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Autore: kayak chan    24/02/2012    5 recensioni
Davvero, se tu dovessi morire domani, quale sarebbe il tuo ultimo desiderio?
Quando ti è data la possibilità di scegliere come lasciare questo mondo, qual'è la cosa più grande e magnifica che riesci ad immaginare?
Per tutte le occasioni perdute, per le persone lasciate andare via, per i momenti importanti dimenticati, per tutte le cazzate in nome dle fatto che vivere è anche sbagliare, tanto per correggere gli errori c'è un sacco di tempo.
Per tutti i rimpianti.
Qual è quello più grande, il più opprimente? Qual è quello che veramente non vorresti portare con te nella tomba?
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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È il mio primo esperimento riguardo a questi perosonaggi e a questo tipo di storie. Spero non sia riuscito così pessimo. Se vi sembra esagerato fatemelo sapere. 

In ogni caso, enjoy!

'Cause the hardest part of this is leaving you

Atto I - Condanna

 

Se tu dovessi morire domani, quale sarebbe il tuo ultimo desiderio?

-È permesso?-
-Oh, signor Iero, si accomodi-
-No grazie dottore, resto in piedi. Sono di fretta-
-Penso che dovrà rimandare i suoi impegni, temo che la cosa potrebbe rivelarsi più lunga del previsto. Si accomodi, prego-
-Non mi metta ansia dottore! Mi deve solo riconsegnare delle stupide analisi e io devo andare a fare le prove con gli altri ragazzi per il nuovo album, sono già quasi in ritardo. Chiudiamola in fretta per favore-
-Sul serio signor Iero, mi ascolti, si accomodi, la prego-

Ci hai sempre scherzato sopra, a queste cose. Alla morte.
Certo, Gerard ci ha dedicato un album. E certo, tu hai pianto per quell’album.
Ma più per Gerard, che per te stesso.
Piangevi immedesimandoti nei suoi sentimenti, nelle sue sensazioni, nella sua angoscia, nelle sue paure. Piangevi perché non potevi sopportare che stesse così male. Piangevi perché non trovavi giusto che fosse tormentato da certi pensieri.
Ma per te, la morte, è sempre stata una prospettiva lontana.

-Sono seduto. È felice adesso?-
-Vorrei poterle dire di sì-
-Suvvia dottore, animo! Sembra di stare ad un funerale!-

Silenzio. Quando si dice che vale più di mille parole…, bhè, chiunque l’abbia detto, aveva ragione.
Se la tua vita crollasse in un unico lungo attimo di silenzio, in una frase che aleggia inespressa nell’aria, in un occhiata carica di compatimento?
Cosa faresti?
Lo crederesti possibile?
O ti limiteresti a negare, incredulo, in attesa di prove?

-Sono quelle le maledette analisi?-
-Sì-
-Ma… sono a posto, no, è tutto normale?-
-No, non sono a posto. Non è tutto normale-
-Allora cosa c’è che non va? Insomma, è… è una cosa lieve? È grave? Io… mi devo preoccupare?-

È un sospiro, è un gesto, è uno sguardo. È una mano che si abbassa e non apre neanche il fascicolo, tanto l’occhio vede già quello che dovrebbe leggere e la lingua conosce a memoria ciò che deve dire.
In quel momento di stallo che precede la verità, sai che non la vuoi conoscere. Che sì, quando ti dicono che la verità fa male…, bhè, anche quelli hanno maledettamente ragione.

-Le parlo di cancro, signor Iero-

Puf.
È il rumore di un vetro che si frantuma. Un rumore strano, perché il vetro si fracassa con un boato eccezionale, questo è andato in mille pezzi quasi senza che potessi udirne il suono.
Forse perché non era vetro, ma un foglio di carta, un sottilissimo poster a colori vivaci, vividi, vitali.
Ora lo scenario davanti a te è completamente diverso.
Ora è ciò che non avresti mai immaginato di poter incontrare così presto che ti sta davanti.
Ora guardi certe cose da un’altra prospettiva.
Ora la morte non è più un miraggio.

-Non-non tutti i malati di cancro muoiono-
-No, alcuni guariscono-
-Insomma, ormai si sono compiuti progressi incredibili. Ci sono la Chemioterapia… la Radio, anche!-
-Sì, grazie ad esse riusciamo a curare le forme tumorali più lievi. Ma non tutte-
-Ma il mio è lieve, no? Non ho mai avuto nessun sintomo, sono sano come un pesce!-
-Il cancro è una male subdolo, non è facile individuarlo. Non sempre i sintomi si manifestano, se non quando è troppo tardi-
-Ma non è troppo tardi, vero dottore?-
-Non le voglio raccontare menzogne signor Iero, la sua è una forma di tumore molto avanzata e… letale. Senza via di scampo-

È così facile porre fine alle cose. Basta distruggerle, annientarle. Basta mettere la parola “fine” in coda ad un qualche racconto e così esso si conclude.
E non importa se quelle ultime parole sono un degno finale oppure no, non importa se danno un senso alla storia oppure no. Quelle quattro lettere, semplici, sul fondo della pagina, ne determinano la conclusione. Senza appello, senza scampo. Inequivocabilmente.
Quando la parola “fine” viene posta in un qualche momento della storia di una persona, quasi mai ha senso.
Quando quella parola viene posta alla fine della tua vita, spera di essere abbastanza fortunato da essere già morto.

-L’operazione è da scartare, il tumore è troppo esteso, i rischi di esportare qualche parte vitale sarebbero troppo elevati. Rimane la Chemioterapia, ma non può fare miracoli. Può permetterle di vivere più a lungo, però-
-Quanto?-
-Dipende da soggetto a soggetto, non si può fare una stima precisa…-
-Quanto?-
-Qualche mese, forse un anno, dipende da come reagisce alla terapia. Lei è un uomo in salute… due forse-
-Due anni… e sarei ridotto al fantasma di me stesso…-
-Non le farà bene, no, non dal punto di vista della qualità della sua vita-
-E se non facessi nulla? Se non provassi a curarlo?-
-Anche qui non per tutti è uguale…-
-Quanto dottore?-
-Un paio di settimane al massimo prima che si manifestino i sintomi, quindi un rapido peggioramento delle condizioni, fino alla morte. Un mese in totale, forse-

Davvero, se tu dovessi morire domani, quale sarebbe il tuo ultimo desiderio?
Quando ti è data la possibilità di scegliere come lasciare questo mondo, qual è la cosa più grande e magnifica che riesci ad immaginare?
La responsabilità di rendere indimenticabile l’ultimo istante della propria vita è un fardello opprimente, quasi quanto la consapevolezza che due giorni non saranno mai sufficienti per riparare tutti gli errori di trent’anni di esistenza.
Per tutte le occasioni perdute, per le persone lasciate andare via, per i momenti importanti dimenticati, per tutte le cazzate in nome del fatto che vivere è anche sbagliare, tanto per correggere gli errori c’è un sacco di tempo.
Per tutti i rimpianti.
Qual è quello più grande, il più opprimente? Qual è quello che veramente non vorresti portare con te nella tomba?
Qual è il tuo ultimo desiderio?
Forse non averlo mai saputo.

-È tutto?-
-Sì. Può tornare in un altro momento per decidere la terapia-
-Bene-
-Arrivederci signor Iero-
-Addio dottore-

 
-Se tu dovessi morire domani, quale sarebbe il tuo ultimo desiderio Gee?-

 

 

Atto II – Richiesta

 

Se tu dovessi morire domani, quale sarebbe il tuo ultimo desiderio Gee?

-A volte mi chiedo sul serio da dove le tiri fuori certe domande Frank!-
-Perché, cosa c’è di strano?-
-Come “cosa c’è di strano?”! Piombi qui, a prove finite, senza avere avvertito né niente, a malapena saluti, mi prendi in disparte come se dovessi rivelarmi il segreto più nascosto della tua intera esistenza e te ne esci con certe domande! Dimmi te se non c’è qualcosa di strano-
-È una domanda come un’altra Gee, mi piacerebbe solo sapere la risposta. E non volevo che gli altri ragazzi ti influenzassero-

Alza gli occhi.
I due penetranti fari verdi di Gerard lo stanno puntando con espressione confusa e preoccupata.
Li riabbassa.

-Va tutto bene Frank?-
-Sì, sì, è tutto a posto. Rispondimi, però. Qual è l’ultimo desiderio che vuoi realizzare prima di morire?-
-Mi piacerebbe un sacco tenere un concerto su Marte!-

-Sii serio, per favore!-
-Sono serissimo! Che ne sai che prima della nostra morte non trovino un modo per compiere viaggi interstellari e costruire basi abitabili su qualsiasi pianeta?-
-Sono abbastanza sicuro che non accadrà, ma in ogni caso ti ho detto che devi morire domani. Hai due giorni di tempo: ammesso e non concesso che riescano veramente ad inventare un tecnologia che ti trasporti su Marte nel giro di poche ore, quando trovano il tempo di metterla a punto nei prossimi due giorni?-
-Allora suppongo che neanche finire la registrazione di questo maledetto album sia un desiderio valido, o sbaglio?-

Sospiro.
-No, non è valido. Mi piacerebbe tanto riuscirci, ma siamo ancora troppo lontani dalla conclusione-
-Non capisco dove tu voglia arrivare-
-Da nessuna parte, voglio solo sapere cosa faresti se sapessi di dover morire domani-

Alza gli occhi.
Gerard lo sta fissando sempre con la stessa espressione.
Questa volta non li riabbassa.

-Per favore-
È Gerard a farlo al posto suo.
-Penso che semplicemente cercherei di passare più tempo possibile con Lindsey e Bandit. E con voi ragazzi. Farei l’amore con Lindz per l’ultima volta, ecco, forse sarebbe questo il mio ultimo desiderio-
Ma Gerard ha tenuto gli occhi bassi tutto il tempo.
-Lindsey-

Sospira.
-Capisco-
Si fissano, occhi negli occhi.
Quelli di Gerard sono più simili a due lame.
-No, sono io che capisco! Capisco dove vuoi arrivare e non mi piace, Frank, non mi piace proprio per niente!-
-Non è come pensi-

-No? Dimmelo allora Frank, dimmelo chiaro e tondo che non stai cercando di estorcermi una confessione che non intendo darti, che non stai tentando di mandare in fumo la felicità nostra e di altre cinque persone, felicità che io e te, insieme, d’accordo abbiamo deciso di costruire. Cristo, Frank, pensavo avessimo chiarito tutti i punti, pensavo fossimo passati oltre!-
-Non si può decidere di passare oltre a certe cose, Gee. Semplicemente, non è possibile-
-Vedi, non provi neanche a negare! Ci tieni veramente così tanto a sentirtelo dire?-
-Ci tengo a sapere se ancora provi le stesse cose che provo io-
-Perché? Non ci credo, non voglio credere che tu stia facendo tutto questo per puro egoismo. Dimmi, perché?-
-Ci ho provato anche io, Gerard, a dimenticare. È stata una scelta anche mia, me lo ricordo, abbiamo deciso assieme, e non sarei mai tornato indietro. Ma poi… succedono cose… per cui ti ritrovi a pensare a quale sarebbe il tuo ultimo desiderio prima di morire e scopri che non potresti mai, mai morire felice senza averlo prima realizzato. Mi sono accorto di conoscere la risposta prima ancora di pormi la domanda, non ho potuto farci nulla, e ho capito che ciò che non è andato tra noi due è… è il mio più grande rimpianto-
-Non mi hai risposto. Cosa mi stai nascondendo?-
-Non ti nascondo nulla, è questa la mia risposta: semplicemente, mi sono chiesto cosa desidererei di più al mondo se dovessi morire domani e ho scoperto che sei tu-

Gerard sospira e chiude gli occhi.
Non è convinto, ma se lo farà bastare.

-E perché venire a pormi la stessa domanda? Cosa ci abbiamo guadagnato ora che sappiamo entrambi di essere ancora innamorati l’uno dell’altro? Non getterò alle ortiche mia moglie e mia figlia per te, Frank, non chiedermelo-
-Non te lo chiedo! Ti chiedo solo… di fare finta-
-Fare finta?-
-Sì, fare finta. Fingiamo di dover morire domani, fingiamo che le nostre azioni non possano avere conseguenze. Se andiamo abbastanza lontano non le avranno comunque, basterà non parlare-
-Mi stai dicendo di tradire mia moglie, insomma? E poi di mentirle?-
-Ti sto dicendo di partire adesso con me e far finta per due giorni che non esista nessun altro. Non ti voglio costringere a tradire Lindsey, se non vuoi, ho solo bisogno di stare da solo con te, di averti vicino, di sentirti vicino, come ti sentivo qualche anno fa. Ma non ci sarà ne sesso né baci, se tu non vuoi-
-Mi pare che tu stia giocando col fuoco Frank. Che entrambi lo stiamo facendo-
-E se fossi io a dover morire domani? Allora lo faresti? Per me, lo faresti?-

I suoi occhi verdi sono spalancati. Ha paura. Forse di ciò che lui ha detto, forse di ciò che sente dentro di sé.
-Io… sì, per te lo farei-

È felice?
Se fosse un uomo migliore, se pensasse a Jamia e Lindsey e a tutte le bambine, proverebbe solo ribrezzo.
Ma è un fottuto egoista.
E allora sì, è felice. Felicissimo.

-Perfetto, allora partiamo!-
Gerard annuisce, non prova neanche a ribattere.
Lo guarda soltanto. E trema.

-Frank ma… hai detto che facciamo finta, no?-
-Sì certo-
-Tu… tu non devi morire domani, vero?-




-No, certo che no-
  

 

 

 

 

Atto III – Finzione

 
-Attento! Basta, basta, BASTA! FERMATI!-
Ride.
-Tranquillo Gee! Ho tutto sotto controllo-

Due fari sbucano dal buio della notte.
Rumore di clacson. Una sterzata brusca. Insulti gridati al vento.
Ride.

-FRANK, FERMATI SUBITO!-
-Non Posso! Dobbiamo aspettare la prossima uscita-
-E quanto manca?-
-Poco, circa cinque chilometri-
-Altri cinque chilometri così?!-
-Se vuoi faccio un inversione a “u”!-
-…No, va drit… ATTENTO!-

Il camion sfreccia alla loro destra, a pochi centimetri dallo specchietto retrovisore. Enorme. Il risucchio del vento è quasi assordante.
L’adrenalina scorre potente nelle vene.
E Frank ride.

-Mi sono sempre chiesto come fosse viaggiare in contromano in autostrada. È fantastico!-
-No, è da idioti, da pazzi, da deficienti! Sei un cretino!-
-Rilassati!-
-Per niente! Credevo che dovessimo solo far finta di dover morire, non che tu stessi tentando seriamente il suicidio!-
-No, non mi voglio suicidare. Non ora, non avrebbe senso-
-Non ora?-
-Da quando analizzi ogni dannata parola che esce dalla mai bocca?-
-Da quando te ne esci con strane domande pretendendo fottute risposte-
-Ancora con questa storia? Volevo trovare un modo per incastrarti, solo questo! Felice ora?-
-No. E sai, probabilmente sarei più felice se fosse la verità e tu solo un fottuto essere meschino. Ma so che mi stai nascondendo qualcosa-
-Non nascondo proprio nulla, invece-
-E dove sei stato tutto il pomeriggio di ieri?-
-A casa, a farmi domande esistenziali sul senso della vita e un botto di se…-
-Sei stato dal medico a ritirare delle analisi, me lo sono ricordato poche ore fa-
-Oh, già, è vero. Roba inutile, pura routine-
-E dopo?-
-Dopo sono stato a casa a farmi…-

-Dopo saresti dovuto venire alle prove e invece non l’hai fatto, e non penso proprio che il motivo sia che avevi un irrefrenabile bisogno di farti delle seghe mentre pensavi a cosa ti sarebbe piaciuto fare prima di morire. Cristo, Frank, prima hai preteso che io ti dicessi la verità sui miei sentimenti, ora tu dimmi cosa cazzo hai fatto ieri da quando sei uscito da quel maledetto studio medico fino a quando ti sei presentato in sala prove, quasi a mezza notte. Sei ore. Cosa cazzo hai fatto in quelle dannate sei ore?!-
-Sono stato a casa, lo giuro. Sono stato con Jamia e le gemelle, ho giocato un po’ con loro. Mi sentivo così in colpa per quello che avevo deciso di fare, ma allo stesso tempo non riuscivo a rinunciarci.
Ho messo a letto Cherry e Lily, ho aspetatto che si addormentassero raccontando loro delle favole, poi ho parlato con Jamia, le ho detto quanto le voglio bene.
Le ho detto che sarei partito e l’ho salutata.
Non riuscivo ad andarmene.
Mi sentivo così in colpa-

Silenzio.
I fari illuminano il retro di un cartellone, subito dietro si apre una deviazione sulla sinistra. Frank la imbocca. Ancora poche centinaia di metri e riprenderenno a viaggiare nella giusta direzione. Allora Gerard potrà rilassarsi, lasciare quella rigida posizione che ha assunto ormai da troppo tempo.
O forse no.

Forse ormai ciò che lo congela non è il terrore di perdere la vita in un incidente d’auto, ma una paura ben più profonda. Una paura che non ha nome, fatta di silenzi ed omissioni. Frasi interrotte, ambiguità.
C’è chi, nel dubbio, sceglie di chiedere, di sapere. C’è chi pensa che il tormentoso attimo che precede la conoscenza sia più temibile della più terribile delle verità. C’è chi, come Gerard, sa che tutte queste sono enormi cazzate.

Se la vita, o l’uomo che ami, hanno deciso di proteggerti ancora per un po’, perché rovinare tutti i loro sforzi? Perché non fidarsi del loro giudizio?
E allora sta zitto.
Potrebbe sapere tutto, ma decide che non vuole farlo.
Decide di fare finta che sia tutto normale.
 

 

 

Atto IV - Ironia

 
-Come sapevi che avrei accettato di venire con te?-
-Non lo sapevo. Ma ci contavo- sogghigna –Ero pronto a giocare ben più sporco di così-
-E se nonostante tutto il tuo giocare sporco avessi scoperto che non ti amavo più?-

Ci pensa, mentre tira un colpo secco al picchetto col martello.
-Devo ammettere che non era contemplato-
-Non era contemplato?-

Un altro colpo.
-No-

Si ferma a contemplare l’opera. È piantato bene a fondo.
Si alza per andare a picchettare un altro lembo della tenda, ma appena in piedi si blocca. Riflette.

-È come se per tutti questi otto anni io avessi dato per scontato che le cose tra noi due non fossero cambiate. Ho sempre avuto ben chiaro in mente perché abbiamo rotto e perché non poteva funzionare, e non mi pare che tra i motivi ci fosse una mancanza di sentimento tra noi due. Per me è rimasto sempre un capitolo incompleto, la cui conclusione è inessenziale per il continuo della storia, ma che si cristallizza nel tempo e quando per caso lo riprendi in mano ti accorgi che tutti i sentimenti che provavi nello scriverlo sono ancora lì, al loro posto.
Credo di aver semplicemente dato per scontato che per te fosse lo stesso, che provassi lo stesso sentimento di incompiuto-
-È per questo che siamo qui, quindi, per dare una conclusione alla nostra storia… Sì, ha un senso-

Un caldo e confortante senso di consolazione. In fondo, devono solo completare un capitolo, non il racconto intero, no?
La risposta punge, e grida.
Gerard afferra il martello e comincia a picchettare per coprirne le urla.

-Probabilmente, trattandosi di noi due, sarebbe meglio parlare di canzoni: abbiamo creato un pezzo con un buon riff, ma manca l’assolo. È per questo che ho con me la chitarra!-
-Hai veramente intenzione di suonare?-
-Certo, cosa facciamo tutta la sera, se no? A meno che tu non abbia cambiato idea sul fare l’amore…-

Il picchetto non vuole saperne di conficcarsi nel suolo. È ostinatamente fermo a metà strada, troppo in superficie perché riesca a trattenere ben ferma la tenda, troppo incuneato perché valga la pena toglierlo e riprovare un po’ più in là. O perché sia anche solo facile sfilarlo.
Che ironia…

-Non mi piace l’idea di tradire Lindsey, lo sai-
-Lo so-

Frank è in piedi proprio dietro Gerard.
Si inginocchia. Mette una mano sulla sua, per tenere il martello assieme a lui.
È un brivido.
Calano il colpo assieme, il picchetto scivola un po’ più a fondo nel terreno.
Che ironia…

-Finito!-
Gioa, allegria. Sembra tutto un gioco.
Frank osserva soddisfatto la tenda piantata nel bel mezzo di un prato deserto, nell’unico angolino in piano di un vasto pendio.
La cima incombe alle loro spalle, verso est, degradando dolcemente verso la loro posizione. Facile da raggiungere.
Il sole brilla ancora alto proprio di fronte, riflettendosi sui rigonfiamenti e i fori della roccia, scivolando sui fili d’erba. Illumina i petali colorati dei fiori e si riflette sul bianco delle montagne in lontananza.

-È un bel posto-
Gerard è vicino.
Frank si appoggia con la testa alla sua spalla.

-Sì. Ci venni la prima volta con mio padre, anni fa. Ho sempre voluto ritornarci-
Gerard  stringe una mano attorno al suo fianco. Titubante.
Ridacchia.
È assurdo. Ai concerti, davanti a migliaia di persone, si mette in tutte le pose più ambigue ed equivoche senza battere un ciglio. Qui, da soli, con solo una lieve brezza a far loro da testimoni, è timido ed esita anche a fare le cose più semplici.

-Smettila di ridacchiare. Sono passati un sacco di anni, non ci sono più abituato-
-Ad amarmi? È facile, devi solo seguire l’istinto-

Sospira
.
-Non credo che sia un bene seguire l’istinto, si finisce per perdere di vista le cose veramente importanti per concentrarsi su piaceri brevi ed effimeri-
-Ma intensi-
-Ma che non durano! E poi si sta male-

Gerard si allontana bruscamente.
Di poco, quel tanto che basta per non sentire più il corpo di Frank a contatto.

-C’è chi dice che vale la pena di soffrire per una vita intera pur di vivere un solo breve attimo di pura felicità-
-La gente dice un sacco di stronzate-
-È vero. Ma trovo che ogni tanto ci azzecchi anche-

Gerard deglutisce. E lo fissa.
Due profonde pozze verdi.

-
Senti, non è che non ti voglia bene, sei probabilmente la persona più importante della mia vita, assieme a mia figlia. Per te farei di tutto.
Sono qui, accidenti! Mi sono intrufolato a casa mia a notte fonda come un ladro lasciando un misero bigliettino di spiegazione, ho asseocndato il tuo stile di guida suicida e mi sono fatto una scarpita di sei ore in salita su sentieri larghi poco più dei miei piedi messi vicini. Tutto per te.
Perché… ti amo, è semplice, hai ragione, ma non posso assecondare questo sentimento.
Forse, è proprio che amarti mi viene troppo facile, e ho paura-

Un ombra gli attraversa gli occhi.
-Di cosa?-
Si passa un mano sul viso.
-Di tutto. Di lasciarmi prendere la mano, di non ricordarmi come si fa, di rovinare tutto quanto, la tua vita, la mia e quella di tutti gli altri. Ho paura di non essere in grado di lasciarti andare. Ho paura che tu…-
Tabù.
È un qualcosa che non si può dire.
E neanche pensare.

-Niente, è tutto qui, mi sembra già abbastanza. Io… sono stanco-
Frank annuisce.
-Abbiamo camminato a lungo. È normale-
-Sì, penso che andrò a stendermi-
-Buon riposo-
-Tu non vieni?-
-No, non mi sento stanco-
-Sicuro? Hai guidato per tutta la notte!-
-Tranquillo! Al massimo ti raggiungo più tardi-

Annuisce.
Guardingo, spaventato. Come se si aspettasse di vederlo svanire da un momento all’altro. Come se al suo risveglio non dovesse più esserci.
Ma ci sarà, ha ancora delle cose da fare, conti con un capitolo del passato rimasto aperto per tutti questi anni da saldare.
Può dormire tranquillo. Non è ancora domani.

 

 

Atto V – Comprensione

 
Uno sbadiglio.
Rumore di cerniere.
La stoffa della tenda che sfrigola.

-Buongiorno!-
Il sole già tramontato dietro le cime più lontane ha tinto il cielo di un rosso intenso, di un rosso sangue, che sta già lentamente virando verso le tinte più scure del viola e del nero.
Sull’orizzonte appaiono le prime flebili stelle.

-Dormito bene?-
-Non proprio-
-Il sacco a pelo era scomodo?-
-Mai quanto i pensieri nella mia testa-

Frank ridacchia.
Gli fa cenno di sedersi vicino a lui, sull’erba.

-Non darti troppa pena, dai! Goditi questo posto-
Gerard alza gli occhi verso il cielo ormai scuro.
-Mi sono perso il tramonto, peccato!-
-Già, è stato abbastanza bello. Ma la parte migliore qui è l’alba-
-Ma se neanche si vede!-
-Da qui no, ma per scollinare la cima ci vuole solo una mezzoretta di cammino, e il pendio da questo versante è lieve. Ta va di alzarti presto domani mattina?-
-Ma, sì, va bene-

Frank sorride, pieno di gratitudine.
-Hai fame?-
-Abbastanza-
-Se mi dai una mano ad accendere il fuoco possiamo cuocere la carne-

Tira fuori da un sacchetto una scatola di fiammiferi e dei pacchi di spiedini.
Li mostra tutto orgoglioso.
Un escursionista alle prima armi pieno di entusiasmo e curiosità.
Ha già preparato una montagnola di rametti proprio di fronte a loro. Un fiammifero a testa, danno fuoco al centro e alle estremità.

-Ahi!-
-Ti sei bruciato? Fai vedere-

Gerard si avvicina carponi.
Prende la mano di Frank tra le sue, con delicatezza, come un oggetto fragile che rischia di rompersi da un momento all’altro.

-La punta del dito è arrossata, ma non mi sembra ci siano bolle o piaghe. Non dovrebbe essere nulla di grave-
Di riflesso, si porta il dito di Frank alla bocca e inizia a succhiarlo.
La saliva è fresca sulla pelle bruciata.

-Io… cioè… ecco…-
Gerard è arrossito.
Il colore è accentuato dai riflessi del fuoco che ora scoppietta allegramente accanto a loro.
Lo rende ancora più bello.

-È un abitudine, con Bandit lo faccio sempre… e anche con te lo facevo-
-Sì, mi ricordo-
-Io… scusa-
-E di cosa? Mi ha fatto bene, ora mi sento molto meglio. Non mi fa più male! Grazie-

Sorride.
E lo abbraccia, di slancio.

-Io… di nulla-
Gerard si abbandona, rilassato, e ricambia dolcemente l’abbraccio.
Cenano con calma, assaporando ogni boccone.
Si stringono vicino al fuoco al riparo dal freddo.
Si  stringono tra loro al riparo dal buio.
Le mani a terra, tra i loro corpi, si toccano con fare quasi casuale.

-Che ne dici se suoniamo un po’ adesso?-
Annuisce.
Frank si alza per andare a prendere la chitarra.
La mano di Gerard ha uno spasmo, si irrigidisce. Le dita scattano stringendo il vuoto.
Quasi avesse il terrore di lasciarlo andare.

-Voilà!-
Ritorna.
Si mette comodo, con la testa appoggiata alla sua spalla.
Gerard lo stringe d’istinto col braccio.
Mugola beato, mentre controlla l’accordatura della chitarra.

-Fatto! Ovviamente, io suono e tu canti-
-Va bene. Sai già con cosa vuoi incominciare?-
-“Cancer”-

La presa si fa più stretta e rigida.
-Vuoi fare qualcos’altro?-
-No, “Cancer” va benissimo-
-Due giri di accordi, poi attacchi. È un peccato non avere una pianola, ma non ci stava-

Gerard fa un rigido cenno col capo.
I suoi muscoli sono contratti sotto il tessuto morbido della camicia.

-Cominciamo-
Mi, Si, Do# minore, La minore
Mi, Si, Do# minore, La minore

-Turn away-
Flebile e insicura. La voce sembra uscire a forza.
-If you could get me a drink of water ‘cause my lips are chapped and faded-
Le parole scivolano fuori dalle labbra roche, impastate.
Si sente le labbra secche e la gola in fiamme.

Fatica a respirare.

-Call my aunt Mary, help her gather all my things-
Ogni lettera è una lenta agonia.
Per entrambi.

-And bury me in all my favourite colors, my sisters and my brothers still-
Ma se Gerard preferirebbe cantare qualsiasi altra cosa e prova solo dolore, Frank ne ha bisogno.
Ha bisogno di sentire queste parole, sono le uniche che voglia ascoltare, in un perverso meccanismo dove dolore e sollievo si mescolano.
Fanno male, ma senza non si sentirebbe completo.

-I will not kiss you-
La voce di Gerard sta cedendo. È quasi un sussurro ormai.
Ogni parola è una manciata di sabbia rovente da ingoiare.
Ma per Frank la sua voce è miele. E veleno.

-‘Cause the hardest part of this is leaving you-
E lo è. Lo è davvero.
Se potesse fermare il tempo, sceglierebbe questo momento.
Il calore del corpo di Gerard appoggiato al suo. L’ultima sillaba che vibra ancora nell’aria, un soffio in cui eccheggia il timbro flebile della sua voce. L’accordo che muore facendo sentire la sua ultima nota prima che attacchi il successivo. Il buoi e la quiete intorno.
La pace.
Ma il tempo non si può fermare, scorre implacabile.
Verso la sua conclusione.
Mi,
Non è come dice Gerard.
Si,
Non bisogna scappare.
Do# minore,
Per qaunto sia difficile,
La minore,
si deve dare quell’ultimo bacio.



Mi, Si, Do# minore, La minore…
…Gerard non attacca.

Non ha voce, non più. L’ha esaurita con la prima strofa.
Non ha neanche più la forza di mantenere la stretta spasmodica sul suo fianco.
Frank volta la testa.
Silenzioso, rigido, Gerard sta piangendo.
Le lacrime rigano il suo viso, gli solcano le guance e si raccolgono sul mento. Gocciolano.
Una gli cade sulle labbra. L’assapora con la lingua.
È calda e salata.

-Non piangere-
Non un singhiozzo, non un fremito.
Ma neanche una risposta, o un cenno di comprensione.
Solo lente lacrime, implacabili.

-Non piangere Gee, non ce n’è bisogno, davvero-
Posa la chitarra, si alza sulle ginocchia e lo abbraccia.
Lo stringe forte per le spalle. Gli passa una mano tra i capelli.
Lo accarezza.
Gerard è inerte sotto le sue dita.

-Io sono qui, sono qui con te e per te.
E per me.
Perché io ho bisogno di te.
Ma ho bisogno anche di questo, capisci, perché io mi sento così vivo, così dannatamente vivo che mi sembra assurdo dover morire. Ho bisogno di ricordarmi che il mio tempo sta per scadere e che non voglio lasciare rimpianti e buchi neri nella mai vita.
Non è finita Gerard, io sono ancora qui, e sono vivo. È inutile piangere e dirsi addio prima del tempo, bisogna vivere fino all’ultimo istante.
Baciami Gee-

Geme, singhiozza.
Si stringono come fossero la sola ancora di salvezza.
Si aggrappano con le unghie, fino a farsi male.
I visi vicini, le lacrime di entrambi si mescolano.

È un lungo bacio dal sapore salato della necessità e della disperazione.

Si tengono stretti anche con i denti, mordendo, strappando, con violenza.
Perché il dolore è prova del fatto di essere vivi.
Mormora tra i baci, i morsi e le lacrime.

-Perché la parte più difficile di tutto questo è lasciarti-

 

 

Atto VI – Perfezione

 

La notte è fredda in un pascolo sperduto poco sotto la cima di una montagna, in una tenda leggera. Ma il corpo di Gerad è caldo, bollente, e basta per scaldarli entrambi, stretti dentro il sacco a pelo. Quanti più centimetri possibili di pelle nuda a contatto.
Le labbra si muovono morbide sotto le sue, la pelle della schiena è liscia sotto i suoi polpastrelli.
Le braccia di Gerard lo stringono forte contro di sé.
Non hanno più parlato.
Hanno solo continuato a baciarsi e a stringersi.
Quando il fuoco si è spento, sono entrati nella tenda, si sono spogliati e si sono messi a letto.
Poi hanno continuato.

Milioni di baci e un’unica stretta, mai sciolta.
Tutto quanto urla “non lasciarmi andare”.
Di nuovo, Frank scopre che vorrebbe poter fermare il tempo in quel momento che ora sa di aver desiderato rivivere per otto anni.
È felice così, stretto nell’abbarccio di Gerard, per un’ultima volta.
Lo guarda negli occhi, i suoi bellissimi occhi verdi. Ora sono lucidi e appannati dalle lacrime.
Rossi per il lungo pianto.
Non sopporta di vederlo piangere, non per lui. Non nella loro ultima notte.
Gli asciuga le ultime lacrime con dei soffici baci sulle guance, sul bordo delle palpebre, tra le ciglia.

-Perché?-
È un suono flebile, roco.
Ha urlato così tanto, anche se solo dentro la sua testa, che Gerard non pensava di avere più voce.

-Lo saprai-
Lo bacia sul mento, per lavare via le ultime tracce delle lacrime cristallizzatesi cadendo.
-Dimmelo ora-
-No. Ora è oggi, oggi è il momento di vivere. Domani si parlerà di morte-

Singhiozza.
Una lacrima scende solitaria sulla guancia.
Frank la cattura con un lungo bacio e l’assapora sulla punta della lingua.

-Ssshhh, non piangere.
Non è questo il Gerard dei miei ricordi a letto.
Non è così che ti voglio ricordare-

Lo fissa. Calmo, serafico.
Non sembra un condannato a morte.
È il Frank di sempre, il Frank con cui divideva il letto una volta.
Lo stesso che ogni tanto torna a fargli visita in sogno.
Con quei suoi occhi di un colore indefinito. Un sorrisetto sempre sulle labbra. Il suo viso da eterno ragazzino.
Come può essere cosi calmo?
Sembra che non gli importi di andarsene. Di lasciare un casino dietro di sé.
Di lasciarlo solo.
Lo sta abbandonando.
Di più, lo ha scelto come unico testimone del suo abbandono.
Un’altra di quelle cose che va ad aggiungersi alla lunga lista di ciò che provoca piacere e fa male al tempo stesso.
Questa brucia in modo maledetto.

E non hanno più molto tempo.
Le labbra di Gerard si chiudono sulla bocca di Frank, fameliche.
Bacia e morde. Si lascia accarezzare dalla sua lingua.
Il collo è a un passo.
Morde e succhia, con violenza, con ferocia.
Frank geme. La pelle della sua schiena si tira sotto le sue dita e sfugge quasi al suo abbraccio, inarcandosi.
Non si ferma a contemplare il vistoso segno rosso.
Vuole di più, più in fretta.
Non hanno più tempo.
Si porta su di lui e Frank si gira, docile.

Così tanto tempo che non sentiva il peso di qualcuno sulla sua schiena.
Le mani di Gerard si spostano velocemente dalle spalle fino alle sue natiche.
Non le alza mai, non vuole smettere di toccarlo.
Sente l’erezione premere sul retro delle sue coscie.
È una sensazione che non sentiva da tanto tempo.
La gioia per averla ritrovata è immensa.
Tra le mani di Gerard si sente a suo agio, mentre gli massaggia le natiche per aprirsi la strada.
Con dolcezza, riguardo. Ma anche con una certa urgenza.
Si sente sgraziato, impacciato per l’enorme quantità di tempo trascorsa dall’ultima volta.
E perché è arrabbiato, stizzito. È quasi furioso, ebbro di desiderio.
E non ha più tempo.

Entra tra le natiche di Frank. Vi affonda velocemente.
Spinge sempre più forte, più a fondo, più veloce.
Frank geme e mugugna.
Urla quasi.
Fa male. Ma è il più piacevole dei dolori.
Sente Gerard dentro di lui che soddisfa il suo piacere senza troppi riguardi, ma non ce l’ha con lui.
Non potrebbe.
È felice così.
Il piacere è sentire di nuovo i loro corpi fondersi, in un essere unico.
Non più due, ma uno solo, di nuovo, dopo tanto tempo.
È la sensazione più bella che riesca ad immaginare.
Gerard spinge più a fondo.
Fa male.

Gli sfugge un gemito più acuto.
Lui non si ferma, continua.
Vorrebbe solo poterlo guaradre negli occhi in questo momento,è tutto quello che gli basterebbe.
Gira un poco la testa.
Gerard mugugna e ansima di piacere.
Lo sente venire dentro di sé.
Nell’orgasmo urla il suo nome.
Poi si lascia cadere sulla sua schiena.
Ansima. Lo sente chiaro nell’orecchio.
Frank si sente bruciare, ma non gli importa.
È tutto ciò che desiderava.

-Scusa-
Un singhiozzo.
-Sono stato uno stronzo, un egoista. Mi dispiace-
Frank sente gli occhi di Gerard premuti sulla sua spalla e le sue lacrime calde bagnargli di nuovo la pelle.
-Non volevo farti male.
Mi dispiace.
Mi dispiace-
-No-

Cerca la sua guancia col naso e con la bocca.
Lentamente, con garbo, riesce a girarsi senza sfilarsi da sotto di lui.
Gli prende il viso tra le mani.

-Ti ho detto che non devi piangere. Non c’è niente per cui valga la pena farlo.
Per me è stato bellissimo. Non chiedevo di meglio.
Senti…-

Gli prende una mano  nella sua e la fa scivolare lentamente verso il basso.
-…mi sono eccitato-
Gerard accarezza titubante la sua erezione con le punte delle dita.
Frank trattiene un gemito. Boccheggia.
I polpastrelli continuano la loro esplorazione.

-Gee-
Ansima.
La sua voce è roca.
La sua voce quando facevano l’amore, l’aveva quasi scordata.
Non la vuole più dimenticare.

-Gee-
Si abbassa.
Arriva all’altezza dei suoi lombi con la bocca.
Lo accarezza piano, con la lingua.

-Gee-
È un roco gorgoglio.
Continua.
Lo bacia, lo lecca. Succhia, lo accarezza.
Il suo nome pronunciato dalla voce di Frank è un mantra gutturale tra gli ansiti sempre meno trattenuti.
Lo sente tendersi e contrarsi sotto di lui.
La felicità è dargli piacere.
È così che si sentono completi.
L’uno sull’altro. L’uno dentro l’altro.
La perfezione sono i loro corpi uniti.

 

 

Atto VII – Addio

 
-Quanto manca?-
La leggera brezza mattutina sembra stia lentamente trasportando via i colori scuri della notte dalle rocce e dai cespugli.
-Non molto. Dai, sbrighiamoci, se non ce la perdiamo!-
Dietro le curve del sentiero e le pareti di roccia si intravede già il primo tenore dell’alba sull’orizzonte.
Il nero del cielo volge al blu scuro e all’azzurro.
Le stelle più basse scompaiono inghiottite da una nuova luce.

-Ci siamo quasi-
Frank si fa strada tra la vegetazione che ha disordinatamente occupato quello che una volta era un minuscolo sentierino.
Calpesta gli arbusti più bassi.
Sposta i rami con le mani, graffiandosi la pelle.

-Voilà!-
Sbucano dai cespugli su un piccolo spiazzo roccioso.
Pochi metri più avanti la montagna precipita fino a valle in un’unica, lunga, vertiginosa caduta.
Proprio di fronte a loro, un lieve bagliore rossastro si intravede tra i picchi rocciosi macchiati di chiazze biancastre di neve.
I raggi iniziano a espandersi velocemente disegnando più netti i contorni delle singole montagne.
Si riflettono sulla neve. Si incuneano negli anfratti.
Sempre più veloci tanto il disco solare si allarga sempre di più sulla linea dell’orizzonte.
Le rare nuvole in cielo si tingono dei colori tenui e surreali dell’alba.
Come un arcobaleno monocromatico.

I primi raggi cominciano ad allungarsi nella valle, scoprendo il corso di un piccolo ruscello contornato da un cimetero di rocce cadute.
La luce si propaga seguando il profilo dei monti, in larghe zone dove la luce si riflette in modo quasi accecante che sfumano in vaste zone d’ombra.
Il sole ormai è quai sorto del tutto.
Frank fa qualche passo in avanti.
Sembra quasi un apparizione celestiale. Il suo corpo, controluce, contornato da raggi di sole.
Ne sfumano i contorni e disegnano giochi di luci e ombre tra i suoi corti capelli.
Il sole è ormai visibile per intero..

Frank si volge.
Sorride.
Il sorriso più largo e beato che si possa immaginare.

-È bello vero?-
-Bellissimo-
-Ho sempre pensato di voler morire all’alba. Tramontare mentre sorge un nuovo giorno-

Muove un passo all’indietro.
Verso lo strapiombo.

-E ho sempre pensato che mi sarebbe piaciuto morire in modo speciale.
Mi conosci, io odio la banalità-

Muove un altro passo.
Allarga le braccia.

-Magari volando! In fondo, non è il volo il più grande desiderio dell’uomo?-

Un ultimo passo.
Dei granelli di roccia si staccano dal bordo dove poggia i piedi, andando a rotolare verso il fondo.
-Addio Gee-
Salta.
È un attimo.
Poi scompare al di là dell’orlo.

-FRANK!-
Gerard si scuote dalla paralisi in cui è caduto.
Corre verso il crepaccio.
E urla. Urla. Urla il suo nome, come se avesse il potere di farlo tornare indietro.
Si sporge oltre a guardare.
Frank è ancora voltato nella sua direzione.
A braccia aperte.
Ancora sorride.

Il vento generato dalla caduta gli alza i capelli e glieli scompiglia.
Forse non si è mai sentito tanto vivo come adesso che sta morendo.
Guarda fisso negli occhi verdi di Gerard. Se li imprime nella mente.
È felice.
Non ha rimpianti.
Il vento tra i capelli e gli occhi puntati in quelli dell’uomo che ama.
Se tu dovessi morire domani, quale sarebbe il tuo ultimo desiderio?
Questo.

 

 

Epilogo – Requiem

 
“Caro Gee,
Non piangere.
È stupido chiedertelo, e non ne ho neanche il diritto, visto che è colpa mia, ma ti prego di non farlo. È inutile. Non mi riporterà indietro. Ti farà solo stare peggio.
Per me non c’era più speranza. Una forma letale di cancro al cervello. Troppo pericolosa da esportare, si poteva tenere sotto controllo, ma sarei morto comunque, presto. E sarei stato poco più di un vegetale per gran parte di tutto questo tempo guadagnato.
Non volevo che accadesse. Non volevo che andandomene rimanesse di me il ricordo di un uomo spezzato e inutile. Potendo scegliere, ho scelto di vivere qualche mese di meno, ma di morire nel modo che volevo io.

Sono felice di questa mia scelta.
Forse tu lo sarai un po’ di meno. Penserai che sono uno stronzo, un egoista, che potevo almeno parlarne e discuterne invece di agire da cocciuto individualista. Che potevo almeno avere la decenza di risparmiarti la sofferenza di vedermi morire.
E avresti ragione. Su tutta la linea.
Proprio perché sono un fottuto egoista, non sono stato in grado di rinunciare all’averti vicino in questo momento così importante della mia vita.
Quindi non piangere Gee, non sprecare le tue lacrime per me, non me lo merito.
Mi sono preso ciò che ho voluto fino alla fine. Non ho rimpianti. Non tornerei indietro su nessuna delle mie scelte.
Sono sicuro che quando ho lasciato questo mondo ero la persona più felice sulla terra, quindi sii felice anche tu, almeno un pochino.
Tutti noi dobbiamo morire, è giusto così. È la morte a dare un senso alla nostra vita.
Io ho potuto scegliere come e quando andarmene, nel modo in cui preferivo. Sono stato fottutamente fortunato.
Addio Gerard, continua a vivere.

Vivi per Lindsey e Bandit, e Mikey e Ray e tutti gli altri. Vivi anche un po’ per Jamia, Cherry e Lily, per favore, stai loro vicino.
Vivi anche un po’ per me.
Ti amo,

Frank

  
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