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Autore: __Sabotage    24/02/2012    2 recensioni
Erano due giorni che piangevo senza sosta, non pensavo di essere così fragile, insomma ero la capo cheerleader, la più popolare della scuola, la gente, a volte, dubitava pure che fossi umana.
E invece avevo un cuore, spezzato, frantumato e calpestato da uno stupido provinciale. Rieccola quella sensazione, gli occhi che bruciavano, la vista annebbiata e poi le guancie umide. Non ero abituata a questo genere di cose, una ragazza che aveva tutto come me non piangeva, se mi avesse vista la coach Sylvester in queste condizioni mi avrebbe spodestata da capo cheerleader. Ma a scuola pensavano tutti che avessi una malattia molto rara e che quindi mi servisse qualche giorno per riprendermi. Santana e Brittany, le mie due migliori amiche, hanno cercato di farmi visita, ma fortunatamente mia madre ha detto loro che ero contagiosa, quindi Brittany ha chiesto a Santana se fosse una parolaccia e poi se ne sono andate. Non volevo che nessuno mi vedesse così, solo al mio cuscino era permesso, al momento era l’unico amico che volevo, anche se mi riportava alla mente ricordi dolorosi.
SONG-FIC ISPIRATA ALLA CANZONE MARY'S SONG DI TAYLOR SWIFT.
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Coppie: Puck/Quinn
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Like the stars that shined in the sky.


Quante lacrime potevo possedere? No seriamente, l’ultima volta che avevo pianto così era quando Noah Puckerman mi aveva messa incinta.
Al solo pensiero del suo nome un altro fiume di lacrime mi rigò le guancie e bagnò la federa del cuscino che conteneva più acqua di una spugna.
Erano due giorni che piangevo senza sosta, non pensavo di essere così fragile, insomma ero la capo cheerleader, la più popolare della scuola, la gente, a volte, dubitava pure che fossi umana.
E invece avevo un cuore, spezzato, frantumato e calpestato da uno stupido provinciale. Rieccola quella sensazione, gli occhi che bruciavano, la vista annebbiata e poi le guancie umide. Non ero abituata a questo genere di cose, una ragazza che aveva tutto come me non piangeva, se mi avesse vista la coach Sylvester in queste condizioni mi avrebbe spodestata da capo cheerleader. Ma a scuola pensavano tutti che avessi una malattia molto rara e che quindi mi servisse qualche giorno per riprendermi. Santana e Brittany, le mie due migliori amiche, hanno cercato di farmi visita, ma fortunatamente mia madre ha detto loro che ero contagiosa, quindi Brittany ha chiesto a Santana se fosse una parolaccia e poi se ne sono andate. Non volevo che nessuno mi vedesse così, solo al mio cuscino era permesso, al momento era l’unico amico che volevo, anche se mi riportava alla mente ricordi dolorosi.
Avevo sette anni e la maestra delle elementari aveva preparato un gioco a coppie molto divertente.  
Io ero stata abbinata a Puck che aveva subito reclamato: “Io non sto con lei, è una femmina!”
“Io non ci sto con lui, puzza!” ribattei io.
Puck mi fece la linguaccia ed io mi lamentai con la maestra.
“Fate i bravi, bambini, alla fine avrete tutti una caramella per ciascuno.” disse paziente la maestra.
Ci infilammo tutti nei sacchi e ci allineammo lungo la linea della partenza. La maestra fischiò e partimmo, io e Puck eravamo abbastanza in sintonia, mentre tutti gli altri bambini andavano avanti a fatica e cadevano scoppiando a piangere. Io e lui inciampammo poche volte e arrivammo primi al traguardo.
La maestra si congratulò con noi e ci consegnò le nostre caramelle che prendemmo orgogliosi. Dopotutto non era così male questo Noah Puckerman!
Finito il giro, la maestra ci lasciò liberi di giocare per conto nostro e quindi io, Santana e Brittany ci sedemmo sul prato per giocare con le Barbie.
Adoravo la mia Barbie, era bionda, con gli occhi azzurri e aveva un vestito rosa da principessa. Avevo un sacco di vestiti per le Barbie ma quello rosa era il mio preferito perché anche io da grande sarei diventata una principessa.
Mentre stavamo giocando, Puck si avvicinò: “Ciao Quinn. Volevo dirti che sei stata molto brava nella corsa coi sacchi. Ti va di fare la strada per tornare a casa insieme?”
Casa mia era ad un isolato dalla scuola e di solito tornavo a casa insieme a Santana e Brittany, che abitavano poco più lontano di me.
Ma non avevo mai scoperto dove vivesse Puck, probabilmente vicino a casa mia.
“Va bene Noah. Anche se puzzi.” dissi arricciando il naso.
“Non è vero! E se lo dici ancora una volta, ti picchio.” E poteva farlo davvero, dato che era più alto e forte di me, ma non lo fece mai. Ogni tanto lo stuzzicavo, chiedendogli con un ghigno: “Dai, perché non mi picchi? Hai paura di me.”  E lui strafottente rispondeva: “Non picchio le femminucce principessine.”
Le nostre mamme partecipavano allo stesso club del libro, strinsero amicizia e così Puck era la metà delle volte a casa mia.
Per il mio ottavo compleanno, papà mi aveva costruito una bellissima casa sull’albero, che era diventata il mio rifugio, passavo lì la maggior parte del mio tempo, bevevo il tè con Santana e Brittany e giocavo con Puck quando sua mamma veniva a farci visita.
Lui portava sempre i suoi mattoncini mentre io le mie Barbie e non riuscivamo mai a metterci d’accordo su cosa giocare, così un giorno fondemmo le due cose, costruimmo un castello per le mie Barbie. Fu molto divertente, infatti non la smettevamo mai di ridere e le nostre mamme roteavano gli occhi in continuazione, chiedendosi come riuscissimo sempre a divertirci.
“Per questo, mi meriterei un bacio!” esclamai una volta finita la nostra costruzione.
“Bleah, io non bacio le femminucce.” disse Puck facendo una smorfia.
“Scommetto che non hai il coraggio perché hai paura di me.” replicai ridendo scherzosamente.
Allora lui, senza farselo ripetere due volte si avvicinò a me per darmi un bacio, ma io mi allontanai.
“Bleah, io non bacio i puzzoni.” dissi storcendo il naso.
“Noah, è ora di andare!” Sua madre lo chiamò dal giardino, perché si era fatto tardi e dovevano ritornare a casa.
“Domani ti picchio, Quinn Fabray.” disse mentre scendeva dalla casa sull’albero. Ma ovviamente non lo fece.
 
   
 
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