sorriso
mentre incontrano la sua bocca. Sposta appena l’elastico dei suoi boxer per
infilare dentro la mano e Matt sospira contro il suo collo, tirandogli i
capelli e spingendo di più il bacino nella sua direzione. Per un attimo ha la
sensazione che le parole che a sulla punta della lingua da settimane stiano per
uscire ma quando incontra lo sguardo di Brian, il suo piccolo sorriso mentre
avvicina di nuovo il volto al suo, tutto ricomincia da capo.
Lascia cadere la testa su cuscini e gli
graffia le spalle lasciandogli dei piccoli segni rossi mentre Matt si abbassa,
prendendoglielo in bocca. E’ quasi sicuro di sentire qualcosa sfuggire dalla
sua bocca, tra i gemiti e le imprecazioni; due parole ed il suo nome,
sussurrate così piano da rischiare di perdersi persino nel silenzio di quella
stanza.
Matt lascia cadere la testa sul cuscino,
gli da un bacio ruvido sulle labbra e chiude gli occhi, mentre Brian cerca di
regolarizzare il ritmo del suo respiro. Le luci della città entrano pallide dal
vetro della finestra e dal corridoio, appena fuori dalla porta della camera, si
sentono dei passi pesanti e qualche risata.
Brian rimane fermo per un istante, dopo
essersi alzato in piedi per rimettersi di nuovo i boxer e prendere in mano il
suo pacchetto di sigarette, ma entrambi sanno che sta aspettando di sentire
delle parole che usciranno dalla bocca di Matt.
-Devo fare ancora le valige.- mormora dopo
qualche istante, mentre fa scattare l’accendino, e Matt sorride.
-Questo perché sei una primadonna peggio di
Zacky.- anche le labbra di Brian si piegano
leggermente. –Puoi farle domani, tanto anche io devo radunare le mie cose.-
-Oh, Matty, non
mi aspettavo questa mancanza di organizzazione da te.-
risponde, trattenendo una risata quando lo vede rivolgergli il dito medio.
Lascia cadere la sigaretta nell’acqua del
bicchiere accanto al comodino e si siede di nuovo sul letto, buttando per terra
le coperte ormai disfatte.
La cosa che gli fa più paura non era la
fine ma non riuscire nemmeno ad arrivarci, rimanere fermi in quella che sembra
una strada senza uscita e, per un breve istante, spera che essere altrove
domani gli aiuti a cambiare le cose, anche a porgli fine se è necessario. Ma
poi Brian lo bacia ancora, appoggiando una mano sul suo viso e, quando Matt gli
morde leggermente il collo e spinge il bacino verso di lui, pensa che
probabilmente rimarrà bloccato così per sempre.