Le cose non andavano bene. Per niente.

Ormai erano mesi che non riuscivano a comporre qualcosa di buono. L’aria si faceva sempre più pesante e tutto era teso.
Non volevano ammetterlo, eppure tutto portava alla più drastica decisione. Non era possibile, eppure questo pensiero incombeva sempre più minaccioso nella realtà.
Ed eccoli lì, seduti su un tavolino degli Hansa Studios di Berlino, senza far nulla. Tutti i giorni la solita solfa: non una parola, non una risata, non una nota. Le ore passavano lentamente e ogni minuto era una pugnalata a tutto quello che erano riusciti a costruire in quindici anni. Anche quando erano intenzionati a rimarginare la ferita, non ci riuscivano. E cadevano di nuovo vertiginosamente giù.

Quel giorno ognuno era avvolto nei suoi pensieri, nelle sue preoccupazioni. Senza rendersene conto, stavano costruendo un muro che li separava gli uni dagli altri.
Paul era stufo di tutto, avrebbe voluto cancellare dal mondo ogni sua impronta lasciata e abbandonata.
The Edge? Forse era quello che stava peggio. L’amore di una vita stava volando via per non tornare mai più. Non riconosceva la sua donna, non riconosceva i suoi migliori amici, non riconosceva se stesso.
Larry aveva perso la fiducia. Perché le cose non erano andate diversamente in quel lontano autunno del 1976? Forse ora non si sentirebbe così solo, senza qualcuno che lo aiuti a ritrovare la felicità.
Adam vedeva andare la sua vita a rotoli. Dopo essere arrivato all’apice del successo, stava sprofondando in un baratro colmo di disprezzo, malinconia e rabbia.
Era impossibile riconoscerli. Non c’era più quell’espressione gaia e lieta sui loro volti. Negli occhi si leggeva solo sconforto. E delusione.
Fuori pioveva. Ogni goccia era una lacrima del loro cuore. Non riuscivano a reggere quella straziante situazione. Sembrava impossibile, eppure era così. Il sole era scomparso, la nebbia offuscava le loro menti. Così persi nel nulla, non riuscivano nemmeno a capire cosa li aveva spinti oltre il limite.
Chi beveva, ci leggeva. Chi suonava, chi sospirava.

Qualcosa cambiò.

Un impercettibile suono uscì dalle labbra di Bono. Un suono portatore di verità e chiarezza. Prese coraggio e il suono si trasformò in una frase. Le sue mani sfioravano lentamente le corde della sua chitarra.
“Is it getting better? Or do you feel the same?”
Non c’era bisogno di dire altro, era palese che era rivolto a Dave.
“Will it make it easier on you now you got someone to blame...”
Adam e Larry si voltarono. Capirono che qualcosa si stava trasformando. Presero il basso, le bacchette e passarono la chitarra ad Edge. Suonarono, si sfogarono. Tutto il dolore che si era accumulato nel loro cuore stava svanendo. Bono continuò a cantare.
“You say one love, one life.. When it’s one need, in the night.. It’s one love, we get to share it.. It leaves you baby, if you don’t care for it..”
E continuarono. Furono i cinque minuti più intensi degli ultimi mesi. Riecco i sorrisi, riecco i cuori battere di nuovo all’unisono. La porta della loro amicizia non era più chiusa a chiave, finalmente era un portone spalancato.

Che cosa strana la vita; basta così poco per renderla un inferno a altrettanto poco per renderla un paradiso. Era iniziato un nuovo capitolo. La canzone si sarebbe chiamata One. Che vuol dire? Tutto e niente. Dipende solamente dall’animo che lo intende.


Nota dell'autrice:
In questa ff ho cercato di capire le emozioni degli Irlandesi durante deul lungo e duro periodo che precede Achtung Baby. Recensite e commentate, grazie! =)