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Autore: Dark Magic    22/02/2012    6 recensioni
One shot ambientata nel terzo libro della saga dal punto di vista di Gale, prima di recarsi a Capitol City.
Tratto dalla storia: "La differenza tra me e lui è enorme, ma quella che davvero mi fa soffrire come un cane è che io devo essere moribondo o triste per strapparti un bacio.
Lui no.
"
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gale Hawthorne
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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mockingjay
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Il mio piccolo Mockingjay

 
Ho trovato questo pezzo di carta e…
Bé, eccomi qui a scrivere la mia prima lettera.
Sì, probabilmente ti starai chiedendo perché non riesco a finire niente, e la verità è che io non ho niente da finire, nulla da salvare se non quel biondino slavato.
Hai capito bene: quello è un biondino slavato che non ti merita, che non combatte per te, che si fa trattare da manichino da quell’abominevole Snow.
Che dico… tu non vedrai mai quel ragazzo come un perdente, un incapace.
Forse non te ne sei mai resa conto, ma tu provi qualcosa per lui.
La differenza tra me e lui è enorme, ma quella che davvero mi fa soffrire come un cane è che io devo essere moribondo o triste per strapparti un bacio.
Lui no.
Tu lo baci come se fosse una cosa naturale, come respirare l’aria. Non rimugini su come possa cambiare il vostro rapporto.
Quando baci me, sento nella mia mente tutti i tuoi dubbi.
Quando si ama qualcuno, non si ragiona, Katniss. Ed io lo so.
Nell’esatto istante in cui le mie labbra si sono poggiate sulle tue, ho capito che niente e nessuno avrebbe potuto spezzare quel legame tra voi.
Non mi vedi, Katniss? Guardami per davvero ora che leggerai queste parole alla rinfusa.
Sono scarabocchi, parole amare che forse neanche vedrai. Non riesco neppure a guardarti in faccia senza voltarmi in un’altra direzione.
Sto per partire, Katniss. Parto per una missione suicida e il primo a offrirsi sono proprio io. Ti chiedi perché, adesso?
Starai davvero leggendo queste stupidaggini?
Non so nemmeno perché le sto scrivendo, sul serio. Forse perché adesso stai distesa su un letto insieme a quell’altro che vive su nuvolandia perennemente. Non so.
Ho sentito la sua storia, intendo quella di Finnick.
Rivedo te in lui, siete simili.
Non riesco a odiarlo per quello strano cameratismo che vi unisce. È stata quell’arena a farti acquistare un nuovo amico e confidente? Forse non è poi così male partecipare a quei giochi, se poi uno come Peeta Mellark riceve tutte quelle attenzioni da te.
Io sono troppo in tutto, non è così? Nella tua vita hai già assegnato il tuo cuore a qualcuno.
Qualcuno che non sono io.
Voglio esserci comunque nella tua vita, magari come amico, voglio vederti tornare la Katniss di prima. E senza di lui, non succederà.
Capisci fin dove mi sto spingendo?
Mi piacerebbe molto odiarlo più di tutti quelli che ti stanno intorno perché è riuscito lì dove io ho fallito, ma non posso.
Ricordo ancora quando ha bussato alla mia porta il giorno in cui sono stati annunciati i Giochi della Memoria.
Lui ti ama, ed io con lui. In seguito ci ha salvati, anche se sapeva di essere torturato dopo.
Quello non è un ragazzo, non è un uomo.
È un eroe, come lo sei adesso tu per noi tutti.
Ora che la mia famiglia è al sicuro, l’unica cosa che mi resta da fare è mettere al sicuro il tuo eroe. Il tuo Peeta.
L’uomo che ami.
Piangerai per me se non tornerò vivo, ma morirai se lui sarà ucciso.
Non sopporterei di vederti morire, anche se solo nello spirito.
Ora capisci perché sto andando a Capitol?
Non ho altra scelta, non l’ho mai avuta, Katniss.
Dovrei terminare con un “ti amo”, ma non è da me. Forse è più adatto allo stile teatrale del biondino.
Lui sì che ha senso dello spettacolo. Molto più di me!
Perciò…
Abbi fiducia in me, nonostante i nostri ultimi battibecchi, perché io ne ho nel Mockingjay.
Il mio piccolo, speciale Mockingjay.
 
«È ora, Gale. Forza, andiamo» m’informa Boggs.
Annuisco, gettando la palla di carta nel cestino. Mi alzo e mi sistemo la divisa verde scuro del Distretto 13.
«Era per Katniss quella?» mi domanda, lanciando un’occhiata veloce alla palla.
Scrollo le spalle. Non voglio che si faccia i fatti miei.
«Potrebbero essere le tue ultime parole. Non vuoi lasciarle qualcosa di te?»
Qualcosa di me?, m’interrogo mentalmente. Boggs continua a camminare al mio fianco in attesa. Nel lungo corridoio riecheggiano i nostri passi.
«Ha già qualcosa di mio, non serve un pezzo di carta per farle capire perché lo sto facendo».
Ha il mio cuore. Non basta questo per farmi andare incontro alla morte?
Passa un’eternità quando risponde: «Lo capirà quando saprà chi si è offerto volontario per primo».
 
   
 
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