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Autore: Michelle Roberts    17/02/2012    2 recensioni
Sono amanti solo di notte, colpevoli incapaci di redimersi. E le parole, quelle vere che non siano gemiti o nomi sussurrati che si mescolano tra loro, non hanno il permesso di partecipare a quelle notti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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As always

 
Watson

Potete ingannare tutti per qualche tempo e alcuni per tutto il tempo, ma non potete ingannare tutti per tutto il tempo.
(Abraham Lincoln)

Questo lo distrugge. Quando si alza senza dire una parola, abbandonando quel letto sfatto testimone di notti insonni e votate al piacere.
È questa consapevolezza a distruggerlo. E Holmes lo sa. È certo che lui lo sappia, Watson lo sente in quello sguardo obliquo ed indefinibile che mischia arrendevolezza a malinconia: l’ultimo sguardo che l’uomo rivolge al suo dottore quando questo abbandona la sua camera da letto prima ancora che sorga il sole.
Sente quello sguardo bruciare sulla sua schiena anche quando si è ormai chiuso la porta dietro le spalle. Quello sguardo lo tormenta ancora più di quanto non riesca fare la paura che qualcuno inizi a sospettare della loro relazione clandestina.
Perché sa che, almeno in questo, lui è l’unico colpevole. Non è mai Holmes ad andarsene, perfino quando consumano il loro amore nella camera di Watson è il medico ad abbandonare la stanza per primo.
Quell’uomo dalle strane e inaccettabili abitudini, geniale e imprevedibile sembra non provare nessuna vergogna per quella che è la loro…condotta.
Chissà per quale assurdo motivo per lui le dinamiche della loro relazione rientrano nell’ordine logico delle cose. Non pare nemmeno condividere il timore del suo compagno, il rischio di essere accusato di sodomia e arrestato per questo non sembra turbarlo minimamente.
Ma John Watson è stato un soldato. Non ci si può aspettare di uscire da un ambiente che mette al primo posto la virilità senza un campionario decisamente vasto di inibizioni.
Per questo motivo, anche se ogni volta che il suo sguardo affoga in quegli occhi color caffè velati di tristezza desidera di morire, Watson non può impedirsi di andarsene abbandonandolo per l’ennesima volta in un letto vuoto.
Non ci sono parole tra loro. Le parole vivono di giorno, quando tornano ad essere due amici che lavorano insieme. Frecciatine, litigi, complicità e stima reciproca.
Sono amanti solo di notte, colpevoli incapaci di redimersi. E le parole, quelle vere che non siano gemiti o nomi sussurrati che si mescolano tra loro, non hanno il permesso di partecipare a quelle notti.

Holmes

Si direbbe che il tuo sguardo è coperto di vapori; il tuo occhio
misterioso (azzurro, grigio o verde?) ora tenero ora sognante o
crudele, riflette l'indolenza e il pallore del cielo.
(Charles Baudelaire)

Gli occhi di Watson sono freddi. Belli, ma davvero troppo freddi quando lascia quella stanza.
Spesso Holmes si chiede se sia consapevole di quando quel freddo possa essere tagliente, affilato almeno quanto il suo silenzio.
No, il suo dottore non è consapevole del potere che esercita su di lui. Così integerrimo, così onesto e affidabile, così leale. Watson è un concentrato di pregi. Ma Holmes sa che le sue virtù sono anche le catene che lo tengono legato e sottomesso alle regole e alle ipocrisie della società in cui vivono.
Si dibatte come un animale in gabbia. Lui lo sente quando sono soli protetti dalle tenebre, quando ogni cosa lascia il posto alla passione. Sente la sua rabbia, la sua impotenza di fronte a quelle catene. E anche la sua rassegnazione.
- Buongiorno Watson, quali notizie dal mondo? –Holmes fa il suo ingresso in salotto, disinvolto come ogni mattina. Come se Watson non fosse scappato come un ladro dalla sua stanza giusto un paio d’ore prima.
Il dottore alza i suoi occhi azzurri dal giornale, per posarli sul viso dell’amico. Le sue labbra si distendono in un sorrisetto divertito mentre questi si siede sulla poltrona accanto alla sua.
- Niente di rilevante. O in ogni caso niente che non possa essere risolto da una mente geniale come la sua. –
- Quando l’ho conosciuta era decisamente più imbalsamato dottore, forse da un po’ di tempo a questa parte si è convinto che l’ironia la porterà ad avere più successo con le donne? –
Il medico lo incenerisce con lo sguardo, poi sbuffa e la sua attenzione torna apparentemente a concentrarsi sul giornale. Apparentemente. Perché è chiaro che sta ancora rimuginando sulla battuta dell’altro, il detective vede i due occhi color cielo spostarsi con una lentezza eccessiva sulle parole del quotidiano.
- Io non ho bisogno di avere più successo con le donne. – sbotta infine – Sono fidanzato, dopotutto. Lei invece dovrebbe preoccuparsene, rischia di diventare ancora più folle di quanto già non sia se una donna non le fa mettere la testa a posto una volta per tutte. –
Le ultime parole suonano scherzose, quell’ironia poco tagliente che il medico si concede nei rari momenti di calma piatta di quell’appartamento. Eppure affondano nella carne come lame.
- Nemmeno io ho bisogno di avere più successo con le donne. E sa perché? Perché non sono interessato alle donne. –Non sa come gli è uscita una frase del genere. Non sono cose di cui si deve parlare, questo Holmes lo sa bene. Ora loro sono il detective Sherlock Holmes e il Dottor John Watson, non due amanti notturni.
Il suo spirito d’osservazione lo porta a notare immediatamente che l’altro si è irrigidito, prima ancora che distolga lo sguardo trovando improvvisamente interessante la fantasia del tappeto orientale.
- Non dica assurdità Holmes, lei ha il terrore di doversi accasare. Ma non può pensare di aver relazioni fugaci con donne di passaggio per tutta la vita. –Holmes è ormai perfettamente conscio di essersi inoltrato in un campo minato, ma sa anche che ora non è più in grado di fermarsi.
- Io non ho paura di accasarmi, mio caro dottore. In effetti è come se lo fossi già in un certo senso…non trova? Anche se non credo che sia raccomandabile in un matrimonio passare le giornate a fare finta di non avere una vita sessuale. -
Vuole suonare irriverente, probabilmente appare aggressivo e forse anche fuori luogo. Non gli importa, non in quel momento.

Watson

Qualcosa nell’equilibrio creatosi tra le due facce del loro rapporto si è rotto. Holmes l’ha distrutto senza troppi complimenti, come un bambino viziato e capriccioso che getta a terra un vaso di porcellana per attirare l’attenzione dei genitori. A riconferma del fatto che le molteplici sfaccettature della sua personalità contano tra loro anche una notevole dose di egocentrismo infantile.
Watson non è in grado di perdonargli una cosa del genere. In quel momento lo odia come non ha mai odiato nessuno, per il semplice fatto che ha infranto senza esitazioni il tacito accordo che vige tra loro.
- La faccia finita, Holmes. Si sta rendendo ridicolo. –
L’espressione che si disegna sul volto del detective è un antitesi di sentimenti: sembra sinceramente divertito e amareggiato allo stesso tempo.
Si alza di scatto e strappa il giornale dalle mani del dottore gettandolo a terra con violenza. Poi si blocca e fissa i suoi grandi occhi castani in quelle iridi di ghiaccio, sembra essersi improvvisamente calmato.
- Io sarei ridicolo, Watson? –
Scandisce le parole con una lentezza infinita, come se volesse dargli il tempo di riflettere e di ritrattare.
Watson sa che in quel momento uno sguardo di sfida domina il suo volto, gli sembra quasi di vederlo riflesso in quei due abissi scuri.
- Tutta questa situazione è ridicola. E ora, se non le dispiace, ho intenzione di andare a far visita alla famiglia della mia futura moglie. – 

Holmes

Una parola, un flash. Capelli biondi, il volto di un angelo. Così diverso dal suo, scavato dalle notti insonni. Un corpo leggero, dal portamento aggraziato. Così diverso dal suo, segnato dai combattimenti e dalla droga che lo appaga quando l’ instancabile mente di cui è schiavo non ha niente su cui lavorare.
Mary Morstan. Ha odiato quel nome ogni istante, da quando questo è entrato a far parte della sua vita. O meglio, della vita del suo dottore.
Si avventa sull’uomo di scatto, lo afferra per la giacca costringendolo ad alzarsi e schiacciandolo con violenza contro il muro più vicino.
Watson non reagisce in tempo. Ha i riflessi pronti il soldato decorato, ma Holmes sa di essere ancora imprevedibile ai suoi occhi nonostante tutti gli anni passati insieme. E questo, ovviamente, gioca a suo favore.
- Ridicolo. Strano, non mi risulta di averla mai sentita usare quel termine durante i nostri incontri notturni. – soffia rabbioso a pochi centimetri dalle labbra del dottore.
- Mi tolga subito le mani di dosso, Holmes. –Ma la pressione delle sue mani sulle spalle di Watson è già diminuita e non sarebbe difficile per quest’ultimo liberarsi di lui. Se non fosse che il ghiaccio ha iniziato a sciogliersi e gli occhi di John Watson sono già liquidi di desiderio.
- In effetti l’unica parola che continua a ripeter di notte…è il mio nome. –
Holmes si avventa su quelle labbra già protese verso le sue e pronte ad accoglierlo. Se ne appropria con foga, inebriato dalla sensazione di essere lui, per la prima volta in quel contesto, a dettare le regole. Lo trascina con sé verso la sua camera, ansioso di imprigionarlo in quella stanza dominata dal suo caos personale. Le sue mani scivolano su quel corpo perfetto, liberandolo dei vestiti.
Finalmente Watson è di nuovo suo.
 

Si rigira tra le lenzuola del suo grande letto a baldacchino, i suoi occhi osservano attentamente i movimenti delle dita del dottore. In piedi accanto al letto, Watson si allaccia i bottoni della camicia. Non c’è fretta nei suoi movimenti, ma i suoi occhi chiari sono di nuovo freddi e distanti. Sfuggono quelli del suo amante, quasi con timore.
- Insomma, alla fine è riuscito a farmi tardare all’appuntamento con i genitori di Mary. Ha vinto lei Holmes, come sempre. –
Il detective inclina la testa di lato continuando ad osservare l’uomo che si riveste, senza proferire parola.
- Sarò di ritorno per l’ora di cena, lei cerchi di lasciar perdere i suoi esperimenti almeno finché non torno…ho visto Mrs Hudson davvero terrorizzata l’altro giorno. –
Quella voce è di nuovo il solito rimprovero divertito, come se si stesse rivolgendo all’amico con cui convive, scherza e litiga ogni giorno. Non all’uomo steso sul letto, coperto solo da un lenzuolo bianco.
L’ex soldato abbandona la stanza, lanciando che il silenzio imponga la sua incontrastata tirannia su di essa. Holmes non vuole alzarsi, ogni angolo del letto è ancora intriso dell’odore del suo amante.
È riuscito a prendersi il suo dottore, ad averlo anche di giorno. Ma alla fine, come tutte le altre volte, lui si è alzato da quel letto e ha abbandonato la stanza.

Ha vinto lei Watson, come sempre.
 
 
 
  
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