Like her.
Give
me love like her
Eleonor
era andata via, sapeva
sarebbe successo. Avrebbe fatto quei pochi passi che dal divano
portavano al
corridoio lungo e stretti e poi avrebbe sentito la porta sbattere.
Aveva con se
solo una borsa, quella che usava per andare in palestra, piena dei
vestiti che
era solita lasciare nel suo cassetto. Effettivamente avrebbe anche
provato a
fermarla, avrebbe potuto alzarsi dalla poltrona di pelle rossa e
provare a
prenderle la mano, a guardarla negli occhi e ricordarsi che
l’amava, che per
certo c’era stato un periodo della sua vita in cui
l’aveva amata sul serio.
Invece
l’aveva lasciata andare,
aveva chiuso gli occhi quando il tonfo della porta sbattuta era
arrivato fino a
lui e li aveva riaperti solo quando il rumore dell’ascensore
gli aveva fatto
capire che era andata veramente via. Fuori, naturalmente, pioveva.
Non aveva
neanche la forza di
alzarsi, si sentiva spossato, come se avesse appena finito una maratona
o qualcosa
del genere. Non gli piaceva per niente sentirsi in quel modo,
così serio e triste.
Ma doveva, si era appena
lasciato con la sua bellissima ragazza, dai lunghi e morbidi capelli
che tanto
adorava, quelle guance piene e un sorriso dolcissimo. Non poteva
sentirsi
sollevato arrivato a quel punto, non sarebbe stato corretto. Decise che
si
sarebbe alzato quando la gola secca per le troppe parole gli
implorò qualcosa
da bere ma prima passò in rassegna la stanza.
Avrebbe
dovuto riordinare, almeno i
cocci del vaso che sembravano parecchio appuntiti anche visti da una
certa
distanza, e per certo avrebbe dovuto aprire una finestra. In quella
stanza
c’era una strana atmosfera, odore di litigio e di lacrime.
Quando
con i palmi delle mani si
fece forza per alzarsi il rumore metallico di una chiave nella
serratura lo
spaventò. Poi lo sguardo si fermò sul mazzo di
chiavi che Eleonor gli aveva
gettato addosso, ancora per terra e con il cuore appeso, e
capì che Harry era
tornato a casa. Sorrise e si sentì in colpa.
«Ehi,
boo. Hai cucinato qualcosa?»
La testa
del suo migliore amico apparve dallo
stipite della porta, i riccioli bagnati gli cadevano sugli occhi
sorridenti. Lo
guardò per pochi istanti poi capì. La sua faccia
distrutta, un grosso peluche
buttato in un angolo e i fogli sparsi per terra. Buttò per
terra il cappotto grigio
che ancora teneva in mano e gli andò incontro, con passo
lento e calcolato,
come se avesse paura di chissà quale reazione. In volto
aveva un’espressione
strana, mista tra la preoccupazione e un accenno di sollievo che
cercava di
nascondere.
Si
inginocchiò davanti a lui e gli sorrise
timidamente, con il volto piegato e le sopracciglia basse. Le mani
sulle sue
cosce e gli occhi resi ancora più verdi dalla penombra
piantati nei suoi. Era
assurdo farsi assalire da certi pensieri da ragazzina in quel momento
ma non
poté fare a meno di perdersi per qualche secondo in quello
sguardo, nel modo in
cui riusciva a leggerlo e provocarlo contemporaneamente.
«Eleonor
è andata via.» aveva semplicemente
detto. Non era una domanda, era una constatazione. Sapeva che era
così, e non
dalle chiavi o dalla confusione che solo una ragazza incazzata e ferita
poteva
creare, ma dalla sensazione di vuoto che poteva vedere in Louis.
Alzò una mano
e gli accarezzò una guancia, entrambi chiusero gli occhi e
si bearono di quel
contatto.
Harry
aveva le mani fredde e umide ma erano
fuoco sulla sua pelle. O forse era lui che bruciava.
«Dovevo
farlo.» sussurrò con ancora gli occhi
chiusi, sprofondando ancora nella poltrona. Quando aprì gli
occhi il riccio
sorrideva. Non avrebbe dovuto, quella smorfia beffarda gli faceva
venire voglia
di tirargli un pugno, era inopportuna -tutto quello che faceva Harry
era
inopportuno!- eppure non lo biasimava. Entrambi erano consapevole del
perché
aveva dovuto
farlo. Del perché voleva
farlo.
«Questo
vuol dire,» iniziò il più piccolo,
mordendosi l’interno delle guancie per almeno provare a non
apparire troppo
entusiasta «che se adesso io mi avvicino a te, se mi siedo
sulle tue gambe e ti
bacio, tu mi lascerai fare?»
La voce
di Harry arrivava distorta nella sua
testa, Louis ne era convinto, in quel momento più che mai.
Perché solo per
colpa di ormoni impazziti e un pianto represso quella che, durante
concerti e
registrazioni, era una voce limpida e innocente poteva diventare
così roca e
seducente, così ammaliante. Avrebbe voluto rispondergli che
no, non era il
momento, infondo aveva appena rotto -in maniera anche piuttosto brusca,
tra
l’altro- con la sua ragazza, e non potevano pomiciare nel
salone dove fino a
qualche minuto prima lei lo stava insultando, dove lei aveva pianto.
Però
se lo era tirato addosso, aveva stretto i
suoi fianchi e lo aveva baciato. Con le stesse mani che avevano provato
a
sfiorare Eleonor per farla ragionare, con le stesse labbra che avevano
urlato,
avevano sussurrato scuse improponibili e pregato un perdono inutile.
Anche lei
lo sapeva. Lo sapevano tutti e non lo sapeva nessuno.
Si erano
stretti l’uno all’altro, volevano
diventare una cosa sola. I capelli bagnati gli solleticavano il viso e,
quando
l’odore di colonia arrivò alle sue narici, forte e
familiare, gli improvvisamente
venne voglia di piangere. Perché era contento e triste nello
stesso istante, perché
era tutto giusto e tutto sbagliato e perché solitamente non
gli piaceva
ragionare troppo sulle cose ma se di mezzo c’erano le persone
che amava la
testa iniziava a girargli. Semplicemente non ci era abituato, a
pensare. Lui
agiva, rideva e si prendeva gli scappellotti quando faceva qualcosa di
stupido.
Non aveva
pensato quando aveva baciato la
prima volta Harry, quel giorno dopo il live a xFactor, semplicemente
era troppo
contento di aver passato anche la semifinale e lo aveva preso per un
braccio, tirandoselo
addosso. Non aveva pensato quando aveva visto quella bellissima
ragazza, quando
gli aveva chiesto il numero e aveva iniziato a innamorarsi di lei. Non
aveva
pensato quando, nonostante tutto, aveva continuato a farsi scopare da
Harry se
lei era fuori città.
Poi
qualcuno lo aveva preso da parte –non ricordava
chi, era ubriaco, probabilmente Liam- gli aveva detto di smetterla con
lo stare
con il piede in due scarpe e lui aveva riso, perché era
un’immagine buffa, ma
poi era andato a vomitare in vaso che aveva sicuramente passato momenti
migliori e aveva iniziato a pensarci.
Harry stava male quando lo vedeva uscire con Eleonor, lei non gli
rinfacciava
niente solo perché ogni volta che ci aveva provato il solito
è il
mio migliore amico la aveva
scoraggiata,
ma la vedeva soffrire in silenzio.
Quando
aveva capito che la sua scelta sarebbe
stata sempre una, perché lo amava, era inutile negarlo,
aveva chiamato Eleonor
e le aveva fatto trovare le sue cose in salone. Lei aveva urlato, aveva
pianto
e poi aveva capito. Aveva provato a chiedere scusa, ma lei lo aveva
zittito e
per un istante era convinto di averla vista sorridere. Non ci si scusa quando si ama,
aveva detto e poi era andata via.
Sapeva sarebbe successo, lo aveva voluto lui, perché voleva
solo Harry.
Quando il
bacio finì si rese conto che aveva
iniziato a piangere e il più piccolo lo abbracciò
stretto, posandogli un bacio
sui capelli morbidi.
«Andrà
tutto bene, non preoccuparti, andrà
meglio…» continuava a ripetergli, come una
cantilena. E anche se voleva
smettere, se voleva solamente baciarlo fino a consumargli le labbra, i
singhiozzi non si fermavano e il suo petto continuava a essere scosso
da
tremiti e sembrava non voler smettere. Le labbra di Harry
però erano ovunque,
sulle palpebre, sulla fronte, sul collo. Erano fredde e sembrava che
ogni bacio
fosse uno spillo che si conficcava nella sua pelle. «Ci sono
io con te, andrà
tutto bene.»
Allontanandosi
un poco poté finalmente
calmarsi guardandolo piano, un po’ alla volta. Prima il petto
fasciato dalla
camicia azzurra, il collo teso e liscio sul quale cadeva qualche ciocca
di
capelli ancora umida, il mento spigoloso, le labbra piene e le fossette
ai
lati. Era bellissimo. Gli occhi che lo scrutavano un po’
pensierosi si
illuminarono quando finalmente si decise a guardarlo, era decisamente
bellissimo.
Non
c’era bisogno di dirgli che l’aveva fatto
per loro, l’importante era che finalmente avrebbero potuto
stare insieme. Voleva
dirgli che lo amava, ma poi Harry aveva iniziato a muoversi lentamente
sul suo
bacino e aveva deciso che le sue labbra, in quel momento, dovevano
essere
impiegate in qualcosa di più divertente.
Aveva
riso cercando di cancellare gli ultimi
residui delle lacrime dalle guance e se lo era spalmato ancora di
più addosso.
Infondo avrebbe potuto dirgli che lo amava il giorno dopo, e il giorno
dopo
ancora, e il giorno dopo ancora.
Give
a little time to me
We’ll burn this out
We’ll play hide and seek
To turn this around
And all I want is the taste
That your lips allow
Fine.
Sinceramente?
Pensavo uscisse
qualcosa di diverso invece è sempre la solita solfa
malinconica! Ma infondo, se
una scrive con sottofondo Give Me Love di Ed, cosa vuoi che ne esca?
È la mia
seconda Larry, nella mia testa ce ne sono un centinaio e sono tutte
incastrate,
appena ne districo qualcuna giusto che magari la posto. Ora,
accontentatevi di
questa schifezza :3
Peace and
Stylinson, Nana.