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Autore: ignorance    14/02/2012    4 recensioni
”Non vedo perché non dovremmo usare il vantaggio di essere entrambi gloriosamente uomini”
A Lupin_love e Human_, banalmente.
Genere: Commedia, Demenziale, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Hermione Granger | Coppie: Draco/Harry, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Commenti dell'autrice: Veloce veloce veloce, altrimenti mi spodestano. Piccola sciocchezzuola di San Valentino (a questo proposito vi ricordo di dare un'occhiata a Would You Be, il cui capitolo principale posterò giusto oggi) senza tante preterse, Demenziale il giusto, zuccheroso neanche poi tanto.
Discalimers: i personaggi chiaramente non mi appartengono e blablabla – scusate, sono veramente di fretta. Niente sommario, tra l'altro. D:
Oh, le recensioni saranno grandemente apprezzate, ovviamente. Siate buoni, è San Valentino!

A tuuuutti tutti tutti, perché abbiano un San Valentino se non zuccheroso quantomeno decente. È un augurio spiccio, ma di questi tempi ci si deve accontentare, uhn?

Una dedica particolare a Lupin_love e Human_. Perché del resto non ho molto altro da donarvi, se non un paio di parole messe neanche così decentemente in fila.



***



Ron Weasley faceva ticchettare nervosamente le unghie sulla scrivania del Ministro della Magia.
Prima partiva dal pollice, poi passava all'indice, successivamente al medio, all'anulare e ancora al mignolo. E poi, a ritroso, mignolo anulare medio indice pollice. E ancora, pollice indice medio anulare mignolo. La meraviglia del corpo umano stava nel fatto, pensava il suo interlocutore, che riusciva a fare tutto ciò con una coordinazione impressionante, facendo contemporaneamente avanti e indietro davanti alla suddetta scrivania.

Che poi, se ci si pensa bene, non è che lui fosse poi questo grande interlocutore. Il silenzio era permeato di nervosismo, rotto soltanto da quel dannato ticchettio, tanto per cambiare, nervoso. Era così da quindici minuti. Quindici minuti di silenzio assoluto, e quell'orribile ticchettare di unghie sulla sua scrivania, sulla sua dannatissima scrivania.

Non che lui, poi, desiderasse realmente interromperlo. Essendo terribilmente empatico – hum, sì, abbastanza, insomma –, un po' di nervosismo era calato anche su di lui, e decisamente il mutismo teso nella stanza non lo aiutava di certo. L'interlocutore, che tanto interlocutore non era, se non quanto una persona che parla con un cactus possa trovarvi un meraviglioso interlocutore, si decise quindi a schiarirsi la voce.

“Hum, Ron”, cominciò il sopracitato possessore della scrivania, nientepopodimeno che il Ministro della Magia correntemente in carica, il Golden Boy, il pluripremiato Sorriso dell'Anno del Settimanale delle Streghe, il Bambino-Che-Era-Sopravvissuto, il tizio che aveva sconfitto Voldemort; insomma, Harry Potter. “Mi spieghi un passaggio fondamentale che temo di essermi perso?”

Alla domanda, il ticchettio miracolosamente s'interruppe. Ronald Weasley rivolse tutto il suo nervoso metro e novanta, efelidi e capelli rossi compresi, verso di lui, con un'espressione da cane bastonato impareggiabile.

Non disse niente, ma già la sua attenzione doveva pur valere qualcosa, no? “Ron, perché sei qui?” Harry si decise, non senza qualche tentennamento, ad esporre i suoi dubbi. Congiunse le dita sul legno della scrivania, ormai orribilmente sfigurata dalle unghie dell'amico, e pensò che faceva un bell'effetto. L'avrebbe rifatto al prossimo interrogatorio, di sicuro. Gli dava un'aria importante non indifferente.

L'espressione del rosso mutò come solo può fare la temperatura all'arrivo di un paio di Dissennatori: divenne un incredibile concentrato d'indignazione pura, come se fosse deprecabile non sapere cosa diavolo voglia il tuo migliore amico, tutto un ammasso di nervi a fior di pelle, che si presenta nel tuo ufficio alle otto e mezza di una normalissima giornata lavorativa, e comincia a smostrarti la scrivania a forza di unghiate, usandola come xilofono per un quarto d'ora.

“Hermione”, sillabò Ron, serrando le labbra screpolate dal freddo. Harry lo osservò qualche istante, indeciso se continuare ancora quella farsa o buttare fuori l'amico a calci nel sedere, chiedendogli un cospicuo risarcimento per la scrivania antica che aveva appena trucidato barbaramente.

“Be'?” La sua decisione risultò abbastanza ovvia. Forse la più saggia, considerando che Ron non aveva un soldo e perdere la sua amicizia per una stupida scrivania sarebbe stato terribilmente idiota. Harry si tese in avanti, sempre con le mani giunte, e dimenticò persino di dover compilare un numero immane di scartoffie per l'indomani. “Cos'è successo, Ron?”, incalzò lentamente, un po' in apprensione.

Ron abbassò lo sguardo, mordendosi rabbiosamente il labbro inferiore. Batté il piede a terra due volte, poi rialzò lo sguardo e lo piantò nel suo. “Sai che giorno è oggi, Harry?”, chiese solo, smozzicando le parole, troppo arrabbiato per riuscire a finirle.

Harry annuì, piano. “È martedì”, disse, un tantino preoccupato. Ma sì, era martedì. Ne era sicuro.

Ronald lo guardò, come se si fosse dimenticato un pezzo importante. Fece un cenno con la testa, come per incitarlo ad andare avanti.

Il Ministro si chiese distrattamente dove l'amico volesse arrivare, però lanciò un'occhiata al calendario attaccato al muro e lesse: “Martedì 14 Febbraio”. Aha! Era sicuro che fosse martedì.

“A volte penso che tu sia totalmente fuori dal mondo, amico”, fece il rosso, con gli occhi sgranati e finalmente dimentico della sua irritazione ancora inspiegabile. “È San Valentino. San Valentino!”, ribadì, come per chiarire il concetto.

“Ah”, ribatté Harry con voce completamente incolore. “E allora?”

Ron impallidì, poi si fece improvvisamente paonazzo. “E allora è San Valentino!”, ripeté, adesso decisamente arrabbiato. “E nonostante io abbia comprato un regalo che non mi potevo assolutamente permettere ad Hermione, lei non vuole...” s'interruppe, evidentemente troppo sopraffatto. “Lei- lei non vuole”, singhiozzò, con la voce arrochita. Le sue orecchie diventarono di un improbabile color aragosta e i suoi occhi si fissarono all'improvviso in un posto imprecisato dietro le sue spalle. “Be', vedi, lei mi ha spiegato che le dispiace un sacco, ma che- be', è in quel periodo del mese, e quindi stasera...” lo guardò, sperando che capisse senza dover necessariamente terminare la frase.

E Harry capì. Si fece pallido come un cencio, slacciò le dita che aveva tenuto intrecciate fino ad ora e si accasciò tremante sulla sedia che, miracolosamente, aveva sotto al sedere. “Oh”, mormorò solo. “Mi... Mi spiace”



***



Harry si slacciò il mantello con un sospiro e lo appese stancamente all'appendiabiti dietro la porta. Cominciò a sbottonarsi anche la camicia e si fece avanti nell'ingresso, borbottando un: “Sono a casa” che non andò precisamente a vuoto.

“Potter, sei tornato?”, gli giunse alle orecchie la voce tagliente che negli anni aveva imparato ad apprezzare e, poi, ad amare. Draco Malfoy sbucò dalla cucina, con la sua inseparabile tazza di caffè in mano, vestito di un dolcevita nero e un paio di anonimi jeans aderenti del medesimo colore. Il problema, pensò incoerentemente Harry, era che, quando fasciava le gambe di Malfoy, nessun jeans riusciva a sembrare anonimo.

Annuì piano, continuando a camminare verso di lui, e quando il mento affilato di Draco gli affondò nella spalla non poté fare altro che stringergli dolcemente i fianchi con le dita. “Bentornato”, soffiò Malfoy, riuscendo comunque a sembrare terribilmente scocciato. “Era ora”, soggiunse infatti, facendosi indietro di un passo. “Ho fatto il caffè”, disse poi, e tornò in cucina.

Harry scosse la testa, ma lo raggiunse immediatamente in cucina. Si accasciò di peso su una sedia, con un lungo sospiro, e Draco gli porse una tazza ricolma di caffè bollente scrutandolo attentamente dall'alto. “Giornata dura?”, indagò, monocorde, come se non gli interessasse poi granchè.

“Um, non poi molto”, rispose Harry, meritandosi un'occhiataccia.

Il Ministro sorrise lievemente, prendendo un sorso dalla tazza e scottandosi, chiaramente. Rinunciò immediatamente al caffè e posò la tazza sul tavolo, tentando di nascondere di aver perso parzialmente sensibilità alla lingua. “Hem”, si schiarì la voce, sotto lo sguardo attento di Draco, che beveva tranquillamente il suo liquido incandescente, con l'espressione di un gatto soddisfatto, appoggiato al lavello.

“Ho avuto, in effetti, dei problemi”, confessò, cautamente. Scosse la testa come per scacciare il pensiero, ma continuò: “Con Ron”.

Pessima mossa. Draco lo guardò, gongolante, come se gli avesse appena detto che aveva vinto un milione di galeoni alla lotteria. “Oh, davvero?”, fece, decisamente interessato. “Spero che non abbiate litigato”, tentò quindi, con il tono meno dispiaciuto e speranzoso del suo repertorio.

Stavolta fu lui a meritarsi un'occhiataccia. “Niente di simile”, si affrettò a chiarire Harry, in un borbottio. “Ha dei problemi con, ehm, con la sua signora”

Draco, dopo la delusione iniziale, sembrò illuminarsi. “Con la M- err, con la Granger?”, indagò, suadente, avvicinandoglisi. Harry gli scoccò un rapido sorriso. Il solo fatto che si fosse limitato al cognome era un gran passo avanti. Annuì, imbarazzato.

“Mi rifiuto di dire altro, comunque”, sbottò, vedendolo decisamente troppo vicino all'estasi mistica.

Draco s'imbronciò. Ovvero, inarcò leggermente le sopracciglia e allargò gli occhi, spingendo in avanti il labbro inferiore. Inoltre, si fece improvvisamente molto più vicino. Posò la sua tazza di caffè sul tavolo e si tese verso di lui, rapido. Aggirò velocemente il tavolo e gli appoggiò una mano sulla spalla. “Oh, avanti”, flautò, dolce come miele che scende giù per la gola, passandogli lentamente le dita sul collo, leggere come farfalle. “Non lo dirò a nessuno”

Harry deglutì. Le dita di Draco scesero ad accarezzargli il petto, infilandosi tra i bottoni già slacciati. “È... Oggi è San Valentino, sai”, mormorò, mentre la mano di Malfoy, calda e morbida, gli palpava carezzevole i pettorali.

“Uhn, sì, mi pare sia così”, sussurrò Draco, chinandosi a mormorargli quelle parole sul collo, facendolo rabbrividire. “Be'?”, soffiò, lappandogli gentilmente la giugulare.

“Pare che Herm- che Hermione abbia dei, ehm, problemi”, borbottò il Ministro, troppo distratto dalla lingua di Draco, che continuava a leccargli languidamente il collo, per accorgersi che le sue dita si erano chiuse sul bottoncino di carne che era il suo capezzolo. Se ne accorse quando esse cominciarono a torturarlo, ma ormai era troppo tardi.

Quando sentì i pantaloni farsi decisamente stretti e l'aria farsi bollente, buttò fuori un sospiro tremulo e cedette. Non ce l'avrebbe fatta ancora per molto, comunque. “Lei è in quel periodo, pare”, sbottò, imporporandosi al solo pensiero. La lingua di Malfoy si fermò di botto.

“Oh, Salazar divino, non me lo dire”. Draco si tirò su, scoccandogli uno sguardo incredulo. Parve non accorgersi del ringhio contrariato che era fuoriuscito dalla gola di Harry, perché scoppiò a ridere di gusto, accasciandosi contro la sua spalla. “Oh”, singultò, “Oh, qualcuno lassù esiste”, ridacchiò ancora. “Ti- Ti prego, non è possibile”.

Lo guardò, decisamente divertito, e la risata gli morì in gola. Harry lo guardava, con le labbra umide e lo sguardo fosco. Non sembrava rallegrato come lui. No, infatti.

“Potter”, tentò, tornando immediatamente serio. “Cosa-”

Harry se lo tirò contro, e senza tante cerimonie gli infilò la lingua in bocca. Dopo la lieve resistenza iniziale, dettata più dalla sopresa che non da un reale desiderio, sentì Malfoy arrendersi cedevole al bacio, facendosi più vicino, sino a trovarselo a cavalcioni sulle gambe, con il petto premuto contro il suo.

Percepì chiaramente l'affanno di Potter, e il modo in cui gli premette un paio di dita sul cavallo dei pantaloni lo costrinse a gemere rocamente contro la sua lingua.

Quando le loro labbra si sciolsero, Draco gli picchiò piuttosto delicatamente una mano sul ventre e ridacchiò deliziato. “Oho, Potter, come siamo intraprendenti oggi”, lo apostrofò, ancora divertito. Gli leccò languidamente l'angolo destro della bocca e rise. “Ti prego, non me lo dire”, mormorò, strusciandoglisi contro con il bacino. “Non dirmi che adesso sei contento”

Harry non colse. Gli lanciò uno sguardo nebuloso e piegò la testa di lato. Si sarebbe grattato la nuca, se le sue mani non fossero casualmente finite a stringere il sedere di Malfoy.

Draco sembrò ancor più contento della sua confusione. “Ti ricordo che è San Valentino, Potter”, gli soffiò sulle labbra, ritornando con le mani ai suoi capezzoli. “E che io non sono una donna. Non ho nessuno di quei problemi da plebei”, gongolò. “Weasley potrà anche passare la notte in bianco...” insinuò infine, facendolo impallidire leggermente e sfregandogli le dita contro il petto, “ma noi no. Non vedo perché non dovremmo usare il vantaggio di essere entrambi gloriosamente uomini”.

Fu quando Harry gli sbuffò una risata contro il collo e cominciò a sganciargli la cintura, che Draco capì che avrebbero abbondantemente usato quel vantaggio.
   
 
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