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Autore: Gulminar    19/02/2012    5 recensioni
Tanya Cindy Larsson, nata a Londra da madre russa e padre scandinavo. Diplomata a Hogwarts con ottimi voti. Fra le più promettenti reclute dell’Accademia Auror londinese. Entrata giovanissima nella Squadra Phoenix, il corpo scelto del comandante Harry James Potter. Medaglia del Ministero della Magia per servizi resi alla comunità magica. Trasferitasi a Liverpool in seguito allo scioglimento della Phoenix. Incaricata ufficiale per il caso della Cacciatrice.
Sembrava proprio un angelo, stesa in quel letto d’ospedale. I boccoli biondi come un velo che copriva il cuscino, il volto sereno, lontano dalle preoccupazioni, nel sonno indotto dalla magia.

Liverpool, anno 2021. L'Auror Tanya Larsson si dibatte fra un passato che non riesce a dimenticare e un presente da incubo, può darsi che i vecchi amici ed ex colleghi di Londra siano i soli in grado di aiutarla.
Delirio post Doni della morte, escludendo l'Epilogo "19 anni dopo".
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Altro contesto
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Tanya Larsson


Tanya Cindy Larsson, nata a Londra da madre russa e padre scandinavo. Diplomata a Hogwarts con ottimi voti. Fra le più promettenti reclute dell’Accademia Auror londinese. Entrata giovanissima nella Squadra Phoenix, il corpo scelto del comandante Harry James Potter. Medaglia del Ministero della Magia per servizi resi alla comunità magica. Trasferitasi a Liverpool in seguito allo scioglimento della Phoenix. Incaricata ufficiale per il caso della Cacciatrice.
Sembrava proprio un angelo, stesa in quel letto d’ospedale. I boccoli biondi come un velo che copriva il cuscino, il volto sereno, lontano dalle preoccupazioni, nel sonno indotto dalla magia.
Il capitano Leo Larkin aveva sempre avuto quel difetto, a patto che di difetto si potesse parlare. Si affezionava ai suoi sottoposti, se non altro a quelli che dimostravano di meritarlo. Quando la Cacciatrice riduceva Tanya a mal partito, andava a trovarla quando era sicuro di essere solo, in modo che nessuno potesse notare quanto la cosa lo coinvolgesse.
Nell’ultimo anno era accaduto troppo spesso. Ogni volta un bollettino di guerra, il corpo di Tanya che andava ricostruito. Pareva che la Cacciatrice trovasse una sorta di sadico divertimento nel farla a pezzi senza ucciderla, per poter ricominciare all’occasione successiva. Tanya però non voleva arrendersi e si ostinava a farsi macellare.
Ma questa è l’ultima volta.
Le avrebbero tolto l’incarico, non si poteva evitare. Leo già immaginava quanto si sarebbe infuriata, ma il Ministero era stato fin troppo paziente con i loro insuccessi e occorreva mettere un freno a quella situazione.
Gettò uno sguardo a una copia del Profeta abbandonata su una sedia.
La Cacciatrice di Liverpool oltre le sessanta vittime.
Recitava il titolo in prima pagina.
La cifra era gonfiata ma rendeva l’idea di quanto fosse tragica la situazione.
Nella foto sottostante, la moglie di un assassinato sfogava il dolore.
Quasi sessanta vittime accertate.
Ovviamente senza contare i Babbani.
In poco più di tre anni.

Leo sentì l’ormai abituale oppressione al torace. La Cacciatrice era una strega di livello fuori norma, non aveva ancora ucciso Tanya perché con lei pareva divertirsi, ma gli altri Auror finivano ammazzati come i palloncini nei lunapark Babbani. Eppure, tanta abilità non gli sembrava un motivo sufficiente per un tale macello.
Forse c’era qualcosa di vero nelle voci su una società segreta che appoggiava le azioni della Cacciatrice. Un giornalista aveva parlato della setta dei Tulipani di Cristallo e si erano scatenate le più fantasiose speculazioni. Si era documentato, durante il Medioevo era effettivamente esistita una setta di assassini che firmavano le uccisioni come faceva la Cacciatrice, ma risultavano sgominati da secoli. Sul fatto che fossero tornati, i più erano scettici, sembrava più probabile che qualcuno si stesse ispirando alle loro gesta criminose.
Scetticismo o no, ora per le strade serpeggia il terrore.
E loro erano impotenti.
Avvicinò una sedia al letto e strinse una mano di Tanya fra le sue. Era così piccola e calda, così piena di vita. Gli capitava ancora di stupirsi per quanto potere, quanta forza potevano scatenarsi da quel corpo così minuto.
Frena, Leo.
La voce della coscienza, puntuale.
Non devi innamorarti di Tanya, non puoi.
Se lo ripeteva di continuo.
Sei un vecchio di merda, lei merita di meglio.
Per quanto si sforzasse, non riusciva a togliersi dalla testa quei pensieri, ed era inutile ripetersi i mille motivi per cui non era giusto. Aveva quasi il doppio dei suoi anni, escluso il lavoro non avrebbero potuto condurre vite più separate.
Si costrinse ad alzarsi, a rimettere la sedia a posto e lasciare quella stanza.
L’aria nel corridoio era più fresca e gli fu d’aiuto. Si asciugò la fronte con una salvietta.
Non hai più l’età per queste cose.
Si ripeteva stronzate del genere da mattina a sera, nel vano tentativo di convincersi.
Vediamo di concentrarci su quelle importanti.
Sentì l’oppressione al torace accentuarsi. Doveva andare dalla vedova di Erik, la povera donna non era ancora stata informata. Quel piacevolissimo compito toccava a lui, come sempre.


Dopo cinque giorni di pioggia non se ne vedeva la fine, pensò che presto i Babbani avrebbero dovuto usare i canotti per spostarsi. Appese il mantello fradicio all'appendiabiti dell'anticamera, contemplò le stille d’acqua che cantilenavano sul pavimento. Si sentiva troppo stanco anche per un semplice incantesimo che asciugasse il tutto. Passò una mano fra i capelli umidi, nell’inutile tentativo di dare loro un aspetto umano. Esitava a entrare in casa, non aveva voglia di affrontare determinati argomenti con la moglie.
“Harry, sei tu?”
E chi mai dovrebbe essere?
“Sì.” Si arrese. “Sono qui.”
Ginny entrò nel vestibolo con indosso una vestaglia da camera, lo aveva atteso sveglia dopo aver mandato a letto i figli, come sempre faceva da quando erano sposati. Non importava a che ora lui rincasasse, quando capitava che lo facesse.
“Giornata dura?” Chiese la donna, notando l’espressione del marito.
“Tuo fratello è stato sospeso di nuovo.”
Non aveva senso girarci intorno, lo avrebbe saputo comunque. Era amica intima del capitano Miller, che la teneva informata su quasi tutto. Ginny chiuse gli occhi ed emise un sospiro fra il dispiaciuto e l’esasperato. Mai una novità piacevole da quel versante. Harry la abbracciò, facendo attenzione a non urtarle il ventre gonfio. Avrebbe potuto addormentarsi lì, appoggiato alla rassicurante presenza della moglie.
“Sei stato da lui?”
“Ha cambiato indirizzo di nuovo.”
“Maledizione!” Ginny non poté reprimere un moto di rabbia.
“L’ho cercato in tutti i locali dove va di solito, sai com’è quando non vuole farsi trovare.”
“Il fatto che sia così praticamente sempre dovrebbe farmi preoccupare meno?”
“Non ho detto questo.”
Harry era esausto, doveva aver vagato per l’intera Londra, magica e non, alla ricerca di Ron. Ginny era certa che non avesse lasciato nulla di intentato. Purtroppo aveva ragione, quando Ron decideva di stare solo ad autodistruggersi, non era facile trovarlo. Peccato che ciò fosse ormai una costante delle loro vite.
Fece sedere a tavola il marito e gli mise davanti un piatto di zuppa calda. Harry rimase immobile, fissando ora il cibo ora il cucchiaio con cui avrebbe dovuto servirsi.
“L’ha portata mamma, è passata di qui oggi pomeriggio.”
Harry annuì meccanicamente, s'impose di prendere qualche cucchiaiata ma la mano non si mosse. Lo stomaco pareva sigillato, ma non voleva sprecare le attenzioni di Ginny.
“Non ho intenzione di imboccarti, Harry Potter.” Lo canzonò lei. “Se non hai appetito, è il caso che ce ne andiamo a dormire.”
Parole sante, Harry annuì di nuovo in stile automa. Ginny fece sparire la zuppa in qualche anfratto della cucina, sarebbe andata altrettanto bene l’indomani. Guidò il marito barcollante su per le scale e fino alla loro camera, sperando che i ragazzi non si accorgessero che papà era rientrato e non irrompessero schiamazzando dalle loro stanze.
Harry crollò in pantaloni e camicia sul matrimoniale, si addormentò quasi al contatto. Ginny gli tolse almeno le scarpe e cercò di fargli assumere una posizione più comoda. Si accoccolò accanto a lui, nei limiti imposti dalla pancia e dalla posizione sghemba del marito.
Nel voltarsi a spegnere la lampada, lo sguardo le cadde sulla foto che teneva sul comodino, come sempre accadeva. Quattro volti le sorridevano radiosi, nel giorno del matrimonio comune.
Harry e Ginny, Ron e Hermione.
Una coppia ancora felice e una che si era persa per strada.
Una lacrima le rigò il viso. Spesso pensava di togliere la foto, in cui era rimasta impressa la gioia ubriacante di quel giorno, ma poi le mancava sempre la forza di farlo.


Tanya Larsson camminava per le strade della Liverpool Babbana, evitando la zona del porto. Aiutando con la stampella le gambe non ancora sicure nei movimenti, cercava di mettere in ordine i pensieri. Ogni volta che le pareva di aver trovato il filo giusto, tutto si confondeva e le sfuggiva di mano. Un dolore sordo, il pianto della moglie e del figlio di Erik al funerale, la voce raschiante del suo ultimo partner prima di essere ucciso, le ottundevano i sensi e impedivano alla mente di muoversi secondo logica. Non toglieva mai gli occhiali da sole perché non poteva impedire agli occhi di inumidirsi, ogni volta che pensava a Erik e a chi lo aveva preceduto.
Hans.
Un gagliardo irlandese che la Cacciatrice aveva impiccato a un albero sotto i suoi occhi.
Pedro.
Un simpatico giovane di origini spagnole che la Cacciatrice aveva decapitato.
Derek.
Senza che lei potesse intervenire, la Cacciatrice lo aveva fatto divorare dai topi.
Ce n’erano stati altri a cui non si era legata allo stesso modo, ma non per questo le loro morti erano meno importanti. Erik doveva essere l’ultimo, sarebbe andata avanti da sola.
Avanti?
Tendeva a dimenticare, più che volentieri, che le avevano tolto l’incarico ed era a riposo forzato a tempo indefinito. Ciò che la faceva imbestialire era che non poteva dare torto al Ministero. Come diceva Leo, erano stati anche troppo pazienti con i loro insuccessi. Da più di tre anni la Cacciatrice imponeva il suo regno del terrore sulla Liverpool magica, quasi sessanta vittime, senza contare gli innumerevoli e inconsapevoli Babbani. Lei non era riuscita a opporsi in modo efficace, lei che avrebbe dovuto assicurare l’assassina alla giustizia. Lei che era entrata da celebrità nel dipartimento Auror di Liverpool, poiché veniva dalla Squadra Phoenix.
Ricordava ancora le occhiate, i bisbigli, il silenzio che calava quando entrava in qualunque stanza, durante i primi mesi sul nuovo posto di lavoro.
È quella nuova! Quella che era nella Phoenix!
E avanti così, ricamando sul tema.
Quella che era nella Phoenix si sentiva un rudere umano, un’Auror finita, una sconfitta. Ora era soltanto quella che aveva fallito contro la Cacciatrice.
Perdendo un sacco di colleghi.

Il suo appartamento le sembrava più squallido, più grigio e più freddo ogni volta che era costretta a tornarci. Dormiva secondo orari scombinati, mangiava svogliatamente le schifezze che trovava in giro per casa e non voleva vedere nessuno. Aveva poche amiche, nessuna di cui si fidasse abbastanza da chiamarla in un momento del genere. Gli uomini erano sempre stati una piacevole attività sportiva, non ce n’era uno a cui pensava di potersi affezionare seriamente. Persino quel buon diavolo di Leo non sembrava più in grado di aiutarla.
Si sedette nella penombra grigia del salotto. Avrebbe dovuto accendere il camino, ma il gelo autunnale pareva non sfiorarla. Alzò gli occhi alla foto che teneva appesa alla parete di fondo. Le faceva male, ne era consapevole ma non poteva separarsene.
Squadra Phoenix.
La truppa scelta del comandante Harry James Potter.
Un sogno di pace, uguaglianza e giustizia.
Finito troppo presto.
Da sinistra a destra, Harry Potter, il comandante, Marcel Woods, Drew Blizzard, Lance Murdock, Theresa Miller, nipote del leggendario Hurch, i fratelli Jack e Timothy Carter, Jenny Blast, Tanya Larsson, la più giovane del gruppo, Hermione e Ronald Weasley.
Mi mancate.
Mi mancate tutti da morire.

Purtroppo, la fenice non era rinata dalle sue ceneri.

   
 
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