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Autore: MedusaNoir    20/02/2012    3 recensioni
Aurora si rigira nel letto, incapace di prendere sonno. A 80 km da lì, Marco sbuffa, affondando la testa sotto il cuscino.
Mancano poche ore al momento in cui Ettore sposerà Aurora, ma questa notte è solo per loro due.
– Hai ancora addosso quella ridicola maglietta di Star Wars? Come puoi pensare che una donna lasci andare un fusto come Ettore per uno che ha la faccia di Obi-Wan sul cuore?
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Sulle note di Cat Stevens'
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La notte

Non basta un raggio di sole, un cielo blu come il mare,

perché mi porto un dolore che sale, che sale;

si ferma sulle ginocchia che tremano e so perché.

 

Le lenzuola si attorcigliavano intorno alle caviglie di Aurora, che muoveva le gambe senza riuscire a darsi pace; sospirava, chiudeva gli occhi, li riapriva, guardava il soffitto, cercava il sonno, ma niente, non lo trovava. Il suo stato di agitazione era perfettamente comprensibile: meno di dieci ore dopo sarebbe diventata la moglie di Ettore Cancellieri.

Si voltò verso Silvia, che invece riposava tranquilla nel letto accanto; dal sorriso rilassato sul volto, Aurora intuì che stesse sognando Davide e ne ebbe la conferma quando, nel sonno, la sua amica aggrottò la fronte infastidita.

E meno male che era venuta a farmi compagnia!

Cercando di non svegliare Silvia, Aurora riuscì a liberarsi dalle coperte e a scivolare fuori dal letto, impaziente di bere una tazza di latte nel tentativo di calmare i nervi. Era tornata alla casa dei genitori per dare alla madre la soddisfazione di provvedere a tutti i preparativi riguardanti il vestito, il trucco e l’acconciatura della sposa e Silvia ne aveva approfittato per passare con lei l’ultima notte in cui sarebbe stata solamente Aurora Leonardi; dopo due ore di chiacchiere dentro il letto improvvisato nel salone, in modo che le due amiche potessero dormire insieme, Silvia si era lasciata vincere dal sonno, mentre Aurora aveva continuato a rigirarsi tra le coperte, completamente sveglia.

Entrò in cucina e verso il latte in una tazza, osservando sovrappensiero i mobili che riempivano la stanza: un tempo, pensando a “casa”, le immagini di quell’appartamento le sarebbero saltate immediatamente agli occhi; dopo anni di convivenza con Ettore, però, il centrotavola acquistato per Natale dalla sua futura suocera e il calendario in omaggio del supermercato erano diventati la sua idea di casa. Tuttavia, da alcuni giorni il ricordo di altre stanze e altre pareti le infondevano un senso rilassante di nostalgia e familiarità. Finse di non avvertire la fitta allo stomaco.

Persa nei propri pensieri, i piedi la portarono in quella che una volta era stata la sua camera e che la madre aveva mantenuto com’era: i poster, lo specchio, gli scaffali da cui traboccavano libri, tutto era rimasto indietro di tre anni, al giorno in cui aveva deciso di trasferirsi da Ettore. Un solo particolare era nuovo e fu quello che attirò subito la sua attenzione.

Accanto alla finestra nella penombra della stanza si stagliava il vestito bianco che Aurora avrebbe indossato la mattina seguente.

Era ancora avvolto dalla plastica trasparante, al riparo da possibili attentati della goffaggine di Aurora che, nonostante la protezione assicurata all’abito, ritrasse istintivamente la tazza.

Le ginocchia le tremavano osservando quel vestito candido e perfetto, il sogno di ogni bambina che si considerava una principessa e non aspettava altro che il momento delle nozze; rimase in disparte a guardarlo, cercando nel frattempo di placare il nervosismo che continuava a scuoterle le ginocchia. Sapeva per quale motivo alcune parti del suo corpo andavano per conto proprio negli ultimi giorni, spingendola a fuggire o a ricordare ciò che tentava inutilmente di reprimere.

Non era la paura di sposarsi, tipica di ogni donna la notte prima delle nozze; si trattava di altro, e sapeva perché.

 

E non arresta la corsa, lui non si vuole fermare,

perché è un dolore che sale, che sale e fa male.

Ora è allo stomaco, fegato, vomito, fingo, ma c’è.

 

Marco sospirò, esasperato, liberandosi delle coperte che lo opprimevano. Nascose la testa sotto il cuscino, tappandosi le orecchie nella disperata illusione di potere così placare le voci che sentiva e che lo stavano esasperando, ma niente, non ci riusciva.

– Sei stato a letto con lei?! Cavolo, Marco, non dirmi che sei ancora qui a pensarci!

Vattene, Manuel…

– Manu mi ha detto tutto: cosa aspetti a correre da Aurora?

Tu sei di parte, Simona, non ti è andata giù che la convivenza con lei sia finita diversamente dalla vostra…

– Hai ancora addosso quella ridicola maglietta di Star Wars? Come puoi pensare che una donna lasci andare un fusto come Ettore per uno che ha la faccia di Obi-Wan sul cuore?

Aurora ama Star Wars, è strano che non me l’abbia portata via di nascosto anni fa…

– È una situazione complicata, Marco. Non so che dirti… Manca così poco alle nozze, rischieresti solo di renderla più nervosa. Ma felice.

La conosci bene, Silvia, però tu hai sempre preferito me a Ettore…

– Sei ancora qui? Svegliati! Comprale un mazzo di rose, un biglietto per il concerto di Cat Stevens, qualche ridicolo aggeggio che si illumina come quelle spade laser, ma muoviti!

Perché mi torni sempre in mente tu, Manuel? Vuoi lasciarmi in pace?

– Se lui non fosse la persona giusta per me?

Marco scattò a sedere, il respiro per un istante mozzato. Strinse le palpebre con forza, tentando di allontanare gli occhi di Aurora che lo fissavano in preda al dubbio. Si era presentata a casa sua settimane prima per annunciargli il suo matrimonio con Ettore e poi gli aveva posto quella domanda.

Certo che Ettore era la persona giusta per lei, che stupida a farsi prendere dall’ansia! Lui era l’uomo dei suoi sogni, forte, impavido, sguardo feroce e dolce quando serviva; Aurora era bella, accanto ad Ettore sarebbe sembrata la splendente dama pronta a sposare il cavaliere che l’aveva salvata da draghi e maghi crudeli. Perché rimuginarci sopra?

Qualcosa – il dolore – gli attraversò il corpo, in una corsa che non sembrava avere intenzione di fermare; salì allo stomaco, gli attaccò il fegato e lo sentì in gola: Marco avrebbe voluto correre in bagno e buttarlo fuori, ma non sarebbe servito a niente. Era solo un’illusione, non aveva niente da espellere.

Si alzò e andò al computer, fingendo di stare bene.

 

E quando arriva la notte e resto sola con me

la testa parte e va in giro in cerca dei suoi perché.

Né vincitori né vinti, si esce sconfitti a metà:

la vita può allontanarci, l’amore continuerà.

 

Aurora posò la tazza sulla scrivania e si avvicinò lentamente al vestito; abbasso la lampo della plastica e sentì tra le mani il tessuto della gonna. Non le sembrava vero: stava per sposarsi. Non le sembrava vero: avrebbe voluto scappare.

– Sta’ tranquilla, dev’essere così che ci si sente la notte prima delle nozze! Chissà quante altre donne avranno passato quel momento, non preoccuparti troppo. Andrà tutto bene.

Represse a malapena un sorriso amaro: conosceva bene Silvia, le sue erano bugie a fin di bene. Non dubitava che molte future spose fossero state pervase dal desiderio di fuggire il più lontano possibile per il terrore di un cambiamento così grande, ma ciò che rendeva Aurora inquieta era altro.

Richiuse attentamente la lampo, decisa a tornare a letto e cercare in tutti i modi di dormire per impedire ai pensieri di soggiogarla; mentre si avvicinava alla porta, però, il suo sguardo si posò sull’angolo di una foto che sporgeva da un libro, a cui doveva fare da segnalibro.

Madame Bovary: la storia che meglio la descriveva.

Emma sognava la vita dei romanzi, Aurora era la protagonista passiva degli eventi. Forse, anni prima, si era aspettata che l’uomo che l’aveva amata si battesse per lei con Ettore, uno dei suoi migliori amici, o che si arrampicasse alla finestra della loro camera quando il fidanzato non c’era, oppure che si presentasse a un concerto strappando la chitarra a Manuel e suonando la loro canzone.

Aprì distrattamente il libro, la fotografia si era quasi incollata alle pagine; con un dito accarezzò la fronte di Marco, i suoi occhi, il naso, la bocca, percorse tutto il profilo del suo viso e poi passò ai capelli. Un tempo era stato un sollievo per lei affondare le mani in quei capelli neri, socchiudendo gli occhi e aspettando un suo bacio. Un tempo, anni prima, pochi giorni.

I preparativi per il matrimonio erano stati ultimati in brevissimo tempo, come se Ettore non vedesse l’ora di sposare Aurora e portarla nel suo castello. Perché un castello? Per un momento le salì alla mente l’immagine di Ettore in una splendente armatura, un cavaliere intrepido che lotta per la sua dama.

Ettore era l’uomo che aveva sempre desiderato, quello che la faceva sospirare nei libri o nei film: rude, muscoloso, all’apparenza indomabile, ma profondamente innamorato. Era l’amore da romanzo. Chi avrebbe mai potuto scrivere una storia su due ragazzi che passano le serate a guardare film e a fare ironia su ogni cosa?

La relazione con Ettore era ciò che aveva sempre sognato, e allora perché quelle lacrime? Se ne accorse quando bagnarono la foto, riportandola alla realtà: pensava ad Ettore, fissava il sorriso di Marco.

Perché? Era tutta colpa della notte, della solitudine momentanea, che la costringevano a porsi domande di nessuna rilevanza. Marco era parte della sua vita come un fedele amico, ma il suo ruolo di fidanzato apparteneva al passato: la vita li aveva allontanati, l’amore si era tramutato.

Lui era solo un amico. Dalle cui braccia, alcune settimane prima, non era riuscita a scivolare via.

 

Lo stomaco ha resistito, anche se non vuol mangiare,

ma c’è il dolore che sale, che sale e fa male;

arriva al cuore e lo vuole picchiare più forte di me.

 

Era decisamente masochista. Manuel l’avrebbe preso in giro se fosse stato lì, ridendo del modo in cui spingeva il tasto del mouse per scorrere le centinaia di foto di Aurora che aveva nel computer.

Marco e Aurora al luna park – clic – Aurora accanto al cosplay di Darth Vader – clic – Marco teneva Aurora tra le braccia – clic – Manuel, Aurora e Davide gettavano Silvia in piscina – clic – Aurora seduta sul letto con la Fender nera di Marco – clic – Simona e Aurora sul palco durante un concerto – clic – Aurora lo baciava…

Perché esistevano le fotografie? Perché lui aveva un telefono con videocamera incorporata? Perché quella notte c’era la corrente?

Marco si poneva domande inutili a raffica, nel tentativo di non farsi quelle che avrebbero aumentato il dolore nel suo stomaco, rivelandogli che era tutto vero; tuttavia, continuava a guardare le foto, sfuggiva ai propri pensieri senza per questo scappare da Aurora.

Avevano fatto l’amore, maledizione! Non una cosa da niente, un “siamo ubriachi, possiamo fare quello che vogliamo e non ricordarcene domani”. No! Aurora si era lasciata baciare da lui, si era fatta spogliare, si era concessa a quelle mani che la bramavano da anni, e proprio quando era andata a trovarlo per annunciargli il suo imminente matrimonio!

Era stato con Michela il triplo del periodo che aveva passato con Aurora, e allora perché non era il suo corpo a mancargli? Le sue labbra, i suoi seni, la pelle morbida? Non aveva cercato lei mentre faceva l’amore con Aurora; semmai era sempre stato con Aurora quando il suo corpo era avvinghiato a quello di Michela.

Basta evitare il discorso, l’aveva fatto per settimane! Aveva avuto il privilegio di stringere Aurora per una notte intera ed era stato fantastico, straordinario, un ritorno ai vecchi tempi. A quelli in cui era ironico, brillante, perfino affascinante in sua presenza. A quelli in cui loro due erano insieme ed Ettore non era altro che una comparsa nella loro commedia per famiglie del sabato sera.

Non mangiava da più di ventiquattro ore, ma lo stomaco non reclamava energie con rumori poco attraenti; al contrario, gli donava solo decise fitte nei rari momenti in cui Marco si concedeva un riposo da lei.

Devi pensarla, sembrava ordinargli, devi pensare a lei prima di sentirti troppo in colpa per fantasticare su una ragazza sposata.

Voleva picchiarsi per quel desiderio irrealizzabile, per sognare di stringerla ancora e avere i suoi gemiti nelle orecchie; magari picchiando il suo cuore l’immagine di Aurora sarebbe sparita, buttata fuori, ma presto ci avrebbe pensato il dolore.

 

Prosegue nella sua corsa, si prende quello che resta

ed in un attimo esplode e mi scoppia la testa:

vorrebbe una risposta, ma in fondo risposta non c’è.

 

Aurora sentiva i pensieri rimbombare nella sua testa e premere per uscire; cadendo a terra si strinse le tempie, ma le domande crescevano anche se lei non voleva ascoltarle.

Amava Ettore? Amava Marco? Perché aveva scelto Ettore? Perché non era rimasta con Marco? Perché aveva subito detto “sì” alla proposta di Ettore? Perché l’aveva tradito con Marco? Perché Ettore voleva sposarla il prima possibile? Perché Marco non cercava di riprendersela?

Non l’aveva fatto, non ci aveva mai provato!

Le lacrime ormai si erano impadronite del viso di Aurora, che a denti stretti reprimeva i singhiozzi per non preoccupare sua madre e per non svegliare Silvia che – ne era certa – avrebbe mandato all’aria le serate ormai familiari con i ragazzi di entrambe per chiamare Marco e imporgli di portare Aurora via dall’altare.

Lei non voleva un’intermediaria, voleva che fosse lui a deciderlo, voleva che lo avesse fatto anni prima! Perché non la aveva supplicata di lasciar perdere Ettore e restare con lui? Perché non l’aveva trattenuta?

Marco non poteva gettarla in quell’abisso di confusione tappezzato di sensi di colpa. Lei lo aveva tradito anni prima, lui si era vendicato su Ettore.

No, no, Marco non è così!

Voleva bene ad Aurora, non avrebbe mai osato baciarla solo per avere una piccola rivincita. Perché lo aveva fatto allora? Doveva dimenticare Michela?

Perché?

 

Il sale scende dagli occhi, il sole adesso dov’è?

Mentre il dolore sul foglio è seduto qui accanto a me.

 

Perché non aveva tentato di riprendersela quando si era lasciata conquistare da Ettore? Non sarebbe stato difficile: bastava abbracciarla, baciarla, sbatterla addosso a qualche muro ed eccola di nuovo sua!

La rabbia saliva nel petto di Marco, che si rendeva conto di delirare. Era impossibile rispondere a quella domanda, se l’era posta per anni. Forse – la verità si faceva sentire come un piccolo sussurro nelle orecchie – perché sapeva che Aurora era sempre stata innamorata di Ettore? Aveva notato il modo in cui lo guardava e nonostante questo Marco le aveva chiesto di uscire; sapeva che lei era ricambiata da Ettore, che non aveva ancora osato fare un passo avanti, ma quel suo sorriso, il modo in cui giocava con i suoi capelli…

Aveva capito che lei avrebbe sempre preferito Ettore, quella era la verità. Buffo, dopo anni di riflessioni era giunto alla conclusione più ovvia.

Complimenti, Marco, sei un ottimo osservatore.

Trovare una risposta, però, non era servito a farlo stare meglio, a spingerlo verso il letto caldo ed accogliente: pensava al divano nel salotto, quello in cui Aurora gli aveva dimostrato di non essere ancora completamente immune da lui.

– Marco…

– Era proprio il nome che dovevi dire.

Afferrò un foglio e cominciò a scrivere, mentre le dita cercavano una melodia sulle corde della chitarra acustica. Componeva una canzone per lei, componeva il suo augurio di buone nozze.

 

Le parole nell’aria sono parole a metà,

ma queste sono già scritte e il tempo non passerà.

 

Si riscosse dalle lacrime, respirando profondamente per calmarsi: Marco non era venuto a salvarla e non l’avrebbe fatto di nuovo perché lei non lo amava, lei doveva stare con Ettore.

Sì, Aurora amava Ettore, era evidente.

Amava il modo in cui si chinava su di lei per baciarle la fronte quando tornava tardi dal lavoro e la trovava addormentata.

Amava la delicatezza con cui le accarezzava i capelli la mattina e la forza con cui glieli stringeva nei momenti di passione.

Amava il suo sorriso rassicurante e la mano che teneva la sua, amava ogni gesto di quell’uomo che a distanza di poche ore avrebbe sposato.

C’erano ancora delle domande che avrebbe voluto porsi, ma non era quello il momento: ora bisognava tornare nel letto, riposare e aspettare il risveglio di Silvia, che l’avrebbe sgridata per essere in ritardo anche il giorno del suo matrimonio. La parole che avrebbe voluto rivolgere a Marco rimasero sospese nell’aria, frasi lasciate a metà, ma non aveva importanza, era quello il loro posto; altre parole erano state scritte nel romanzo di cui lei ed Ettore erano i protagonisti e decretavano un lieto fine suggellato dal matrimonio.

 

Ma quando arriva la notte e resto sola con me

la testa parte e va in giro in cerca dei suoi perché.

Né vincitori né vinti, si esce sconfitti a metà:

la vita può allontanarci, l’amore poi continuerà.

 

Marco aprì la finestra, permettendo anche alle stelle di ascoltare la sua canzone di resa; seduto osservava la notte che rendeva meno fastidiosa la sua solitudine. O forse era la Fender a rilassarlo così tanto.

Un cane abbaiò, alcuni uccelli gridarono la loro presenza; il lampione sulla strada illuminava il marciapiede su cui spuntava un filo d’erba, mentre la luna impertinente giudicava la sua canzone.

– È un bel regalo di nozze, non ti pare?

Dio, come sono ridotto: sto parlando con la luna!

Marco era stanco di porsi domande a cui aveva trovato una risposta: non avrebbe avuto senso, cinque anni prima, supplicare Aurora di scegliere lui, come non lo avrebbe avuto adesso.

Probabilmente, in tutto quel tempo, non aveva mai rinunciato veramente a lei, sognando di essere lo scudiero che fuggiva con la dama sul destriero del cavaliere. Era difficile pensare che le speranze avrebbero dovuto assopirsi, ma ce l’avrebbe fatta: aveva avuto una relazione di due anni, la prossima sarebbe andata bene, se lo sentiva. Ora non aveva più Aurora nel cuore.

Non si trattava di una sconfitta, Ettore non lo aveva mai vinto. Erano semplicemente due uomini diversi e uno dei due aveva conquistato per sempre l’affetto di Aurora. Marco non stava perdendo, avrebbe avuto sempre l’amicizia della ragazza; non importava se la vita li aveva allontanati, l’amore si era tramutato.

Però all’alba mancavano alcune ore e quella notte era per lei. L’avrebbe avuta accanto ancora per un po’, solo quella notte.

 

Ma quando arriva la notte e resto sola con me

la testa parte e va in giro in cerca dei suoi perché.

Né vincitori né vinti, si esce sconfitti a metà:

l’amore può allontanarci, la vita poi continuerà.

 

Mentre tornava nel salone, Aurora si fermò ad osservare la luna fuori dalla finestra: splendeva insieme alle stelle, sembrava trasportare un messaggio. Chiuse gli occhi e si concentrò, cercando di ascoltarlo.

Le note di una chitarra raggiunsero le sue orecchie, riportandole alla mente ricordi felici del passato: non si trattava di immagini chiare, piuttosto erano suoni, profumi e colori che la facevano stare bene. La melodia sembrava un lamento, un richiamo disperato a prestare attenzioni ad alcune parole. Strinse i pugni, serrò con più forza le palpebre e si costrinse ad ascoltare meglio, per capire da dove provenisse quella musica e che cosa volesse dirle; si accorse allora che non c’era nessun suono nella casa che non fosse l’acqua del rubinetto che gocciolava o il respiro di Silvia nella stanza accanto.

Sorrise, provando un leggero imbarazzo per avere creduto che la notte le stesse portando un messaggio e che le corde di una chitarra suonassero ancora per lei. Si infilò nel letto, raggomitolandosi.

L’amore aveva allontanato lei e Marco, ma la vita sarebbe continuata. I protagonisti di quel romanzo non erano loro due.

 

Continuerà, continuerà.

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Arrivata quasi al termine della prima serata di Sanremo senza avere ascoltato canzoni degne di nota, vedo Arisa sul palco. E sento questa canzone. Subito nella mia mente si formano le immagini di Marco e Aurora la notte prima delle nozze, tanto che io e DarkAeris ci esprimevamo in sospiri: anche lei stava pensando a loro due. Inutile dire che, quando parte la chitarra, ho immaginato Marco suonare disperatamente per la sua amata, incapace di capire cosa sia meglio per entrambi.

Questa piccola riflessione mostra come io li abbia sempre nella mia testa! Possibile che non se ne vadano mai?!

Ad ogni modo, trovo che questa canzone sia perfetta per loro, per quel momento. Chi è curioso di sapere l'antefatto o come andrà a finire la storia può leggere la mia "Sulle note di Cat Stevens": ci sono altre storie nella mia pagina su di loro, ma quella è l'originale. Vi consiglio anche, se i personaggi vi piacciono, di andare sul profilo di DarkAeris, che ne ha pubblicate due ispirate a Marco, Aurora ed Ettore.


Spero che la storia vi sia piaciuta ^^


Med

   
 
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