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Autore: _hurricane    22/02/2012    15 recensioni
[Missing Moment dell'episodio 3x14, contiene spoilers.]
“Vorrei solo che tutto andasse bene. Che niente di tutto questo fosse mai successo. Né a te, né a me, né a lui. Vorrei poter smettere di combattere, Blaine.”
Blaine fece un singolo passo in avanti e senza pensare a nient’altro attrasse Kurt a sé, cingendogli il viso con le mani e baciandolo dolcemente sulle labbra. Kurt sospirò nel bacio e gli cinse la vita con le braccia, per poi appoggiare la fronte alla sua quando si separarono.
“Purtroppo non posso prometterti che potrai smettere” disse Blaine, strofinando il naso contro il suo e spostando le mani dietro il suo collo. “Ma ti prometto che ti sarò sempre accanto, per farlo insieme a te.”
Kurt sorrise, avvicinandosi per un fugace bacio sulle labbra.
“Quindi verrai con me?” chiese in tono speranzoso, anche se con una punta di dubbio e incertezza. Blaine chiuse gli occhi ed inspirò, prima di rispondere.
“No” disse, dopo averli riaperti. “Non credo gli faccia bene vederci insieme. Ma ci andrò, da solo.”
[Klaine/Klainofsky!friendship]
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dave Karofsky | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Piccolo missing moment dall'episodio 3x14 "On My Way", contiene spoilers per chi non lo ha ancora visto.

Questa one-shot l'ho scritta praticamente di getto, e mostra qualcosa che io avrei voluto vedere accadere davvero, quindi non mi aspetto che siano tutti d'accordo con la mia visione delle cose. Ma se siete contrari a Klaine/Klainofsky!friendship (se non esiste, l'ho appena inventata xD) non credo convenga leggere oltre!

Avvertimenti: menzione di violenza e tentato suicidio.

Il titolo in italiano significa "Ne è valsa la pena".

 


 

 

 

 

“Ti va di vedere un film da me domani pomeriggio?” chiese Blaine a Kurt, facendo ondeggiare distrattamente le loro mani unite mentre camminavano lungo il corridoio, l’aria tronfia e serena per aver vinto le Regionali con il suo nuovo gruppo, la sua nuova famiglia. Kurt si fermò, costringendolo a fare lo stesso, e si voltò per guardarlo con aria improvvisamente più seria di quanto non fosse necessario.

“Veramente stavo… pensando di andare a trovare Karofsky” rispose con voce quasi cauta, le parole lente e misurate. La mascella improvvisamente serrata di Blaine gli fece capire di aver fatto bene.

“Oh” rispose semplicemente Blaine, distogliendo lo sguardo e mordendosi l’interno della guancia come per trattenersi dall’aggiungere altro.

“Cosa c’è?” chiese Kurt, alzando la mano libera per toccargli il mento con due dita e fare in modo che lo guardasse di nuovo negli occhi. Blaine glielo lasciò fare, ma i suoi lineamenti erano tirati e trattenuti, la mascella serrata e le labbra strette in una lunga linea.

“Non-“ esordì, ma dovette schiarirsi la voce e provare di nuovo. “Non sono sicuro di volere che ti stia intorno.”

“Se è per San Valentino, te l’ho detto, sono stato chiaro-“

“Non c’entra niente San Valentino” ribattè Blaine, addolcendo subito la sua espressione quando vide Kurt ritrarsi leggermente davanti al suo tono troppo brusco. Gli strinse con forza la mano, le loro dita perfettamente intrecciate così come lo erano diventate le loro vite, e per un attimo rimase con lo sguardo fisso, a guardarle. A guardare come stavano bene, come riuscivano a combaciare nonostante tutto. Quando rialzò lo sguardo verso Kurt, la rabbia del momento sembrava svanita.

“Lui- lui ti ha ferito, Kurt.”

La frase uscì quasi sussurrata, incerta, e con un tono angosciato e doloroso come se facesse male anche solo dirlo, anche solo sapere che era così, che era successo. Perché Kurt aveva già perdonato. Blaine no.

Kurt gli sorrise leggermente, spostando la mano da sotto il suo mento per accarezzargli lo zigomo con le nocche.

“Lo so” disse a bassa voce, con aria consapevole e vagamente triste. “Ma non lo farà più. Fidati di me, Blaine.”

“Io mi fido di te” rispose prontamente Blaine, le ciglia scure e folte che toccarono per un attimo la pelle delle sue guance mentre la mascella si rilassava grazie a quel lento e tranquillo sfiorare sul suo zigomo. “Ma non di lui.”

Kurt rimase in silenzio per qualche attimo, continuando ad accarezzarlo quasi distrattamente, come se stesse riflettendo su qualcosa di importante.

“Potresti venire con me” disse infine, alzando lo sguardo dalla sua mano per guardare Blaine negli occhi e cogliere a pieno la sua espressione. Blaine ritrasse lievemente la testa e sembrò quasi spaesato di fronte alla richiesta, poi si ricompose.

“Non credo sia una buona idea, mi odia” disse seccamente.

“Non è così, o almeno io non penso sia così” rispose Kurt, alzando lo sguardo per riflettere ulteriormente. “E se sapesse cosa ti è successo, di certo cambierebbe opinione.”

Blaine si irrigidì completamente, come se gli avessero appena gettato addosso un secchio d’acqua ghiacciata, la sua reazione così intensa ed improvvisa che Kurt fece un passo indietro, lasciandogli la mano, come se la cosa lo avesse intimidito.

“Blaine-“

“Vuoi che ne parli con lui, Kurt? Era qui che volevi andare a parare?” disse Blaine, lo sguardo freddo e distaccato ma allo stesso tempo incredibilmente vulnerabile, come se fosse stato appena toccato un nervo scoperto, una ferita che si stava ancora rimarginando. Kurt aprì la bocca per parlare e poi la richiuse, guardandosi intorno come in cerca di un appiglio.

“Pensavo che potesse fare bene ad entrambi… parlarne” disse, la voce flebile. Ci fu una pausa. “…tu non ne parli mai con me.”

Blaine alzò lo sguardo dai suoi piedi e lo fissò, mordendosi il labbro di fronte alla sua espressione ferita. Perché era vero, non ne parlava mai con lui, non ne parlava mai e basta, come se fosse successo a qualcun altro. Come se il Blaine prima della Dalton non fosse mai esistito.

“Mi dispiace” riuscì a dire, passandosi una mano tra i ricci pieni di gel senza preoccuparsi di rovinarli ed emettendo un sospiro frustrato. Kurt lo fissò con un’espressione quasi angosciata.

“Vorrei solo che tutto andasse bene. Che niente di tutto questo fosse mai successo. Né a te, né a me, né a lui. Vorrei poter smettere di combattere, Blaine.”

Blaine fece un singolo passo in avanti e senza pensare a nient’altro attrasse Kurt a sé, cingendogli il viso con le mani e baciandolo dolcemente sulle labbra. Kurt sospirò nel bacio e gli cinse la vita con le braccia, per poi appoggiare la fronte alla sua quando si separarono.

“Purtroppo non posso prometterti che potrai smettere” disse Blaine, strofinando il naso contro il suo e spostando le mani dietro il suo collo. “Ma ti prometto che ti sarò sempre accanto, per farlo insieme a te.”

Kurt sorrise, avvicinandosi per un fugace bacio sulle labbra.

“Quindi verrai con me?” chiese in tono speranzoso, anche se con una punta di dubbio e incertezza. Blaine chiuse gli occhi ed inspirò, prima di rispondere.

“No” disse, dopo averli riaperti. “Non credo gli faccia bene vederci insieme. Ma ci andrò, da solo.”

Kurt si ritrasse con aria sorpresa, sgranando leggermente gli occhi, ma decise di non chiedere il motivo per non tirare troppo la corda.

“Grazie” si limitò a dire, stringendo ancora di più Blaine a sé.

“Ti amo” gli rispose Blaine, semplicemente perché sembrava un buon momento per dirlo e non si sarebbe mai stancato di trovarne per poterglielo ripetere. Kurt sorrise.

“Ti amo anch’io, Blaine.”

 

 


 


“Posso entrare?”

Dave alzò lo sguardo dalle sue mani, intrecciate l’una all’altra sopra l’orribile camice ospedaliero che era costretto ad indossare e che lo faceva sembrare più malaticcio e pallido di quanto non volesse mostrare agli altri. Dire che si sorprese nel vedere Blaine sulla soglia, con indosso un maglione verde sopra una camicia a quadri unito ad un immancabile papillon, sarebbe un eufemismo.

“S-sì” disse semplicemente, ingoiando il groppo che sentì improvvisamente in gola alla vista del ragazzo di Kurt. Era più che certo che volesse parlargli di quello che aveva fatto a San Valentino, dirgli di stare alla larga o qualcosa del genere. Non riusciva a trovare un altro motivo per il quale Blaine avrebbe dovuto interessarsi a lui; ricordava fin troppo bene i toni del loro ultimo incontro.

Blaine prese la sedia che si trovava accanto alla porta e la trascinò accanto al suo letto, proprio come Kurt aveva fatto qualche ora prima. All’improvviso, Dave non potè fare a meno di chiedersi se Kurt ne fosse al corrente, ma decise di aspettare e capire.

“Come stai?” esordì Blaine, visibilmente a disagio su come iniziare la conversazione e fin troppo intento a non fissare la linea marroncina che Dave aveva intorno al collo, tanto da risultare quasi palese. Dave ormai si era abituato, così non ci fece molto caso.

“Beh, sono vivo” rispose, guardandosi ancora una volta le mani per nascondere la vergogna. Calò un silenzio prolungato e quasi imbarazzante, finchè Blaine non si schiarì la voce e Dave alzò nuovamente lo sguardo, incuriosito.

“So perché l’hai fatto” disse Blaine a voce più bassa, profonda e intensa, e Dave si ritrasse lievemente perché beh, tutti lo sapevano. Bastava andare a guardare la sua bacheca di Facebook per saperlo. Ma era come se Blaine intendesse qualcos’altro, qualcosa di più. Come se capisse.

“Che vuoi dire?” chiese quindi, deglutendo con forza per quanto facesse ancora male farlo, di tanto in tanto.

“Io…” rispose Blaine, esitando. Dave vide le sue mani strette l’una all’altra sul suo grembo, un ginocchio che faceva su e giù quasi febbrilmente a pochi passi dal suo letto. “Io- io ci ho pensato. Una volta.”

Dave spalancò la bocca, ma non ne uscì alcun suono. Potè solo rimanere a fissarlo, sentendosi improvvisamente vulnerabile, perché paradossalmente il fatto che Blaine fosse stato lì, a un passo dal dirupo, ma non avesse saltato, lo faceva sentire ancora più debole e fragile, inferiore. Per quanto significasse anche che poteva capirlo, allo stesso tempo Blaine poteva giudicarlo, giudicarlo davvero. Poteva sapere, se solo si fosse sforzato un po’ per immedesimarsi, cosa esattamente gli fosse passato per la testa in quei momenti, ed era come se improvvisamente gli avesse aperto il cervello per guardarvi dentro.

Blaine colse l’occasione, approfittando del suo shock, per riordinare le idee e continuare.

“Sono stato picchiato alla mia vecchia scuola, per questo mi sono trasferito alla Dalton. Ma prima di farlo, mentre ero a casa in convalescenza, mi sentivo così… così umiliato. Tutte quelle cose che gridavano mentre- mentre mi colpivano” – si interruppe, inspirando con forza – “forse quelle hanno fatto più male di tutto il resto. Era come se non valessi niente, niente per loro. E così ho iniziato a chiedermi: e se avessero ragione? E se tutte queste sofferenze, in fondo, non ne valessero la pena?”

Dave lo ascoltò attentamente, permettendo alle informazioni di filtrare a poco a poco dentro di sé.

“Perché mi stai dicendo queste cose?” chiese, perché aveva bisogno di sapere, di capire perché Blaine volesse condividere con lui, con lui, una cosa così intima e personale, una cosa che lui avrebbe voluto tenere nascosta per sempre se solo avesse potuto.

“Per farti capire che non è così. Che- che ne vale la pena” rispose Blaine, la voce più strozzata e flebile come se stesse trattenendo le lacrime, e Dave lo guardò negli occhi in quel momento e capì esattamente di cosa stava parlando. Kurt.

“Lui non lo sa, vero?” chiese, e un lampo di senso di colpa attraversò per un attimo i lineamenti di Blaine prima di lasciare spazio ad una lieve aura di rassegnazione, ma allo stesso tempo di silenziosa convinzione.

“No” rispose in un sussurro, scuotendo lievemente il capo. “Quando l’ho conosciuto era così- così fragile, che avevo paura che dirglielo, paradossalmente, gli avrebbe fatto vedere una via d’uscita proprio in quello. Ma anche dopo, non ci sono mai riuscito. Non voglio che sappia di psicologi e terapie e attacchi di rabbia e delle pillole che ho gettato nella spazzatura senza avere il coraggio di ingoiarle. Io non- non voglio che soffra ancora. Per me.”

Dave lo fissò con aria angosciata, sentendosi in colpa all’idea di aver davvero rischiato di spezzare una persona a tal punto, di aver rischiato di portare Kurt sull’orlo dello stesso baratro che lui e Blaine, in momenti diversi della loro vita, avevano condiviso senza saperlo.

“Mi dispiace” disse, guardandolo negli occhi mentre una lacrima lenta gli rigava la guancia. “Mi dispiace avergli fatto questo.”

Blaine lo fissò a lungo, come se stesse cercando di capire se fidarsi o meno del suo sguardo, della sua espressione distrutta e colpevole.

“Lo so” ammise, sospirando. Perché certe volte avrebbe preferito non saperlo, non doverlo ammettere. Certe volte, avrebbe preferito di gran lunga poter semplicemente odiare David Karofsky, ma nella realtà le cose non erano bianche o nere, perché adesso lui si trovava dove Blaine era stato solo pochi anni prima, era perso, solo in un letto d’ospedale per il male che aveva fatto a se stesso ma che in fondo gli avevano fatto gli altri. Non era poi così diverso. Non lo era affatto.

“Kurt mi ha detto… mi ha detto che credi di amarlo” disse, senza sapere bene perché. Forse aveva solo bisogno di capire se era vero. Dave trasalì visibilmente e distolse lo sguardo, mordendosi il labbro.

“Io… io non lo so. Non ne sono più molto sicuro” ammise, emettendo un sospiro. “Forse volevo farlo, e volevo che fosse ricambiato, solo per sapere che era giusto. Amare un altro ragazzo, intendo.”

“Lo è, infatti” gli rispose con sincerità Blaine, abbozzando un sorriso. Rimasero in silenzio per un po’, ma stranamente fu diverso rispetto all’inizio, quasi confortante.

“Tu lo ami?”

Blaine sbattè le palpebre di fronte alla domanda, ma non esitò nel rispondere.

“Sì. Lui è il motivo per cui ogni giorno so che ne è valsa la pena” disse, gli occhi lucidi. “Dice sempre che io l’ho salvato, ma non sono sicuro che sia così.”

Dave lo osservò per qualche attimo, pensieroso.

“E pensi che… che qualcuno salverà me?” chiese, il tono quasi di supplica. Blaine lo fissò e gli sorrise.

“Non solo lo penso, Dave. Ne sono certo.”

 

   
 
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