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Autore: SaraMichaelis_Ciel    20/02/2012    2 recensioni
Un mago nero, di bassa ed esile statura, dal cuore purissimo.
Andatura goffa e impacciata, dalla spiccata curiosità e quel lato ingenuo, tipico di qualsiasi bimbo piccolo. Lui non era da meno dagli altri. Era solo il suo aspetto insolito a renderlo…‘speciale.’
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Vivi Orunitia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una piccola Shot dedicata a Vivi, uno dei personaggi che sin dalla mia tenera età, ha il potere di suscitare in me una profonda dolcezza.
E’ la prima fic che realizzo su questa magnifica saga. Lasciate pure un breve commento per farmi sapere cosa ne pensate a riguardo.
Buona lettura.


Vivi Orunitia.

Un piccolo bambino di soli nove anni.
Timido, forse anche troppo, insicuro e talvolta balbuziente.

Il bambino con il capello da Merlino.
Il nomignolo con cui erano soliti rivolgersi a lui.

Occhi gialli luminosi e nessun particolare del viso poiché perennemente coperto dell’ombra che, il largo capello arancione rattoppato, proiettava sul volto.
Una giacchetta color celeste, tenuta da alcuni lacci rossi, posti in corrispondenza dello sterno.
Pantaloni buffi, visibilmente larghi: bianchi, con strisce verde acqua, sostenuti da una larga cintura.
Guanti di cuoio e scarponcini marroni.

Un mago nero, di bassa ed esile statura, dal cuore purissimo.
Andatura goffa e impacciata, dalla spiccata curiosità e quel lato ingenuo, tipico di qualsiasi bimbo piccolo.

Lui non era da meno dagli altri. Era solo il suo insolito aspetto a renderlo…‘speciale.’

"Devo scoprire chi sono…s-sono spaventato. C-Cosa accadrebbe s-se non fossi u-umano?"

Il suo viaggio iniziò in quella notte di festeggiamenti, così come la ricerca delle risposte circa la sua vera identità.

-Flashback-

Continente della Nebbia.


Toleno: la città che non dorme mai.

Perennemente illuminata da luci sfavillanti, era la meta per eccellenza delle aste e del torneo di carte, che vedeva diversi protagonisti provenire da ogni località dei Quattro Continenti.

Nobili, briganti e ladruncoli infestavano alcuni vicoli. Poco raccomandabile per un bambino della sua età. Circondato da un fitto bosco e non molto distante, una grotta ben nascosta.

La sua casa. Il luogo che poteva considerare tale.

Aveva diversi ricordi circa quel giorno.

Il momento in cui uno stregone di nome Quan, appartenente al Clan dei Qu, lo salvò pescandolo dal vasto mare in cui l’esile corpicino, galleggiava completamente esanime.

Era un giorno come tanti, e la nebbia ricopriva interamente ogni cosa, offuscando in tutto e per tutto l’intera visuale.

Seppur sconcertato e basito, lo stregone si prese cura di lui in ogni singolo istante, accogliendolo calorosamente nella sua modesta grotta, sede dei suoi esperimenti in campo di magia.

Gli inizi furono davvero ardui. Il bambino non parlava e si isolava chiudendosi in sè stesso. Trascorreva quasi tutta la giornata seduto sul pendio, lasciando vagare nel vuoto i suoi occhi gialli

sperando 
di poter scorgere qualcosa. Nebbia, solo una coltre di nebbia che gli impediva di distinguere un palmo dal naso.

Non ricordava nulla. Non sapeva neanche quale fosse il suo nome; il modo in cui agiva e in cui si muoveva, era simile a quello di qualcuno totalmente spaesato e confuso.

“C-chi sono in realtà…? Io, non r-ricordo nulla.”

Vivi. Era così che Quan aveva battezzato il suo 'figliolo'.

Aveva tanti interrogativi, che faceva fatica ad esternare. Si sentiva fuori luogo, una presenza completamente estranea in quel mondo in cui era misteriosamente apparso.

I giorni passarono, così come il tempo che Vivi trascorse all’interno di quella cava.

Passo dopo passo, si affezionò a Quan, riconoscendo in lui un punto di riferimento da seguire.

Lo allevò come un figlio, insegnandogli tutto quello che c’era da sapere: dalle basi, fino ad arrivare a discorsi profondi, facendogli sviluppare una grande curiosità verso il mondo della magia.

‘Il Nonnino’, era così che il bambino con il capello da Merlino si rivolgeva a lui.

I pensieri non riuscivano a dargli pace e, nella sua mente, si amplificavano sempre più.

Una tranquilla giornata era sul punto di concludersi ed entrambi erano seduti sul balcone, l’uno affianco all’altro.

Il silenzio che si veniva a creare, era interrotto quasi sempre da una curiosità mossa da Vivi.

“Nonnino, c-come puoi provare che n-noi esistiamo? F-Forse... non esistiamo affatto.”

“Figliolo, sono interrogativi difficili da affrontare. Sei un essere pensante, e in quanto tale esisti. Inoltre hai la facoltà di muoverti e respirare. Sei ‘vivo’.”

“E nel caso… s-smettessi di muovermi?”

“In tal caso, cesseresti di esistere. Ma, se il tuo ricordo è preservato nella mente di qualcuno, continueresti a Vivere nella sua mente.”

“C-che significato ha dunque... la mia vita?”

“Potrai scoprirlo solo ‘vivendo’ e percorrendo il sentiero che ritieni essere il più adatto.”

“…”

“La vita non è solo quello che abbiamo visto e toccato. E' fatta pure di pensieri! Ciò che abbiamo visto e toccato, muore con noi. I pensieri no, si tramandano da persona a persona...”

“N-Nonnino… p-perché mi stai raccontando tutto questo?”

“Anche se dovessi venire a mancare, non essere triste… Ogni volta che mi penserai, io starò lì, vicino a te.”

Vivi non capiva. Non aveva realizzato quasi nulla di ciò che Quan gli stava dicendo. Dopotutto…era solo un bambino e quel discorso aveva un significato troppo profondo per lui.

Il suo sembrava quasi un addio, questo l’aveva percepito.

Dentro di sé, sapeva che qualcosa sarebbe cambiato drasticamente: un avvenimento che avrebbe provocato un solco profondo dentro di sè, segnandolo per sempre.

Il giorno successivo, di buon ora, si recò da Quan, come di consueto.

‘N-Nonnino... è... ora d-di svegliarsi.’ - lo sollecitò, avvicinandosi lentamente.

Non respirava, non si muoveva, né rispose al suo appello.

Lo scosse lievemente, attendendo che si destasse da quel sonno profondo.

“Ho cercato di s-smettere di preoccuparmi, m-ma non ci riesco. Lo so, m-mi hai detto di n-non pensarci molto, ma...”

Aveva cessato di esistere…

Attese pazientemente, incollando lo sguardo su quella figura che giaceva lì distesa, priva di vita.

Come un fulmine a ciel sereno, le sagge parole del mago si scatenarono sotto forma di tempesta cerebrale.

“Mi d-domando... quante p-persone a-abbiano smesso di m-muoversi... ”

La morte del nonno aveva lasciato dietro di sé, solo un’infinita e dolorosa confusione.

Non sapeva cosa fare, o come sentirsi.

In quel preciso istante, avrebbe voluto solo piangere...

Un essere artificiale generato dalla nebbia, caduto per sbaglio dal Cargoship che lo trasportava, era in grado di provare sentimenti?

Cosa avrebbe potuto fare quando si sentiva solo?

Era stata l’unica cosa che non ha potuto insegnargli. Poteva scoprirlo solo Vivendo.

Perchè era nato? Come desiderava vivere…?

Essere o non essere… una linea tenue come la nebbia che svanisce al mattino.
  
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