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Autore: Lua93    12/02/2012    11 recensioni
Isabella Swan è una giovane Dottoressa, appena laureata in chirurgia e medicina. Per completare la sua formazione decide di partire per l'Asia sud-occidentale, durante la Seconda Guerra del Golfo.
Edward Cullen è un giovane Tenente, in missione di pace vicino Kuwait City, capitale dell'Emirato del Kuwait, arida regione Islamica. Tra le dune del deserto e il chiarore della luna i due protagonisti s'incontreranno incendiando il deserto con un'inarrestabile passione.
Genere: Guerra, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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15. Capitolo Buona Domenica, siamo già al 12 Febbraio, ma sono l'unica a vedere i giorni passare così velocemente? Io sono rimasta ancora alle vacanze di Natale, qui tra poco arriviamo a Pasqua xD
Finalmente anche da me è arrivata la neve *_* Bianca, fredda e perfetta , ha chiuso le scuole per due giorni, regalo fantastico da parte del cielo ù.ù
Comunque sia, tralasciamo queste riflessioni del tutto fuori luogo e dedichiamoci al capitolo. Avviso che è quello che stavamo aspettando da tanto tempo, sia voi che io ù.ù
Non so bene quello che ho scritto, mi sono lasciata trasportare molto e poiché il raiting scelto è l'arancione, mi sono mantenuta molto nel limite. Se lo doveste trovare incompleto non prendetevela con la sottoscritta, è la prima volta che descrivo una scena "rossa" xD
Non sarà l'ultima però, sono certa che ci prenderò la mano eheh.
Vi lascio alla lettura del capitolo, grazie a tutti voi, siete i lettori migliori del mondo ^^
Blue Foundation - Eyes On Fire consiglio di ascoltarla più volte durante la lettura in caso dovesse terminare prima della fine xD



                                                                                     
 
                                                                                         
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7 Aprile 2003



«Bentornata», il sorriso allegro di Alice mi diede il benvenuto nel dormitorio, mentre chiudevo la porta. «Ho visto la jeep partire, è davvero tutto finito?»

Annuii gettandomi di peso sul letto, «si e sono esausta», ammisi chiudendo gli occhi.
Sentii Alice ridacchiare, «dovresti riposare, sono più di ventiquattro ore che non dormi».
«Edward mi ha dato la giornata libera, pensi di potercela fare da sola?» le domandai sistemandomi più comodamente sul materasso.
«Certo, Jessica e Kristen mi daranno una mano».
Sbadigliai, strusciando la faccia sul cuscino, «solo un paio di ore, poi vi raggiungo».
Alice rise a bassa voce, «dormi testona».
Poco dopo avvertii la porta chiudersi mentre scivolavo tra le braccia di Morfeo.
 
Quando aprii gli occhi, la stanza era avvolta da una fastidiosa luminosità. Il sole era alto in cielo, irradiava ogni cosa sotto di esso. Le lenzuola intorno al mio corpo sudato divennero fastidiose, graffiavano sulla pelle. Mi sollevai lentamente, fisicamente sana, mentalmente persa.
Avevo bisogno di una doccia per levarmi quell’odore nauseante dal mio corpo. Così raccolsi il borsone da sotto il letto, portandolo direttamente con me verso i bagni.
Il silenzioso era opprimente, il campo sembrava essere stato avvolto da una bolla, proteggendolo dai rumori esterni. Ero sollevata, mi sentivo finalmente libera di un peso. La partenza di Jacob era stata una liberazione, potevamo finalmente smettere di fingere e Alice sarebbe potuta tornare a casa.
Chiusi gli occhi sotto il getto caldo dell’acqua, lasciando che il vapore avvolgesse il mio corpo. Mi sciacquai più volte, insaponando tutto il mio corpo. Non mi resi conto di aver finito l’interno flacone fin quando non uscì più nulla.
Una volta fuori dalla doccia, mi sentii finalmente pulita, non c’era più Jacob sulla mia pelle.
 
Verso mezzogiorno raggiunsi la mensa, trovando tutti i tavoli occupati dai soldati. Quando entrai, si voltarono verso di me, qualcuno sorrideva, qualcuno mi fissava preoccupato, ma tutti si girarono dall’altra parte, e seguendo i loro occhi, trovai il tenente infondo alla stanza, seduto con Jasper.
Quando i nostri occhi s’incontrarono, lo vidi accennare un sorriso, abbassando nuovamente lo sguardo.
Volevo raggiungere il suo tavolo, ma due braccia mi avvolsero, stringendomi affettuosamente.
«Bella mi dispiace così tanto» Angela tremava tra le mie braccia, la sua voce era un sussurro leggero.
La strinsi, ricambiando il suo abbraccio, «ti devo ringraziare, se non fosse stato per te, non sarebbe andata a finire così».
Sorrise, fissandomi con gli occhi lucidi, «sono felice di vederti stare bene. Hai messo qualcosa sul viso?» mi domandò apprensiva.
Annuii, sfiorandomi la guancia, «il lieve gonfiore dovrebbe sparire in meno di dodici ore». Le risposi.
Sembrò sollevata, «bene, perché da come ti aveva descritta Alice, dovevi essere peggio di una mongolfiera», disse facendomi ridere, «invece rimani sempre bellissima».
Arrossii, «Alice esagera sempre».
«Avrai fame, vieni ci sono le lasagne», disse prendendomi per mano, portandomi in cucina.
«Lasagne?»
«Scongelate». Ridacchiò porgendomi una grande porzione.
Mi sedetti sull’isola della cucina, iniziando a mangiare con gusto. Angela mi fissava sbalordita, evidentemente non aveva ancora capito fino a che punto potevo arrivare a stomaco vuoto.
«Lo sanno tutti?» Chiesi mandando giù il boccone con un sorso d’acqua.
Angela annuì, «si è sparsa la voce, ma il tenente ha fatto ben intendere che non voleva sentirne parlare. Ha chiesto ai suoi soldati di fare finta di nulla e di non disturbarti»
La fissai sorpresa, «oh».
«Eh già, adesso mangia prima che si raffreddi». Aggiunse con un sorrisetto malizioso.
«Forse dovrei andare di là», ipotizzai, ripensando alle sue parole.
Ridacchiò, «forse dovresti».
Scesi dal tavolo, portando il piatto con me. Angela rimase in cucina sistemando le stoviglie sporche, osservandomi mentre mi allontanavo.
Quando ritornai dai ragazzi, i tavoli pieni si erano dimezzati. Controllai il tavolo, dove era seduto Edward, e sorrisi nel trovarlo occupato.
Li raggiunsi velocemente, sedendomi accanto ad Alice.
«Ehi, ben arrivata, credevo che Angela ti avesse rapito». Sorrise, finendo la sua porzione di pasta.
Edward inarcò un sopracciglio scettico, «non credo che solo quella ti riempirà lo stomaco», disse indicando il mio piatto.
«Mi basterà», risposi facendo spallucce.
Jasper lanciò un’occhiata divertita ad Alice, sul tavolo le loro mani si sfiorarono, di tanto in tanto. Lui non le levava mai gli occhi da dosso, in un modo o nell’altro le faceva sentire sempre la sua presenza.
«Prendi il mio stufato», Alice sollevò gli angoli delle labbra, «io sono piena».
«Devi mangiare Alice, non ci sei più solo tu, ricordi?» Quello di Jasper fu un debole sussurro, mentre le guancie di Alice s’imporporarono di un timido rossore.
«Jasper ha ragione», intervenne Edward allungandomi il suo piatto, «Bella mangerà il mio». Disse sollevando lo sguardo su di me.
Sotto quegli occhi chiari non potei fare altro che obbedire, riempiendomi lo stomaco con quella prelibatezza.
«Sono felice». Disse improvvisamente Alice, cogliendoci di sorpresa. «Finalmente quel vile è andato via, ora possiamo riprendere a respirare». Spiegò stringendo la mano di Jasper.
Edward si voltò verso l’amico, «ora può tornare a casa».
Jasper annuì, sotto lo sguardo interrogativo di Alice.
«Aspettate un attimo, cos’è questa storia? Jasper lo sai che non andrò da nessuna parte senza di te». Disse irrigidendosi, «se io andrò via, tu mi seguirai, chiaro?»
«Non è così semplice Alice, io non ho ancora terminato il mio anno, non posso rientrare». Le spiegò cercando di non agitarla.
Le sue parole però sembrarono ottenere l’effetto contrario, Alice sbuffò infastidita, voltandosi verso di me. «Bella per favore, potresti spiegare a quest’idiota che, né io né suo figlio, torneremo a casa senza di lui?»
Jasper mi lanciò un’occhiata disperata, sotto lo sguardo spazientito di Edward.
«Mi dispiace Alice, ma questa volta devi obbedire. Non puoi rimanere qui in queste condizioni». Le risposi bevendo un sorso d’acqua. Il mio stomaco aveva smesso di brontolare, erano altre, adesso, le preoccupazioni.
«Non potete obbligarmi». Disse cocciuta.
«Adesso basta così», Edward catturò la nostra attenzione sbattendo leggermente la mano sul tavolo, «Alice non puoi rimanere, mi dispiace. Non sei attiva al cento per cento, ed io ho bisogno di collaboratori pronti a qualsiasi ora del giorno e della notte». Le disse incrociando le braccia sul petto. «Isabella non può fare anche il tuo lavoro. Per questo motivo, fra tre giorni tornerai in America. Un aereo americano partirà con i soldati in congedo e tu andrai con loro, fine della storia».
«E Jasper? Non voglio che mio figlio cresca senza un padre».  Borbottò con gli occhi lucidi.
Il sergente le strinse il braccio intorno alle spalle, attirandola sul suo petto. «Tornerò a casa il prima possibile», le sussurrò dolcemente.
«Ti prometto che lo farò tornare prima del parto». Disse Edward, il sorriso che ne seguii, sciolse tutti i miei dubbi.
«Promesso?» Sussurrai fissandolo.
Lui si voltò verso di me. Occhi negli occhi, «io mantengo sempre le mie promesse, Bella».
Quando ritornammo alle nostre abituali mansioni, capii che era arrivato il tempo, per me e Edward, di parlare, e questa volta non gli avrei permesso di tirarsi indietro.
 
Il cielo quella sera aveva assunto sfumature rossastre, mentre il sole tramontava alle mie spalle. L’aria era calda, la sabbia sembrava più gialla del solito sotto gli ultimi raggi del sole.
Non totalmente cosciente di ciò che stavo facendo, bussai  alla porta del dormitorio di Edward, e senza dargli il tempo di rispondere, entrai, ritrovandomelo davanti mezzo nudo, solo con un pantalone addosso. Probabilmente era tornato da poco dalla doccia, perché i suoi capelli erano ancora bagnati. Si stava vestendo, quando voltandosi i nostri sguardi s’incontrarono.
«Credevo fossi Jasper», disse leggermente imbarazzato, indossando la prima maglietta che gli capitò sotto mano. L’osservai incurante di fronte alle sue parole, perdendomi nella linee sinuose delle sue spalle larghe. Arrossi abbassando lo sguardo quando voltandosi, mi scoprì intenta a fissarlo.
«Avrei dovuto aspettare prima di entrare, scusami».  Bisbigliai trovando improvvisamente interessante il pavimento.
Edward non rispose immediatamente, rimase in silenzio per diversi secondi, e quando lo fece, quando mi parlò, improvvisante fu come se le altre voci non avessero alcun significato, non avessero più alcun suono. C’era solo lui.
«Credimi quando ti dico che sono altri i motivi per cui dovresti scusarti».
Sollevai la testa, incuriosita, «non credo di aver capito cosa vuoi dire».
Lui sorrise leggermente, «nulla. Piuttosto, come mai sei qui?» Mi domandò incrociando le braccia sul petto.
Tentai di rimanere lucida di fronte alla sua figura così austera e sicura, desiderai mostrarmi forte e sicura di me, ma davanti ai suoi occhi, precipitavo.
«Non abbiamo tutta la notte, Jasper arriverà a momenti», mi avvisò visibilmente divertito. Non ero ancora riuscita a capire come potesse assumere quell’atteggiamento così freddo e distaccato pur utilizzando quel tono di voce.
Scossi la testa, «non arriverà».
Edward sussultò sorpreso, «perché?»
«E’ con Alice, non credo però che rimarrà con lei tutta la notte». Risposi riflettendoci. Quella di Alice era stata una richiesta piuttosto semplice, desiderava solo passare un po’ di tempo con il padre del suo futuro bambino, prima di tornare a casa.
«E tu sei qui per avvisarmi di questo?» Mi chiese Edward con tono sarcastico.
«Anche, ma non solo.»
Edward si sedette sul letto, fissandomi. «Okay, allora cos’altro devi dirmi?»
Feci un grosso respiro, «volevo parlare con te.»
«Sono qui.»
«Esatto, è proprio per questo che sono venuta da te. Io sono confusa», borbottai sistemandomi una ciocca di capelli scivolata da dietro l’orecchio, «il tuo “sono qui” mi confonde, tu mi confondi». Precisai fissandolo. «Edward, credo sia arrivato il momento di parlare e farlo sul serio.» Dissi tutto in un fiato, «hai detto delle cose nel mio ufficio, quando mi hai salvata da Jacob», sussultammo entrambi dopo quelle parole. Lo vidi stringere le mani suo copriletto, stropicciando la stoffa leggera. «E io vorrei sapere solo se ci credevi sul serio in quello che hai detto».
«In ogni singola parola». Disse lapidario sollevando gli occhi su di me, «sarebbe inutile negarlo adesso, giusto?» chiese retorico, le sue labbra si sollevarono in un sorriso, «sarebbe da stupidi».
Annuii semplicemente, attendendo che continuasse.
«Non mentivo quando ho detto che ci tenevo a te, quando ho detto che nessuno doveva toccarti», fece un respiro profondo sollevandosi dal letto, «nessuno a parte me». Disse avvicinandosi.
Avvertii il battito del mio cuore accelerare dentro il petto, mentre le sue mani salivano sul mio viso, da prima insicura e tremolanti, poi sempre con più sicurezza si adagiarono intorno al mio collo, sino all’attaccatura dei capelli dietro la nuca.
«Quando hai detto che ero tua», sussurrai fissando le sue labbra sottili e dannatamente troppo vicine alle mie, «cosa-»
«Cosa significava?» Mi domandò interrompendomi.
Assentii, lasciando immobili le mie braccia lungo i fianchi, il mio corpo reagiva a ogni suo tocco invisibile, tremavo a causa della sua vicinanza.
Edward posò la fronte contro la mia, «significa», precisò con un sussurro, «che mi sono arreso. E’ da quando hai messo piede in questa base che combatto contro l’impulso di farti mia. Capisci quello che voglio dire?» Ridacchiò smorzando un po’ la tensione che si era creata tra i nostri corpi, «quando ti ho baciato, ho dovuto usare tutta la forza che avevo per allontanarmi da te».
Istintivamente portai entrambe le mani sulle sue braccia, «tu mi volevi».
«Io ti voglio, è diverso». Mi corresse, «l’aveva capito persino il sergente Black».
Una delle sue mani raggiunse il mio viso, accarezzandomi la guancia, non più gonfia, colpita da Jacob, «mi dispiace».
«Smettila di dire che ti dispiace, sono qui e sto bene». Ringhiai spazientita. Tutte quelle parole non facevano altro che confondermi.
«Dovrei allontanarmi», mi sussurrò all’orecchio, ma la sua presa non fece altro che aumentare intorno al mio corpo, in contraddizione con le sue parole, «dimmi di lasciarti e giuro che lo farò».
«E se io non volessi? Se lo desiderassi anch’io?» Gli chiesi avvertendo una fitta al basso ventre. I nostri corpi erano così vicini da innescare una reazione troppo pericolosa per poter essere ignorata.
Edward sgranò gli occhi, stringendo le labbra. Stava combattendo un diverbio interiore, lo potevo capire dalle espressioni che aveva assunto il suo viso. Lentamente, avevo imparato a conoscerlo.
«Cosa succederebbe se ti chiedessi di baciarmi?» Gli domandai allacciando le braccia intorno al suo collo.
Rimase sorpreso da quella richiesta ma qualcosa nei suoi occhi, forse il luccichio che avevano assunto o il colore liquefatto, mi fecero capire che anche lui, come me, non desiderava altro.
«Non ti permetterei più di uscire da questa stanza». Mi rispose dopo un tempo che mi parve un’eternità, posando le labbra calde e morbide sulle mie.
Fu un bacio lento, un riscoprire insieme le vecchie sensazioni, approfondendone le sfumature. Le sue mani stringevano il mio viso in una morsa d’acciaio, impedendomi d’allontanarmi. Non avevo paura di lui, come avrei potuto? La sua pelle contro la mia era come fuoco, lava incandescente che incendiava tutto lungo il suo passaggio. Desideravo approfondire quel contatto, così portai le mani sui suoi capelli ramati, completamente asciutti, percependoli setosi al tatto, esattamente come ricordavo dall’ultima volta che li avevo sfiorati.
Provai ad allontanarmi lentamente, per quanto Edward me lo permettesse, le sue labbra continuavano a cercare le mie, a bagnarmi la bocca con i suoi baci.
«Fai l’amore con me», farfugliai senza fiato.
 Lui mi fissò intensamente, «non posso», sussurrò  allontanandosi di qualche centimetro.
«Si invece», controbattei stringendo le mani intorno alla sua maglia, «smettila di pensare, fallo e basta».
«Ti assicuro che se fossi stato a mente lucida non ti avrei neppure baciato», sussurrò spostando il suo sguardo dal mio viso.
Strinsi la presa sul suo corpo, «non m’importa. Io ho bisogno di te».
«Sono qui».
«No, non lo sei. Io ho bisogno di sentirti, per favore», lo supplicai. Le gambe si fecero molli, incapaci di gestire il peso del mio corpo. Mi aggrappai alle sue braccia, avvicinando nuovamente il mio viso al suo. «Non mi vuoi?»
Gli occhi di Edward brillarono di una nuova luce, «è proprio perché ti desidero troppo che non posso farlo». Rispose ringhiando.
Ci fissammo in silenzio, nella semi oscurità della camera. Il profumo del bagnoschiuma sulla sua pelle richiamava le mie labbra. «Fai l’amore con me». Gli sussurrai nuovamente all’orecchio. Se quella sera fossi andata via, se quella sera lui mi avesse rifiutato, sarei crollata. Edward gemette quando le mie labbra sfiorarono il suo collo. E stringendo il mio corpo in un abbraccio stritolante e possessivo, capii che si era arreso.
Le sue mani arpionarono i miei fianchi, costringendomi a seguirlo sul letto. Mi fece scivolare sopra di lui, continuando a baciarmi senza il bisogno di respirare. Le sue mani erano così delicate mentre sfiorava ogni centimetro del mio corpo, da sembrare irreali, mentre assaporava con le labbra tutto il profilo del mio viso, fino a scendere sul collo. I suoi gesti erano cauti e leggeri, come se avesse il timore di spezzarmi. Mi sembrava quasi impossibile credere che quelle mani appartenessero al tenente. Lui che con i suoi gesti rapidi e le sue espressioni ciniche non aveva fatto altro che tenermi alla larga. Sembrava un altro uomo, benché la passione che sprigionava in quel momento, non fosse altro che un pallido riflesso, di quella tenuta nascosta la prima volta che mi aveva baciato.
Mi aggrappai alle sue spalle, cercando un appiglio. Con le braccia mi avvolse la vita mettendosi seduto, senza allontanarmi dal suo corpo. Mi separai dalle sue labbra controvoglia, cercando di riacciuffarle.
Edward sorrise, «sei impaziente e bellissima».
Nascosi il volto nell’incavo del suo collo, facendo scivolare le mani sul suo petto.
«Non ti allontanare ti prego, guardami Isabella. Hai sempre avuto ragione tu, ho bisogno di te». Sussurrò accarezzandomi con infinita lentezza la schiena, disegnando cerchi immaginari sulle vertebre. Obbedii perdendomi dentro quelle gemme liquide.
Trovai il bordo della maglietta nera che indossava, cercando di sollevargliela, ma solo con il suo aiuto riuscii a levargliela completamente.
Alzai il viso, osservando il suo petto nudo. La mia memoria non gli rendeva affatto giustizia. Con le dita accarezzai da prima le spalle larghe per poi scendere sul suo petto, dove vi era una piccola voglia color caramello. Mi chinai, baciandogliela con infinita dolcezza, riprendendo poi il cammino delle mie mani sui pettorali, alternando le carezze ai baci.
Edward sospirò lasciando che proseguissi con la mia esplorazione, prima di catturare le mie labbra tra le sue. Afferrandomi per i fianchi mi fece scivolare sotto il suo corpo, sfilandomi la maglietta. I nostri occhi non si persero mai di vista, neppure quando mi ritrovai di fronte a lui, solo con il reggiseno. Attese pazientemente che io acconsentissi prima di riprendere a spogliarmi, osservando accuratamente il tutto il mio corpo.
«Sei la cosa più bella che abbia mai visto», sussurrò mentre mi sfilava l’intimo, «non perderò il controllo, te lo prometto, posso fermarmi». La sua voce rauca mi fece tremare dal desiderio.
«Ci sei tu sul mio corpo, nessun altro. Non ho paura di te». Respirai affannosamente stringendo il lenzuolo quando Edward scese con le labbra sul mio corpo.
Ti voglio, non ti fermare.
Da prima baci lenti e delicati dietro l’orecchio, poi sempre più impazienti e bagnati sul petto.
Con impazienza l’aiutai a liberarsi dei suoi vestiti, rimanendo senza parole di fronte al suo corpo nudo. Iniziai a percorrere con le dita i muscoli delle braccia, fino a raggiungere la sua mano, che strinsi forte, con coraggio, ma anche con tanta paura. Non era affatto la mia prima volta, eppure i suoi gesti, i suoi movimenti, mi trasmettevano sensazioni mai provate prima.
«Quando mi guardi così, io non riesco a respirare.» Ammisi strofinando la punta del naso sul suo petto. Edward strinse forte la mia mano, portandosela sulle labbra.
«Ti desidero.» La sua voce bassa e roca mi fece rabbrividire. Osservai indistintamente le sue mani scivolare lungo la mia pancia piatta, fino a raggiungere il punto più delicato del corpo.
Avvicinai le mie labbra alle sue, cercando un altro bacio. Questa volta più intenso e profondo. Le sue dita mi portarono in paradiso, muovendosi abilmente dentro di me, e solo quando fui completamente pronta mi fece sua, continuando ad accarezzarmi e a venerarmi. E ogni spinta era un pezzetto di cielo che si disintegrava, sentivo la pelle bruciare sotto le sue mani, mentre mi portava a raggiungere le più alte vette del piacere. Strinsi le mani intorno al lenzuolo bianco, cercando di trattenere i gemiti di piacere. Edward respirava affannosamente sul mio viso, continuando a rubarmi baci. Sarei potuta morire in quel momento che nulla avrebbe avuto sapore più dolce di lui. Era la congiunzione perfetta di un’eclisse nel deserto. Era lui dentro di me ed io dentro di lui, due corpi pieni dell’altro, ma non era abbastanza, avrei voluto di più, chiesi di più. E Edward mi diede tutto se stesso.
Raggiunsi il culmine aggrappandomi alle sue spalle, mentre lui accompagnava gli ultimi movimenti prima di raggiungermi. E fu calore, fuoco che incendiava le pareti interne della mia anima. Solo dopo diversi minuti riuscii a riprendermi, rendendomi conto di ciò che era appena accaduto.
Edward uscii delicatamente, respirando affannosamente. Poi mi strinse forte tra le sue braccia baciandomi la testa, mentre respirava il mio profumo.
«Sei ossigeno puro Isabella Swan.» Sospirò continuando ad accarezzarmi. Mi lasciò fare quando posai l’orecchio sul suo cuore, ascoltando i suoi battiti.
«Non ti avrei mai creduto capace di tutta questa gentilezza, ti ho sempre visto così freddo e distante». Gli confessai dopo che esserci ripresi.
«Era un atteggiamento che mi hai portato ad assumere tu, anche se inconsapevolmente.» Ammise coprendo i nostri corpi intrecciati con il lenzuolo.
Sollevai il viso, incontrando i suoi occhi, più lucidi del solito, «davvero?»
Le sue labbra si aprirono in un sorriso sghembo che mi fece tremare tutta, «era un modo per tenerti lontana. Sin dalla prima volta che ti ho visto sapevo che non sarei riuscito a resisterti».
«Anch’io ti ho voluto dal primo istante». Sorrisi.
«L’arrivo del Sergente Black, devo ammettere che è stato un colpo basso.» Borbottò fissando il letto vuoto di Jasper, alla sua destra. «Ero convinto di poter gestire quello che provavo, e invece.» Sospirò affranto, «la gelosia mi ha sopraffatto».
«Sei stato bravo», gli dissi, osservando il suo profilo regolare. La linea del naso perfettamente dritta, la mascella squadrata e quelle labbra gonfie per tutti i baci ricevuti. «sei un ottimo soldato Edward».
«Non più da quanto ci sei tu». Mi confessò intrecciando le sue dita alle mie. «Non è un offesa, è solo una constatazione. Se ci fosse stata un’altra donna al tuo posto, probabilmente Jacob non ci avrebbe neppure provato, ma in quella stanza c’eri tu e io-»
«Tu sei arrivato e mi hai salvato», sollevai gli angoli delle labbra, «non è la prima volta che lo fai».
Mi diede un bacio leggero sulla fronte ancora sudata, «dovere».
Rimanemmo in silenzio, osservando l’oscurità della notte entrare attraverso la piccola finestrella.
«E adesso che si fa?» Gli domandai temendo un suo rifiuto.
Edward, al contrario, mi strinse più forte sul suo petto, «non ti lascio Bella. Questa notte sei con me, domani si vedrà».
 
 
 
 
E qui direi che possiamo ufficilamente dire che il bel tenente si è arreso alla dottoressa ù.ù
"Sei ossigeno puro" vi dovrebbe ricordare Gray's Anatomy, non me ne vogliate, l'ho trovata perfetta per quel momento tutto loro.
A Domenica prossima, buon inizio settimana.
Lua93.
   
 
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