È il mio primo esperimento riguardo a questi perosonaggi e a questo tipo di storie. Spero non sia riuscito così pessimo. Se vi sembra esagerato fatemelo sapere.
In ogni caso, enjoy!
'Cause the hardest part of this is leaving you
Atto
I - Condanna
Se
tu
dovessi morire domani, quale sarebbe il tuo ultimo desiderio?
-Oh, signor Iero, si accomodi-
-No grazie dottore, resto in piedi.
Sono di fretta-
-Penso che dovrà rimandare i suoi
impegni, temo che la cosa potrebbe rivelarsi più lunga del
previsto. Si
accomodi, prego-
-Non mi metta ansia dottore! Mi deve
solo riconsegnare delle stupide analisi e io devo andare a fare le
prove con
gli altri ragazzi per il nuovo album, sono già quasi in
ritardo. Chiudiamola in
fretta per favore-
-Sul serio signor Iero, mi ascolti,
si accomodi, la prego-
Ci
hai
sempre scherzato sopra, a queste cose. Alla morte.
Certo,
Gerard ci ha dedicato un album. E certo, tu hai pianto per
quell’album.
Ma più per
Gerard, che per te stesso.
Piangevi immedesimandoti
nei suoi sentimenti, nelle sue sensazioni, nella sua angoscia, nelle
sue paure.
Piangevi perché non potevi sopportare che stesse
così male. Piangevi perché non
trovavi giusto che fosse tormentato da certi pensieri.
Ma per te,
la morte, è sempre stata una prospettiva lontana.
-Vorrei poterle dire di sì-
-Suvvia dottore, animo! Sembra di
stare ad un funerale!-
Se la tua
vita crollasse in un unico lungo attimo di silenzio, in una frase che
aleggia
inespressa nell’aria, in un occhiata carica di compatimento?
Cosa
faresti?
Lo
crederesti possibile?
O ti
limiteresti a negare, incredulo, in attesa di prove?
-Sì-
-Ma… sono a posto, no, è tutto
normale?-
-No, non sono a posto. Non è tutto
normale-
-Allora cosa c’è che non va?
Insomma, è… è una cosa lieve?
È grave? Io… mi devo preoccupare?-
In quel
momento di stallo che precede la verità, sai che non la vuoi
conoscere. Che sì,
quando ti dicono che la verità fa male…,
bhè, anche quelli hanno maledettamente
ragione.
È il rumore
di un vetro che si frantuma. Un rumore strano, perché il
vetro si fracassa con
un boato eccezionale, questo è andato in mille pezzi quasi
senza che potessi
udirne il suono.
Forse
perché non era vetro, ma un foglio di carta, un sottilissimo
poster a colori
vivaci, vividi, vitali.
Ora lo
scenario davanti a te è completamente diverso.
Ora è ciò
che non avresti mai immaginato di poter incontrare così
presto che ti sta
davanti.
Ora guardi
certe cose da un’altra prospettiva.
Ora la
morte non è più un miraggio.
-No, alcuni guariscono-
-Insomma, ormai si sono compiuti
progressi incredibili. Ci sono la Chemioterapia… la Radio,
anche!-
-Sì, grazie ad esse riusciamo a
curare le forme tumorali più lievi. Ma non tutte-
-Ma il mio è lieve, no? Non ho mai
avuto nessun sintomo, sono sano come un pesce!-
-Il cancro è una male subdolo, non è
facile individuarlo. Non sempre i sintomi si manifestano, se non quando
è
troppo tardi-
-Ma non è troppo tardi, vero
dottore?-
-Non le voglio raccontare menzogne
signor Iero, la sua è una forma di tumore molto avanzata
e… letale. Senza via
di scampo-
E non
importa se quelle ultime parole sono un degno finale oppure no, non
importa se
danno un senso alla storia oppure no. Quelle quattro lettere, semplici,
sul
fondo della pagina, ne determinano la conclusione. Senza appello, senza
scampo.
Inequivocabilmente.
Quando la
parola “fine” viene posta in un qualche momento
della storia di una persona,
quasi mai ha senso.
Quando
quella parola viene posta alla fine della tua
vita, spera di essere abbastanza fortunato da essere già
morto.
-Quanto?-
-Dipende da soggetto a soggetto, non
si può fare una stima precisa…-
-Quanto?-
-Qualche mese, forse un anno,
dipende da come reagisce alla terapia. Lei è un uomo in
salute… due forse-
-Due anni… e sarei ridotto al
fantasma di me stesso…-
-Non le farà bene, no, non dal punto
di vista della qualità della sua vita-
-E se non facessi nulla? Se non
provassi a curarlo?-
-Anche qui non per tutti è uguale…-
-Quanto dottore?-
-Un paio di settimane al massimo
prima che si manifestino i sintomi, quindi un rapido peggioramento
delle
condizioni, fino alla morte. Un mese in totale, forse-
Quando ti è
data la possibilità di scegliere come lasciare questo mondo,
qual è la cosa più
grande e magnifica che riesci ad immaginare?
La
responsabilità di rendere indimenticabile l’ultimo
istante della propria vita è
un fardello opprimente, quasi quanto la consapevolezza che due giorni
non
saranno mai sufficienti per riparare tutti gli errori di
trent’anni di
esistenza.
Per tutte
le occasioni perdute, per le persone lasciate andare via, per i momenti
importanti dimenticati, per tutte le cazzate in nome del fatto che
vivere è
anche sbagliare, tanto per correggere gli errori
c’è un sacco di tempo.
Per tutti i
rimpianti.
Qual è
quello più grande, il più opprimente? Qual
è quello che veramente non vorresti
portare con te nella tomba?
Qual è il tuo
ultimo desiderio?
Forse non
averlo mai saputo.
-È
tutto?-
-Sì. Può tornare in un altro momento
per decidere la terapia-
-Bene-
-Arrivederci signor Iero-
-Addio dottore-
-Se tu
dovessi morire domani, quale sarebbe il tuo ultimo desiderio Gee?-
Atto
II – Richiesta
Se
tu dovessi morire domani, quale sarebbe il tuo ultimo desiderio Gee?
-Perché, cosa c’è di strano?-
-Come “cosa c’è di strano?”!
Piombi qui, a prove finite, senza avere
avvertito né niente, a malapena saluti, mi prendi in
disparte come se dovessi
rivelarmi il segreto più nascosto della tua intera esistenza
e te ne esci con
certe domande! Dimmi te se non c’è qualcosa di
strano-
-È una domanda come un’altra Gee, mi piacerebbe
solo sapere la
risposta. E non volevo che gli altri ragazzi ti influenzassero-
Alza
gli occhi.
I
due penetranti fari verdi di Gerard lo stanno puntando con espressione
confusa
e preoccupata.
Li
riabbassa.
-Va
tutto bene Frank?-
-Sì, sì, è tutto a posto. Rispondimi,
però. Qual è l’ultimo desiderio
che vuoi realizzare prima di morire?-
-Mi piacerebbe un sacco tenere un concerto su Marte!-
-Sii serio, per favore!-
-Sono serissimo! Che ne sai che prima della nostra morte non trovino
un modo per compiere viaggi interstellari e costruire basi abitabili su
qualsiasi pianeta?-
-Sono abbastanza sicuro che non accadrà, ma in ogni caso ti
ho detto
che devi morire domani. Hai due giorni di tempo: ammesso e non concesso
che
riescano veramente ad inventare un tecnologia che ti trasporti su Marte
nel
giro di poche ore, quando trovano il tempo di metterla a punto nei
prossimi due
giorni?-
-Allora suppongo che neanche finire la registrazione di questo
maledetto album sia un desiderio valido, o sbaglio?-
Sospiro.
-No,
non è valido. Mi piacerebbe tanto riuscirci, ma siamo ancora
troppo lontani dalla conclusione-
-Non capisco dove tu voglia arrivare-
-Da nessuna parte, voglio solo sapere cosa faresti se sapessi di
dover morire domani-
Alza
gli occhi.
Gerard
lo sta fissando sempre con la stessa espressione.
Questa
volta non li riabbassa.
-Per
favore-
È
Gerard a farlo al posto suo.
-Penso
che semplicemente cercherei di passare più tempo possibile
con
Lindsey e Bandit. E con voi ragazzi. Farei l’amore con Lindz
per l’ultima
volta, ecco, forse sarebbe questo il mio ultimo desiderio-
Ma
Gerard ha tenuto gli occhi bassi tutto il tempo.
-Lindsey-
Sospira.
-Capisco-
Si
fissano, occhi negli occhi.
Quelli
di Gerard sono più simili a due lame.
-No,
sono io che capisco! Capisco dove vuoi arrivare e non mi piace, Frank,
non mi piace proprio per niente!-
-Non è come pensi-
-No? Dimmelo allora Frank, dimmelo chiaro e tondo che non
stai
cercando di estorcermi una confessione che non intendo darti, che non
stai
tentando di mandare in fumo la felicità nostra e di altre
cinque persone,
felicità che io e te, insieme,
d’accordo abbiamo deciso
di costruire.
Cristo, Frank, pensavo avessimo chiarito tutti i punti, pensavo fossimo
passati
oltre!-
-Non si può decidere di passare oltre a certe cose, Gee.
Semplicemente, non è possibile-
-Vedi, non provi neanche a negare! Ci tieni veramente così
tanto a
sentirtelo dire?-
-Ci tengo a sapere se ancora provi le stesse cose che provo io-
-Perché? Non ci credo, non voglio
credere che tu stia facendo tutto questo per puro egoismo. Dimmi,
perché?-
-Ci ho provato anche io, Gerard, a dimenticare. È stata una
scelta
anche mia, me lo ricordo, abbiamo deciso assieme,
e non sarei mai tornato indietro. Ma poi… succedono
cose… per cui ti ritrovi a
pensare a quale sarebbe il tuo ultimo desiderio prima di morire e
scopri che
non potresti mai, mai morire felice
senza averlo prima realizzato. Mi sono accorto di conoscere la risposta
prima
ancora di pormi la domanda, non ho potuto farci nulla, e ho capito che
ciò che
non è andato tra noi due è…
è il mio più grande rimpianto-
-Non mi hai risposto. Cosa mi stai nascondendo?-
-Non ti nascondo nulla, è questa la mia risposta:
semplicemente, mi
sono chiesto cosa desidererei di più al mondo se dovessi
morire domani e ho
scoperto che sei tu-
Gerard
sospira e chiude gli occhi.
Non
è convinto, ma se lo farà bastare.
-E
perché venire a pormi la stessa domanda? Cosa ci abbiamo
guadagnato ora che sappiamo entrambi di essere ancora innamorati
l’uno
dell’altro? Non getterò alle ortiche mia moglie e
mia figlia per te, Frank, non
chiedermelo-
-Non te lo chiedo! Ti chiedo solo… di fare finta-
-Fare finta?-
-Sì, fare finta. Fingiamo di dover morire domani, fingiamo
che le
nostre azioni non possano avere conseguenze. Se andiamo abbastanza
lontano non
le avranno comunque, basterà non parlare-
-Mi stai dicendo di tradire mia moglie, insomma? E poi di mentirle?-
-Ti sto dicendo di partire adesso con me e far finta per due giorni
che non esista nessun altro. Non ti voglio costringere a tradire
Lindsey, se
non vuoi, ho solo bisogno di stare
da
solo con te, di averti vicino, di sentirti
vicino, come ti sentivo qualche anno fa. Ma non ci sarà ne
sesso né baci, se tu
non vuoi-
-Mi pare che tu stia giocando col fuoco Frank. Che entrambi lo stiamo
facendo-
-E se fossi io a dover morire domani? Allora lo faresti? Per
me, lo faresti?-
I
suoi occhi verdi sono spalancati. Ha paura.
Forse di ciò che lui ha detto,
forse di ciò che sente dentro di sé.
-Io… sì, per te lo farei-
È
felice?
Se
fosse un uomo migliore, se pensasse a Jamia e Lindsey e a tutte le
bambine,
proverebbe solo ribrezzo.
Ma
è un fottuto egoista.
E
allora sì, è felice. Felicissimo.
-Perfetto,
allora partiamo!-
Gerard
annuisce, non prova neanche a ribattere.
Lo
guarda soltanto. E trema.
-Frank
ma… hai detto che facciamo finta, no?-
-Sì certo-
-Tu… tu non devi morire domani, vero?-
…
…
…
-No, certo che no-
Atto
III – Finzione
-Attento!
Basta, basta, BASTA! FERMATI!-
Ride.
-Tranquillo Gee! Ho tutto sotto controllo-
Due
fari sbucano dal buio della notte.
Rumore
di clacson. Una sterzata brusca. Insulti gridati al vento.
Ride.
-FRANK,
FERMATI SUBITO!-
-Non Posso! Dobbiamo aspettare la prossima uscita-
-E quanto manca?-
-Poco, circa cinque chilometri-
-Altri cinque chilometri così?!-
-Se vuoi faccio un inversione a “u”!-
-…No, va drit… ATTENTO!-
Il
camion sfreccia alla loro destra, a pochi centimetri dallo specchietto
retrovisore. Enorme. Il risucchio del vento è quasi
assordante.
L’adrenalina
scorre potente nelle vene.
E
Frank ride.
-Mi
sono sempre chiesto come fosse viaggiare in contromano in
autostrada. È fantastico!-
-No, è da idioti, da pazzi, da deficienti! Sei un cretino!-
-Rilassati!-
-Per niente! Credevo che dovessimo solo far
finta di dover morire, non che tu stessi tentando seriamente il suicidio!-
-No, non mi voglio suicidare. Non ora, non avrebbe senso-
-Non ora?-
-Da quando analizzi ogni dannata parola che esce dalla mai bocca?-
-Da quando te ne esci con strane domande pretendendo fottute
risposte-
-Ancora con questa storia? Volevo trovare un modo per incastrarti, solo
questo! Felice ora?-
-No. E sai, probabilmente sarei più felice se fosse la
verità e tu
solo un fottuto essere meschino. Ma so che mi stai nascondendo qualcosa-
-Non nascondo proprio nulla, invece-
-E dove sei stato tutto il pomeriggio di ieri?-
-A casa, a farmi domande esistenziali sul senso della vita e un botto
di se…-
-Sei stato dal medico a ritirare delle analisi, me lo sono ricordato
poche ore fa-
-Oh, già, è vero. Roba inutile, pura routine-
-E dopo?-
-Dopo sono stato a casa a farmi…-
-Dopo saresti dovuto venire alle prove e invece non
l’hai fatto, e
non penso proprio che il motivo sia che avevi un irrefrenabile bisogno
di farti
delle seghe mentre pensavi a cosa ti sarebbe piaciuto fare prima di
morire.
Cristo, Frank, prima hai preteso che io ti dicessi la verità
sui miei
sentimenti, ora tu dimmi cosa cazzo hai fatto ieri da quando sei uscito
da quel
maledetto studio medico fino a quando ti sei presentato in sala prove,
quasi a
mezza notte. Sei ore. Cosa cazzo hai fatto in quelle dannate sei ore?!-
-Sono stato a casa, lo giuro. Sono stato con Jamia e le gemelle, ho
giocato un po’ con loro. Mi sentivo così in colpa
per quello che avevo deciso
di fare, ma allo stesso tempo non riuscivo a rinunciarci.
Ho messo a letto Cherry e Lily, ho aspetatto che si addormentassero
raccontando loro delle favole, poi ho parlato con Jamia, le ho detto
quanto le
voglio bene.
Le ho detto che sarei partito e l’ho salutata.
Non riuscivo ad andarmene.
Mi sentivo così in colpa-
Silenzio.
I
fari illuminano il retro di un cartellone, subito dietro si apre una
deviazione
sulla sinistra. Frank la imbocca. Ancora poche centinaia di metri e
riprenderenno a viaggiare nella giusta direzione. Allora Gerard
potrà
rilassarsi, lasciare quella rigida posizione che ha assunto ormai da
troppo
tempo.
O
forse no.
Forse
ormai ciò che lo congela non è il terrore di
perdere la vita in un incidente
d’auto, ma una paura ben più profonda. Una paura
che non ha nome, fatta di
silenzi ed omissioni. Frasi interrotte, ambiguità.
C’è
chi, nel dubbio, sceglie di chiedere, di sapere.
C’è chi pensa che il
tormentoso attimo che precede la conoscenza sia più temibile
della più
terribile delle verità. C’è chi, come
Gerard, sa che tutte queste sono enormi
cazzate.
Se
la vita, o l’uomo che ami, hanno deciso di proteggerti ancora
per un po’,
perché rovinare tutti i loro sforzi? Perché non
fidarsi del loro giudizio?
E
allora sta zitto.
Potrebbe
sapere tutto, ma decide che non vuole farlo.
Decide
di fare finta che sia tutto normale.
Atto
IV - Ironia
-Come sapevi che avrei accettato di venire con te?-
-Non lo sapevo. Ma ci contavo- sogghigna
–Ero pronto a giocare ben più sporco di
così-
-E se nonostante tutto il tuo giocare sporco avessi scoperto che non
ti amavo più?-
Ci
pensa, mentre tira un colpo secco al picchetto
col martello.
-Devo ammettere che non era contemplato-
-Non era contemplato?-
Un
altro colpo.
-No-
Si
ferma a contemplare l’opera. È piantato bene a
fondo.
Si
alza per andare a picchettare un altro lembo della tenda, ma appena in
piedi si
blocca. Riflette.
-È
come se per tutti questi otto anni io avessi dato per scontato che
le cose tra noi due non fossero cambiate. Ho sempre avuto ben chiaro in
mente
perché abbiamo rotto e perché non poteva
funzionare, e non mi pare che tra i
motivi ci fosse una mancanza di sentimento tra noi due. Per me
è rimasto sempre
un capitolo incompleto, la cui conclusione è inessenziale
per il continuo della
storia, ma che si cristallizza nel tempo e quando per caso lo riprendi
in mano
ti accorgi che tutti i sentimenti che provavi nello scriverlo sono
ancora lì,
al loro posto.
Credo di aver semplicemente dato per scontato che per te fosse lo
stesso, che provassi lo stesso sentimento di incompiuto-
-È per questo che siamo qui, quindi, per dare una
conclusione alla
nostra storia… Sì, ha un senso-
Un
caldo e confortante senso di consolazione. In fondo, devono solo
completare un
capitolo, non il racconto intero, no?
La
risposta punge, e grida.
Gerard
afferra il martello e comincia a picchettare per coprirne le urla.
-Probabilmente,
trattandosi di noi due, sarebbe meglio parlare di
canzoni: abbiamo creato un pezzo con un buon riff, ma manca
l’assolo. È per
questo che ho con me la chitarra!-
-Hai veramente intenzione di suonare?-
-Certo, cosa facciamo tutta la sera, se no? A meno che tu non abbia
cambiato idea sul fare l’amore…-
Il
picchetto non vuole saperne di conficcarsi nel suolo. È
ostinatamente fermo a
metà strada, troppo in superficie perché riesca a
trattenere ben ferma la
tenda, troppo incuneato perché valga la pena toglierlo e
riprovare un po’ più
in là. O perché sia anche solo facile sfilarlo.
Che
ironia…
-Non
mi piace l’idea di tradire Lindsey, lo sai-
-Lo so-
Frank
è in piedi proprio dietro Gerard.
Si
inginocchia. Mette una mano sulla sua, per tenere il martello assieme a
lui.
È
un brivido.
Calano
il colpo assieme, il picchetto scivola un po’ più
a fondo nel terreno.
Che
ironia…
-Finito!-
Gioa,
allegria. Sembra tutto un gioco.
Frank
osserva soddisfatto la tenda piantata nel bel mezzo di un prato
deserto,
nell’unico angolino in piano di un vasto pendio.
La
cima incombe alle loro spalle, verso est, degradando dolcemente verso
la loro
posizione. Facile da raggiungere.
Il
sole brilla ancora alto proprio di fronte, riflettendosi sui
rigonfiamenti e i
fori della roccia, scivolando sui fili d’erba. Illumina i
petali colorati dei
fiori e si riflette sul bianco delle montagne in lontananza.
-È
un bel posto-
Gerard
è vicino.
Frank
si appoggia con la testa alla sua spalla.
-Sì.
Ci venni la prima volta con mio padre, anni fa. Ho sempre voluto
ritornarci-
Gerard stringe una mano attorno
al suo fianco.
Titubante.
Ridacchia.
È
assurdo. Ai concerti, davanti a migliaia di persone, si mette in tutte
le pose
più ambigue ed equivoche senza battere un ciglio. Qui, da
soli, con solo una
lieve brezza a far loro da testimoni, è timido ed esita
anche a fare le cose
più semplici.
-Smettila
di ridacchiare. Sono passati un sacco di anni, non ci sono
più abituato-
-Ad amarmi? È facile, devi solo seguire l’istinto-
Sospira.
-Non credo che sia un bene seguire l’istinto, si finisce per
perdere
di vista le cose veramente importanti per concentrarsi su piaceri brevi
ed
effimeri-
-Ma intensi-
-Ma che non durano! E poi si sta male-
Gerard
si allontana bruscamente.
Di
poco, quel tanto che basta per non sentire più il corpo di
Frank a contatto.
-C’è
chi dice che vale la pena di soffrire per una vita intera pur di
vivere un solo breve attimo di pura felicità-
-La gente dice un sacco di stronzate-
-È vero. Ma trovo che ogni tanto ci azzecchi anche-
Gerard
deglutisce. E lo fissa.
Due
profonde pozze verdi.
-Senti,
non è che non ti voglia bene, sei probabilmente la persona
più importante della
mia vita, assieme a mia figlia. Per te farei di tutto.
Sono qui, accidenti! Mi sono intrufolato a casa mia a notte fonda come
un ladro lasciando un misero bigliettino di spiegazione, ho asseocndato
il tuo
stile di guida suicida e mi sono fatto una scarpita di sei ore in
salita su
sentieri larghi poco più dei miei piedi messi vicini. Tutto
per te.
Perché… ti amo, è semplice, hai
ragione, ma non posso assecondare
questo sentimento.
Forse, è proprio che amarti mi viene troppo
facile, e ho paura-
Un
ombra gli attraversa gli occhi.
-Di
cosa?-
Si
passa un mano sul viso.
-Di
tutto. Di lasciarmi prendere la mano, di non ricordarmi come si
fa, di rovinare tutto quanto, la tua vita, la mia e quella di tutti gli
altri.
Ho paura di non essere in grado di lasciarti andare. Ho paura che
tu…-
Tabù.
È
un qualcosa che non si può dire.
E
neanche pensare.
-Niente,
è tutto qui, mi sembra già abbastanza.
Io… sono stanco-
Frank
annuisce.
-Abbiamo camminato a lungo. È normale-
-Sì, penso che andrò a stendermi-
-Buon riposo-
-Tu non vieni?-
-No, non mi sento stanco-
-Sicuro? Hai guidato per tutta la notte!-
-Tranquillo! Al massimo ti raggiungo più tardi-
Annuisce.
Guardingo,
spaventato. Come se si aspettasse di vederlo svanire da un momento
all’altro.
Come se al suo risveglio non dovesse più esserci.
Ma
ci sarà, ha ancora delle cose da fare, conti con un capitolo
del passato
rimasto aperto per tutti questi anni da saldare.
Può
dormire tranquillo. Non è ancora domani.
Atto
V – Comprensione
Uno
sbadiglio.
Rumore
di cerniere.
La
stoffa della tenda che sfrigola.
-Buongiorno!-
Il
sole già tramontato dietro le cime più lontane ha
tinto il cielo di un rosso
intenso, di un rosso sangue, che sta già lentamente virando
verso le tinte più
scure del viola e del nero.
Sull’orizzonte
appaiono le prime flebili stelle.
-Dormito
bene?-
-Non proprio-
-Il sacco a pelo era scomodo?-
-Mai quanto i pensieri nella mia testa-
Frank
ridacchia.
Gli
fa cenno di sedersi vicino a lui, sull’erba.
-Non
darti troppa pena, dai! Goditi questo posto-
Gerard
alza gli occhi verso il cielo ormai scuro.
-Mi
sono perso il tramonto, peccato!-
-Già, è stato abbastanza bello. Ma la parte
migliore qui è l’alba-
-Ma se neanche si vede!-
-Da qui no, ma per scollinare la cima ci vuole solo una mezzoretta di
cammino, e il pendio da questo versante è lieve. Ta va di
alzarti presto domani
mattina?-
-Ma, sì, va bene-
Frank
sorride, pieno di gratitudine.
-Hai
fame?-
-Abbastanza-
-Se mi dai una mano ad accendere il fuoco possiamo cuocere la carne-
Tira
fuori da un sacchetto una scatola di fiammiferi e dei pacchi di
spiedini.
Li
mostra tutto orgoglioso.
Un
escursionista alle prima armi pieno di entusiasmo e
curiosità.
Ha
già preparato una montagnola di rametti proprio di fronte a
loro. Un fiammifero
a testa, danno fuoco al centro e alle estremità.
-Ahi!-
-Ti sei bruciato? Fai vedere-
Gerard
si avvicina carponi.
Prende
la mano di Frank tra le sue, con delicatezza, come un oggetto fragile
che
rischia di rompersi da un momento all’altro.
-La
punta del dito è arrossata, ma non mi sembra ci siano bolle
o
piaghe. Non dovrebbe essere nulla di grave-
Di
riflesso, si porta il dito di Frank alla bocca e inizia a succhiarlo.
La
saliva è fresca sulla pelle bruciata.
-Io…
cioè… ecco…-
Gerard
è arrossito.
Il
colore è accentuato dai riflessi del fuoco che ora
scoppietta allegramente
accanto a loro.
Lo
rende ancora più bello.
-È
un abitudine, con Bandit lo faccio sempre… e anche con te lo
facevo-
-Sì, mi ricordo-
-Io… scusa-
-E di cosa? Mi ha fatto bene, ora mi sento molto meglio. Non mi fa
più male! Grazie-
Sorride.
E
lo abbraccia, di slancio.
-Io…
di nulla-
Gerard
si abbandona, rilassato, e ricambia dolcemente l’abbraccio.
Cenano
con calma, assaporando ogni boccone.
Si
stringono vicino al fuoco al riparo dal freddo.
Si stringono tra
loro al riparo dal buio.
Le
mani a terra, tra i loro corpi, si toccano con fare quasi casuale.
-Che
ne dici se suoniamo un po’ adesso?-
Annuisce.
Frank
si alza per andare a prendere la chitarra.
La
mano di Gerard ha uno spasmo, si irrigidisce. Le dita scattano
stringendo il
vuoto.
Quasi
avesse il terrore di lasciarlo andare.
-Voilà!-
Ritorna.
Si
mette comodo, con la testa appoggiata alla sua spalla.
Gerard
lo stringe d’istinto col braccio.
Mugola
beato, mentre controlla l’accordatura della chitarra.
-Fatto!
Ovviamente, io suono e tu canti-
-Va bene. Sai già con cosa vuoi incominciare?-
-“Cancer”-
La
presa si fa più stretta e rigida.
-Vuoi
fare qualcos’altro?-
-No, “Cancer” va benissimo-
-Due giri di accordi, poi attacchi. È un peccato non avere
una
pianola, ma non ci stava-
Gerard
fa un rigido cenno col capo.
I
suoi muscoli sono contratti sotto il tessuto morbido della camicia.
-Cominciamo-
Mi,
Si, Do# minore, La minore
Mi,
Si, Do# minore, La minore
-Turn
away-
Flebile
e insicura. La voce sembra uscire a forza.
-If
you could get me a drink of water ‘cause my lips are chapped
and
faded-
Le
parole scivolano fuori dalle labbra roche, impastate.
Si
sente le labbra secche e la gola in fiamme.
Fatica
a respirare.
-Call
my aunt Mary, help her gather all my things-
Ogni
lettera è una lenta agonia.
Per
entrambi.
-And
bury me in all my favourite colors, my sisters and my brothers
still-
Ma
se Gerard preferirebbe cantare qualsiasi altra cosa e prova solo
dolore, Frank
ne ha bisogno.
Ha
bisogno di sentire queste parole, sono le uniche che voglia ascoltare,
in un
perverso meccanismo dove dolore e sollievo si mescolano.
Fanno
male, ma senza non si sentirebbe completo.
-I
will not kiss you-
La
voce di Gerard sta cedendo. È quasi un sussurro ormai.
Ogni
parola è una manciata di sabbia rovente da ingoiare.
Ma
per Frank la sua voce è miele. E veleno.
-‘Cause
the hardest part of this is leaving you-
E
lo è. Lo è davvero.
Se
potesse fermare il tempo, sceglierebbe questo momento.
Il
calore del corpo di Gerard appoggiato al suo. L’ultima
sillaba che vibra ancora
nell’aria, un soffio in cui eccheggia il timbro flebile della
sua voce.
L’accordo che muore facendo sentire la sua ultima nota prima
che attacchi il
successivo. Il buoi e la quiete intorno.
La
pace.
Ma
il tempo non si può fermare, scorre implacabile.
Verso
la sua conclusione.
Mi,
Non
è come dice Gerard.
Si,
Non
bisogna scappare.
Do#
minore,
Per
qaunto sia difficile,
La
minore,
si
deve dare quell’ultimo bacio.
…
…
Mi,
Si, Do# minore, La minore…
…Gerard
non attacca.
Non
ha voce, non più. L’ha esaurita con la prima
strofa.
Non
ha neanche più la forza di mantenere la stretta spasmodica
sul suo fianco.
Frank
volta la testa.
Silenzioso,
rigido, Gerard sta piangendo.
Le
lacrime rigano il suo viso, gli solcano le guance e si raccolgono sul
mento.
Gocciolano.
Una
gli cade sulle labbra. L’assapora con la lingua.
È
calda e salata.
-Non
piangere-
Non
un singhiozzo, non un fremito.
Ma
neanche una risposta, o un cenno di comprensione.
Solo
lente lacrime, implacabili.
-Non
piangere Gee, non ce n’è bisogno, davvero-
Posa
la chitarra, si alza sulle ginocchia e lo abbraccia.
Lo
stringe forte per le spalle. Gli passa una mano tra i capelli.
Lo
accarezza.
Gerard
è inerte sotto le sue dita.
-Io
sono qui, sono qui con te e per te.
E per me.
Perché io ho bisogno di te.
Ma ho bisogno anche di questo, capisci, perché io mi sento
così vivo,
così dannatamente vivo che mi sembra assurdo dover morire.
Ho bisogno di
ricordarmi che il mio tempo sta per scadere e che non voglio lasciare
rimpianti
e buchi neri nella mai vita.
Non è finita Gerard, io sono ancora qui, e sono vivo.
È inutile
piangere e dirsi addio prima del tempo, bisogna vivere fino
all’ultimo istante.
Baciami Gee-
Geme,
singhiozza.
Si
stringono come fossero la sola ancora di salvezza.
Si
aggrappano con le unghie, fino a farsi male.
I
visi vicini, le lacrime di entrambi si mescolano.
È
un lungo bacio dal sapore salato della necessità e della
disperazione.
Si
tengono stretti anche con i denti, mordendo, strappando, con violenza.
Perché
il dolore è prova del fatto di essere vivi.
Mormora
tra i baci, i morsi e le lacrime.
-Perché
la parte più difficile di tutto questo è
lasciarti-
Atto
VI – Perfezione
La
notte è fredda in un pascolo sperduto poco sotto la cima di
una montagna, in
una tenda leggera. Ma il corpo di Gerad è caldo, bollente, e
basta per
scaldarli entrambi, stretti dentro il sacco a pelo. Quanti
più centimetri
possibili di pelle nuda a contatto.
Le
labbra si muovono morbide sotto le sue, la pelle della schiena
è liscia sotto i
suoi polpastrelli.
Le
braccia di Gerard lo stringono forte contro di sé.
Non
hanno più parlato.
Hanno
solo continuato a baciarsi e a stringersi.
Quando
il fuoco si è spento, sono entrati nella tenda, si sono
spogliati e si sono
messi a letto.
Poi
hanno continuato.
Milioni
di baci e un’unica stretta, mai sciolta.
Tutto
quanto urla “non lasciarmi andare”.
Di
nuovo, Frank scopre che vorrebbe poter fermare il tempo in quel momento
che ora
sa di aver desiderato rivivere per otto anni.
È
felice così, stretto nell’abbarccio di Gerard, per
un’ultima volta.
Lo
guarda negli occhi, i suoi bellissimi occhi verdi. Ora sono lucidi e
appannati
dalle lacrime.
Rossi
per il lungo pianto.
Non
sopporta di vederlo piangere, non per lui. Non nella loro ultima notte.
Gli
asciuga le ultime lacrime con dei soffici baci sulle guance, sul bordo
delle
palpebre, tra le ciglia.
-Perché?-
È
un suono flebile, roco.
Ha
urlato così tanto, anche se solo dentro la sua testa, che
Gerard non pensava di
avere più voce.
-Lo
saprai-
Lo
bacia sul mento, per lavare via le ultime tracce delle lacrime
cristallizzatesi
cadendo.
-Dimmelo
ora-
-No. Ora è oggi, oggi è il momento di vivere.
Domani si parlerà di
morte-
Singhiozza.
Una
lacrima scende solitaria sulla guancia.
Frank
la cattura con un lungo bacio e l’assapora sulla punta della
lingua.
-Ssshhh,
non piangere.
Non è questo il Gerard dei miei ricordi a letto.
Non è così che ti voglio ricordare-
Lo
fissa. Calmo, serafico.
Non
sembra un condannato a morte.
È
il Frank di sempre, il Frank con cui divideva il letto una volta.
Lo
stesso che ogni tanto torna a fargli visita in sogno.
Con
quei suoi occhi di un colore indefinito. Un sorrisetto sempre sulle
labbra. Il
suo viso da eterno ragazzino.
Come
può essere cosi calmo?
Sembra
che non gli importi di andarsene. Di lasciare un casino dietro di
sé.
Di
lasciarlo solo.
Lo
sta abbandonando.
Di
più, lo ha scelto come unico testimone del suo abbandono.
Un’altra
di quelle cose che va ad aggiungersi alla lunga lista di ciò
che provoca
piacere e fa male al tempo stesso.
Questa
brucia in modo maledetto.
E
non hanno più molto tempo.
Le
labbra di Gerard si chiudono sulla bocca di Frank, fameliche.
Bacia
e morde. Si lascia accarezzare dalla sua lingua.
Il
collo è a un passo.
Morde
e succhia, con violenza, con ferocia.
Frank
geme. La pelle della sua schiena si tira sotto le sue dita e sfugge
quasi al
suo abbraccio, inarcandosi.
Non
si ferma a contemplare il vistoso segno rosso.
Vuole
di più, più in fretta.
Non
hanno più tempo.
Si
porta su di lui e Frank si gira, docile.
Così
tanto tempo che non sentiva il peso di qualcuno sulla sua schiena.
Le
mani di Gerard si spostano velocemente dalle spalle fino alle sue
natiche.
Non
le alza mai, non vuole smettere di toccarlo.
Sente
l’erezione premere sul retro delle sue coscie.
È
una sensazione che non sentiva da tanto tempo.
La
gioia per averla ritrovata è immensa.
Tra
le mani di Gerard si sente a suo agio, mentre gli massaggia le natiche
per
aprirsi la strada.
Con
dolcezza, riguardo. Ma anche con una certa urgenza.
Si
sente sgraziato, impacciato per l’enorme quantità
di tempo trascorsa
dall’ultima volta.
E
perché è arrabbiato, stizzito. È quasi
furioso, ebbro di desiderio.
E non
ha più tempo.
Entra
tra le natiche di Frank. Vi affonda velocemente.
Spinge
sempre più forte, più a fondo, più
veloce.
Frank
geme e mugugna.
Urla
quasi.
Fa
male. Ma è il più piacevole dei dolori.
Sente
Gerard dentro di lui che soddisfa il suo piacere senza troppi riguardi,
ma non
ce l’ha con lui.
Non
potrebbe.
È
felice così.
Il
piacere è sentire di nuovo i loro corpi fondersi, in un
essere unico.
Non
più due, ma uno solo, di nuovo, dopo tanto tempo.
È
la sensazione più bella che riesca ad immaginare.
Gerard
spinge più a fondo.
Fa
male.
Gli
sfugge un gemito più acuto.
Lui
non si ferma, continua.
Vorrebbe
solo poterlo guaradre negli occhi in questo momento,è tutto
quello che gli
basterebbe.
Gira
un poco la testa.
Gerard
mugugna e ansima di piacere.
Lo
sente venire dentro di sé.
Nell’orgasmo
urla il suo nome.
Poi
si lascia cadere sulla sua schiena.
Ansima.
Lo sente chiaro nell’orecchio.
Frank
si sente bruciare, ma non gli importa.
È
tutto ciò che desiderava.
-Scusa-
Un
singhiozzo.
-Sono
stato uno stronzo, un egoista. Mi dispiace-
Frank
sente gli occhi di Gerard premuti sulla sua spalla e le sue lacrime
calde
bagnargli di nuovo la pelle.
-Non
volevo farti male.
Mi dispiace.
Mi dispiace-
-No-
Cerca
la sua guancia col naso e con la bocca.
Lentamente,
con garbo, riesce a girarsi senza sfilarsi da sotto di lui.
Gli
prende il viso tra le mani.
-Ti
ho detto che non devi piangere. Non c’è niente per
cui valga la
pena farlo.
Per me è stato bellissimo. Non chiedevo di meglio.
Senti…-
Gli
prende una mano nella
sua e la fa
scivolare lentamente verso il basso.
-…mi
sono eccitato-
Gerard
accarezza titubante la sua erezione con le punte delle dita.
Frank
trattiene un gemito. Boccheggia.
I
polpastrelli continuano la loro esplorazione.
-Gee-
Ansima.
La
sua voce è roca.
La sua
voce quando facevano l’amore, l’aveva quasi
scordata.
Non
la vuole più dimenticare.
-Gee-
Si
abbassa.
Arriva
all’altezza dei suoi lombi con la bocca.
Lo
accarezza piano, con la lingua.
-Gee-
È
un roco gorgoglio.
Continua.
Lo
bacia, lo lecca. Succhia, lo accarezza.
Il
suo nome pronunciato dalla voce di Frank è un mantra
gutturale tra gli ansiti
sempre meno trattenuti.
Lo
sente tendersi e contrarsi sotto di lui.
La
felicità è dargli piacere.
È
così che si sentono completi.
L’uno
sull’altro. L’uno dentro l’altro.
La
perfezione sono i loro corpi uniti.
Atto
VII – Addio
-Quanto
manca?-
La
leggera brezza mattutina sembra stia lentamente trasportando via i
colori scuri
della notte dalle rocce e dai cespugli.
-Non
molto. Dai, sbrighiamoci, se non ce la perdiamo!-
Dietro
le curve del sentiero e le pareti di roccia si intravede già
il primo tenore
dell’alba sull’orizzonte.
Il
nero del cielo volge al blu scuro e all’azzurro.
Le
stelle più basse scompaiono inghiottite da una nuova luce.
-Ci
siamo quasi-
Frank
si fa strada tra la vegetazione che ha disordinatamente occupato quello
che una
volta era un minuscolo sentierino.
Calpesta
gli arbusti più bassi.
Sposta
i rami con le mani, graffiandosi la pelle.
-Voilà!-
Sbucano
dai cespugli su un piccolo spiazzo roccioso.
Pochi
metri più avanti la montagna precipita fino a valle in
un’unica, lunga,
vertiginosa caduta.
Proprio
di fronte a loro, un lieve bagliore rossastro si intravede tra i picchi
rocciosi macchiati di chiazze biancastre di neve.
I
raggi iniziano a espandersi velocemente disegnando più netti
i contorni delle
singole montagne.
Si
riflettono sulla neve. Si incuneano negli anfratti.
Sempre
più veloci tanto il disco solare si allarga sempre di
più sulla linea
dell’orizzonte.
Le
rare nuvole in cielo si tingono dei colori tenui e surreali
dell’alba.
Come
un arcobaleno monocromatico.
I
primi raggi cominciano ad allungarsi nella valle, scoprendo il corso di
un
piccolo ruscello contornato da un cimetero di rocce cadute.
La
luce si propaga seguando il profilo dei monti, in larghe zone dove la
luce si
riflette in modo quasi accecante che sfumano in vaste zone
d’ombra.
Il
sole ormai è quai sorto del tutto.
Frank
fa qualche passo in avanti.
Sembra
quasi un apparizione celestiale. Il suo corpo, controluce, contornato
da raggi
di sole.
Ne
sfumano i contorni e disegnano giochi di luci e ombre tra i suoi corti
capelli.
Il
sole è ormai visibile per intero..
Frank
si volge.
Sorride.
Il
sorriso più largo e beato che si possa immaginare.
-È
bello vero?-
-Bellissimo-
-Ho sempre pensato di voler morire all’alba. Tramontare
mentre sorge
un nuovo giorno-
Muove
un passo all’indietro.
Verso
lo strapiombo.
-E
ho sempre pensato che mi sarebbe piaciuto morire in modo speciale.
Mi conosci, io odio la banalità-
Muove
un altro passo.
Allarga
le braccia.
-Magari volando! In fondo, non è il volo il
più grande desiderio
dell’uomo?-
Un
ultimo passo.
Dei
granelli di roccia si staccano dal bordo dove poggia i piedi, andando a
rotolare verso il fondo.
-Addio
Gee-
Salta.
È
un attimo.
Poi
scompare al di là dell’orlo.
-FRANK!-
Gerard
si scuote dalla paralisi in cui è caduto.
Corre
verso il crepaccio.
E
urla. Urla. Urla il suo nome, come se avesse il potere di farlo tornare
indietro.
Si
sporge oltre a guardare.
Frank
è ancora voltato nella sua direzione.
A
braccia aperte.
Ancora
sorride.
Il
vento generato dalla caduta gli alza i capelli e glieli scompiglia.
Forse
non si è mai sentito tanto vivo come adesso che sta morendo.
Guarda
fisso negli occhi verdi di Gerard. Se li imprime nella mente.
È
felice.
Non
ha rimpianti.
Il
vento tra i capelli e gli occhi puntati in quelli dell’uomo
che ama.
Se
tu dovessi morire domani, quale sarebbe il tuo ultimo desiderio?
Questo.
Epilogo
– Requiem
“Caro
Gee,
Non piangere.
È stupido
chiedertelo, e non ne ho neanche il diritto, visto che è
colpa mia, ma ti prego
di non farlo. È inutile. Non mi riporterà
indietro. Ti farà solo stare peggio.
Per me non c’era
più speranza. Una forma letale di cancro al cervello. Troppo
pericolosa da
esportare, si poteva tenere sotto controllo, ma sarei morto comunque,
presto. E
sarei stato poco più di un vegetale per gran parte di tutto
questo tempo
guadagnato.
Non volevo che
accadesse. Non volevo che andandomene rimanesse di me il ricordo di un
uomo
spezzato e inutile. Potendo scegliere, ho scelto di vivere qualche mese
di
meno, ma di morire nel modo che volevo io.
Sono felice di
questa mia scelta.
Forse tu lo sarai
un po’ di meno. Penserai che sono uno stronzo, un egoista,
che potevo almeno
parlarne e discuterne invece di agire da cocciuto individualista. Che
potevo
almeno avere la decenza di risparmiarti la sofferenza di vedermi
morire.
E avresti ragione.
Su tutta la linea.
Proprio perché
sono un fottuto egoista, non sono stato in grado di rinunciare
all’averti
vicino in questo momento così importante della mia vita.
Quindi non
piangere Gee, non sprecare le tue lacrime per me, non me lo merito.
Mi sono preso ciò
che ho voluto fino alla fine. Non ho rimpianti. Non tornerei indietro
su nessuna
delle mie scelte.
Sono sicuro che
quando ho lasciato questo mondo ero la persona più felice
sulla terra, quindi
sii felice anche tu, almeno un pochino.
Tutti noi dobbiamo
morire, è giusto così. È la morte a
dare un senso alla nostra vita.
Io ho potuto
scegliere come e quando andarmene, nel modo in cui preferivo. Sono
stato
fottutamente fortunato.
Addio Gerard,
continua a vivere.
Vivi per Lindsey e
Bandit, e Mikey e Ray e tutti gli altri. Vivi anche un po’
per Jamia, Cherry e
Lily, per favore, stai loro vicino.
Vivi anche un po’
per me.
Ti amo,
Frank