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Autore: Son Ken    14/02/2012    3 recensioni
Qualcuno, che già si trovava diversi chilometri più ad Ovest, nel risentire quella sensazione simile ad una scarica elettrica che si provava nel percepire l’aura di qualcuno, quasi senza rendersene conto incurvò le labbra in un raro sorriso sincero.
“Adesso sì che si ragiona.”
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Goku, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Devo riscrivere le note per la seconda volta per via del mio pc idiota, perdonatemi se dimentico qualcosa .-.
Comunque... è la mia prima fic nel fandom di Dragon Ball. Visto che è 14 Febbraio e non me ne frega un accidenti volevo debuttare con qualcosa di romantico, ma il fluff non fa per me. Allora ho cercato di pensare a qualche evento che potesse sentimentalmente coinvolgere i nostri cari guerrieri Z (e che non fosse il Cell Game perché è già stato sfruttato un numero infinito di volte e volevo qualcosa di relativamente nuovo). Allora mi è venuto in mente di scrivere di Goku e della sua malattia. Mi dispiace tanto per Mirai Goku che meriterebbe di essere utilizzato almeno in occasioni del genere, ma qui ho trovato più adatto quello attuale, anche perché volevo un lieto fine. Inoltre ultimamente vado d'accordo con Vegeta, quindi ho voluto provare ad utilizzare soprattutto lui cercando di mantenermi IC. La data finale è messa per puro sfizio personale, perché scoprire essere nata in un giorno importante in Dragon Ball è una cosa mitica *w* Il titolo è preso dalla canzone che stavo ascoltando mentre scrivevo (perché sono abituata ad ascoltarne solo una a ripetizione quando inizio a scrivere) e di conseguenza è orrendo. E vabbeh. Infine se si sta attenti vi sta giusto un pizzico di Goku/Vegeta, ma solo perché una tizia nota come Lusty scrive troppo bene per poterla ignorare e alla fine sta riuscendo a convertirmi a tale credo. Bye, se commentate mi rendete felice!

Dragon Ball © Akira Toriyama.

Back In Time.


Il clima alla Capsule Corporation era davvero teso. Bulma con aria abbattuta cercava di calmare il piccolo Trunks che piangeva apparentemente senza una ragione valida mentre il ragazzo sua controparte del futuro stava con la testa fra le mani, visibilmente preoccupato. Vegeta invece, che stava appoggiato ad una parete con le braccia conserte e gli occhi chiusi, sembrava impassibile a tutto ciò, da uomo di nobile stirpe qual era riusciva a non provare alcuna emozione nonostante gli eventi.
O forse era semplicemente bravo a mascherarle, le emozioni.
Alla fine la turchina perse il poco autocontrollo che le era rimasto, cacciando un urlo talmente forte da riuscire a zittire per lo spavento il neonato che teneva tra le braccia e far voltare i due Saiyan verso di lei, entrambi con aria sorpresa.
«Fate quel che vi pare, io vado da Goku!»
Eh già, Goku. Era lui che aveva creato, seppur inconsapevolmente e involontariamente, quella situazione. Da quando era stato colpito da quella malattia cardiaca annunciata tre anni prima da Trunks, tutti avevano iniziato a comportarsi in maniera anomala, complice anche la costante preoccupazione per l’amico che si trovava -probabilmente per la prima volta- alle prese con una malattia e che rischiava di essere sconfitto da quel nemico senza nome né corpo che non gli concedeva neanche il piacere di un combattimento leale.
«Aspetta, vengo anche io»
Era il ragazzo più giovane ad aver parlato, scandendo la frase senza alcun tono particolare mentre indossava la giacca in jeans e raggiungeva la madre che era già sull’uscio di casa pronta a lanciare la capsula dell’elicottero con cui avrebbe raggiunto la Kame House, dove si trovava il suo migliore amico. I due, dopo aver lanciato un’occhiata a Vegeta e avergli chiesto se voleva seguirli unicamente per ricevere una risposta negativa partirono, lasciando il Principe da solo.
In fondo lui non aveva bisogno né di compagnia né di conforto, no?
Mica era preoccupato per le sorti del ragazzo al quale doveva la vita.
“Si tratta solo di una terza classe, è suo dovere fare di tutto per proteggere il suo Principe”
Ma non era convinto, c’era sicuramente qualcosa di più. Nonostante il raziocinio lo portasse istintivamente a pensare che, sì, aveva fatto tutto ciò che aveva fatto solo perché sul loro pianeta era legge; ragionando non poteva non ricordare che quello di cui stava parlando era un Saiyan di fatto ma non di nome, un decerebrato reietto di terza classe schifosamente dolce e altruista che riusciva a vedere del buono persino in assassini come era lui o in esseri dalla crudeltà sconfinata come Freezer. Inoltre il suddetto idiota aveva perso la memoria, quindi il fatto che sul loro pianeta d’origine vi era una monarchia assoluta e tutti i regolamenti e i codici vari ed eventuali che ne conseguivano erano per lui cosa sconosciuta.
Allora perché l’aveva fatto? E perché lui, l’impassibile Principe Vegeta dal cuore d’acciaio e i guanti sempre lesi e sporchi del sangue dei suoi nemici, non riusciva a non pensarci?
Gli era difficilissimo ammetterlo, ma l’averlo incontrato l’aveva segnato nell’anima e lo aveva addirittura cambiato. Non provava più un perverso piacere nel strappare la vita ad un innocente o nel massacrare un sottoposto -i sottoposti neanche li aveva più- né combatteva per vendetta, perché qualcuno ci aveva già pensato per lui.
Sempre Kakaroth. Ormai aveva la sensazione che ogni suo pensiero in  qualche modo potesse essere ricondotto a quel Saiyan dal cuore orrendamente puro e sereno.
Lo stesso Saiyan che di lì a poco probabilmente sarebbe morto per quella strana e rara malattia cardiaca.
“Non può finire in questo modo.”

Senza forze, costretto a letto, senza cibo.
Se quello non era l’Inferno, probabilmente ci andava molto vicino. Almeno secondo il ventinovenne dalla strana pettinatura che era obbligato da quella forza invisibile e apparentemente invincibile chiamata virus a non poter fare nessuna delle cose che amava e, soprattutto, a non poter proteggere il bellissimo pianeta azzurro su cui era cresciuto. Non era certo da lui non lamentarsi in situazioni simili, ma aveva così poca energia in corpo da non riuscire neanche a pronunciare il lagnoso “Mi sto annoiando!” che avrebbe detto solitamente. Stava con gli occhi semichiusi e teneva la testa leggermente rivolta verso il comodino che aveva accanto, le labbra distese immobili non accennavano minimamente un sorriso essendo il proprietario troppo stanco persino per un gesto così semplice. Bulma e Trunks erano a parlare con Chichi e probabilmente chiedevano delle sue reali condizioni visto che la moglie li aveva portati in un’altra stanza, dove lui non potesse sentirli. Era una donna molto premurosa e non voleva rattristare il marito dicendogli che le sue  condizioni erano ormai troppo gravi e la malattia era ad uno stadio troppo avanzato perché la medicina portata dal futuro potesse salvarlo.
Era doloroso ammetterlo, ma ormai tutti avevano capito che presto sarebbe arrivata la sua ora.
E quando muori per cause naturali, non c’è Dio Drago che possa riportarti in vita.
Ma non poteva permettersi di morire, aveva ancora dei conti in sospeso. E non si trattava solo di vedere suo figlio Gohan crescere e stare con la sua amata famiglia.
Aveva dei doveri, come proteggere la Terra dal team di androidi che voleva fare razzia dell’umanità.
Inoltre, vi era un certo Vegeta al quale aveva salvato la vita proprio per poterlo combattere.
Doveva riuscire a trovare la forza per alzarsi da quel letto, riprendersi e tornare ad allenarsi.
Doveva ancora una volta mettersi a tutela del Pianeta Azzurro.
Doveva concludere il suo scontro con Vegeta e, chissà, magari riuscire a diventare suo amico.
Aveva troppe imprese impossibili da portare a termine; la sua morte non rientrava nei progetti di nessuno, figuriamoci nei suoi.
E così, con l’aiuto di una barretta di cioccolato fondente lasciata sul comodino da una folata di vento dorata dall’aura incredibilmente familiare e tanta determinazione, Son Goku si alzò finalmente dal letto e in quel 15 Maggio riuscì ancora una volta a farsi beffe di quel destino che lo dava già per spacciato.

Qualcuno, che già si trovava diversi chilometri più ad Ovest, nel risentire quella sensazione simile ad una scarica elettrica che si provava nel percepire l’aura di qualcuno, quasi senza rendersene conto incurvò le labbra in un raro sorriso sincero.
“Adesso sì che si ragiona.”
   
 
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