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Autore: medeamazon    20/02/2012    5 recensioni
Sakura non sapeva se esisteva una qualche legge di Murphy che assicurava che ogni cena di lavoro dovesse sempre essere noiosa al punto da farti desiderare di andare in bagno solo per spezzare un pò la monotonia.
Era sicura, però, che questa sarebbe stata una di quelle serate.
Certo, sapeva anche che c'era un motivo ben preciso per cui odiava quella cena ben da prima che questa iniziasse, e che partire prevenuta probabilmente non avrebbe giovato alla sicuramente abbondante dose di disagio/noia/pesantezza che l'aspettava dietro le raffinate porte del ristorante dell'hotel Hilton di Tokyo, ma non riusciva a pensare a niente di positivo riguardo quello pseudo-incontro di lavoro.
Dopotutto, era lì con la stessa funzione di un cartello pubblicitario.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ino Yamanaka, Itachi, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Di hotel lussuosi, ospedali e incontri inaspettati

 
 
 
Sakura non sapeva se esisteva una qualche legge di Murphy che assicurava che ogni cena di lavoro dovesse sempre essere noiosa al punto da farti desiderare di andare in bagno solo per spezzare un pò la monotonia.
Era sicura, però, che questa sarebbe stata una di quelle serate.
Certo, sapeva anche che c'era un motivo ben preciso per cui odiava quella cena  ben da prima che questa iniziasse, e che partire prevenuta probabilmente non avrebbe giovato alla sicuramente abbondante dose di disagio/noia/pesantezza che l'aspettava dietro le raffinate porte del ristorante dell'hotel Hilton di Tokyo, ma non riusciva a pensare a niente di positivo riguardo quello pseudo-incontro di lavoro.
 Dopotutto, era lì con la stessa funzione di un cartello pubblicitario.
Ghignò al pensiero, e finalmente riuscì ad uscire dal taxi che l'aveva portata davanti quel palazzo enorme, dove si era incantata, immersa nelle sue abitualmente pessimistiche elucubrazioni.
Pagò, ignorando lo sguardo lascivo del tassista, quasi comprensibile visto che il suo vestitino era così corto da essere interamente nascosto dal cappotto di panno bianco.
Non poteva dire di sentirsi a disagio con quel vestito, faceva sempre piacere ricevere qualche sguardo in più, ma non essendo proprio il suo stile, non riusciva a sentirsi disinvolta dentro quella mise. Aveva dovuto comprarsi apposta quel vestito, quelle scarpe, quel cappotto, quella pochette e persino quelle calze, perchè il suo guardaroba non aveva un reparto "cose da mettere per una serata non elegante, di più".
Così, via allo shopping dell'ultimo momento, dato che non aveva mai un momento libero e si era ridotta a dover comprare il tutto quel pomeriggio stesso.
Per fortuna, la sua migliore amica/coinquilina/collega aveva il suo stesso giorno libero, cosa che cercavano di far accadere quasi sempre, per evitare di passare l'unico momento di riposo da sole in appartamento; l'aveva aiutata, come al solito, per trucco e parrucco, oltre ad averle consigliato i giusti accostamenti.
Si chiese pseudoseriamente come avrebbe fatto senza quella snob bionda e dolcissima. Probabilmente avrebbe combinato un disastro, essendo capacissima di mettere un ombretto dorato che avrebbe fatto a pugni con i suoi occhi acquamarina e, soprattutto, con quegli odiati e amati capelli rosa.
Sbuffò, pensando all'espressione sorpresa che sicuramente avrebbe avuto il suo interlocutore, davanti a quello che sarebbe come al solito passato per un capriccio di una ragazza un po’ troppo matura per tingersi i capelli di quel brillante colore pastello.
La verità la sapevano solo coloro che andavano oltre le apparenza e riuscivano a chiederle qualcosa su quel rosa.
Con cordialità avrebbe risposto che era una storia molto buffa. Che sua madre era una scienziata e genetista, e che non aveva trovato di meglio da sperimentare su se stessa che uno strano colore di capelli, che però aveva avuto effetto solo sulla figlia. Avrebbe poi concluso con la solita battuta, ovvero dicendo che le sarebbe potuta finire molto peggio, senza un orecchio o con un dito dei piedi in più.
Comunque era sicura che non avrebbe dovuto sfoderare le sue doti umoristiche, dato che aveva già classificato il tipo come cinico e arrogante.
Si era di nuovo persa nei suoi pensieri.
Sospirando, cominciò a salire le scale dell'hotel.
Entrò dalla porta girevole, e vide subito a destra il meraviglioso salone che ospitava il lussuoso ristorante della famosa catena, illuminato a giorno da lampadari elaborati e splendenti.
Gettò subito uno sguardo all'orologio sopra l'entrata del ristorante e notò che era in ritardo di due minuti.
Nonostante fosse qualcosa di trascurabile, il suo nervosismo aumentò.
La sua maestra le aveva detto che si sarebbero incontrate direttamente al tavolo, e questo ovviamente le aveva infuso la paura di arrivare in anticipo e doversi presentare ad un perfetto sconosciuto, cercando di intrattenerlo con il suo brillante farfugliamento da imbarazzata-a-disagio.
Ora però, la paura era di fare una brutta impressione come ritardataria.
Cercando di scacciare queste insicurezze da ragazzina, si avvicinò allo chauffeur, e fece il nome della dottoressa.
Con un gesto elegante, questi l'accompagnò ad un tavolo vicino alle vetrate che davano su una Tokyo bellissima, sfavillante di luci ed energia notturna.
Per abitudine, portò subito lo sguardo verso la maestra, che vedeva di profilo, seduta con le gambe accavallate sotto un bellissimo vestito lungo, nero e lucente, che le lasciava le braccia, straordinariamente toniche per la sua età, scoperte.
Era la prima volta che la vedeva così elegante, ma non si stupì nel capire che probabilmente era la donna più bella della sala.
Anche di me, pensò per un nanosecondo, prima di prestare attenzione all'uomo che le dava le spalle e che conversava con il famoso primario.
La sua giacca nera, presumibilmente costosissima, copriva delle spalle larghe ed una postura eretta, ed anche da lontano i misurati gesti del suo corpo avevano un'eleganza affascinante e quasi ipnotica.
Tsunade la vide, sorrise all'ospite (era...maliziosa?) e la guardò di nuovo.
Così l'uomo si girò.
E Sakura, come aveva previsto, ma per tutt'altri motivi, si immobilizzò.
Il giovane che le stava davanti doveva avere la sua stessa età, ma le analogie fra loro si fermavano lì.
Era probabilmente il giovane più bello che avesse mai visto dal vivo, o quantomeno così da vicino. I lineamenti erano delicati e perfetti, la sua carnagione era chiara, non pallida, e probabilmente nascondeva un fisico da far invidia ai modelli di Abercrombie.
Ma la cosa che la colpì di più furono quei pozzi neri di oscurità, occhi che somigliavano alla tempesta più feroce più che ad una tranquilla notte di stelle.
Cazzo.
Si era aspettata un vecchio tirchio, un austero patriarca, un grassone pervertito, ma non aveva considerato che gli si sarebbe potuto presentare una specie di superfigo.
La serata aveva inaspettatamente preso una piega non proprio indesiderata.
Naturalmente, avere ventisei anni facilitò lo sbloccamento degli arti e della lingua, che, era sicura, sarebbe potuto durare ore se fosse stata l’ adolescente timida di qualche anno prima.
Così, quando Tsunade la presentò come "Sakura Haruno, la ragazza di cui le avevo parlato", riuscì a stringere la mano fredda del moro con sufficiente decoro.
Questi non aveva interrotto il concatenamento di sguardi che li aveva visti protagonisti da quando si era voltato verso di lei, e con un sorriso terribilmente affascinante si era presentato:
- Mi hanno molto parlato di lei Miss Haruno, io sono Sasuke Uchiha.-
A quelle parole, un campanello d'allarme trillò nella sua testa, contribuendo a richiamare la lucidità.
Troppo perfetto.
Troppo disinvolto.
Non che le dispiacesse questa sua disinvoltura, specie quando la fece accomodare di fronte alla sua maestra, ma nella sua vita aveva visto fin troppi figli di papà atteggiarsi a padroni del mondo, e lei aveva sempre odiato quei tipi. Certo, nessuno era così carino, e nemmeno poteva dire con sicurezza che fosse uno di quegli arroganti dongiovanni.
A suo vantaggio, poteva dire che era quanto di più lontano dall'essere viscido o falso, e questo la rassicurò.
Concentrazione, doveva concentrarsi.
Quella era una cena importantissima dopotutto, non poteva lasciarsi prendere da fantasie adolescenziali.
- Signor Uchiha, lei vive a Tokyo?-
La voce di Tsunade la riscosse un pò, e riuscì a ordinarsi di evitare il contatto visivo per quanto più possibile.
- Ho una casa a Ginza, ma non ci vado quasi mai, preferisco gli alberghi, visto che mi sposto sempre.-
Sakura mandò all'aria i propositi di non guardarlo. Quelle parole l'avevano incuriosita. Chi preferiva stare in albergo, anche se era l'Hilton, quando poteva tornare a casa a riposare dai lunghi viaggi? Una casa a Ginza, poi!
Grazie a questa pecca del suo piano, riuscì a vedere un minuscolo guizzo di tristezza in quegli occhi meravigliosi, tanto piccolo da poter pensare di esserselo immaginato, eppure, non sapeva perchè, era convinto che ci fosse stato.
E questo non potè che affascinarla ancora di più, spronando la sua curiosa mente a scoprire qualcosa in più su quel ragazzo, meno prevedibile di quanto pensasse. Il cosmo tramava contro di lei.
- E suo fratello?-
Di nuovo, un guizzo di emozione sfiorò lo sguardo del ragazzo, sfilacciando l'aura di affascinante freddezza che lo caratterizzava.
- Si diverte a mandarmi in giro per il mondo, a risolvere affari dell'azienda, sostenendo che prima di affiancarlo nella guida dell' Uchiha Corporation devo farmi le ossa come semplice imprenditore.-
- Mi sembra una scelta saggia- sorrise Tsunade.
- Si, praticamente non lo vedo mai.-
Sakura si accorse di essere troppo attenta a tutti i segnali del viso di Sasuke, per non farsene sfuggire nemmeno uno e perdersi l'occasione di decifrarlo, solo quando la sua maestra le lanciò un brevissimo sguardo di rimprovero. Si raddrizzò subito.
- E adesso, dovè suo fratello?-
Sasuke omaggiò il suo primo contributo alla conversazione con una rapida occhiata.
Evidentemente, non la considerava abbastanza per parlare di cose serie, probabilmente, lo sguardo di inizio serata era l'unica forma di considerazione a cui poteva aspirare, che aveva meritato soltanto per il suo attillato, senza spalline, abito di raso rosso.
Questa considerazione la fece arrabbiare: lei aveva raggiunto tutti i suoi traguardi con la sua intelligenza e la sua tenacia, e non sarebbe stato certo un rampollo di un'azienda internazionale a sminuire il suo valore.
- A Londra, la sede principale sta praticamente diventando quella.-
Il cameriere prese le ordinazioni, interrompendo la conversazione.
- Spero che questo non implichi un abbandono dei vostri affari in Giappone.-
Ecco, il nocciolo della questione: l'ospedale di Konoha, clinica prestigiosissima, in cui Sakura ambiva a lavorare da quando aveva tredici anni e aveva deciso di fare il medico.
Clinica non privata, che si poteva permettere i macchinari più d'avanguardia perchè il jet set di Tokyo amava vantarsi delle donazioni fatte a questa particolarissima struttura, enorme, che ospitava i primari e i chirurghi migliori del Paese.
Ma gli investimenti si stavano diradando, a danno dei pazienti e della ricerca.
Così, la donna che tutti reputavano il miglior medico del Giappone aveva optato per un compromesso: per coloro che avrebbero donato considerevoli somme alla clinica, avrebbero avuto accesso a servizi di prima classe, si poteva dire, in un'area riservata dell'ospedale.
Insomma aveva barattato la privatizzazione con i fondi indispensabili, ne aveva tratto le somme Sakura.
Ma per iniziare il progetto, ci sarebbe stato bisogno di una donazione piuttosto ingente, per allestire l'"area VIP" e incentivare il restante popolo di ricconi a investire di nuovo.
Così si era rivolta ad una delle famiglie più ricche di Tokyo, che l'aveva sempre chiamata per le emergenze, volendo solo il meglio, e che aveva sempre aiutato la clinica stessa, soprattutto per merito della Signora Uchiha.... fino a quel giorno.
- No, il Giappone è ancora al centro dei nostri investimenti.- rispose vago Sasuke.
Evidentemente non voleva farla facile per loro.Stronzo.
Le prime impressioni non sbagliano, a quanto pare.
Portarono le raffinatissime portate: non aveva trovato niente di meno costoso della pasta all'astice, piatto molto occidentale, e sebbene sapesse che non avrebbe pagato lei, non voleva fare la figura dell'approfittatrice. Quante fisime che si faceva, sbuffò.
Sasuke le rivolse uno sguardo leggermente incuriosito, tradito solo da un sopracciglio alzato.
- Non le piace il piatto, Miss Haruno?-
La rosa sgranò gli occhi.
- Oh, no, no... Io...ecco... mi domandavo se lei fosse stato mai al Konoha Hospital-
Tsunade la fulminò con lo sguardo. Delicate trattative e giri di parole spazzati dall'impulsività della sua allieva. Che oltretutto era andata a toccare un tasto dolente.
- Purtroppo, abbiamo avuto bisogno dei servigi della signorina Senju, qualche volta.-
Per fortuna il ragazzo non aveva dato cenni di disagio, solo il tono si era fatto eccessivamente freddo.

- Oh, e come le è sembrata rispetto alle altre cliniche?-
La domanda affaristicamente ingenua di Sakura era compensata da una sincera curiosità mista ad orgoglio, tale che non poteva essere scambiata per una manovra tronfia per elogiare la clinica stessa.
- Di sicuro, è la migliore clinica che io abbia mai visto, anche se in America ne ho viste di più grandi.-
- Oh, ma non è la grandezza a dare fama ad un ospedale. Come sa perfettamente, la qualità dei servigi è resa più dal personale, che dalla struttura, e, converrà con me, non sono molte le cliniche che possono vantare tanti medici di fama mondiale.-
Tsunade aveva abilmente portato il ragazzo al punto che voleva.
- Naturalmente, ma mi chiedo se le nuove generazioni di medici non preferiscano indirizzarsi verso una struttura privata, che dal punto di vista economico è sicuramente più sicura e soddisfacente.-
Ovviamente, il ragazzo stava portando avanti una dialettica contro i punti deboli di Konoha, come la mancanza di nuovi medici famosi, che preferivano, come aveva detto, compensi più lauti.
Ma Tsunade l'aveva previsto, ed era per questo che una certa ragazza si trovava agghindata e bellissima al trentesimo piano dell'Hilton, fiera di portare avanti la bandiera del suo santuario, del suo rifugio che era Konoha.
Sakura lo aveva capito solo in quel secondo.
Cartellone pubblicitario, appunto. Ma non le dispiaceva.
- Beh, ha l'occasione di chiederlo direttamente ad una di loro: Sakura è una delle allieve più dotate che io abbia mai avuto, e ha ricevuto offerte di lavoro da parte di prestigiosissime cliniche private come Suna, Oto, già prima di laurearsi. Non le esagero dicendo che le sue ricerche oncologiche hanno dato risultati straordinari in poco tempo, che potrebbero proiettarla a breve nell'élite medica internazionale. Non mi sembra ci sia persona più adatta per spiegarle perché Konoha è tanto speciale.-
Sakura era arrossita fino alla radice dei capelli per la presentazione magniloquente della sua maestra, ma si era ripresa per guardare con sfida lo sguardo stupito del moro.
- Non ho la pretesa di reputarmi un medico talentuoso- cominciò, combattiva e distaccata – ma le posso assicurare che Konoha è quanto di meglio potessi sperare per la mia carriera. Sa, ho visitato tutti gli ospedali che mi hanno offerto un posto; hanno macchinari sofisticatissimi, ma, senza voler cadere nel patetico o nell’esagerazione, le posso assicurare che i dottori di Konoha sanno di trovarsi in un luogo che ha generato le menti mediche migliori del Paese e le nostre ricerche danno anche più soddisfazioni perché la nostra particolarità, lo sa, è lavorare per i pazienti e grazie ai pazienti. Traiamo spunto dalle situazioni quotidiane dell’ospedale, e le applichiamo alle ricerche nello stesso giorno. Konoha è speciale perché ogni medico è anche un ricercatore, e perché ogni ricerca è correlata alle altre. Se ho un paziente malato di epatite, e scopro un nuovo sintomo, il giorno stesso sono tenuta a riferirlo al medico che magari sta studiando quel tipo di malattia. E quando dico “sono tenuta” non è perché qualcuno mi costringa: lo faccio perché è come se ci fosse una regola non scritta che ho intuito sin da quando avevo tredici anni e mio padre ha avuto un infarto. I dottori se ne sono presi cura con attenzione, e persino un caso purtroppo frequente come questo è stato riferito alla dottoressa Shizune, che allora si occupava di questo, e che ha poi pubblicato un saggio che per noi medici è diventato famoso.  La cosa più stupefacente è che la competizione tra colleghi è presente, ma si trasforma nella volontà di aiutarsi reciprocamente per uno studio più completo. È per questo, credo io, che l’ospedale partorisce tante ricerche associate e ha scoperto tanti collegamenti tra malattie completamente diverse. Ed è per questo che i giovani, entrando a Konoha, realizzano subito la sua peculiarità, e le assicuro che non penserebbero di rinunciarvi per qualche aumento di stipendio.-
Aveva la bocca asciutta per il gran discorso, e si rese conto dopo di quanto aveva parlato, e con quale enfasi, senza mai smettere di guardare negli occhi il moro, che non si era perso una parola.
Arrossì leggermente, abbassando lo sguardo e poi lanciò un’occhiata ansiosa alla sua maestra, che però la stava guardando con un leggero ghigno orgoglioso, che si premurò di nascondere quando Sasuke le rivolse la parola, simulazione inutile dato che il ragazzo non si girò verso di lei, parlandole mentre guardava ancora la rosa.
- Di sicuro, i vostri medici sono ben motivati.-
Sakura arrossì ancora di più, nascondendosi bevendo un bicchiere d’acqua.
- Come le ho detto, a Konoha abbiamo solo i migliori.-
La rosa lanciò uno sguardo supplice alla maestra, che così decise di cambiare argomento.
- Ditemi, vi vedete ancora con Naruto?-
Sakura, ancora una volta, sgranò gli occhi, stupita.
- Sempre meno, a causa dei miei viaggi.-
- Lei conosce Naruto?-
Il moro si girò verso di lei.
- Purtroppo, sono stato compagno del dobe da quando avevo sei anni-
Il tono, ironico al limite del nostalgico, strideva con il viso indifferente di Sasuke.
- Oh, capisco.-
Perché le sembrava di non averne detta una giusta?
- Lei come lo conosce?-
Più andava avanti la serata, più le sembrava che la maschera di galanteria di Sasuke si sfaldasse sotto i colpi di una personalità più complessa e misteriosa, che non avrebbe mai anteposto un “se posso permettermi”, o un “perdonate l’invadenza” a una semplice domanda. Si ritrovò a pensare di preferire quel Sasuke, un po’ meno controllato e più conforme alla drammatica bellezza dei suoi occhi così vivi.
Che pensiero stupido. Concentrazione, Sakura.
Per rispondere alla domanda del ragazzo, per fortuna, il suo sguardo si ammorbidì, ripensando a quell’amico che aveva trovato a vent’anni.
- è una storia un po’ buffa.-
- Allora, sono sicuro che stiamo parlando della stessa persona.-
Lo sguardo sarcastico di Sasuke la fece sorridere, così come la sua maestra che ridacchiava.
- Oh, ha ragione. Ho conosciuto Naruto mentre ero al secondo anno di università, e stavo facendo il tirocinio in ospedale. Beh, diciamo che era caduto da uno skate, e quando Tsunade gli aveva chiesto cosa gli fosse saltato in mente di fare, dato che non ne aveva mai usato uno, lui aveva risposto che era stato per una scommessa contro un tipo che giurava non sapeva fosse il campione in carica di skate. Così mi sono messa a ridere e lui mi ha sorriso, cominciando a chiedermi di uscire.-
- Lo ha fatto penare per giorni, prima di dirgli di sì.-
Tsunade intervenne, sorridendo, ricordando che le visite del biondo a Konoha, dove prima veniva solo per chiedere soldi a lei, vecchia amica di famiglia e migliore amica del suo padrino, erano aumentate esponenzialmente da quando aveva incontrato Sakura.
- Non pensavo che si fosse sistemato. L’ultima volta che ci siamo visti non mi ha detto niente.-
Sakura quasi si strozzò con l’acqua.
- Oh, no! Io e Naruto non siamo fidanzati. È stato solo un’uscita tra amici. Ecco,… noi…-
- Capisco – l’aveva salvata Sasuke.
La serata era continuata così, senza intoppi, fino a quando il cercapersone di Tsunade non aveva squillato.
La donna lo cercò nella borsetta e lesse il messaggio.
- Vogliate scusarmi, Signor Uchiha, ma purtroppo nemmeno io sfuggo ai turni di Konoha, e stasera non posso fare un’eccezione, nonostante l’occasione. Vogliate perdonarmi.-
- Al contrario, non si deve scusare per mettere innanzi a tutto i suoi pazienti. Mi rendo conto che i miei tempi stretti hanno fatto di questo l’unico giorno possibile, per non parlare del poco preavviso.-
- Oh, per noi non è stato un problema. Non le dispiace dunque, rimanere in compagnia di Sakura per il resto della serata.-
Sakura la guardò, sconvolta. Aveva capito che si sarebbero congedati in quel momento.
- Assolutamente.-
Arrossì di nuovo per lo sguardo di Sasuke su di lei.
- Molto bene, allora temo di dovervi lasciare.
Tsunade si alzò e così lei e Sasuke, che la salutarono e la guardarono mentre si incamminava sul pavimento splendente del salone.
La rosa si sedette lentamente, maledicendo mentalmente la sua mentore.
E ora?
Sapeva che il moro non avrebbe iniziato la conversazione.
- Davvero, mi dispiace per l’imprevisto. Non pensiate che questo incontro non sia per noi importante.-
- Non preoccuparti. Ti dispiace se ci diamo del tu? Abbiamo la stessa età dopotutto.-
Sakura sussultò. Non se l’aspettava.
- Oh, no, va benissimo per me.-
Il cameriere si avvicinò per chiedere se gradivano il dessert.
- No, grazie. Ma sono sicuro che la signorina lo gradirebbe.-
Sakura lo guardò, sinceramente stupita, per poi ordinare una porzione di parfait  di mandorle.
- Do l’idea di essere una golosa?-
Sul serio, non si era accorta di aver mangiato così tanto.
- No, dai l’idea di una a cui piacciono le cose dolci.-
Ok, era una sua impressione o stavano superficialmente entrando nel campo del flirtare?
- Oh, e da cosa lo deduci? Non dirmi dai capelli…-
Si, sicuramente lei c’era entrata.
- No, non ci aveva davvero pensato. In realtà non so dire di preciso da cosa l’ho intuito. Forse il fatto che sopporti le sviolinate che Naruto sicuramente ti ha rifilato, o che parli dei pazienti con fare quasi materno. Non sono motivi logici, mi rendo conto.-
Non che le dispiacesse, flirtare con quello schianto.
- è strano che Naruto non mi abbia mai parlato di te.-
- Non mi sorprende… temo che non abbia una grande opinione di me.-
- Questo mi pare molto strano; è straordinariamente leale con i suoi amici.-
- Infatti, non dico questo.- concluse enigmaticamente il moro.
Confusa, Sakura portò alla bocca un altro pezzo di parfait, riflettendo.
- Ma certo!- esclamò ad un tratto, in maniera un po’ troppo brusca per la situazione.
Il ragazzo la guardò, in attesa che si spiegasse.
- Lei deve essere l’amico di cui mi ha parlato. Non capisco come posso non averci pensato prima! Mi ha detto di avere un caro amico che abita all’estero e che non vede mai. Sai, ti sbagli a pensare che pensi male di te: anche se poco, non ti ha descritto come un mostro anche se…-
Arrossì, e abbassò il capo.
- Mi avrà chiamato sempre teme- finì Sasuke per lei.
L’Haruno sorrise.
- Beh, se non sbaglio, tu l’hai chiamato dobe, poco fa.-
- Non sbagli, infatti.-
Sasuke diede con nonchalance la sua carta di credito al cameriere che aveva chiamato.
- Sarebbe bello, se vi rincontraste-
Sakura aveva per sbaglio dato una voce ai suoi pensieri.
Sasuke la guardò.
- Sarebbe strano, direi.-
Quando il cameriere portò di nuovo la carta, insieme alla ricevuta, Sakura pensò che il tempo era scaduto. Si sorprese nel rammaricarsi per questo.
Si alzarono quasi in contemporanea.
- è stato un piacere, Sasuke.-
- Ti accompagno di sotto.-
Sakura prese il cappotto, cercando di nascondere un leggero sorriso.
Scesero per l’ascensore panoramica, in silenzio.
Le sembrò assurdo sentirsi impacciata all’ingresso dell’hotel, al momento di salutarlo.
- Beh, allora…- incominciò, guardandosi le decolté rosse.
- Temo di aver dimenticato di dare il mio recapito personale alla dottoressa Senju.-
Sakura alzò la testa, stranita.
Sasuke infilò un dito nella tasca superiore della giacca, prendendo un foglietto bianco.
- Per avere una risposta definitiva, si dovrà parlare con mio fratello, ma credo che non avrete problemi.-
- Non capisco, credevo che l’avesse mandata per concludere… l’affare.- disse, impigliandosi nell’ultima parola, che faceva sembrare il suo amato ospedale una semplice merce e prendendo con mano ridicolmente timida il biglietto da visita.
- No, in realtà io ho il compito di selezionare gli investimenti più importanti che ci vengono proposti, che vengono poi sottoposti alla sua attenzione. Non potrebbe ricevere tutti quelli che gli chiedono udienza.-
- Oh, ma certo, capisco.-
Che peccato, era convinta che la faccenda si fosse già conclusa. Ma allora, a che serviva il numero di Sasuke?
Quello parve leggergli nella mente.
- È meglio che chiamate me, per fissare un appuntamento. Già dovrete aspettare prima che arrivi qui in Giappone, se vi mettete in fila rischiate di non poterlo nemmeno allora.-
Sakura deglutì, pensando a quanto doveva essere impegnato l’Uchiha maggiore.
- Ti ringrazio, davvero. È molto importante per noi.-
Il moro annuì, brevemente.
- Sarebbe meglio che anch’io avessi il tuo numero.-
La ragazza rischiò di cadere dai tacchi per la sorpresa.
Notandolo, Sasuke si affrettò a tranquillizzarla.
- Per poterti chiamare quando lui è qui. Sai, agisco in via ufficiosa, e mi serve qualcuno con cui parlare senza formalità, per le questioni pratiche.-
Sakura annuì confusa.
- Si, capisco, ma temo di non avere un biglietto da visita.-
Sasuke prese con disinvoltura il suo I-Phone dalla tasca, porgendoglielo.
Arrossendo scrisse il suo numero, per poi riconsegnarglielo.
- Starà qui per molto? Voglio dire…-
- Ormai aspetto mio fratello, se verrà per concludere quest’affare.-
- D’accordo allora… io vado.-
Impacciata, gli tese una mano, che l’Uchiha strinse piano.
Dimenticandosi di aggiungere altro, girò le spalle al ragazzo, verso la porta.
Si diede della stupida, quando le sembrò che lo sguardo del ragazzo non l’aveva lasciata finchè non era sparita dietro le porte.
 
 
 
- Oooooh, e tu che pensavi che sarebbe stato noioso!-
La voce di Ino, a quell’ora della notte, le sembrava più trillante del solito.
- Beh, non è che è stato così divertente!- sviò la rosa.
Era distesa sul divano con ancora il vestito rosso addosso, le gambe sulle cosce di Ino e un braccio sugli occhi. La bionda le aveva dato solo il tempo di togliersi le scarpe-tortura e il cappotto, prima di assalirla per sapere i dettagli della serata. Era preoccupata anche lei, dopotutto, del loro ospedale.
Così adesso stavano comode nel loro divano panna, con i marshmallow  sul tavolino, mentre Ino, con un pigiama azzurro di pile e i calzettoni rosa con i cuori, la tempestava di domande, aumentate da quando aveva saputo che il “nemico da abbattere” era un “moro niente male”.
- Ma sta zitta!-
Scostò le sue gambe e prese il suo portatile, risedendosi.
- Vediamo… Mmm, Sasuke Uchiha…-
Sakura si mise a sedere.
- Non ci posso credere lo stai googlando!-
Nonostante il tono di rimprovero, si avvicinò per guardare. Infatti, Ino la ignorò.
- Ecco! Sasuke Uchiha, secondo erede di una delle imprese più importanti del Giappone, fratello di bla bla bla… laureato in bla bla bla… andiamo informazioni interessanti… Oh ecco la foto! Ehi ma è questo?-
Sakura annuì, senza staccare gli occhi dal computer.
- Sakura questo è un figo! Non è “niente male”-
L’interpellata sbuffò, alzando gli occhi al cielo.-
- Ed è anche il tuo tipo! Volevo vedere la tua faccia quando lo hai visto!-
- In che senso il mio tipo?-
- Misterioso, faccia da poker e… oh, ma guarda!-
Sakura focalizzò quello che stava leggendo Ino.
- “Noto playboy, si pensa abbia avuto un flirt con la famosa modella…”-
Perché le si era contorto lo stomaco? Non lo conosceva nemmeno!
Si appoggiò allo schienale, e Ino la guardò di sottecchi.
- Non è che ci sei rimasta male?-
- Ma figurati, si capiva già!- era vero, dopotutto, l’aveva intuito.
- Perché non lo chiami?- chiese a bruciapelo Ino, facendole alzare la testa di scatto.
- Ma sei matta? Non voglio essere una delle sue facili conquiste!-
- Vuoi essere qualcosa di più?-
Lo sguardo malizioso di Ino le fece capire che era inutile tentare un approccio diplomatico. Così le lanciò il cuscino che aveva dietro la schiena, suscitando l’indignazione della bionda.
- Ehi! Vuoi la guerra?-
Cominciarono a lottare con i cuscini, non badando al fatto che le loro risate sarebbero costate loro i rimproveri dei vicini l’indomani.
 
 
- Pronto?-
- Itachi, sono Sasuke-
- Otouto, che ci fai sveglio alle due del mattino? Sei con una delle tue amiche?-
Il minore sbuffò.
- No, e comunque non sono affari tuoi. Ti chiamo per l’affare del Konoha.-
- Oh si, la cena. Allora? La dottoressa è sempre in forma?-
- Le dottoresse erano due.-
- Davvero? E chi c’era oltre a lei?-
- Una ragazza, giovane, a quanto pare molto brava.-
- E carina?-
- Cosa c’entra questo?-
- Niente, ma se ne parli significa che ti ha colpito, e di solito le racchie non ti colpiscono.-
- Piantala, non è vero.-
- Davvero? E allora rispondi, è carina?-
- Ma tu non sei un manager super impegnato? Non hai qualche appuntamento?-
- Si, ma mio fratello mi ha chiamato sulla strada per l’aeroporto-
- Sei tu che perdi tempo! Aspetta, dove stai andando?-
- A Mosca, sai l’affare del gasdotto…-
- E perché non lo sapevo?-
- L’ho deciso stamattina. Starò lì qualche giorno poi vengo lì a casa. Hai pulito vero?-
- Veramente, sto all’Hilton.-
Pausa. Sospiro.
- D’accordo. Allora, che ne pensi del Konoha?-
- Dico che vale la pena che ci dai un’occhiata. Le ho detto che l’avrei chiamata quando li avessi infilati tra i tuoi appuntamenti.-
- Le hai detto a chi?-
- La vuoi finire? È stata un’esigenza pratica!-
- Certo, certo… sono contento per te allora-
- Perché? –
- Di solito le dottoresse non sono disponibili come le modelle…-
- Sarebbe una sfida a provarci?-
- Sarebbe una scusa per provarci?-
- Mpf! Sei impossibile, Itachi-
- E io che ti volevo affidare questa pratica.-
- Cosa?-
- Quando sarò a Tokyo avrò un impegno all’ora. Non avrò tempo di visitare l’ospedale e badare a questa cosa. Ma tu puoi farlo benissimo al posto mio.-
- Vuoi dire, decidere i finanziamenti, giudicare io stesso come trattare?-
- Non è quello che fai sempre?-
- No, non proprio.-
- Da adesso si.-
- D’accordo… allora… -
- Non c’è bisogno che mi ringrazi, otouto.-
- Addio.-
- Buonanotte, otouto.-
 
 
 
- Pronto?-
- Dottoressa Haruno?-
- Si, chi parla?-
- Sono Sasuke Uchiha.-
Sakura fece quasi cadere il cellulare sul vassoio della mensa dell’ospedale. Ino la guardò stranita, e dovette tranquillizzarla con un cenno della mano.
- Oh, si, Signor Uchiha, cioè Sasuke!-
La sua amica strabuzzò gli occhi, avvicinandosi con la sedia e accostando l’orecchio alla mano che teneva il cellulare. Tentò di allontanarla con l’altra.
- Per gli investimenti su Konoha…-
- Hai già preso appuntamento con tuo fratello?-
Avevano parlato quasi in contemporanea e Sakura si maledisse mentalmente.
- No, non ce ne sarà bisogno.-
Sakura si fece preoccupata.
- Vuoi dire che…-
- No, non preoccuparti, l’affare ci interessa, ma non sarà mio fratello a continuare.- Piccola pausa. – L’ha affidato a me.-
- Oh, beh… è una cosa positiva, allora, immagino.-
Ino rise, prendendola in giro con lo sguardo.
- Spero di si. Allora quando è libera?-
- Prego?-
Dovette allontanarsi dal tavolo, visto che le risate di Ino si stavano facendo più sguaiate.
- Vorrei parlarti delle questioni finanziarie.-
- Oh, ma io non ne so molto…-
- Mi serve un parere sincero. Se chiamassi la dottoressa Senju, mi direbbe quello che voglio sentirmi dire, o manderebbe qualcun altro a farlo.-
- Si, ma…-
- Non voglio sapere i segreti dell’ospedale, solo… la verità-
Sakura sospirò.
- Il mio giorno libero era ieri.-
- Puoi dire a Tsunade che volevo fare un giro dell’ospedale. Posso venire di pomeriggio?-
- Credo di si… sì, d’accordo-
- Sarò lì alle sei –
 
 
- Uchiha, eh?-
- La prego, signorina, non pure lei!-
Tsunade sorrise.
- Sto solo dicendo che mi sembra strano.-
- Vuole solo fare un sopralluogo. Dopotutto, dovrà spendere una grossa cifra per l’ospedale –
- Lo difendi, adesso? –
- Cosa? Io…No!-
La dottoressa sorrise.
- Per me non c’è problema, vorrà vedere coi suoi occhi come è combinato l’ospedale, fagli pure da guida. –
- D’accordo, allora.. hn, ok-
 
 
- Me lo ricordavo più grande –
Cominciava male. Si erano incontrati davanti il bar dell’ospedale e dopo i convenevoli avevano iniziato a fare il giro dell’ospedale.
- Veramente, è stato allargato da poco: abbiamo aggiunto un padiglione per i bambini talassemici nell’ala destra, e ampliato l’ambulatorio-
Sperò di non essere sembrata indispettita.
- Credevo aveste pochi fondi.-
Sakura si fermò, bloccando automaticamente anche il ragazzo, che si girò verso di lei.
- Cosa vuoi insinuare?-
Non voleva essere aggressiva, ma nemmeno fare la parte della stupida.
- Niente, era una domanda.-
- Non sembrava-
Ora Sasuke sembrava divertito.
- Era implicito.-
Sakura si voltò e continuò a camminare nei corridoi affollati di gente indaffarata.
- Il ministro degli Esteri ha dato i soldi del padiglione da quando sua figlia è ricoverata qui per la talassemia, e l’ambulatorio ha inglobato uno spazio vuoto che usavamo come deposito.-
Sasuke la guardò mentre camminava sicura tra i vari spazi dell’ospedale.
- Capisco-
Prima di poter aggiungere altro, vennero travolti da un tornado biondo.
- Oh, scusatemi, sono una tale distratta!-
La voce squillante proveniva da una ragazza con occhi blu e ciglia folte, che stava dando una gomitata a Sakura.
- Oh, si, Sasuke lei è InoYamanaka, specializzanda in ginecologia. Ino lui è Sasuke Uchiha.-
- Molto piacere! – squittì quella porgendogli la mano.
- Altrettanto – rispose vago Sasuke.
- Bene, ora devo andare, spero che vi divertiate.-
Lanciò un’occhiata significativa a Sakura, che la fulminò, e sparì.
- Si, ecco, lei è…-
- Una tua amica, presumo.-
La rosa sorrise.
- Coinquilina, per essere precisi.-
 
 
 
Erano seduti al tavolo di una stanza con tre pareti, poiché incassata tra due uffici “veri” e la quarta parete era la ringhiera di un corridoio che dava sull’ingresso principale dell’ospedale. Usavano quella stanza per gli scambi veloci tra medici, ma la maggior parte delle volte era un rifugio per chi si concedeva il caffè che dava la macchinetta all’angolo.
Ora però era ingombra di tutte le carte che Sasuke le aveva chiesto di recuperare.
Erano passati cinque giorni, e si erano visti ogni giorno.
Non sapeva perché, ma sembrava fidarsi solo di lei, e aveva una precisione maniacale per ogni dato che veniva a sapere. Sakura pensava di sapere perché.
Era sicura che di solito quel lavoro lo facevano i commercialisti dell’azienda, o chi per loro, ma a quanto pare voleva fare tutto da solo. Gli era sfuggito che era il primo incarico del genere che gli affidava il fratello, e Sakura era convinta che volesse a tutti i costi sorprenderlo.
- Sasuke, non è meglio staccare un po’?-
Non alzò nemmeno gli occhi dai fogli.
- Vai, se sei stanca.-
In realtà, non è che fosse così indispensabile, ma la risposta la irritò comunque.
Guardò distrattamente l’ingresso e il suo sguardo si illuminò.
- Sai, penso che hai visite.-
- Come?- finalmente Sasuke aveva tolto lo sguardo dalle carte. Seguì lo sguardo di lei.
Al centro della sala c’era un ragazzo della loro età che li guardava immobile, serio.
Biondo, alto e con due occhioni azzurri sgranati.
Si riscosse e sparì sotto la loro visuale.
- Vi lascio soli, vorrete parlare.-
Sakura si alzò con un sorriso, ma venne bloccata da un braccio di Sasuke.
- L’hai chiamato tu?-
- Gli ho solo detto che se facevo in ritardo a cena non era per un ragazzo, ma perché tu mi tenevi bloccata qui.-
- Non dovevi impicciarti.-
Sakura sgranò gli occhi.
- Come?-
- Hai capito, non sono affari tuoi.-
- Beh, mi dispiace. Cercavo solo di far felice un amico, ma evidentemente non sei del mio stesso avviso.-
Si liberò con uno strattone e marciò verso le scale, dove stava arrivando un trafelato Naruto, che si scansò spaventato alla falcata di lei.
 
 
 
 
- Teme, cosa le hai fatto?-
- Niente, dobe.-
- Sei sempre il solito bastardo.-
- Sei sempre il solito idiota.-
Il famoso sorriso di Naruto lo investì, facendo riaffiorare sensi di colpa e ricordi sepolti con fatica.
- Mi sei mancato, teme.-
 
 
 
 
Sakura era in pigiama sul letto, pronta ad una serata di lettura evasiva.
Per evadere il pensiero di quello stronzo.
- Ma che palle che sei! Sono le otto! Davvero non vuoi venire al cinema con gli altri?-
- Ho un mal di testa tremendo, Ino-
- Capisco, la cefalea da stronzo spezzacuori è molto frequente per ora.-
- Piantala.-
L’amica sospirò.
- D’accordo, ma se trovo traccia di gelato sul piumone, m’incazzo. Tocca a me la lavanderia questa settimana.-
- Cercherò di sporcare quanto più possibile.-
- Mpf – non potè trattenere un sorriso – buona depressione, Frontespaziosa.-
- Buon film spazzatura, maiale.-
Rumore di tacchi sul parquet, porta che si chiude, silenzio.
Si immerse nel suo libro, rifiutandosi di prendere il gelato.
 E che cavolo! Non era mica innamorata di quel tizio! Quel cafone, ingrato, che l’aveva trattata come una pezza! Mica erano litigati con Naruto, che non voleva vederlo! Come si era permesso! Voleva fare cosa gradita a entrambi…
Cercò di scacciare quei pensieri, di scacciare lui dalla testa.
Il cellulare vibrò sul comodino e si allungò sul letto per prenderlo.
Vieni all’Hilton. Stanza 2936
- Ma chi ti credi di essere?-
Oh, perfetto, ora parlava pure da sola.
Però, che cavolo! La trattava male e poi la convocava come una delle sue schifosissime amanti. Ma che andasse a quel paese, non avrebbe ceduto.
E se fosse stata un’emergenza? Se si fosse fatto male?
Che sciocchezza! Avrebbe potuto chiamare tantissimi altri medici!
Certo, lei era il medico che aveva frequentato di più in quei giorni… avrebbe dato un’occhiata e se non fosse stato in fin di vita, se ne sarebbe tornata a casa.
Si vestì in fretta, con jeans, stivali al ginocchio e camicetta sotto il cappotto, pensando che dopotutto, era pur sempre l’Hilton!
Ignorò la vocina che la stava prendendo in giro per le patetiche bugie che si stava raccontando e chiamò un taxi.
 
 
 
 
Bussò con forza alla camera, e quasi si risentì quando Sasuke le venne ad aprire con la camicia mezza sbottonata, bellissimo.
- Disturbo?- chiese sarcastica.
- Certo che no, entra.-
Si piantò sulla soglia.
- Non stai male.- dedusse.
- Dovrei?- come si poteva classificare la sua espressione confusa se non come adorabile?
- Perché mi hai chiamato, se non stai male?-
- Possiamo parlarne dentro?-
Di malavoglia, lo seguì dentro la lussuosa camera che era divisa da una porta a due ante aperta in salotto e stanza da letto matrimoniale.
Sasuke andò direttamente a sedersi sul letto.
- Non è mia abitudine stare in camera di sconosciuti a quest’ora.-
La frase stupì anche lei. Era troppo acida e poi, mica le dispiaceva così tanto stare là. Si chiese se non fosse così ritrosa  a causa dei pensieri che vedevano protagonisti lui e le sue innumerevoli ragazze su quel letto.
- Non pensavo fossimo sconosciuti.-
- Sei tu che l’hai detto.-
 Sasuke sospirò.
- Non è mia abitudine scusarmi.-
- Credo che me ne andrò.-
Ma che le prendeva adesso? Le stava… tremando la voce?
Si girò ma, di nuovo, sentì le sue dita intorno al suo polso.
- Mi dispiace. Non avrei dovuto reagire così.-
Esultò mentalmente. Placata, si voltò di nuovo.
- Probabilmente, l’ho fatto perché temevo un incontro con Naruto perché…-
- Lo hai abbandonato anni fa, me l’ha detto già.-
Sasuke trasalì, le lasciò il braccio poggiando i gomiti sulle ginocchia, abbassando la testa.
- Sai, era un periodo molto difficile per me…-
Sakura vide una bottiglia mezza vuota su un carrello, e collegò quella al fatto che per la prima volta il ragazzo le stava confidando qualcosa di personale. Lei gli aveva parlato della sua famiglia, del suo lavoro, di un sacco di cose e lui, pur stando sempre attento alle sue parole, non si era mai sbottonato.
Eppure adesso, le suscitava tenerezza.
Si sedette accanto a lui sul bordo del letto.
- Naruto non ti avrebbe mai sbattuto la porta in faccia.-
Sasuke la guardò. Lei sorrise piano ma non riuscì a completare quell’espressione.
Sasuke la stava baciando, premendo le labbra morbide su quelle sue, gelate, e non ci mise molto per chiudere gli occhi e rispondere al bacio.
Automaticamente, gli mise una mano dietro la nuca, tra i capelli, mentre lui le passava un braccio intorno alla vita, e l’altra mano sul suo ginocchio.
La sua bocca sapeva di buono anche con quel poco di alcol.
Approfondì il bacio, consentendo alla sua lingua il permesso che chiedeva e si sentì felice quando lui la strinse di più a se, contro il suo petto scolpito.
Quando però la mano cominciò a salire per la sua coscia, si staccò subito e si alzò, rompendo l’idillio.
- No.-
Il ragazzo la guardò confuso.
- Cosa, no?-
Sakura arrossì.
- No, questo. Te l’ho già detto Sasuke, non sono quel genere di ragazza. Non sono abituata a… una notte e via, come te.-
- Che ne sai tu, di come sono abituato io?-
Ignorò la freddezza della domanda.
- Perché si sa. Ho letto degli articoli su di te e…- si interruppe, capendo quanto si stava ridicolizzando – e poi sei ubriaco!- concluse indicando la bottiglia.
- è appena venuto mio fratello, e abbiamo preso un aperitivo assieme.-
Sakura abbassò gli occhi. Il moro, invece, sospirò.
- Hai ragione, non dovevo toccarti, non è stato.. professionale-
Professionale?! Ma che stava dicendo?
- Non è questo il punto?-
- E allora qual è?-
- È che… lascia stare, ci vediamo domani.-
Si girò e corse via dalla stanza.
 
 
 
 
 
- Ti sta fissando.-
- Ignoralo.-
- Come si fa a ignorarlo, è così carino!-
- Ino, ignoralo.-
- Dovresti parlargli.-
- No.-
- Ma si è scusato.-
- Ino, ne possiamo parlare dopo? Sto cercando di leggere questa diagnosi.-
La bionda si stiracchiò sopra i cassetti dov’era seduta, mentre Sakura cercava di ignorare il fatto che Sasuke era a pochi metri da lei, dentro la sala riunioni dalle pareti trasparenti dove c’erano suo fratello e altri signori in giacca e cravatta, insieme alla sua maestra, che parlava appassionata.
E che a quanto pare la fissava.
Decise che poteva leggere la diagnosi da qualche altra parte e salutò Ino cercando un posto appartato.
Si intrufolò in una sala operatoria vuota e si mise a sedere sul lettino.
Dopo un po’, sentì alle sue spalle la porta che si apriva.
- Ino ti prego, ti ho detto che ne riparliamo dopo!-
- Parli di me con la tua amica?-
Al suono della sua voce, quasi gli cadde in mano la cartella, e si voltò di scatto.
- Che ci fai tu qui?-
Sasuke le si avvicinò.
- Mio fratello parla di cose che già so. Alla fine, sarà lui a decidere.- fece con una punta di irritazione, nascosta a chiunque ma, non sapeva come, lei aveva imparato a conoscerlo benissimo in pochi giorni.
- E allora tu ti intrufoli nelle sale operatorie.-
- Ti stavo cercando.- non fare giri di parole era sua una caratteristica che la affascinava. Ma in fondo, cosa non la affascinava di lui?
- Non ho niente da dirti.-
- Nemmeno perché ieri sera sei scappata?-
- Mi sembrava di essere stata chiara: non sono quel tipo di ragazza.-
- Magari a me non interessa quel tipo di ragazza.-
Lo stomaco le fece una capriola.
- E da quando?-
- Da quando una ragazza è riuscita a rifiutarmi per una settimana di seguito.-
- Io non ti ho rifiutato per una settimana!-
Si fermò, capendo finalmente quello che lui voleva dirle.
- Ci credi se ti dico che nessuna mi aveva rifiutato, dopo che l’avevo baciata.-
Lo guardò.
- Si, ci credo.-
- E ci credi se ti dico che… vorrei provarci sul serio, con te?-
- Perchè, Sasuke? Solo perché ti ho rifiutato? Una relazione non può basarsi su questo, specialmente se tu devi andare ai quattro angoli del mondo ogni giorno.-
- Sai, Naruto mi ha detto che avresti detto così.-
Sakura sgranò gli occhi.
- Ne hai parlato con Naruto?-
- Abbiamo parlato per ore, di tutto, e mi ha detto quanto ci tiene a te.-
La dottoressa abbassò gli occhi.
- Resterò qui per qualche mese, vorrei riprendere la parte giapponese dell’azienda. Era quella che ha creato mio padre, dopotutto.-
Ancora una volta, la rosa si stupì. Non le aveva mai parlato dei suoi genitori, ma naturalmente lei sapeva che erano morti in un incidente quando lui aveva sette anni. E sapeva anche che si era riconciliato col fratello solo a diciott’anni, andando a lavorare con lui e lasciando tutta la sua vita passata in Giappone alle spalle, compreso Naruto, il suo migliore amico.
- E sul perché… penso che tu sia noiosa, ai limiti dell’insopportabile.-
Sakura sorrise, ricordando che tre giorni prima l’aveva chiamata così quando lei aveva insistito per fargli mangiare il menu messicano dell’ospedale.
- E penso che per capire la tua mente perversa, dovrò concentrarmi solo su di te per un p-
Il resto della frase fu inghiottito dalle labbra di Sakura, che lo stava stritolando con le braccia intorno al collo. Irritato per l’interruzione, non potè che vendicarsi facendola stendere nel lettino sotto di lui, approfondendo il bacio.
 
 
 
- Secondo te, stanno scopando?-
- Ma che dici? La mia Sakura-chan!-
- Ma piantala! Cos’è, sei vergine?-
- Zitta Ino. Non sento niente!-
- Forse se non stessi così appiccicato alla porta!-
 
 
 
 
Dlin dlon.
- Vado io!-
- No vado io!-
- Io arrivo prima!-
- No, io!-
- Bambini ora basta! Va papà ad aprire la porta!-
- Perché io?- Sasuke la guardò scocciato.
- Perché io sto cucinando, Sa’ske-
Il moro attraversò l’ingresso della camera facendo slalom tra i due figli scatenati, e aprì la porta.
- Ciao, otouto.-
- Itachi!- Sasuke sorrise, suo malgrado.
- Pensavo fossi al Cairo.-
- Ho finito prima, Sakura ci teneva che venissi a pranzo.-
La consorte li raggiunse, raggiante, e fece accomodare Itachi in salotto tra i bambini festanti che urlavano “Zio, zio! Cosa ci hai portato”, mentre si picchiavano tra loro.
Sasuke seguì la rosa in cucina.
- Cosa si festeggia?-
- Niente, si festeggia che tuo fratello è qui.-
Il moro la avvicinò prendendola per i fianchi.
- Non ti credo.-
Sakura rise, portando le mani sulle sue spalle.
- beh, se proprio vuoi qualcosa da festeggiare… Oggi è l’anniversario di quando ci siamo conosciuti, ricordi?-
- Mh, la cena?-
- Si. Sai che pensavo di trovare un vecchio grassone?-
- Si me l’hai detto qualche centinaio di volte.-
- Antipatico!-
Non riuscì a insultarlo oltre, perché un’irrefrenabile voglia di baciarlo la fece alzare in punta di piedi, per realizzare quel desiderio. Che fu esaudito però dal marito stesso.
 
 
 
Anf, anf.
Che stanchezza. 24 pagine di word e sono ancora viva.
Quasi suicida, perché pubblico questa storia che quando leggerete, verrete a prendermi a legnate a casa.
Non metto l’OOC perché non avevo intenzione di sfiorarlo, ma se è troppo esagerato, avvisatemi e provvederò. Non è venuta granchè, mi dispiace, ma avevo questa idea della cena in testa e per liberarmene ho deciso di metterla su carta. O meglio, su word. Abbiate pietà, sono le due, sragiono già di pomeriggio figurarsi ora.
E ora, su, sparate, non ho più niente da aggiungere.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 




 
  
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