We’re just two perfect kids
Sono
seduti sul divano, occhi negli occhi. I denti bianchi di Harry
torturano le
labbra piene e niente, è bello, Louis lo
sa e glielo ha anche detto un
paio di volte.
“Sei
un
bambino” gli ripeteva sua madre quando si
arrampicava sulla mensola in
cucina per trafugare le caramelle che lei cercava invano di proibirgli.
“Sei
un bambino” gli ripeteva il preside della sua
scuola quando lo vedeva
entrare nel suo ufficio con lo sguardo basso e colpevole di chi ha
appena
combinato la sua ennesima marachella. “Sei un bambino”
diceva Hannah con
tono scherzoso quando lui si rifiutava di accettare un suo bacio dopo
che lei lo
aveva in qualche modo offeso. “Sono un bambino”
ha cominciato a
ripetersi Louis. Spesso. Quasi sempre. L’ha ripetuto
così tante volte che anche
adesso, a venti anni, continua a comportarsi da tale. E vorrebbe
cambiare, ma
nella sua testa se lo ripete ancora, ancora: “Sono
un bambino” e i
bambini non fanno mai niente per cambiare.
«Un
po’ mi
vergogno» ammette Harry candidamente, senza arrossire neanche
un po’. Certo,
si vergogna. Si vede.
«No,
non è
vero» dice allora Louis, facendogli la linguaccia,
perché è un bambino e i
bambini dicono sempre quello che pensano. Harry sbuffa un
po’, così vicino da
fargli sollevare il ciuffo di capelli che gli solletica gli occhi.
Sorride,
sorride come sorride sempre, come sorride solo a lui, con gli occhi
luminosi e
le labbra leggere.
«Già,
forse no».
Quando si
sono incontrati per la prima volta, Harry aveva sedici anni e Louis
diciotto. Louis
l’aveva guardato, aveva guardato i suoi capelli spettinati,
le guance rosa, gli
occhi brillanti di emozione. Aveva assistito alla sua performance e
aveva visto
dietro le quinte quanto esaltata fosse la madre, quanto stretto
l’avesse
abbracciato, quanto Harry avesse sorriso e quanto le sue fossette
fossero
tenere.
Sembra
un bambino, aveva
pensato Louis quando aveva visto Harry per la prima volta. E poi si era
presentato.
«E
quindi?»
Sono
seduti sul divano e si guardano negli occhi. Harry ha il sorriso
luminoso di
chi ha appena scoperto che i suoi genitori hanno posto sotto
l’albero
esattamente il regalo che aveva desiderato; Louis ha un sorriso
più vivace, la
sua solita espressione da bambino, gli occhi chiari che aspettano,
aspettano
qualcosa.
Quando
Louis si era presentato ad Harry l’aveva fatto in modo
originale.
«Ciao,
sono Louis, me lo fai un autografo?»*
Harry
aveva puntato i suoi occhi azzurri -quel giorno erano azzurri, poi
sarebbero
diventati grigi, poi verdi; Louis ha smesso da un po’ di
chiedersi di che
cavolo di colore siano gli occhi di Harry Styles- sul suo viso e aveva
fatto
una faccia buffa.
«Non
sono
famoso» aveva mormorato. Louis aveva fatto il suo sorriso
sono-un-bambino-assecondami.
«Ma
lo diventerai!
Voglio avere il tuo primo autografo, dai!»
Il volto
ridente di Harry Styles l’aveva assecondato. Louis se
l’aspettava, la battuta «Sei
proprio un bambino. Che stupidaggine», se
l’aspettava così tanto che quasi era
rimasto deluso quando non era arrivata. Harry aveva scritto in
stampatello il
suo nome su un pezzo di carta e poi aveva guardato Louis.
«Furba,
come cosa. Sei intelligente».
Forse era
stato quello, il momento in cui Louis aveva capito che Harry non
sarebbe stato
per lui una persona come le altre.
«Quindi
posso fare questo» mormora Harry in un altro tempo, nel
presente, decidendosi
finalmente ad annullare la minima distanza che intercorre tra i loro
visi e a
posare le sue labbra su quelle di Louis. La bocca di Harry sa di
marmellata di
fragole, la stessa nel cui barattolo Louis immergeva le mani quando la
mamma
non c’era e non poteva dargli del bambino.
Harry non
ha mai detto a Louis “Sei un bambino”,
non gli ha mai detto “Cresci” come
ha fatto Hannah prima di mollarlo, né “Sono
fiera del mio piccolo Louis”
come ha fatto sua madre quando è diventato parte dei One
Direction. Harry non l’ha
mai considerato un bambino -e Louis lo sa che non
è solo per il fatto
che lui è più grande, perché perfino
Liam ogni tanto gli dà del poppante.
Harry non
gli ha mai dato del bambino e Louis pensa che se deve amare qualcuno,
se deve
passare la sua vita con una persona, non può di certo
passarla con una che lo
consideri inferiore. Deve passarla con una che lo consideri suo pari,
di questo
ne è più che sicuro.
«Louiiiis!»
trilla Harry allontanandosi di scatto, in volto una bellissima smorfia
contrariata.
«Che
c’è?»
chiede Louis, ancora sporto verso il collo del ragazzo, che fino ad un
attimo
prima stava baciando.
Harry
arrossisce, arriccia il naso, si morde la lingua e poi si tuffa sulle
sue
labbra.
«Mi
fai il
solletico!» esclama, con la faccia di chi pensava fosse ovvio.
Ed Harry
è cosi bambino con lui che Louis quasi non ci crede.
Louis ha
pensato che Harry gli avrebbe fatto cambiare idea, una volta o due. Ha
pensato
che Harry avrebbe potuto dirgli che no, non è un bambino, e
lui lo ammira per
l’uomo che dimostra di essere. Ha pensato che così
avrebbe potuto sentirsi un
po’ adulto, qualche volta.
Ma invece
no, adesso Louis non lo pensa più. Louis pensa che
è vero, Harry è ancora più
bambino di lui, ma non lo fa sentire per niente più adulto.
Con Harry al suo
fianco, Louis è contento di essere quello che è.
È contento che lo siano
entrambi, dei bambini.
*ATTENZIONE:
questo pezzo è stato deliberatamente ispirato ad
un’altra storia che circola
per il sito, ma di cui non ricordo il nome. Se
l’autrice di suddetta o
comunque una persona che la ricorda passassee per di qui e leggesse, la
prego disperatamente
di farmi sapere in qualche modo il nome della storia, così
potrò dovutamente
linkarla alla fine della OS. Grazie :D
Beh
ragazze, se non l’avessi pubblicata
questa sera non l’avrei pubblicata mai più. Larry,
fluff (tanto per cambiare) e
bambini. Volete sapere altro?
Oooh
ma a voi non fa il solletico quando
qualcuno vi bacia sul collo? A me tantissimooo :O -non
c’entra niente, è il mio
sfogo perché devo ancora cominciare i compiti e invece sono
qui a pubblicare OS
schiferrime -.-’
Un
bacio, vi abbandono presto questa volta :3
_ki_