L'ENTRATA DI VALERI
“La popolazione di Digiprescelti sulla Terra crebbe in modo molto rapido, ma nonostante ciò durante i primi anni la maggioranza degli esseri umani era priva di un partner. Ciò era dovuto ai limiti imposti alla produzione di Digivice da parte dei Supremi [...]. Fu attuato un programma di borse merito, privo di limiti di età, in modo che coloro che avevano le capacità di lavorare per il bene dei due mondi potessero farlo con un Digimon al loro fianco. Questo programma, ideato al fine di creare una classe dirigente del Progetto Armonia capace di comprendere i bisogni di entrambi i popoli a livello personale, ebbe il vantaggioso effetto collaterale di attrarre intellettuali, uomini di scienza e ambiziose future promesse sotto l'ala del Progetto. Diventare un Digiprescelto per concorso - in contrasto con chi lo diventava per elezione dei Supremi, cioè la maggioranza - era considerato un certificato di eccellenza e una via sicura ad una carriera onorata e ben retribuita. Fu questo nucleo di specialisti che permise ai Digiprescelti originari di dare al Progetto Armonia un'infrastruttura burocratica efficiente”
Digiworld
Il
treno sussultava ritmicamente mentre attraversava la prateria
verdeggiante che si estendeva fra la Colonia americana e la grande
città
digimon di Laito. All’interno, oltre a decine di digimon di
ogni specie, c’era
un gran numero di umani: alcuni abitanti delle Colonie, molti
digiprescelti
delle ultime generazioni, e qualche funzionario. Il viaggio sarebbe
durato
ancora parecchio e la maggior parte dei viaggiatori si era messa
comoda. Non
tutti: in mezzo ad uno scompartimento un ragazzino vestito troppo
pesantemente
per quel clima temperato stava camminando nervosamente su e
giù, rischiando di
cadere ad ogni scossone.
“ Te la senti di dirmi qualcosa, Valeri?” gli disse
un giovanotto ben in carne, dai
tratti tipicamente cinesi, vestito con l’uniforme del Corpo
Nazionale
Volontario con un Digivice alla cintura.
“È solo una perdita di tempo, signor Poi. Ma se
vuole provare, per me va bene”
replicò quello allargando le braccia.
“Su, non essere così formale! Ho solo diciotto
anni. Puoi darmi del
tu.”
“Beh- disse imbarazzato il ragazzino –
può andare. Vedi, Hong, io capisco bene
cosa non va. Ho passato del tempo con quei digimon, ho giocato con
loro, ho
raccontato delle storie e loro mi hanno risposto. Nonostante
ciò il legame non
si è formato. E il motivo è che io non provo
nulla per loro.”
“Come sarebbe a dire? Nessuno di loro ti ha colpito per
qualche caratteristica
speciale? Mi sembra difficile non farsi incantare da quei
piccolini.”
“Incantevoli? Tu dici?” ribatté acido
Valeri “Sembrano dei peluches”
“Non mi dire che ti imbarazzano. Anche Octomon quando
è a livello Intermedio
sembra un giocattolo: con questo le donne mi apprezzano lo
stesso” disse il
cinese, mentre il suo digimon lo guardava con espressione
ironica.
“A quel che mi ricordo, Kari non ha...”
“È colpa mia se non le piace la cucina cinese? E
comunque è stato sei anni fa, non puoi pretendere.”
“L’opinione degli altri non è un mio
problema.” rispose secco il ragazzino
“Quello che voglio dire –continuò
con fare meno annoiato, rigirandosi il digivice spento in mano
– lo so che hai
ragione. Uno di quei digimon era un Tokomon, un altro un Koromon. So
benissimo
cosa diventano a livello Campione. Semplicemente, non riesco a curarmi
di loro”
“Impossibile. Sei tu che ti sei fissato in testa
l’idea di riuscire ad ogni
costo. Prenditela con calma! Un’amicizia non si costruisce
dall’oggi al domani.
Vedrai che a Laito ci sarà qualche digimon adatto, e potrai
diventare un
digiprescelto.”
Valeri si sedette sul sedile “Forse è per il fatto
che ho ottenuto
quest’opportunità attraverso il concorso. Pensi
che sia per questo? Un’amicizia
non può essere un premio.”
“Non dir sciocchezze! Il “premio”
è una borsa di studio qui a Digiworld.
Potresti anche non diventare partner con un Digimon per passare bene
questo
periodo.”
“OK.” Concluse rassegnato il ragazzino, frugando
nella borsa. “Tanto vale che
mi metta al lavoro.” Estrasse una serie di appunti e
cominciò a leggerli.
“Che roba è?” chiese curioso il Digimon
di Poi.
“Le lezioni del professor Kido. Per restare qui devo tenermi
al passo con gli
studi…”
In quel momento l’orizzonte si tinse di rosso e il cielo
sembrò riempirsi
sempre più velocemente di oscillanti drappi di fiamma. La
grande aurora polare
ricoprì il mondo intero e si ritirò, rapida
com’era venuta. Tutti cercarono di
vedere qualcosa ai finestrini, accalcandosi e spingendosi, non ultimo
Valeri
che a dispetto dei suoi modi contegnosi era pur sempre un bambino
curioso. Hong
invece non si agitò: estrasse una tavoletta con una grossa
antenna, la collegò
al suo Digivice e si mise cuffie e microfono. Quindi
cominciò a girare una
manopola dall’aspetto assai antiquato.
“Cos’è, Hong?” chiese Valeri,
tornato dal finestrino.
“È una radio”
“Una radio nell’era dei cellulari?”
“Certo. E ora non distrarmi”
Il ragazzo guardò Hong regolare l’apparecchio.
Aveva una buona infarinatura in
campo tecnologico e riconobbe subito quello strumento per una radio a
ripetizione dimensionale: una macchina semplice, utilizzabile su tutta
la
superficie di Digiworld, che riceve e trasmette messaggi sfruttando la
Terra
come satellite. I suoi vantaggi erano molteplici, primo fra tutti che
aveva
sempre campo, anche nelle condizioni più estreme. Anche nel
Mondo reale il
principio veniva applicato usando Digiworld come ripetitore: Valeri ne
aveva
letto a proposito di alcune esplorazioni sottomarine.
Il suo unico difetto era che per inviare onde radio fra le dimensioni
c’era
bisogno di un Digivice, limitando il numero di super-telefoni a quello
dei
Digivice.
“Niente” disse Hong con rabbia. “Strano.
Ha sempre funzionato”
“Posso vedere?” chiese Valeri. In altre occasioni
Hong avrebbe rifiutato di dare
una macchina del genere in mano a un ragazzo così giovane,
ma poi si ricordò
che Izzy ad età ancor più tenera trafficava
già con i principi scientifici
della digievoluzione.
“Prova.”
Valeri guardò le manopole e l’antenna,
rigirò la tavoletta e osservò le spie
rosse e verdi. Controllò il Digivice. Infine
provò a sentire le cuffie.
Si mise la mano sulla fronte, pensoso. “Non riesce a
connettersi con la Terra,
ma per il resto funziona. Forse quell’aurora boreale rossa di
prima sta
interferendo come una tempesta magnetica.”
“Sì, anche io penso che sia così. Vedo
che te la guadagni la tua borsa di
studio, eh?”
“Non tanto, visto che non ti posso aiutare”
“Adesso non esagerare” disse il giovane riponendo
l’apparecchiatura “Mi chiedo
quanto durerà. Potremmo anche provare a tornare sulla Terra,
se avessimo un
Digigate”
“Meglio di no” disse Valeri, con espressione
concitata “Sono sicuro che il
portale sarebbe instabile”
“E tu come fai a dirlo?”
Valeri non fece in tempo ad esporre la sua teoria, perché
qualcuno cominciò ad
urlare.
Sporgendosi
dal finestrino si vedeva un’ombra grigia
avvicinarsi. Il ronzio di ali da insetto si era aggiunto allo
sferragliare del
treno e alcuni dei digimon dalla vista più acuta dovevano
aver visto di cosa si
trattava. Erano tutti spaventati. Hong tirò fuori un
binocolo tascabile –
facendo parte di una sorta di milizia, aveva con sé un
equipaggiamento ben
fornito.
“Che cosa sono?”
Hong sbiancò “Tre Ookuwamon. Livello
Evoluto.”
Il
Trailmon che trainava il convoglio riconobbe subito i
mostruosi digimon. Non è facile scambiarli per
qualcos'altro: insetti grigi
grandi come elefanti, di una ferocia inusitata, con mandibole a forbice
e
possenti arti anteriori. La loro stazza li identifica a prima vista
come
appartenenti al livello Evoluto.
La situazione era veramente gravissima. Nessuno dei passeggeri poteva
competere
con dei digimon di livello Evoluto, che pur essendo
tutt’altro che rari di
solito stavano lontano dalle tratte fra le Colonie. In
realtà un avvenimento
simile era così impensato che non c’era nessun
piano per risolvere il problema.
Dunque il Trailmon non aveva una vera scelta: doveva per forza fuggire.
Fortunatamente per lui, quelli della sua specie potevano generare
autonomamente
strade ferrate dovunque volessero andare, perché per fare
marcia indietro
avrebbe dovuto fermarsi e perdere tutta la velocita che aveva al
momento.
Quindi si separò dal tracciato preesistente, cercando di non
farsi distrarre
dalle urla dei suoi passeggeri.
Hong ignorò
il baccano. L’addestramento che aveva ricevuto,
anche se non degno di un esercito, gli aveva inculcato il sano
principio di
mantenere il sangue freddo in situazioni critiche. Perciò si
guardò intorno,
fino a trovare alcuni digimon che facevano al caso suo. Sorvolando sul
fatto
che non aveva un’autorità effettiva, li
cooptò e convinse a urla e spintoni gli
altri passeggeri a liberare gli ultimi due vagoni, in modo da poter
disporre i
digimon dotati della maggior ampiezza di tiro ai finestrini. Infine si
mise a
cercare in uno degli armadietti del penultimo vagone.
Intanto il Trailmon aveva completato la curva ad U, voltando la schiena
agli
attaccanti, e dal balconcino dell’ultimo vagone si vedeva uno
dei grandi
insetti farsi sempre più vicino.
Due Centarumon, appostati alle finestre, aprirono il fuoco, ma i colpi
non
sortirono quasi alcun effetto, mentre Syakomon, il digimon di Hong, era
già
passato alla forma campione, pur non potendo attaccare nemici
così lontani.
Intanto il cinese non aveva ancora finito di frugare. Alla fine
cambiò
armadietto, trovando ciò che cercava: un treppiede e una
mitragliatrice, più un
gran numero di munizioni. Octomon lo aiutò a portarla sul
balconcino, a
fissarla e a collegare i nastri.
Mentre tutti i passeggeri cercavano di pigiarsi nei primi vagoni,
Valeri era
rimasto alla giunzione fra il penultimo e il terzultimo vagone,
guardando con
stupore ed ammirazione il gioviale Hong puntare l’arma con
decisione ed aprire
il fuoco.
Avrebbe voluto correre lì, se non altro per incoraggiarlo,
ma sapeva bene che
sarebbe stato un’inutile distrazione. Perciò si
limitò ad assistere, stringendo
involontariamente il proprio Digivice.
La
mitragliatrice si stava mangiando un nastro dopo l’altro
e l’Ookuwamon aveva solo dei graffietti. Quell’arma
era stata scelta per tirare
contro digimon di livello Campione, e per di più a terra, ma
non aveva grande
efficacia contro le corazze degli Evoluto.
“Vorrei tanto avere un lanciamissili” disse fra i
denti il cinese, anche se
sapeva che il suo addestramento non li includeva e perciò
non avrebbe saputo
usarli. “O almeno un'arma antiaerea degna di questo
nome”.
Intanto gli altri digimon continuavano ad attaccare. La loro azione
combinata
impediva ai potenti insettoidi di avvicinarsi al treno, che intanto
stava
riprendendo velocità. Hong pensò per un attimo
che il peggio fosse passato,
un’idea che nessun avventuriero che si rispetti si farebbe
mai venire. Infatti
l’Ookuwamon più grande si levò in alto,
fuori dal tiro della mitragliatrice,
accelerò e superò gli ultimi vagoni. Quindi
attaccò.
“Forbici ad Omega!”
La giunzione a soffietto fra il penultimo vagone e il resto
del treno saltò
con una facilità quasi ridicola. Il grande digimon insetto
non dovette far di
più che allungare un braccio ed afferrare il primo
passeggero che capitava.
Intrappolato fra le pinze cornee dell’Evoluto, Valeri non
poté far altro che
maledire il proprio entusiasmo.
La
prima parte del volo non fu troppo spiacevole, dopotutto.
Valeri era vivo, e avrebbe potuto essere morto; e questo gli bastava.
L’Ookuwamon non lo aveva ferito né lo stava
stringendo troppo, anche se secondo
logica gli usava quei riguardi perché preferiva nutrirsi di
creature vive.
L’unica cosa che il ragazzo non riusciva a capire era
perché il digimon avesse
scelto una preda così misera.
Ovviamente non poteva immaginare che nel mondo digitale il corpo di un
uomo
contiene una quantità di energia incredibile per un Digimon,
anche se
potentemente compressa. Pur non potendola sfruttare adeguatamente,
l’Ookuwamon
la sentiva, e aveva subito tentato di impossessarsene.
Intanto Valeri si godeva il paesaggio. La raffica di emozioni generate
dagli
eventi lo avrebbe steso, ma solo più tardi: si trovava in
uno stato di tranquillità
senza preoccupazioni e poté notare distintamente, fra le
grandi praterie, la
strada ferrata come una linea e il treno come uno spesso segmento nero.
Difficilmente sarebbe arrivato qualcuno ad aiutarlo: con le comunicazioni a
lunga
distanza bloccate, gli unici a sapere qualcosa di lui erano i
passeggeri,
nessuno dei quali in grado di combattere una battaglia aerea contro il
digimon
insetto.
L’Evoluto smise di salire. Si girò intorno,
offrendo involontariamente a Valeri
una magnifica visuale di cielo e terra, e poi accelerò verso
nord.
L’aria si stava facendo più fredda, a causa del
vento, e il ragazzo non si
sentiva più molto confortevole. Alla velocità a
cui si muovevano, il suolo già
confuso dalla distanza era ancora più irriconoscibile. Egli
vide, forse, una
grande città di vetro e cromo, colline coperte di risaie, un
deserto assetato e
fiumi profondamente incassati in canyon, nella disposizione casuale
tipica di un
mondo in cui anche le leggi di natura obbedivano a forze a loro
superiori.
Valeri alzò lo sguardo al lontano orizzonte, dove apparivano
cime altissime, e
intravide una stella sorgere.
Sembrava troppo veloce per essere un corpo celeste. A furia di fissare
quel
punto luminoso Valeri notò che splendeva con sempre maggiore
intensità e si
ingrandiva come i fanali di un treno in avvicinamento. Anche Ookuwamon
se ne
accorse e diede segni di irrequietezza, rallentando e abbassandosi. Ma
cosa
poteva spaventare quel mostro?
La risposta fu chiarissima al ragazzo quando la stella
transitò sopra di loro,
ad una distanza incommensurabile, ma pur sempre sufficiente a farne
distinguere
la forma: una silhouette dragonica, grandi ali e un corpo serpentino
circonfuso
di luce, saettante nell’etere. Valeri, nonostante fosse in
stato
semicatatonico, espresse il suo stupore: “Quello era
Imperialdramon… l’arma
finale in mano ai Digiprescelti… ho fatto bene a scegliere
di stare dalla loro
parte…”
Imperialdramon era già sparito, anche se la sua scia
brillava ancora dalla parte
opposta da cui era venuto, quando i venti ciclonici generati dal suo
moto
investirono Ookuwamon, che senza poter opporre resistenza fu trascinato
al
suolo.
Settore 304
La
sera arrivava presto nel settore nordico e montuoso di
competenza di Sora. Il cielo oscurato da dense nubi da tormenta
sferzava le
cime blu-grigio venate di bianco con un vento gelato e tagliente. Le
conifere
verde cupo, raggruppate in dense macchie, resistevano stoicamente al
clima
spietato, e solo raramente si intravedeva un Digimon o un animale
digitalizzato
muoversi sulle rocce frantumate e coperte di brina.
Il forte che costituiva la base di operazioni dei prescelti, posto a cavallo
di uno
dei pochi valichi della catena, era stato sigillato per conservare
tepore. Acquattata
su uno sperone di roccia e ricoperta dalla neve, la costruzione bassa
costruita
con colate di cemento l’estate prima era quasi invisibile.
All’interno
delle sue spesse
mura, in una sala relativamente ampia e
confortevole, Sora si scaldava le ossa gelate di fronte ad un grosso
termosifone. Le ferite riportate nella lotta erano state bendate e i
digimon
infermieri si erano prodigati nelle cure, il rapporto era stato
compilato e ora
la giovane osservava con occhio assente due foto su un tavolino,
illuminate
dalla luce rossastra delle lampade a basso consumo. Tai e Matt, nel
Duemila,
alla festa per la fine del millennio, a destra. Tai e Matt,
all’apertura della
Colonia Giapponese, sei anni dopo. Ogni volta che rivedeva la
vecchia immagine le tornava in mente la vita che avevano sperato di
condurre
dopo la prima avventura: scuola, amici, piccoli amori. Tai e il calcio,
Matt e
la musica. Tutto finito, ormai: Tai era nella fortezza di Antivirus al
centro di
Digiworld, intento a coordinare il progetto Armonia; Matt in giro per
il mondo
reale, a combattere contro i Digimon che superassero il confine fra i
mondi con
intenti malvagi. E lei? Se la dolce e compassionevole Sora
di nove
anni prima l’avesse vista, si sarebbe riconosciuta sotto i
vestiti da soldato?
Rivolse la sua attenzione alla tazza di the caldo che teneva fra le
mani,
osservando le tracce di schiuma che ruotavano ritmicamente. In groppa a
Garudamon aveva combattuto contro i Mammothmon per ore ed era
stanchissima,
eppure il grande branco non dava segni di voler cambiare direzione. In
capo a
due giorni sarebbero arrivati alla fortezza, e allora Sora avrebbe
dovuto
scegliere: ritirarsi e cercare di farli deviare ancora, oppure
sterminarli.
La schiuma fece altri due giri.
I pensieri della ragazza furono interrotti da un rapido bussare alla
porta.
“Avanti!”
La porta si spalancò ed entrò Biomon.
“Sora! Come stai?” disse il grosso uccello rosa.
“Non dirmi che stai di nuovo
intristendoti. Dai, finita questa storia torneremo nel mondo reale. Non
ti
ricordi? Abbiamo quell’invito di Mimi per una festa
all’ambasciata.”
Sora rise, rendendosi conto di quanto si era lasciata opprimere da
quelle terre
perennemente coperte di nubi. “Hai proprio ragione! Niente
di meglio che una
bella festa per re-inserirci nel mondo civile.”
Biomon pigolò felice. Tenere allegra la sua compagna non era
un compito facile
in quelle condizioni, tenendo conto di quanto Sora fosse stanca in quei
giorni,
ma ci era riuscita… indirettamente anche grazie a Mimi.
Una festa formale non si adattava moltissimo al carattere di nessuno di
loro,
ma avrebbero potuto incontrare molti dei digiprescelti dei vari paesi
che
avevano conosciuto nel 2002. Un appuntamento da aspettare.
Sora si alzò e uscì dalla stanza. Stava crollando
di sonno e aveva ancora da
lavorare prima di poter andare a dormire.
Le capitò
di nuovo di
pensare a Tai. Il comportamento del loro leader la
stupiva: sembrava stranamente distaccato dal mondo. Forse
–pensò con una punta
di amarezza – era anche colpa sua. Non gli era stata vicina
come
avrebbe
dovuto… anche se in qualità di semplice
amica… ma
era veramente solo un'amica? E che ne sapeva lei? Entrò
nella sua stanza, estrasse il comunicatore e lo collegò al
computer. Ma la
connessione con la Fortezza di Antivirus non si stabilì.
Frustrata e stanca,
Sora spense tutto, rimandando il lavoro all’indomani, e si
preparò per la
notte.
Settore 000
La fortezza di Antivirus era
ben diversa dal piccolo
fortino nordico in cui si erano insediati Sora e Biomon. Più
che una fortezza,
era una grande cittadella, posta sull’unico affioramento
roccioso al centro di
una pianura alluvionale che si stendeva fino all’orizzonte.
Costruita in tempi
antichissimi da qualche colossale potentato del mondo digitale come
capitale,
era circondata da anelli di mura e le sue pareti erano fatte di
ciclopiche pietre
giallo chiaro che avevano resistito per secoli. Ora era il quartier
generale
dei prescelti a Digiworld: le sue stanze erano sede
dell’enorme sforzo di
coordinazione fra le Colonie e la Terra, ed ospitavano anche un intera
armata
di digimon guerrieri che costituivano il nerbo del sistema difensivo
del
progetto Armonia.Gennai l’aveva sconsigliata ai Digiprescelti, perché si trovava in una posizione poco strategica, lontana peraltro dalle Colonie, ed essendo stata costruita per un gigante presentava parecchi problemi. Ma Tai aveva fatto, come era prevedibile, di testa sua: la fortezza era imprendibile, anche da sottoterra, e c’era abbondante rifornimento di cibo, materiali e acqua dai boschi circostanti. Per non parlare del fatto che MetalGreymon, ormai raggiunta stabilmente la sua forma evoluta, preferiva ampi spazi. Perciò, reclutati i pochi Numemon che avevano occupato la struttura altrimenti disabitata, i Digiprescelti avevano restaurato la grande base, ovviamente con il sostegno sia delle nazioni umane sia dei Digimon locali.
Ma ora i difetti di quella soluzione erano evidenti. Tai, seduto dietro ad una scrivania troppo larga in una gran sala semicircolare, si trovava nell’impossibilità di contattare le Colonie, o la Terra, o chiunque altro. Si era affidato troppo alla tecnologia dei comunicatori dimensionali e ora ne pagava le conseguenze. Appoggiò un documento firmato sulla pila alla sua destra, bilanciando contemporaneamente la cornetta dell’interfono sulla spalla sinistra e tentando di usare lo schermo tattile della scrivania. Una segretaria accorse ad aiutarlo e finalmente poté dedicarsi esclusivamente all’interfono. “Avete bisogno di conferire con me subito? In che senso conferire? Avete risolto il problema e volete spiegarmelo? Non l’avete risolto? E allora perché mi avete chiamato?” Tacque per un momento. “Ok, ok, venite su. Come, non vi fanno entrare? Aspettate”
Mise giù la cornetta e fece un segnale ad un Musyamon alla porta: “Falli entrare”. Il samurai annuì e diede un secco ordine. Una porta laterale corazzata si aprì verso l’esterno e lasciò entrare un complemento di digimon e uomini di ogni tipo, tutti in camice bianco.
“Che senso ha avere un camice bianco per un informatico?” si chiese per l’ennesima volta il giovane, prima di dedicar loro la più completa attenzione. “Allora, cosa avete trovato?”
“Per cominciare – disse un DocNanimon, un buffo digimon simile ad una palla con gambe e braccia e un paio di pince-nez dorati sul naso– le comunicazioni dimensionali con la Terra sono assolutamente bloccate. Abbiamo provato ad aprire varchi con altre dimensioni, ma senza strumentazione specifica è impossibile, adesso come prima. Al momento conosciamo solo due metodi per aprire varchi di altro genere e …”
“Non inizi una dissertazione, dottore. Siamo nel bel mezzo di una grave crisi” disse stancamente Tai, abituato com’era agli sproloqui scientifici di Izzy.
“È importante, invece” disse un altro digimon. Wisemon, unico livello Evoluto del gruppo, era simpatico a Tai perché era l’unico ad esprimere francamente la sua opinione. Era anche estremamente competente, ed insostituibile in ogni impresa scientifica, ma non lo faceva mai pesare.
“Se si potesse aprire un varco verso una dimensione parallela potremmo oltrepassare il firewall “di lato”, visto che le analisi dimostrano che è limitato al confine fra Digiworld e la Terra. Continueremo a tentare di aprirne uno, anche senza strumenti, ma prima dobbiamo contattare Gennai e le altre Colonie.”
“Appunto quello che cercavo di fare” disse Tai mostrando sulla scrivania una pila di aggeggi di vario genere, fra cui un telefono a manovella e un visore olografico.
“Fortunatamente, ci siamo ricordati che c’è ancora in giro una vecchia antenna per le onde radio ultralunghe, che avevamo installato prima dell’avvento dei comunicatori dimensionali. È una macchina rozza, ma dovrebbe darci una copertura sufficiente a comunicare con una delle colonie, e forse con Gennai.”
“Fantastico! E quanto ci vorrà per attivarla?”
“Qualche ora. Il problema è un altro: bisogna avvertire la Colonia di mettere in funzione i sistemi di ricezione alle frequenze giuste. Non possiamo aspettare che qualcuno si sintonizzi per caso sulle nostre trasmissioni: non è impossibile ma…”
“Non è il caso di rischiare. Dovremo inviare un corriere.”
“Esattamente.”
“In quanto al firewall, avete provato a forzarlo?”
Una giovane ricercatrice umana si fece avanti.
“La situazione su quel fronte è molto seria. Tentando coi computer non siamo riusciti a far molto, ma Wisemon ha avuto la magnifica idea di inviare un pallone sonda al livello fisico di Digiworld in cui si trova il firewall.”
“Oh, non esagerare, Lia” disse Wisemon imbarazzato.
Lia gli tirò una gentile gomitata al fianco “Non fare il timido… e comunque, con i dati ottenuti, abbiamo potuto capire come funziona il muro. A quanto pare, è stato pensato bene.”
Prese la parola il suo Digimon, un Chicchimon. “È un’entità semi-senziente, strutturata su più livelli. Può reagire agli attacchi e rinforzare le sue difese quando troviamo qualche punto debole nella sua costituzione.
In altre parole, ogni volta che tentiamo di superarlo, impara a respingerci.”
“Davvero? Ma allora chi…”
“Chi l’ha progettato? Non lo sappiamo. Qualcuno molto abile, ma con poco tempo a disposizione. La versione originale del suo programma era veramente un colabrodo prima che si autoriparasse: l’unica parte collaudata era evidentemente l’AI primitiva.”
“Molto bene. È tutto?”
“Sì.” Disse Wisemon, tacitando gli altri e appoggiando un plico sulla scrivania. “Qui ci sono tutte le informazioni necessarie alla creazione del ponte radio. Non vi ruberemo altro tempo. Salute, comandante.” Il gruppetto uscì dalla sala, dopo un cortese inchino.
“Buraimon, Gaston” sussurrò Tai, premendo un tasto della scrivania. Da una porta nascosta uscirono un digimon antropomorfo dalla testa di rapace, con grandi ali e due spade ai fianchi, e un massiccio uomo in completo nero con una chioma mezza bianca e mezza grigia. Entrambi sembravano dei duri.
“Ho intenzione di risolvere questo problema personalmente. Mi recherò alla colonia e li avvertirò circa le antenne radio. Nel frattempo, prendete voi il comando della Fortezza. Limitatevi a coordinare le attività di routine. Confido nelle vostre abilità.”
“SISSIGNORE!” esclamarono i due mettendosi sull’attenti.
Tai si fece più vicino. “Ah, e inoltre, quella ricercatrice, Lia… tenetela sott’occhio. Lei e Wisemon.”
“Comprendo perfettamente la vostra preoccupazione” disse l’uomo chiamato Gaston.
Uno degli assistenti di Tai fece un passo avanti “Signore, in una situazione come questa, sarebbe più prudente restare…”
“Non chiamarmi signore. Suona come se fossi un re. E comunque, una faccenda di questa importanza può essere svolta solo da me…”
Tai si girò verso la parete di fondo, facendo sventolare la sciarpa gialla. “e da MetalGreymon!”
La parete virtuale scomparve, rivelando il gigantesco dinosauro cyborg che avanzò verso il suo partner. Tai si arrampicò agilmente sulla possente coda fino ad arrivare alla spalla corazzata. Le ali violacee del digimon rettile cominciarono a battere sollevando un turbine di vento, che mandò scartoffie a volare per tutta la sala e costrinse i presenti a ripararsi alla meno peggio. Solo Buraimon e Gaston rimasero impassibili.
Le porte principali della sala si spalancarono e MetalGreymon volò nel corridoio, fino ad una balconata da cui, con un potente colpo di ali, si sollevò puntando al cielo serale.
L’occhio grande come un vassoio del digimon ruotò fino a fissare il suo partner.
“Non ti sapevo così amante delle uscite teatrali, Tai.”
“Di che stai parlando?” chiese lui con nonchalance.
“Far sparire di colpo la parete per mostrare che hai un enorme digimon pronto al combattimento e costringermi a volare per il corridoio davanti a tutti, non contano come una uscita teatrale?”
“Per favore, Agumon! È da settimane che non posso fare nulla di divertente con te come ai vecchi tempi. E poi le pareti virtuali mi affascinano.”
È difficile sorridere quando si ha la faccia di un dinosauro coperta da una corazza metallica. Ma in qualche modo, MetalGreymon ci riuscì.
-----------------------
Bene!
Con
l'introduzione di Valeri, aspirante Digiprescelto, ho buttato l'anima
oltre l'ostacolo: deve funzionare. Le sue avventure in giro per il mondo digitale
saranno... peculiari. Come avrete notato, non ha ancora un Digimon.
Sono perfettamente consapevole del fatto che appaia un
po'secchioncello. Beh, deve ancora farlo il suo viaggio di formazione,
no?
Per chi non si ricordasse di loro, Hong è il nome che ho dato al
più grosso dei tre fratelli Poi, quelli incontrati in Cina verso
la fine di 02. Il suo è un ruolo secondario sia là che
qui, ma non importa. Almeno qui fa una bella figura.
Ringrazio le anime buone che hanno recensito il prologo, kymyit e
Taichi_. L'incoraggiamento fa sempre piacere, e spero che continuiate a
seguirmi!
E ora è il momento delle ANTICIPAZIONI!
Nel prossimo episodio di Digimon: Vuoto di Potere! Che
ne sarà di Valeri? Apparirà inoltre un Digimon di vecchia
conoscenza: che rapporto avrà con il ragazzo? Intanto, nel mondo
reale, Mimi è alle prese con la realtà diplomatica internazionale... e con la sua coscienza.
E per finire, Matt Ishida, in missione speciale in Canada: qualcosa di
molto pericoloso lo attende... ho promesso che sarebbe stata una parte
carica di adrenalina e lo sarà!
Le recensioni sono sempre bene accette! - R.