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Autore: Neko    18/02/2012    5 recensioni
Sequel di "Da allievo a maestro" Sono passati anni da quando Kabuto ha combattuto nel suo covo contro i ninja della foglia e compiendo un gesto infimo ha rapito la figlia di Naruto appena venuta al mondo, ma esso non si arrende e continua la sua disperata ricerca con l'aiuto dei suoi amici.
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Ciao a tutti!!! Dopo tanto tempo mi sono decisa a continuare con il seguito di “Da allievo a maestro”.

So che a molti il finale di quella fic non è piaciuta, ma spero di farmi perdonare con il continuo. ATTENZIONE: per chi non seguisse il manga giapponese vi è un piccolo spoiler sul nome di Kyuubi.

Fatemi sapere e  buona lettura.

Neko =^_^=

I want my daughter back

Prologo

 

Pov Naruto

 

Tanti anni erano ormai passati dal giorno che cambiò completamente la mia vita e quella di Sakura.

Quel giorno avrebbe dovuto essere il più bello delle nostre vite e invece si era trasformato nel peggior incubo che un genitore possa mai avere.

Sei anni erano trascorsi con l’esattezza e la nostra bambina non era qui con noi a scoprire le cose meravigliose che il mondo poteva offrirle, come anche le cose spiacevoli che potevano sorprenderci in certi momenti della nostra esistenza.

Quando essa venne alla luce, ci trovavamo in una situazione drammatica. Eravamo nel covo del nemico, di uno dei più insidiosi che si sia mai messo sulla nostra strada.

Se non fosse per i miei tre allievi Miiko, Sora e Eichi, che aiutarono Sakura a partorire, non sapremmo nemmeno che si trattava di una bambina.

Non ebbi il tempo di vederla o di stringerla tra le mie braccia, perché Kabuto la strappò dalle braccia materne, dopo il suo primo urlo, scomparendo senza lasciare la ben che minima traccia dietro di sé.

Avrei tanto voluto sapere come erano i suoi capelli, i suoi occhi, il suo nasino, la sua bocca. Ero curioso di sapere se somigliava di più a me o a Sakura, sia fisicamente che caratterialmente. Invece tutto questo ci era stato negato per colpa di quel bastardo.

Inizialmente credevamo che il suo rapimento fosse dovuto al fatto che Kabuto l’avrebbe usata come merce di scambio per ottenere quello che voleva, cioè il sottoscritto o per essere precisi quello che il mio corpo racchiudeva, ma i suoi interminabili silenzi, ci fecero capire che aveva ben altro per la testa.

Il suo scopo era un altro, qualcosa che inizialmente non potei spiegarmi.

Sapevo solo che quell’essere aveva mia figlia e se essa stesse bene o meno, questo mi era impedito di saperlo. Ma in cuor mio sapevo che essa era viva e che calpestava la stessa terra su cui i miei piedi si posavano.

Era questa certezza che ci dava, a me e Sakura, la spinta di andare avanti e a non abbandonare le ricerche, ma gli anni passavano e i nostri vari tentativi furono inutili.

Kabuto era come sparito nel nulla.

Nemmeno il potere di Kyuubi riuscì a tornarmi utile.

Da quando avvenne la disgrazia, io e la volpe avevamo legato molto, tanto che il demone mi mise al corrente del suo vero nome: Kurama.

Mi sorprese il suo tentativo di avvicinarsi al sottoscritto, in quanto anch’essa a modo suo era riuscito a rendermi la vita un inferno, ma presto scoprii che anch’esso era sulla mia stessa barca e riusciva a comprendermi come nessun altro.

Da lì venni a scoprire un  fatto che mai avrei immaginato.

Quando appresi che mia figlia era stata rapita, non sentii solo il mio dolore, ma anche quello di Kurama. Venni a conoscenza che per ogni figlio che avessi generato, essendo lui legato a me, anch’esso avrebbe generato un cucciolo, che avrebbe abitato nel corpo dei miei figli.

L’unica differenza fra me e la mia prole sarebbe stata che ogni demone avrebbe condiviso il corpo con il suo jinchuuriki perché legati affettivamente, in quanto concepiti insieme, e non a causa di un sigillo.

Inaspettatamente due anni dopo, alla nostra famiglia si aggiunse un quarto elemento: Daiki, il nostro secondogenito. Non fu un tentativo di dimenticarci della nostra bambina, né tanto meno un modo per andare avanti senza di lei. Kumiko, il nome che io e Sakura scegliemmo per nostra figlia, sarebbe sempre rimastra nei nostri pensieri, in qualsiasi istante della giornata.

Daiki non fu programmato. Non volevamo avere altri figli per concederci maggiore tempo da dedicare alla ricerca di Kumiko, ma quando apprendemmo di lui, dovemmo cambiare i nostri piani. Avremmo continuato a lottare, senza però trascurare il nostro piccolino.

Nonostante tutto, entrambi ci sentivamo in colpa.

Daiki sarebbe stato protetto ad amato, mentre non eravamo stati in grado di proteggere nostra figlia.

Daiki era un bambino pieno di energie, dai capelli lisci e biondi, gli occhi un po’ a mandorla come mio padre, dello stesso colore di sua madre. Esso era parte di quella speranza che ci era stata rubata, perché aveva riempito parte di quel cuore che si era completamente svuotato.

Aveva solo quattro anni, ma aveva già le idee chiare. Sarebbe diventato ninja, con lo scopo di trovare sua sorella. Non gli avevamo mai tenuto nascosto la sua esistenza. Non ci sembrava giusto né nei suoi confronti, né verso quelli di Kumiko.

Eravamo estremamente protettivi verso di lui, cosa non sempre positiva, ma nessuno ci dava la colpa, dopo quanto successo.

Sakura aveva dimezzato il suo orario di lavoro, per stare con lui e permettere a me di svolgere il mio lavoro di ninja e di svolgere ulteriori ricerche.

Raramente capitava che nessuno dei due potesse stare con il bambino e in quei casi, lo affidavamo a Kurama. Dopo la nascita di Daiki, avevo reciso il sigillo, nonostante esso continuasse a vivere dentro di me di tanto in tanto. Non avevo timore che facesse del male al bambino, perché come accennato prima, a ogni mio figlio ne corrisponde uno suo.

Daiki infatti era nato con al suo interno un cucciolo di volpe con tre piccole code folte, che apparve vicino a lui dopo il suo primo starnuto.

Da allora di tanto in tanto, faceva la sua apparizione, per giocare con il bambino, ma solo se eravamo presenti noi membri della famiglia. Con altre persone, proprio come faceva Daiki per timidezza, rimaneva nascosto.

Kurama aveva chiamato il suo cucciolo Akai, per via del suo pelo rosso intenso.

Mi affezionai subito a quel cucciolo, in fin dei conti era come se fosse anche figlio mio e sapevo che anche Sakura provava gli stessi miei sentimenti.

Volevamo un gran bene ad entrambi e speravamo con tutto il cuore di poter conoscere le altre nostre “due figlie”.

 

  
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