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Autore: LadyInDark    14/02/2012    9 recensioni
Questa one-shot è ambientata dopo la saga di Cell. Un semplice momento di vita quotidiana alle Capsule Corp. Buona lettura!
Estratto:
[“Ti ricordo mio caro, che Trunks è anche figlio tuo! Quindi vedi di renderti utile!”. Detto questo, girò i tacchi e se ne andò. Vegeta irrigidì la mascella e incrociò le braccia al petto, poi si voltò verso il moccioso, che aspettava di essere imboccato.]
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Trunks, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Piccola peste

 

 

Bulma fu svegliata dai raggi del sole, che prepotentemente si erano insinuati fra le persiane semichiuse. Sbadigliò sommessamente e si voltò su un lato, intenzionata a prolungare di qualche minuto il sonno da cui non era ancora uscita. Restò in quella posizione per una manciata di secondi, poi, aprì di scatto gli occhi. L’orologio sul comodino indicava che mancavano pochi minuti alle otto. Non ricordava quand’era stata l’ultima volta che si era concessa di dormire fino a quell’ora. Da quasi un anno ormai, per essere precisi da quando quel cucciolo che da poco aveva imparato a chiamarla “Ma” era nato, Bulma interrompeva il suo riposo a causa del pianto del figlio, che puntualmente, alle sette del mattino, reclamava di essere sfamato. Stranamente quella mattina stava ancora dormendo. La giovane madre ne approfittò per fare mente locale sugli ultimi avvenimenti. Cell era stato sconfitto, Trunks era ritornato al suo futuro e Vegeta aveva deciso di rimanere sulla terra, da lei. Sospirò pensando a quest’ultimo. Da quando Goku aveva deciso di rimanere nell’aldilà, Vegeta era caduto in un profondo stato di sconforto. Ora che il suo nemico per eccellenza era morto, quell’infimo saiyan di terza classe che era sempre un passo avanti a lui, non aveva più nessuna ragione di allenarsi. Che senso aveva diventare più forte ora che l’avversario da raggiungere non c’era più? Ogni giorno, la malinconia che regnava nei suoi occhi color pece aumentava sempre di più, e Bulma, che non poteva fare altro che osservare in silenzio, temeva che prima o poi si sarebbe annoiato di quella patetica esistenza e avrebbe lasciato la terra, questa volta per sempre. Un giorno però, Vegeta le aveva chiesto di rimettere in funzione la Gravity Room, dato che Kakaroth, avendo conservato il corpo, si stava sicuramente allenando, e lui non poteva permettersi di rimanere indietro. Bulma non poteva essere più felice: preferiva di gran lunga uno scimmione che si allenava dalla mattina alla sera e pretendeva di essere servito e riverito, ad uno che sguazzava nella disperazione. Sbadigliò nuovamente, ma questa volta decise che era ora di alzarsi. Dopo aver lavato faccia e denti ed essersi vestita, si diresse alla camera adiacente alla sua. Non appena si affacciò alla porta, lo spettacolo che le si parò innanzi le tolse il respiro. Il piccolo Trunks si era arrampicato sulle sbarre della culla e, con un piedino che già penzolava nel vuoto che lo separava dal pavimento, tentava di uscire completamente. “Trunks!”, urlò Bulma precipitandosi verso di lui, riuscendolo ad afferrare un attimo prima che cadesse a faccia in giù. “Piccola peste! Possibile tu debba farmi preoccupare già di prima mattina?”. Il piccolo Trunks in tutta risposta, batté dolcemente una manina paffuta sulla guancia della madre. “Ma”, disse poi, sorridendo allegramente. Bulma sospirò profondamente, quel monello prima o poi l’avrebbe fatta morire di paura. Certo, con il sangue saiyan che gli scorreva nelle vene, probabilmente l’impatto con il pavimento non l’avrebbe minimamente ferito, ma quando lo aveva visto in quella posizione, era stato l’istinto materno a farla correre verso di lui.
Dopo avergli cambiato il pannolino, lo vestì con una magliettina e dei pantaloni nuovi; suo figlio doveva essere sempre vestito al meglio, pensò soddisfatta. Fatto ciò, con il piccolo in braccio, si diresse in cucina per farlo mangiare. Mentre percorreva il corridoio, dall’angolo spuntò l’allegro signor Brief, con il fedele gattino nero aggrappato alla sua spalla. “Buongiorno papà”.
“Ecco il mio adorato nipotino!”, disse sorridendo, ignorando completamente il saluto della figlia. Bulma sorrise. Trunks era ormai diventato la più grande gioia dei suoi genitori. Il signor Brief pizzicò una guancia paffuta del nipotino, cercando di distoglierlo dal suo nuovo divertimento; tirare una ciocca azzurra di capelli della madre. “Guarda un po’ cosa ti ho portato!”. Questa volta ebbe successo, il piccolo si voltò verso il nonno, che sventolava una macchinina grigia. Batté le manine, poi afferrò il giocattolo sorridendo. L’anziano sorrise, poi se ne andò per la sua strada. Giunta in cucina, Bulma poggiò il piccolo nel seggiolone e cominciò a preparare da mangiare. Mentre versava il contenuto di un vasetto di omogeneizzati in un piattino, Trunks sbatteva ripetutamente la macchinina sul ripiano del seggiolone. Bulma si voltò per rimproverarlo, ma vedendo il sorriso spensierato sul volto del piccolo, si limitò a sospirare. La macchinina appena ricevuta dal nonno era l’ennesimo giocattolo che, a causa della sua forza aliena, veniva distrutto nel giro di dieci minuti. Tornò ad occuparsi della pappa del piccolo, quando, improvvisamente, il baccano causato dal figlio si interruppe. Le bastò un’occhiata da sopra le spalle per capire cos’era successo: Vegeta aveva fatto il suo ingresso in cucina, e non appena i vivaci occhi azzurri del piccolo avevano incontrato quelli profondi e neri del padre, Trunks era rimasto bloccato con la mano alzata, pronto a colpire nuovamente la macchinina. Il bimbo inclinò la testa da un lato, osservando curioso l’uomo che si era appena seduto al tavolo davanti a lui. Bulma osservò la scena e non poté fare a meno di sorridere. Il piccolo Trunks aveva visto parecchie volte suo padre, quest’ultimo però non lo aveva mai degnato di alcuna attenzione. Ecco spiegato il perché lo osservava con tanta curiosità. Vegeta, dal canto suo, sentendosi osservato, lanciò un’occhiataccia ostile verso il figlio. Il bimbo non si spaventò: quell’uomo era sempre arrabbiato, quindi non colse minimamente la minaccia velata nello sguardo severo del padre. Come se niente fosse, ritornò al suo divertimento, colpendo ancora più forte la macchinina, che a causa dei ripetuti colpi, aveva assunto le sembianze di un non ben identificato oggetto di plastica. 
“Buongiorno Vegeta”, lo salutò Bulma. Ricevette come risposta un impercettibile cenno del capo. Prese dal frigorifero un vassoio pieno di dolcetti, che la madre aveva comprato da una nuova pasticceria, e lo poggiò davanti al compagno. Si accomodò davanti al figlio, con il piattino per farlo mangiare, quando il Signor Briefs piombò in cucina.
“Bulma cara, ti dispiacerebbe venire un attimo nel laboratorio?”, chiese con la sua solita, e in un certo senso snervante, tranquillità.
“Puoi aspettare un attimo? Non vedi che sto facendo mangiare Trunks?”, rispose lei, alquanto stizzita.
“Ehm, veramente è una cosa piuttosto urgente…”. Bulma alzò gli occhi al cielo e sbuffò rumorosamente.
“Va bene, arrivo subito!”. Mise il piattino sul ripiano del seggiolone, davanti al figlio, poi, si rivolse all’uomo che le sedeva accanto. 
“Ti dispiace far mangiare Trunks?” e, senza attendere risposta, si alzò per andare nel laboratorio. 
Era ormai giunta fuori dalla cucina, quando Vegeta rispose: “Per chi mi hai preso?”.
Bulma si voltò, guardandolo in un modo per niente amichevole, gli puntò l’indice contro e poggiò l’altra mano su un fianco. 
“Ti ricordo mio caro, che Trunks è anche figlio tuo! Quindi vedi di renderti utile!”. Detto questo, girò i tacchi e se ne andò. Vegeta irrigidì la mascella e incrociò le braccia al petto, poi si voltò verso il moccioso, che aspettava di essere imboccato.
“Beh? Che hai da guardare? Mangia!”. Il piccolo, al tono freddo e severo, batté le manine e sorrise. Vegeta si limitò a lanciargli un’occhiata assassina, poi si alzò con l’intenzione di andare ad allenarsi. Trunks guardò il piattino davanti a sé, poi l’uomo che la sua mamma chiamava “papà”.
“Ma!”, urlò. Vegeta si bloccò, sempre più infastidito. Non gliene importava niente di quel moccioso, ma non aveva voglia di sentire le lamentele dell’isterica donna. Tornò indietro e lo osservò dall’alto. “Io non sono ma”, pronunciò quel ridicolo appellativo con disgusto. Il bambino lo guardò sempre più incuriosito e dopo qualche tentativo, riuscì a pronunciare: “Pa!”. Un lampo di sorpresa balenò negli occhi del guerriero, che sbuffò infastidito e maledicendo mentalmente l’assurda terrestre che l’aveva costretto in quella ridicola situazione, prese il cucchiaino di plastica dal piatto e lo piazzò in mano al figlio.
“Ecco, contento? Adesso arrangiati, sei grande abbastanza”. Non poteva certo tollerare che il figlio del grande Principe dei Saiyan fosse trattato come un moccioso qualunque, che venivano aiutati in ogni singola situazione. Suo figlio era un Saiyan, e come tale doveva imparare a cavarsela da solo. “Ma che diamine sto dicendo?”, pensò irritato. Fece per andarsene, quel moccioso gli aveva fatto perdere già abbastanza tempo, ma si fermò subito dopo; qualcosa di viscido e denso scorreva lungo la sua poderosa schiena. Si voltò di scatto, giusto in tempo per vedere il bambino che lanciava nuovamente con il cucchiaio, quella che un tempo era la sua pappa, e come per il primo lancio, anche con il secondo ebbe successo, colpendolo questa volta in faccia.
In un primo momento, Vegeta lo guardò allibito, poi gli inveì contro. “Maledetto moccioso! Io ti..”. “Pa”, lo interruppe il piccolo, e lanciato per terra il cucchiaino, cominciò a battere allegramente le manine e nel farlo, rovesciò anche il piattino, mentre l’omogeneizzato schizzava da ogni parte. La vena sulla tempia dell’uomo cominciò a pulsare pericolosamente e sembrava essere sul punto di scoppiare da un momento all’altro.
“Ma che avete combinato!”, urlò Bulma guardando il contenuto del piattino rovesciato per terra e sul seggiolone. Capì immediatamente che Vegeta si era rifiutato di far mangiare il figlio.
“Era tanto difficile prendere il cucchiaino e imboccarlo?”, chiese sbruffando, mentre raggiungeva a grandi falcate il seggiolone. Solo allora notò la poltiglia densa che scorreva sul viso sempre più furioso di Vegeta.
“Ma che..?”. Lasciò la frase in sospeso, dato che Vegeta le diede le spalle per uscire e nel farlo, Bulma notò che anche lungo la schiena scorreva qualcosa. Inarcò le sopracciglia e si voltò verso il figlio che ricambiò lo sguardo sorridendo.
“Pa!”, disse infine, e ricominciò a ridere. Solo allora Bulma capì e scoppiò in una breve risata. “Oh piccolo mio”, cominciò prendendolo in braccio, per potergli cambiare i vestiti ormai sporchi. “Sei proprio una piccola peste”.

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolino di LadyInDark.

Saalvee a tutti! ^^ Come al solito, ho scritto una one-shot su questa famiglia! Molti di voi si saranno scocciati di leggere solo ed esclusivamente sull’allegra famiglia del Principe, ma abbiate pietà, adoro scrivere su di loro ç__ç Ringrazio chi vorrà leggere questa storia e a chi vorrà commentarla ^___^
Detto questo, colgo l’occasione per augurare a tutti un buon San Valentino, anche a quelli che come me (per l’ennesima volta) lo passeranno da soli ^^’’
Un bacione,
la vostra LadyInDark.

  
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