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Autore: Shainareth    24/09/2006    7 recensioni
One-shot sull'amicizia fra Ron e Hermione.
Si tratta della mia prima fanfiction sulla saga della Rowling, e pertanto la ritengo più che altro uno studio su due dei personaggi principali.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CIOCCOLATA CALDA

 

 

Non era propriamente al top della forma; il che, per uno che di lì a poche ore avrebbe dovuto giocare la semifinale di Quidditch, non era il massimo. Sentiva le membra più stanche di quelle che erano in realtà, e il freddo nelle ossa non gli faceva assolutamente avvertire il tepore della primavera. Era per questo motivo che, con una coperta sulle spalle, se ne stava raggomitolato sulla sua poltrona preferita, quella che, se non fosse stata per la magia di Hogwarts, sarebbe senza dubbio risultata la più malandata. Aveva persino acceso il fuoco nel camino, rendendo pertanto l’aria soffocante per il caldo. Eppure, il giovane Weasley continuava a sentire freddo. Davanti ai suoi occhi continuava a turbinare la pluffa, e a lui, uno dei giocatori, toccava uno dei compiti più importanti: evitare di farla passare attraverso i tre cerchi che solitamente si teneva alle spalle durante le partite. Ci sarebbe riuscito come negli allenamenti, o si sarebbe fatto prendere dal panico per l’ennesima volta, suscitando la solita ilarità tra il pubblico ed in special modo tra le file dei Serpeverde?

   In preda all’angoscia, si era dunque alzato in piena notte - la lancetta più lunga della pendola aveva passato da un pezzo la metà del quadrante, e quella più corta si trovava fra l’uno ed il due - e si era piazzato lì, nella Sala Comune dei Grifondoro, continuando a rodersi dinanzi alla sconcertante immagine di se stesso che, nel tentativo di afferrare la pluffa fra le mani, finiva invece per prenderla in piena faccia e, dulcis in fundo, cadere giù dalla sua amata scopa. Era logico che dopo un sogno, o per meglio dire, un incubo del genere si dovesse svegliare di soprassalto e non riuscisse più a chiudere occhio.

   E quel maledetto jingle che i Serpeverde aveva inventato per lui, ‘Perché Weasley è il nostro re’, continuava a risuonargli nella testa ogni minuto di più. Così tanto che neanche riuscì a sentire il rumore della porta del dormitorio femminile che veniva chiusa né tanto meno il rumore dei passi che scendevano giù dalle scale. Con un fruscio di vesti, Hermione si affacciò nella Sala Comune: lo vide e sospirò. Ron sobbalzò quando se la trovò sotto al naso, lo sguardo corrucciato e i pugni serrati sulle anche. Ci mancava solo lei e le sue solite ramanzine all’una e mezza di notte, poco prima di una semifinale, e proprio quando aveva bisogno, invece, di qualcuno che capisse almeno le regole del Quidditch.

   Hermione inarcò le sopracciglia. «Cos’è quell’espressione seccata, Ronald? Dovrei avercela io, non tu.» Ma dato che Ronald non rispose, si sentì autorizzata a continuare. «Ti faccio presente che sono quasi le due, e che domani hai da giocare una partita importante.»

   «Oh, meno male che me l’hai ricordato» mugolò il ragazzo, accoccolandosi meglio nella coperta che si era gettato sulle spalle, una smorfia di insofferenza sul volto pallido.

   Di nuovo, Hermione corrucciò la fronte. «E’ per questo che non dormi?»

   «L’hai detto anche tu: è una partita importante! Ci giochiamo la finale!»

   «E quando vi giocherete la Coppa, che farai?» sorrise incredula, portandosi più vicina a lui e sedendogli accanto, sul bracciolo della poltrona. «Andiamo, Ron, rilassati!» lo esortò, poggiandogli una mano sul ginocchio tirato in su.

   Lui sbuffò, le orecchie rosse come i suoi capelli. «La fai facile tu… Ma sono io quello che deve difendere la nostra squadra!»

   «E lo farai nel migliore dei modi. Come sempre» rispose tranquilla la sua amica, facendolo voltare di scatto verso di lei con espressione basita sul volto.

   «Co…?!» annaspò, prima di recuperare la voce ed esclamare: «Forse non ti ricordi quella bella filastrocca che Malfoy e i suoi stramaledetti amici continuano a ripetere ogni volta che passo sotto ai loro occhi!»

   «Sssh, non urlare» lo riprese con benevolenza Hermione, alzandosi per acquattarsi in terra, davanti al camino. «In casi come questi, quando l’ansia e la paura prendono il sopravvento sui tuoi pensieri e ti impediscono di riposare corpo e mente, esiste un solo modo per rilassarsi» cominciò a spiegare, mentre la sua mano rovistava fra le pieghe della lunga vestaglia fiorita. Ron la osservò incuriosito, ma neanche quando le vide impugnare la bacchetta riuscì a comprendere le sue intenzioni. «Anzitutto,» riprese lei con fare pratico e agitando la bacchetta a mezz’aria. «questo fuoco acceso mi sembra inutile: non hai caldo?»

   «Se lo avessi, non l’avrei acceso, ti pare?» soffiò il ragazzo con acidità, stringendosi ancora una volta nel plaid.

   Decidendo di soprassedere sul malumore di lui, Hermione si impettì ed alzò il mento com’era solita fare quando si accingeva a compiere un incantesimo. «Cioccolata o tè, Ron?» Questi ebbe appena il tempo di aggrottare le rosse sopracciglia che già l’altra sentenziò per lui: «Cioccolata» e scandì una formula nel medesimo istante in cui ondeggiò la bacchetta indirizzandola verso il tavolino disposto a metà strada fra poltrona e caminetto. Ci fu un impercettibile tintinnio di porcellana e poi un pluf! che stava ad indicare quella piccola cascata di cioccolata calda apparsa dal nulla e che prese a tuffarsi dritta nella tazza comparsa anch’essa per magia. Hermione ripeté il gesto della mano e l’incantesimo poc’anzi pronunciato: ed una seconda porcellana bianca decorata di azzurro si ritrovò ricolma di squisito cioccolato fumante, lì, accanto alla prima, e pronta per esser assaporata.

   «Prendi, ti farà bene» disse quindi la ragazza, porgendo la cioccolata all’amico che la fissava smarrito ed ammirato al contempo.

   «Miseriaccia! Sei un vero portento!»

   «Oh, sciocchezze…» Con fare imbarazzato, Hermione abbassò lo sguardo e rimise velocemente via la bacchetta. «E’ un incantesimo semplicissimo.»

   «Oh, beh… non per me, visto che qui a Hogwarts non tengono corsi di cucina» replicò Ron, portandosi la bevanda calda alle labbra e rimanendone deliziato: era davvero un toccasana, aveva ragione lei. «Tu sì che non hai bisogno di preoccuparti di fare buona impressione sulla gente…» si rammaricò quindi, con un’alzata di spalle.

   Lei si lasciò sfuggire una risatina isterica. «Ma mi hai vista, Ron?» domandò retoricamente. «Non faccio altro che atteggiarmi ogni volta che devo dar bella mostra di me! Anche solo per questo stupido incantesimo! E quel che è peggio, è che non lo faccio neanche di proposito…» mormorò scuotendo l’ingrovigliata chioma castana. Alzò di nuovo gli occhi su di lui e continuò: «Io ho paura quanto te di fare la figura dell’incapace. Anche perché sono figlia di babbani, e tu lo sai che c’è gente come i Serpeverde che detestano quelli come me: ‘dovrebbero essere ammessi soltanto i puri di sangue!’» fece loro il verso, prima di affondare anche lei la bocca nella cioccolata calda.

   «Malfoy è un imbecille, lo sai» la consolò Ron che sull’argomento ‘babbani’ era molto più aperto di vedute, essendo figlio di Arthur Weasley, impiegato all’Ufficio per l’Uso Improprio dei Manufatti dei babbani, per i quali l’uomo nutriva un’autentica passione dettata dall’esagerata curiosità di capire come potesse funzionare il mondo senza l’ausilio della magia. «Tu da sola vali mille volte più di tutti loro messi insieme» dichiarò con fervido convincimento: quando c’era da difendere uno dei suoi amici – Hermione in particolare – o da dare addosso ai Serpeverde, Ron scattava sempre in prima fila. Durante il secondo anno a Hogwarts, infatti, aveva persino cercato di lanciare un incantesimo contro Malfoy che aveva osato offendere la sua amica chiamandola sprezzantemente ‘mezzosangue’, insulto irripetibile tra maghi dabbene.

   «Grazie, Ron» sorrise Hermione, sinceramente commossa da tanta dedizione. «Ora però non pensiamoci più e andiamo a dormire, d’accordo?»

   Ron, che aveva già mandato giù tutta la cioccolata, si alzò in piedi con fare concitato. «La Coppa di Quidditch sarà nostra anche quest’anno, ti do la mia parola! Malfoy si mangerà il fegato, vedrai!» dichiarò con convinzione, facendola ridere.

   La ragazza seguì quindi il suo esempio e, facendo leva sulla punta dei piedi, gli passò una mano sul capo, scompigliandogli la zazzera rossa. «Buona notte, Ron.»

 

  
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