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Autore: bar87    23/02/2012    1 recensioni
Tutto è tornato alla normalità. Alla Capsule Corporation si sentono ormai soltanto le urla festose di Trunks e di Gothen che si perdono nei corridoi labirintici mentre Vegeta continua ancora ad allenarsi per la sua ennesima battaglia conto se stesso e Bulma non sa fare altro che godersi questo periodo di pace dopo la scomparsa del pericolo di Majin Bu. Ma qualcosa, forse ancora più grande di un'aura negativa,sta venendo per sconvolgere l'equilibrio ormai così perfetto ma anche così precario e misterioso
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Il sudore.
 Il sudore scivolava sulla sua pelle come i ricordi di mille battaglie. Scendeva dalla testa, percorreva i tratti decisi e maschili del sayan e passava per la gola facendogli sempre sentire un brivido, quel brivido d’inadeguatezza, quella voglia di eterno masochistico riscatto da un destino che non voleva che lui fosse il primo.
Le luci pulsanti degli apparecchi metallici della capsule corporation, così diabolicamente perfetti e spietati, riflettevano luci sul soffitto della camera gravitazionale illuminando gli occhi di Vegeta che rispondeva ad ogni colpo.
Non era mai abbastanza.
“C’era forse qualcosa di più importante?”
Ogni tanto se lo chiedeva ma preferiva non darsi una risposta per non rivelare neanche a se stesso la sua più grande debolezza: ormai non era più solo.
Sferrati gli ultimi colpi all’ultimo nemico di latta, tornò a terra ,  prendendo l’asciugamano si pulì dei suoi sforzi. Quel giorno, stranamente, aveva finito prima. Qualcosa lo turbava, sentiva dentro di sé una strana nostalgia di solitudine,anzi, di malinconia.
Uscì dalla camera gravitazionale e si diresse verso il bagno continuando a sentire nella sua testa una voce femminile dolce e così triste allo stesso tempo. Continuava a sussurrargli:
“Un giorno sarai mio….”
 

 
Bulma era appena uscita dalla sua ultima e sfiancante riunione di lavoro. Da quando la Capsule Corporation aveva iniziato la fusione con un’altra azienda di congegni altamente sofisticati per la produzione di una futura e innovativa macchina del tempo,  non aveva più tempo per se stessa.
Si guardò costretta nel suo tajer nello specchio dell’ascensore che l’avrebbe catapultata dalla sala delle riunioni alla macchina che l’attendeva per il ritorno a casa.
Chissà cosa direbbe di me quella ragazzina con la coda di  cavallo alla ricerca di quelle magiche sfere…”
Il suo narcisismo le fece solo però capire che avrebbe approvato quella figura così femminile e indipendente che era diventata. Un sorrisino compiaciuto si riflesse nello specchio. L’ascensore continuava a scendere  Bulma continuava ad ammirarsi e a vedere qualche segno si stanchezza sul suo volto. L’unica cosa che desiderava era tornare a casa e stendersi sul suo letto. Chiudere gli occhi e verso le dieci sentire che Vegeta entrava nella sua stanza e, come sempre, metterle solo un braccio intorno al suo esile corpo. Bastava anche solo quel minimo contatto silenzioso per farla sentire al sicuro e libera da ogni pensiero.
Le riflessioni della donna furono però interrotte da una brusca esplosione fuori dal palazzo generale dei congressi.
L’ascensore emise qualche urlo cigolante e si arrestò. Una sirena d’allarme cominciò a dare segni di vita e il suo lampeggiare rosso sangue si rifletteva sul volto della donna impietrita ormai a terra in un angolo di quel dannato ascensore.
 
 
S’infilò di corsa la tuta.
 C’era stata un’esplosione. Si sentivano le grida fin dentro la sua stanza.
“Che diavolo sta succedendo?!?”
 Disse infilandosi l’ultimo guanto bianco. Uscì dalla finestra e volò più in fretta che poteva.
Un cratere gigantesco si era fatto spazio nel centro della città proprio dove era la sua donna. 
Non sapeva cosa fare. Il suo corpo era fermo nello spazio vuoto e sotto di sé riusciva solo a vedere fiamme e a sentire lamenti.
“Non poteva succedere tutto ciò in un posto peggiore, qualsiasi cosa sia”.
Il cratere  dell’esplosione era ancora coperto dal fumo che celava la causa di quel disastro.
In quel momento l’unica cosa da fare era concentrarsi e provare a sentire, anche se molto difficilmente, l’aura di Bulma.
Vegeta scese di quota e volò tra i maestosi grattaceli della city, finchè non la vide. Sbatteva i pugni contro le vetrate dell’ascensore cercando di farsi notare dal suo eroe. Vegeta  riuscì a tirarla fuori da quella gabbia trasparente e la prese con sé
“Ma finalmente! Si può sapere dove eri finito?!?!?! Lasciare tua moglie in questo caos! Bah….principe dei miei stivali”
“Zitta donna! E’ già tanto se mi sia preso la briga di cercarti. Ma chi diavolo ti credi di essere si può sapere?!”
Continuarono a volare e a pungolarsi come se intorno ci fosse il salotto di casa e non la distruzione di quella misteriosa esplosione.
 
“ Possibile che mi sono presa cura di te per anni e quello che sai fare è ancora chiamarmi don..”
“ORA BASTA STAI ZITTA! Ma…”
Il fumo si era ormai diradato e svelava l’identità della catastrofe: una capsula piena di ammaccature. Vegeta si trasformò in Super Sayan percependo un’aura malvagia e con la donna ancora tra le braccia si precipitò a vedere chi vi fosse dentro.
 
 
Bulma era stordita, arrabbiata ma ancor più attonita. Vide Vegeta scivolare lungo le pareti dell’enorme fossa scavata dalla navicella e scomparire lì sotto. Aveva paura, paura che quella pace quel giorno sarebbe finita come tante altre volte in passato.
 
 
Arrivò sul  fondo. Vegeta era pronto. Pronto per qualsiasi cosa  e per chiunque gli si fosse parato davanti. Finalmente il suo nemico si stava per materializzare e non era più una scatola di latta.
Lo sportello emise dei suoni e si aprì.
I pugni serrati del sayan si strinsero ancora di più, fino allo sciogliersi totalmente e a rivelare un lieve tremore alla vista della figura uscita dall’astronave.
 
C’era del sangue sul suo corpo, graffi, cicatrici riaperte, i suoi capelli corvini però erano perfetti come sempre. L a tuta era a brandelli; La figura appena arrivata sulla terra, strinse anche lei i pugni alla vista del Principe ma cadde subito a terra per quanto era devastata da chissà quale scontro.
 
C-cosa ci fai qui?”
 Quella donna con quella coda e quel viso così familiare riuscì solo a dirgli piena di rabbia e di stanchezza:
“Un giorno sarai mio…”
 
  
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