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Autore: Ariana_Silente    12/02/2012    4 recensioni
"La notte che suo fratello morì aveva bevuto una pozione che lo fece uscire di senno. Urlava, supplicava qualcuno che non c'era. 'Non far del male a loro, ti prego, fa' del male a me, invece.' Credeva di essere con lei e Grindelwald, lo so. Vedeva Grindelwald che faceva del male a lei e ad Ariana... era una tortura per lui: se l'avesse visto allora, non direbbe che era libero." da Harry Potter e i Doni della Morte.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
- Questa storia fa parte della serie 'Declino'
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Non era Libero.

 

«Alla tua salute, Harry.»

 

Il primo sorso non fu amaro o dolce, non c'era traccia di acidità... ma inondò le viscere di un gelo inaudito, rallentò il pulsare ritmico e vitale di ciascun organo, rallentò i circoli e i processi, al secondo sorso precipitò all'indietro, la terra mancante sotto i tre quarti della pianta del piede, un lungo dirupo cilindrico, cupo e limitato, dello stesso diametro delle pupille dilatate...

«Lei che cosa vede, quando si guarda in quello specchio?» – chiese l'undicenne Harry turbato.
«Io? Mi vedo con in mano un paio di grossi calzini di lana. [...] Non bastano mai. [...] Chissà perché a me regalano soltanto libri.» – lo sguardo indugiò dubbioso sul manufatto polveroso...


Io? Cosa vedo allo specchio?


Lo Specchio delle Brame gli si parò davanti, antico e arcano, saldo su quelle leonine zampe possenti, beffardo nella sua lingua dimenticata... forme indistinte sulla sua ombrosa superficie liscia.
Quattro figure stavano prendendo forma, iniziavano a diventare consistenti... reali... si intravvide il sorriso dipingersi sui loro volti malinconici...
Le dita tremanti si allungano verso la superficie riflettente, quasi i polpastrelli sfiorano il freddo.
Un suono sinistro, di vetro in frantumi, stride brutalmente nel silenzio della sua emozione camuffata per troppo tempo, un'atroce crepa si diparte dalle sue dita insanguinate, lunghe e affusolate e prima che si possa rendere conto di quanto sta accadendo, una miriade di altre crepe distruggono lo specchio e i frantumi schizzano via, per la maggior parte investendolo, cade in quel baratro pauroso, attraverso lo squarcio simile a un bacile luminescente...

«Non fargli male, fai male a me, lascia stare loro.»

  

La sala non era mai stato un luogo silenzioso, era per quello che preferiva evitarla perché i suoi fratelli ci andavano spesso a giocare ed era lì che i suoi genitori rimanevano con gli amici fino a tardi, ma il chiacchiericcio, gli strilli e i suoni in generale erano sempre stati gioiosi e vivaci, mai gli erano sembrati minacciosi o pericolosi...
Le loro urla erano colme di rancore, i gesti tesi e pronti a farsi male, doveva separare Ab da Grindelwald, mettersi in mezzo gli parve la soluzione migliore, ma il ragazzo biondo fu più rapido e l'incantesimo scaturì fulmineo dalla sua bacchetta e Ab fu scaraventato via.
Non ci pensò due volte e respinse il biondo con decisione che però tornò all'attacco, colpendo suo fratello.
Le urla di agonia che gli sorsero allora dalle labbra, lo inchiodarono inebetendolo e un viscido freddo stritolò cuore e polmoni...

«Basta, basta, ti prego...»
«Beva professore, beva.» - ma non poteva udire il panico del diciassettenne magro e atterrito, mentre l'agonia di suo fratello, frutto della sua stoltezza, lo uccideva per l'ennesima volta...


Incredulo e atterrito da quello cui aveva assistito, la sua mente tanto elogiata per la prontezza di pensiero e acume, lo abbandonò, nel momento esatto in cui la realtà che aveva ignorato gli si presentava in tutta la sua brutalità bestiale.
I secondi si allungarono, torcendosi nell'atrocità del dolore di Ab.
Passò lo sguardo dal viso noto e familiare, nonostante fosse stravolto dal dolore, del corpo a terra, al volto concentrato e spigoloso che vi troneggiava sopra, bacchetta sguainata.
Rimaneva poco di quanto conosceva di quel viso: i muscoli contratti davano strani tratti, il colorito porporino stonava con la consueta tonalità chiara, le labbra aggrottate in un ghigno di soddisfazione, gli occhi animati solo dalla volontà di sopraffare, non gli erano familiari. Non c'era allegria, non c'era spensieratezza, nemmeno traccia di quella dolcezza che era riuscito a cogliere in alcune occasioni in quegli occhi di ghiaccio che tanto lo ammaliavano.
Non era la persona che aveva voluto conoscere, era ciò che aveva ignorato, più o meno consapevolmente.
La confusione, gli strepiti e il dolore che ne seguì fu il momento peggiore di tutta la sua esistenza. Improvvisamente, comparsa dal nulla, tra di loro ci fu la figura esile e sottile della sorellina tanto effimera ed eterea da sembrare un fantasma, il viso di bambina invecchiato e abbruttito dalla negazione di se stessa.
Le emozioni vi avevano ormai sopraffatti, eravate solo coscienti del dolore, della rabbia e della paura.
Quell'apparizione femminile, solo una lieve brezza e nient'altro, l'attimo prima era accanto ad Ab ad agitare le braccia, gli occhi febbrili, l'attimo dopo, nemmeno un battito di ciglia, allo spegnersi dei vostri incantesimi incrociati e variopinti, lei non era più accanto ad Ab, ma giaceva ai suoi piedi.

Le grida in sospeso, le bacchette levate a mezz'aria, gocce di sudore e sangue caddero rumorosamente, inframezzandosi a quell'assordante silenzio.

 

Cos'era successo?
Cosa avete fatto?

 

Chi?

Domande che presero vita e forma tra voi, inchiodando voi rossi alla vostra perdita e inducendo il biondo a scappare, senza guardarsi indietro, il più velocemente possibile in una rumorosa e scomposta ritirata.
Non sentiste nemmeno il rombo di quei passi frettolosi e assassini allontanarsi, chini, spaventati e disgustati da quello che era appena accaduto di nuovo, decretando l'ingiusta fine di quella bambina dolce e malinconica.
Il più grande dei due ragazzi sollevò lo sguardo, sentendosi bruciare la pelle del viso. Incontrò gli occhi furiosi e accusatori del più giovane.
Rimasero così molto a lungo, in silenzio, non c'erano parole per quella tragedia atroce, nemmeno di accusa o di dolore.
Solo il tempo avrebbe potuto constatare se una ferita simile avrebbe potuto essere risanata...

«Acqua...»

Avrebbe annegato il fuoco gelido che gli ribolliva nella mente e nel cuore.

«Protego! Stupeficium! Impedimenta!»
«Incendio.»

 

Silente si erse terribile e debole, gli occhi stralunati.
Ma non ne avrebbe fatto parola, mai.
Quel dolore e quella colpa gli appartenevano, nessuno doveva sapere.
Aveva succhiato la segretezza col latte materno, ad Ab piaceva ripeterlo.

Era la verità.



****




«La notte che morì suo fratello aveva bevuto una pozione che lo fece uscire di senno. Urlava, supplicava qualcuno che non c'era. "Non fare del male a loro, ti prego...fai male a me, invece". Non era libero, se lei lo avesse visto allora, non direbbe che era libero.» 

  
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