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Autore: braver than nana    20/02/2012    4 recensioni
{ Larry Stylinson - accenni LouisxEleonor - based on Give Me Love by Ed Sheeran }
Però se lo era tirato addosso, aveva stretto i suoi fianchi e lo aveva baciato. Con le stesse mani che avevano provato a sfiorare Eleonor per farla ragionare, con le stesse labbra che avevano urlato, avevano sussurrato scuse improponibili e pregato un perdono inutile. Anche lei lo sapeva. Lo sapevano tutti e non lo sapeva nessuno.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Like her.

Give me love like her

Eleonor era andata via, sapeva sarebbe successo. Avrebbe fatto quei pochi passi che dal divano portavano al corridoio lungo e stretti e poi avrebbe sentito la porta sbattere. Aveva con se solo una borsa, quella che usava per andare in palestra, piena dei vestiti che era solita lasciare nel suo cassetto. Effettivamente avrebbe anche provato a fermarla, avrebbe potuto alzarsi dalla poltrona di pelle rossa e provare a prenderle la mano, a guardarla negli occhi e ricordarsi che l’amava, che per certo c’era stato un periodo della sua vita in cui l’aveva amata sul serio.

Invece l’aveva lasciata andare, aveva chiuso gli occhi quando il tonfo della porta sbattuta era arrivato fino a lui e li aveva riaperti solo quando il rumore dell’ascensore gli aveva fatto capire che era andata veramente via. Fuori, naturalmente, pioveva.

Non aveva neanche la forza di alzarsi, si sentiva spossato, come se avesse appena finito una maratona o qualcosa del genere. Non gli piaceva per niente sentirsi in quel modo, così serio e triste. Ma doveva, si era appena lasciato con la sua bellissima ragazza, dai lunghi e morbidi capelli che tanto adorava, quelle guance piene e un sorriso dolcissimo. Non poteva sentirsi sollevato arrivato a quel punto, non sarebbe stato corretto. Decise che si sarebbe alzato quando la gola secca per le troppe parole gli implorò qualcosa da bere ma prima passò in rassegna la stanza.

Avrebbe dovuto riordinare, almeno i cocci del vaso che sembravano parecchio appuntiti anche visti da una certa distanza, e per certo avrebbe dovuto aprire una finestra. In quella stanza c’era una strana atmosfera, odore di litigio e di lacrime.

Quando con i palmi delle mani si fece forza per alzarsi il rumore metallico di una chiave nella serratura lo spaventò. Poi lo sguardo si fermò sul mazzo di chiavi che Eleonor gli aveva gettato addosso, ancora per terra e con il cuore appeso, e capì che Harry era tornato a casa. Sorrise e si sentì in colpa.

«Ehi, boo. Hai cucinato qualcosa?»

La testa del suo migliore amico apparve dallo stipite della porta, i riccioli bagnati gli cadevano sugli occhi sorridenti. Lo guardò per pochi istanti poi capì. La sua faccia distrutta, un grosso peluche buttato in un angolo e i fogli sparsi per terra. Buttò per terra il cappotto grigio che ancora teneva in mano e gli andò incontro, con passo lento e calcolato, come se avesse paura di chissà quale reazione. In volto aveva un’espressione strana, mista tra la preoccupazione e un accenno di sollievo che cercava di nascondere.

Si inginocchiò davanti a lui e gli sorrise timidamente, con il volto piegato e le sopracciglia basse. Le mani sulle sue cosce e gli occhi resi ancora più verdi dalla penombra piantati nei suoi. Era assurdo farsi assalire da certi pensieri da ragazzina in quel momento ma non poté fare a meno di perdersi per qualche secondo in quello sguardo, nel modo in cui riusciva a leggerlo e provocarlo contemporaneamente.

«Eleonor è andata via.» aveva semplicemente detto. Non era una domanda, era una constatazione. Sapeva che era così, e non dalle chiavi o dalla confusione che solo una ragazza incazzata e ferita poteva creare, ma dalla sensazione di vuoto che poteva vedere in Louis. Alzò una mano e gli accarezzò una guancia, entrambi chiusero gli occhi e si bearono di quel contatto.

Harry aveva le mani fredde e umide ma erano fuoco sulla sua pelle. O forse era lui che bruciava.

«Dovevo farlo.» sussurrò con ancora gli occhi chiusi, sprofondando ancora nella poltrona. Quando aprì gli occhi il riccio sorrideva. Non avrebbe dovuto, quella smorfia beffarda gli faceva venire voglia di tirargli un pugno, era inopportuna -tutto quello che faceva Harry era inopportuno!- eppure non lo biasimava. Entrambi erano consapevole del perché aveva dovuto farlo. Del perché voleva farlo.

«Questo vuol dire,» iniziò il più piccolo, mordendosi l’interno delle guancie per almeno provare a non apparire troppo entusiasta «che se adesso io mi avvicino a te, se mi siedo sulle tue gambe e ti bacio, tu mi lascerai fare?»

La voce di Harry arrivava distorta nella sua testa, Louis ne era convinto, in quel momento più che mai. Perché solo per colpa di ormoni impazziti e un pianto represso quella che, durante concerti e registrazioni, era una voce limpida e innocente poteva diventare così roca e seducente, così ammaliante. Avrebbe voluto rispondergli che no, non era il momento, infondo aveva appena rotto -in maniera anche piuttosto brusca, tra l’altro- con la sua ragazza, e non potevano pomiciare nel salone dove fino a qualche minuto prima lei lo stava insultando, dove lei aveva pianto.

Però se lo era tirato addosso, aveva stretto i suoi fianchi e lo aveva baciato. Con le stesse mani che avevano provato a sfiorare Eleonor per farla ragionare, con le stesse labbra che avevano urlato, avevano sussurrato scuse improponibili e pregato un perdono inutile. Anche lei lo sapeva. Lo sapevano tutti e non lo sapeva nessuno.

Si erano stretti l’uno all’altro, volevano diventare una cosa sola. I capelli bagnati gli solleticavano il viso e, quando l’odore di colonia arrivò alle sue narici, forte e familiare, gli improvvisamente venne voglia di piangere. Perché era contento e triste nello stesso istante, perché era tutto giusto e tutto sbagliato e perché solitamente non gli piaceva ragionare troppo sulle cose ma se di mezzo c’erano le persone che amava la testa iniziava a girargli. Semplicemente non ci era abituato, a pensare. Lui agiva, rideva e si prendeva gli scappellotti quando faceva qualcosa di stupido.

Non aveva pensato quando aveva baciato la prima volta Harry, quel giorno dopo il live a xFactor, semplicemente era troppo contento di aver passato anche la semifinale e lo aveva preso per un braccio, tirandoselo addosso. Non aveva pensato quando aveva visto quella bellissima ragazza, quando gli aveva chiesto il numero e aveva iniziato a innamorarsi di lei. Non aveva pensato quando, nonostante tutto, aveva continuato a farsi scopare da Harry se lei era fuori città.

Poi qualcuno lo aveva preso da parte –non ricordava chi, era ubriaco, probabilmente Liam- gli aveva detto di smetterla con lo stare con il piede in due scarpe e lui aveva riso, perché era un’immagine buffa, ma poi era andato a vomitare in vaso che aveva sicuramente passato momenti migliori e aveva iniziato a pensarci. Harry stava male quando lo vedeva uscire con Eleonor, lei non gli rinfacciava niente solo perché ogni volta che ci aveva provato il solito è il mio migliore amico la aveva scoraggiata, ma la vedeva soffrire in silenzio.

Quando aveva capito che la sua scelta sarebbe stata sempre una, perché lo amava, era inutile negarlo, aveva chiamato Eleonor e le aveva fatto trovare le sue cose in salone. Lei aveva urlato, aveva pianto e poi aveva capito. Aveva provato a chiedere scusa, ma lei lo aveva zittito e per un istante era convinto di averla vista sorridere. Non ci si scusa quando si ama, aveva detto e poi era andata via. Sapeva sarebbe successo, lo aveva voluto lui, perché voleva solo Harry.

Quando il bacio finì si rese conto che aveva iniziato a piangere e il più piccolo lo abbracciò stretto, posandogli un bacio sui capelli morbidi.

«Andrà tutto bene, non preoccuparti, andrà meglio…» continuava a ripetergli, come una cantilena. E anche se voleva smettere, se voleva solamente baciarlo fino a consumargli le labbra, i singhiozzi non si fermavano e il suo petto continuava a essere scosso da tremiti e sembrava non voler smettere. Le labbra di Harry però erano ovunque, sulle palpebre, sulla fronte, sul collo. Erano fredde e sembrava che ogni bacio fosse uno spillo che si conficcava nella sua pelle. «Ci sono io con te, andrà tutto bene.»

Allontanandosi un poco poté finalmente calmarsi guardandolo piano, un po’ alla volta. Prima il petto fasciato dalla camicia azzurra, il collo teso e liscio sul quale cadeva qualche ciocca di capelli ancora umida, il mento spigoloso, le labbra piene e le fossette ai lati. Era bellissimo. Gli occhi che lo scrutavano un po’ pensierosi si illuminarono quando finalmente si decise a guardarlo, era decisamente bellissimo.

Non c’era bisogno di dirgli che l’aveva fatto per loro, l’importante era che finalmente avrebbero potuto stare insieme. Voleva dirgli che lo amava, ma poi Harry aveva iniziato a muoversi lentamente sul suo bacino e aveva deciso che le sue labbra, in quel momento, dovevano essere impiegate in qualcosa di più divertente.

Aveva riso cercando di cancellare gli ultimi residui delle lacrime dalle guance e se lo era spalmato ancora di più addosso. Infondo avrebbe potuto dirgli che lo amava il giorno dopo, e il giorno dopo ancora, e il giorno dopo ancora.

Give a little time to me
We’ll burn this out
We’ll play hide and seek
To turn this around
And all I want is the taste
That your lips allow

Fine.

Sinceramente? Pensavo uscisse qualcosa di diverso invece è sempre la solita solfa malinconica! Ma infondo, se una scrive con sottofondo Give Me Love di Ed, cosa vuoi che ne esca? È la mia seconda Larry, nella mia testa ce ne sono un centinaio e sono tutte incastrate, appena ne districo qualcuna giusto che magari la posto. Ora, accontentatevi di questa schifezza :3

Peace and Stylinson, Nana.

   
 
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