Fandom: Supernatural.
Pairing/Personaggi: Dean/fem!Castiel (e Castiel/Dean), Sam, nominato Balthazar.
Rating: Pg15.
Beta:
Genere: Angst, Introspettivo,
Romantico.
Warning: Genderbender,
Het, Slash, Spoiler.
Words: 6217 (fiumidiparole).
Summary: Post season 7, ipoteticamente: Balthazar è di nuovo tra i vivi e
decide di prendersi una piccola vendetta sul fratellino che l’ha ammazzato.
Note: Scritta per la quinta settimana della COW-T 2 di maridichallenge, Missione 2: Preservativo
+ rating SAFE – Team Magic Sticks.
Note (più o
meno) inutili: Lei, Liv
Tyler, è la mia fem!Cas ♥
DISCLAIMER:
Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù
The
Pink Elephant
Trassi un respiro profondo e distolsi lo
sguardo, augurandomi di poter dire ciò che desideravo. Che l’amavo.
Ma non potevo. Il sentimento era troppo forte. [1]
Quella
mattina, quando Dean si svegliò, sembrava tutto assolutamente normale. Il
giorno prima avevano risolto un caso semplice nell’Iowa, quindi si erano potuti alzare dal letto con calma.
Stavano
giusto per uscire a fare colazione, mentre Sam cianciava già di un nuovo caso
in Kansas, quando le cose cominciarono ad andare a rotoli.
E Dean
avrebbe dovuto prevederlo, davvero, perché una giornata di calma nella sua vita
era come un giorno di beneficenza per Crowley:
fantascienza. Di quella trash.
Comunque
tutto si sarebbe aspettato, meno di sentire un battito d’ali e trovarsi davanti quello.
Da
quando Cas era tornato e avevano sconfitto i Leviatani,
le cose andavano… meglio. Non bene, no, non ancora almeno, perché la situazione
tra loro non era esattamente risolta e la fiducia si riguadagnava con un
processo lungo e doloroso, ma c’era sempre qualcosa di rassicurante nel sapere
che – se avesse avuto bisogno di aiuto – gli sarebbe bastato invocare il nome
del suo angelo e lui sarebbe comparso in un battito d’ali.
Quella
volta, però, la visione che si trovò davanti era tutto
meno che rassicurante. Davanti a lui, infagottata in un trench enorme ed in un abito maschile che le pendeva dalle spalle e le
copriva le mani, c’era una ragazza dai lunghi capelli castani e gli occhi blu. Era
di altezza media per una donna, quindi sul metro e sessanta, e Dean non
riusciva davvero a capire perché stesse letteralmente sguazzando in degli abiti
da uomo.
Per
istinto, trovandosi di fronte un angelo sconosciuto, lui e Sam si misero in
posizione di guardia, ma poi Dean incontrò gli occhi di quella sconosciuta,
osservò meglio il trench in cui era avvolta – vi aveva passato in mezzo le mani
tante di quelle volte, dopo che l’aveva recuperato fradicio dall’acqua; ne
conosceva ogni bottone, ogni lembo, ogni macchia, ogni strappo – e capì.
«Cas?»
gracchiò, incredulo.
La ragazza
annuì e sospirò. «Sono lieto che tu mi abbia riconosciuto subito» mosse qualche
passo nella sua direzione, ma inciampò nei pantaloni troppo lunghi e perse una
delle scarpe, divenute all’improvviso troppo larghe.
Istintivamente,
il cacciatore si portò in avanti per sorreggerla ed il
viso dell’angelo affondò al centro del suo petto. «Ehi, piano, Cenerentola» borbottò, rimettendola
dritta ed aggiustandole un lembo del trench che le era
scivolato già dalle spalle sottili.
«Non ho
idea di chi sia questa Cenerentola, Dean» rispose Castiel con fare distratto «Questi
abiti sono divenuti ingombranti» osservò poi, sollevando le mani e scuotendole
per far scivolare giù le maniche, scoprendo due polsi bianchi e delicati.
Dean si
prese il tempo di osservarlo – osservarla
– meglio: i capelli scuri le scendevano in onde arruffate sulle spalle, gli
occhi blu avevano il taglio malinconico di sempre, le sopraciglia erano un arco
sottile e perfetto, la bocca un soffice cuore rosa.
Tenendola per le spalle, si rese conto che la ragazza aveva
tutte le curve al posto giusto: seno pieno, ma non esagerato, vitino da vespa,
fianchi armoniosi; fu quasi tentato di voltarla per studiare anche il lato B.
«Cosa
ti è successo?» chiese Sam, stupito, riscuotendo inconsapevolmente il fratello
e riportandolo al problema corrente.
«Balthazar»
disse solo l’angelo; la sua voce era bassa, per essere quella di una donna,
sorprendentemente erotica.
Dean si
accigliò. «Non l’avevi ucciso?»
Castiel
annuì. «Non so come, ma è di nuovo tra noi e ha pensato di prendersi una
piccola vendetta a mie spese» spiegò.
«E
quanto ti terrà così?» domandò Sam, perplesso.
«Non ne
ho idea» ammise la ragazza.
«Non
sembri preoccupato» si rese conto il maggiore dei
Winchester.
Cas
inclinò la testa nel suo solito modo innocente. «È seccante» ammise, stringendo
di qualche passante la cintura dei pantaloni «ma non allarmante.
È solo un altro aspetto» concluse, alzando di nuovo lo
sguardo su Dean.
Lui fu
colpito da quanto le sue ciglia fossero lunghe ed
arcuate; non aveva un filo di trucco, ma era bellissima. Si ritrovò preoccupato
per tutt’altri motivi.
«Quindi che facciamo, aspettiamo e basta?» riuscì a tirare
fuori, dandosi uno schiaffo mentale. Quello era Castiel, cazzo, il suo Cas, il
suo angelo sfigato, punto, non importava che
all’improvviso si trovasse nel corpo di una pollastrella da urlo, era sempre
lui.
Lei
annuì ancora. «Potresti aiutarmi a trovare degli abiti più consoni a questa
forma?»
«Ti hanno
appena trasformato in una donna e già pensi allo shopping, eh? Deve essere l’effetto
collaterale di avere una vagina» borbottò divertito,
ma le circondò le spalle con un braccio e le sorrise.
Sam
inarcò un sopraciglio quando riconobbe il suo sorriso da flirt.
«Non
capisco cosa le compere abbiano a che fare con… l’avere degli organi genitali
femminili» ribatté Castiel ed era una cosa così tipica sua
che Dean scoppiò a ridere.
«Nulla,
lascia perdere» riuscì a risponderle, sospingendola
gentilmente verso la porta.
La
ragazza perse anche l’altra scarpa e, senza pensarci, il cacciatore le passò
l’altro braccio sotto le ginocchia e la sollevò con facilità. «Non farti strane
idee, Principessa, okay?» disse tuttavia, quando lei sbatacchiò le ciglia, perplessa.
L’angelo
fu abbastanza sveglio da non dire nulla.
Dean la
caricò sui sedili posteriori delle sua bambina – dopo
aver eliminato i Leviatani avevano finalmente
liberato l’Impala dalla sua prigionia –, prima di sedersi al volante.
«Prendiamo
due caffè in un drive-in e poi accompagniamo Anya Smith [2]
a fare compere, okay?» disse all’indirizzo del
fratello, mentre questi sedeva accanto a lui.
Sam
annuì e Dean sbirciò la ragazza attraverso lo specchietto, che a quelle parole
si era accigliata, confusa dal riferimento che non capiva. Lui sogghignò.
*°*°*°*°*
Il
primo posto in cui si fermarono fu un negozio di calzature sportive, nel quale
presero un paio di scarpe da tennis economiche per l’angelo, giusto per
evitarle di camminare scalza mentre facevano acquisti, poi entrarono in un
negozio di abbigliamento femminile che aveva un po’ di tutto e la pilotarono nella sezione intimo.
Per un
qualche motivo che Dean non avrebbe saputo spiegarsi – forse un pregiudizio
inconscio –, si aspettava che l’innocente Castiel scegliesse della biancheria
candida da brava ragazza, invece l’amico – amica? – andò subito su tutt’altro genere, adocchiando un completino in satin color champagne, ricoperto di pizzo
nero.
«Wow»
borbottò lui facendo tanto d’occhi.
Castiel
ne prese due dagli appendi-abiti, notando le misure diverse e li fissò incerta.
«Come… ?»
Sam
glieli tolse di mano con gentilezza e disse semplicemente: «No», poi frugò fra
quelli ancora appesi e trasse dal mezzo una misura intermedia fra quelle che la
ragazza stava guardando prima «È questa» dichiarò.
Dean
inarcò le sopraciglia, perplesso, ed il fratello
scrollò le spalle.
«Ho
buon occhio» rispose solo, cosa che fece accigliare il maggiore.
«Fa una
cosa, allora, Buon Occhio, va a cercarle un paio di jeans, mentre lui… lei… Cas si prova queste cose» ordinò
burbero.
«Jeans?»
fece Sam, incerto, considerando con lo sguardo il look piuttosto classico che
il loro angelo aveva sempre portato.
«Mi
sembra ovvio. Non potrebbe muoversi liberamente con una gonna e se indossasse
un completo giacca-pantaloni dovrebbe abbinarvi delle scarpe
col tacco, con le quali di certo non saprebbe camminare e, quindi, non potrebbe
correre. Le serve roba comoda» spiegò Dean, come se
avesse a che fare con un idiota.
Castiel
passava lo sguardo dall’uno all’altro, come una ragazzina in mezzo a due
genitori gay, poi decise di ignorarli e di guardare la
roba attorno a sé.
Sam
alzò gli occhi al cielo e si diresse dall’altra parte del negozio, ancheggiando
via imbronciato come un pinguino gigante. Il fratello sospirò sollevato ed abbassò lo sguardo, scoprendo così che l’angelo era
ancora lì impalato, con quel completino super-sexy in mano. Fortuna che i
negozi avevano appena aperto ed erano ancora relativamente vuoti, o chissà che
figura ci avrebbero fatto.
«Lì»
indicò Dean, puntando un dito verso il camerino «Devi provarti almeno il
reggiseno».
Castiel
seguì il suo consiglio, ma dopo qualche minuto, che il cacciatore passò a
guardarsi attorno e sorridere ammiccante alle donne che si aggiravano là
attorno, lo chiamò con voce tesa.
Dean si
accostò all’ingresso del camerino, obbligandosi a tenere gli occhi a terra,
senza nemmeno guardare la tenda che celava l’interno. «Che c’è?» chiese, nervoso.
«Non
capisco come si chiuda questo…» gli arrivò la voce femminile, a cui ancora non si era abituato.
Lui scostò
il drappo di un centimetro, giusto il tanto da gettare un’occhiata alla
ragazza, notando che si era tolta tutti gli indumenti superiori e che teneva in
mano il reggiseno, ma tenendolo lontano da sé, come se
potesse mordere.
«Cristo»
sibilò Dean, chiudendo gli occhi. Poi si guardò attorno, domandandosi se fosse
il caso di chiamare una commessa per farsi aiutare, ma come le avrebbe spiegato
perché una donna adulta non sapeva allacciarsi il reggiseno? Contò mentalmente
fino a dieci e poi sospirò. «Okay, Cas, facciamo così:
poggialo sul seno, in modo da coprirlo bene. Quando hai fatto
avvisami, poi entro» sussurrò.
Dopo una manciata di secondi, l’angelo disse: «Ho fatto» e lui,
accertandosi che nessuno lo vedesse, s’infilò dentro.
Obbligandosi
a fissare solo la sua schiena – minuta,
liscia, candida… Cristo, Dean Winchester, controllati! – prese i due lembi
posteriori del reggiseno e, con un po’ di difficoltà – ehi!,
era abituato ad aprirli, lui, non a chiuderli –, li allacciò.
«Bene,
ora vado» biascicò, facendo per voltarsi.
«Perché
sei così nervoso? Hai visto moltissimi corpi femminili»
fece Cas, inclinando la testa con perplessità.
«Sì, ma
non si guarda il corpo di una donna con cui non sei… intimo. Non si fa, okay?»
«Ma tu vai a vederle ballare in quei locali…» iniziò
l’angelo.
«Quello
è un altro discorso. Per quelle ragazze è lavoro, ma le donne…» rispettabili, stava per dire, ma non era
giusto, perché anche le spogliarelliste meritavano rispetto «comuni non lo fanno»
concluse, infine.
«È
largo» rispose invece lei.
«Cosa?»
«Il… reggipetto. È troppo largo» spiegò.
Dean
imprecò tra i denti, lo riaprì e lo strinse di un fermaglio. «Va bene così?»
domandò, fissandole la nuca, che spuntava dai capelli castani, divisi in due
ali e sciolti sul petto.
«È
perfetto, ma le spalline mi cadono» rispose Castiel.
Il
cacciatore digrignò i denti e strinse velocemente anche quelle, poi le diede le spalle, per quanto il piccolo camerino glielo
permettesse. «Ora mettiti qualcosa addosso, okay?» ordinò, sbirciando fuori
dalla tenda per assicurarsi che nessuno stesse passando e lo vedesse uscire.
Ovviamente
suo fratello tornò proprio nel momento in cui lui mise piede fuori.
«Cosa…
?» fece questi stranito, reggendo tra le mani tre diverse paia di jeans.
Il
maggiore glieli strappò di mano ed infilò di nuovo un
braccio oltre al drappo per porgerli all’angelo. «Non.
Chiedere» ingiunse a Sam, che aggrottò la fronte.
Alla
fine, pagarono alla cassa una paio di jeans a
sigaretta di un nero slavato, un dolcevita bianco ed una giacca elegante,
anch’essa nera, ai quali – in un altro negozio – abbinarono un paio di
stivaletti di cuoio morbido, col tacco basso, che arrivavano appena sotto il
ginocchio.
Castiel
si cambiò al bagno delle signore, riponendo i vecchi abiti di Jimmy Novak nelle
buste, e stavano giusto per lasciare il centro commerciale, quando Dean notò
qualcosa in una vetrina.
«Aspettate
qui» disse loro, prima di entrare nel negozio.
Uscì
qualche minuto dopo con una nuova busta in mano, da cui trasse un trench beige
in tutto simile a quello che Cas portava di solito, tranne il fatto che era
sagomato per le forme femminili.
«Non ho
potuto resistere» sogghignò, drappeggiandoglielo sulle spalle.
La
ragazza infilò le braccia dentro le maniche e gli rivolse un accenno di
sorriso. «Mi piace» ammise, allisciandosi i lembi sul petto e Dean le restituì
uno sguardo complice.
«Grazie
ad entrambi per l’aiuto» aggiunse l’angelo, prima di volare via.
Il
maggiore dei Winchester imprecò a bassa voce, controllando
in giro che nessuno l’avesse notata. «Uno di questi giorni mi verranno i
capelli bianchi» ringhiò frustrato.
*°*°*°*°*
Dopo
quel giorno, non videro più Castiel per quasi una settimana. Si stavano
occupando di casi semplici, pura routine, quindi non avevano bisogno di
chiamarlo e Dean non aveva idea di cosa l’amico stesse combinando;
probabilmente era occupato a lisciarsi le penne o a fare qualunque altra cosa facesse un angelo del giovedì quando non era il suo turno di
lavoro.
Occuparsi
di faccende relativamente normali era così insolito che quasi tutti loro non riuscivano a riabituarsi. Ed era strano anche rendersi
conto che, se non esisteva un effettivo pericolo, non aveva motivo di chiamare
Castiel. Insomma, sì, avrebbe potuto semplicemente invitarlo a prendere una
birra, ora che l’amico non era impegnato a riordinare il Paradiso o a portare
avanti una guerra civile, ma c’erano ancora troppe cose in sospeso tra loro e
l’orgoglio di Dean era troppo radicato per permettergli
di cercare per primo la sua compagnia.
Ad ogni
modo, ebbe sue notizie solo nel fine settimana. Stava
rientrando al motel in cui alloggiavano lui e Sammy per quella notte, dopo
essere stato al bar più vicino per bere un drink e raccogliere un po’ di grana
giocando a biliardo. Non c’erano belle ragazze in quel posto, a parte una delle
cameriere, che lavorava fino alle due, e Dean aveva intenzione di ripartire
presto il giorno dopo, quindi aveva levato le tende ad
un orario abbastanza decente.
Restava
il fatto che non avesse affatto sonno, né la benché minima
voglia di rientrare così presto in camera, quindi stava perdendo tempo a
gironzolare sulla sua bambina, concedendole qualche coccola extra, visto per
quanto tempo l’aveva abbandonata. Uh, cosa,
lei era sensibile, okay?
Il suo
cellulare iniziò a squillare e lui rispose senza controllare chi stesse
chiamando; le persone ancora in vita che avevano quel numero si contavano sulle
dita di una mano monca. Immaginava fosse Sam, quindi, quando fu una voce
femminile a salutarlo, rimase per un momento interdetto.
«Dove
sei?» gli chiese la ragazza, chiunque lei fosse.
Dean
era troppo intento a cercare di ricordare a quale donna avesse dato il suo
numero per riconoscerla. «Queste non sono informazioni che do alla prima che
capita, dolcezza» rispose distrattamente.
Ci fu
una lunga pausa dall’altra parte della linea, poi lei disse semplicemente:
«Sono Castiel» e Dean quasi inchiodò nel bel mezzo della strada, tanta fu la
sorpresa. Accidenti, aveva proprio dimenticato le attuali condizioni del suo moccioso
piumato.
«Uh,
giusto. Quindi sei ancora così, eh?» borbottò, svoltando su una strada sterrata
ed accostando accanto ad una macchia d’alberi, poi gli
– le – spiegò all’incirca dove si
trovasse.
Fece
appena in tempo a concludere la frase che l’angelo
apparve accanto a lui in un battito d’ali. Il cacciatore si prese un momento
per riabituarsi alla sua presenza, accendendo la luce della macchina per
osservare meglio la sua siluette sottile. Lei era identica all’ultima volta che
l’aveva vista, con i vestiti che le aveva comprato ancora addosso e appena un
po’ più vissuti dell’ultima volta.
«Ciao,
Dean» esordì come al solito, con quella nuova voce
bassa e melodiosa.
«Potresti
fare la centralinista erotica, sai?» fece lui,
cercando qualcosa per smorzare l’atmosfera.
Castiel
si accigliò perplessa, non capendo la battuta, e allora il ragazzo scosse il
capo, ormai arreso alla sua imbranataggine. «Non pensavo avessi ancora il
cellulare, non lo usavi da un pezzo» osservò, tanto per dire qualcosa, poi
aggiunse «Va tutto bene?» perché era strano che l’angelo si presentasse da lui
senza un vero motivo.
«Non
sono nei guai» disse lei, come se gli avesse letto nel pensiero. E forse
l’aveva davvero fatto, chi poteva dirlo?
Dean si
chiese quanto, da uno a dieci, fosse squallido che si
cercassero solo quand’erano nei casini. Cento, probabilmente.
«Ti
disturbo?» chiese allora Cas e lui scosse
semplicemente il capo, voltandosi un po’ di fianco per poterla osservare
meglio.
Rimasero
a guardarsi in silenzio per qualche minuto, senza sentire davvero la necessità
di dire nulla – anche se ci sarebbero state milioni di
cose di cui parlare; era rilassante.
«Cosa
c’è che non va?» chiese Dean, con più gentilezza, perché c’era qualcosa in
quegli occhi blu che gli stava trasmettendo una sottile, ma
intensa, ondata di tristezza; non si domandò come faceva a saperlo, era così e
basta.
Lei
strinse un po’ le labbra e rimase ancora zitta per un po’. «Non sapevo dove andare» ammise alla fine, sviando lo sguardo.
Il
cacciatore si accigliò, perplesso. «Che vuoi dire?»
«I miei
fratelli… non vogliono vedermi» spiegò l’angelo, con una certa esitazione,
forse perfino con imbarazzo.
Le
sopraciglia di Dean schizzarono in alto per la sorpresa, ma poi dovette
ammettere con se stesso che non era poi così strano, visto quello che aveva
combinato Castiel l’ultima volta che era stato lassù. «Non puoi tornare in
Paradiso?» replicò, quindi, per accertarsi di aver capito bene.
«No,
nessuno di loro è abbastanza potente per impedirmi una
cosa simile, ma mi stanno tutti… evitando» rispose lei, aggrottando la fronte
nel tentativo di trovare il termine giusto.
«Ti
hanno isolato» comprese il cacciatore e la ragazza annuì,
chinando poi il capo.
I
capelli lunghi scivolarono in avanti ad ombreggiarle
il viso e, senza pensarci, lui allungò una mano per portarle una ciocca dietro
l’orecchio «Ehi…» mormorò «‘fanculo quegli idioti,
puoi venire da me quando vuoi». E, Dio, perché stava consolando quel – quella – moccioso? Gli altri pennuti
avevano tutto il diritto di tenere il muso.
Poi Cas
alzò su di lui quegli occhi grandi, così blu e malinconici, e le proteste nel
cervello di Dean evaporarono con una velocità agghiacciante.
Il suo
sguardo scivolò sulle labbra morbide e socchiuse della ragazza, e non andava
bene, cazzo, non andava affatto bene. Castiel in
quelle condizioni gli faceva un effetto che non era per nulla conveniente.
Deglutì, nervoso, e ritirò la mano con circospezione, prima di fare qualcosa di
ancora più stupido – tipo sollevarle il viso e
baciarla. Tipo.
L’angelo
lo fissò con intensità, come suo solito. «Era da molto
che non mi guardavi così. Mi piace» confessò con voce
quasi esitante, e – uh, cosa? – Dean
non capiva di che accidenti stesse parlando, perché non poteva averla guardata
così altre volte; certamente quell’imbranato –
imbranata – si stava sbagliando,
doveva aver frainteso.
Lui si
schiarì la gola, nervoso, allontanandosi quanto lo
spazio ristretto della macchina glielo permetteva. Castiel mosse lievemente le
gambe; un piccolo scatto di tensione che calamitò lo sguardo di Dean sulle sue
cosce sottili, fasciate come un guanto dalla stoffa
scolorita dei jeans.
Gli
sfuggì un mezzo sorriso quando ricordò il calcio
volante – modello Chuck Norris,
sì – che la ragazza aveva dato all’aria per testare l’elasticità dei pantaloni
e lo sguardo della commessa che era passata in quel momento. «Pratica capoeira» si era affrettato a
mentire, per giustificarla, mentre nella sua testa riusciva a pensare solo a
quanto fossero fantastiche quelle gambe messe in evidenza dai jeans attillati.
In quel
momento, in macchina, si chiese cosa avrebbe provato a sentirle allacciate alla
propria vita, strette attorno ai suoi fianchi con tutta la forza angelica che
dovevano nascondere.
«A cosa
stai pensando, Dean?» lo riscosse la voce della ragazza, facendolo
rabbrividire, e per un imbarazzatissimo momento lui ricordò la volta che, al
risveglio da un incubo sull’Inferno, quando ancora cercava di fingere con tutti
di non ricordare nulla, si era trovato Castiel accanto e l’amico gli aveva chiesto
cosa avesse sognato, ben sapendo ciò di cui si trattasse.
Perché
diavolo glielo chiedeva se già sapeva? «Smettila di leggermi nella testa»
ringhiò, poi si sfregò una mano sulla bocca e borbottò: «Scusa».
Lei
inclinò la testa da un lato. «Per cosa?» chiese curiosa.
«Sono
davvero un pessimo amico» osservò Dean con un mezzo sorriso.
«Non
capisco» asserì Castiel e lui sospirò.
«Non
dovrei… insomma, tu sei un mio amico ed il fatto che
ora sei piazzato nel corpo di una bella sventola non giustifica certe fantasie.
Non si fa, ecco».
La
ragazza si accigliò, più confusa che mai. «Perché?»
Dean si
passò una mano tra i capelli. «Te lo spiegherò come mio padre lo spiegò a me»
decise «Mi disse che la sola cosa che differenzia una
fidanzata da una vera amica è il sesso; perché di entrambe ti fidi ciecamente e
parli dei tuoi problemi, e faresti qualunque cosa per proteggerle ed aiutarle,
ma con la prima ci scopi, con la seconda no» chiarì, sperando che ora l’angelo
capisse.
«Oh»
fece lei e poi distolse lo sguardo, raccogliendo le mani in grembo come se
stesse riflettendo «Allora suppongo di non essere mai stato un buon amico»
disse, dopo un lungo minuto di silenzio, spiazzando totalmente il cacciatore.
Per un
momento Dean si limitò a fissarlo, poi scosse la testa e ghignò appena: «Hai
avuto pensieri impuri su qualche bel angioletto?»
chiese divertito.
«No» si
limitò a rispondere Castiel, lasciandolo ancora più confuso.
«Una
bella ragazza, allora?» tentò di indovinare «O un ragazzo, vista la tua recente
condizione» aggiunse poi, con un ripensamento.
Le
spalle di Castiel si abbassarono leggermente, in una piega sconfitta. «Parlo di
te, Dean» asserì senza mezzi termini «E non è una cosa recente».
Se si
fosse trattato di qualcun altro, chiunque
altro, lui avrebbe pensato che lo stesse prendendo per
il culo. Per sfortuna, Castiel non era quel genere di persona, quindi il
cacciatore era piuttosto certo che dicesse sul serio, ma non che avesse
centrato l’argomento.
«Cas,
hai capito di cosa stiamo parlando?» le domandò, chinandosi un po’ su di lei
per guardarla meglio negli occhi.
Castiel
si accigliò, perplessa, poi le sue labbra si strinsero leggermente, con fare
seccato. «Sono inesperto, Dean, non stupido» gli fece presente.
E poi
ci fu il forte rumore di ruote che stridevano sull’asfalto, prima del frastuono
di uno scontro frontale – tutto nella sua testa. Forse i suoi unici due neuroni
avevano fatto testacoda.
«Quindi
tu… su di me? E…» smozzicò sconclusionatamente,
sentendo un improvviso calore salirgli al volto, perché – cazzo – Castiel aveva appena detto di voler scopare
con lui e pure da parecchio.
In una
frazione di secondo gli tornarono in mente tutte le sue strambe dichiarazioni,
tutte le cose che Cas aveva fatto per lui senza mai chiedere nulla in cambio;
come diavolo aveva fatto a non capire? Se il suo angelo fosse stato una donna non avrebbe avuto dubbi su cosa significasse tutto
quello. Cazzo. Cazzo, cazzo, cazzo.
«Dicevi
sul serio?» chiese questi, all’improvviso, resuscitando i due succitati
neuroni.
«Cosa?»
domandò Dean, ancora in preda alle vertigini.
«Quando
hai detto che potevo venire da te quando voglio» chiarì l’angelo.
«Uh,
sì, certo» rispose senza pensarci «Magari, però,
chiama prima, okay? Come hai fatto oggi» specificò
poi, perché con Cas non si sapeva mai cosa poteva accadere; una ragazza che
appariva in una stanza mentre era a letto con un’altra non era certo l’ideale.
«Perché
è sbagliato?» lo interrogò allora l’angelo, lasciandolo di nuovo perplesso «Intendo, per due amici. Perché non dovrebbero essere intimi?»
«Proprio
non ce la fai a dire sesso, Cas? Non
è una parolaccia, sai?» il cacciatore sogghignò «Non si fa e basta, o si è
amici o si è amanti» asserì più serio.
«Ma tu
lo fai con chiunque. Fai sesso con
chiunque» obbiettò lei.
«Cos- Io
non lo faccio con chiunque!» sbottò Dean, davvero oltraggiato.
Castiel
roteò gli occhi – sul serio, lo fece. «D’accordo. Lo
fai con la prima che capita» si corresse.
«Io
non…» cominciò, poi strinse i denti e prese un respiro profondo, imponendosi di
calmarsi. «Il sesso può essere molto divertente, se si
è entrambi coscienti che non supererà un certo limite. Scoparti gli amici è
superare quel il limite; serve solo a complicare le cose. Uno dei due finisce
sempre per desiderare qualcosa di più e le cose poi vanno a puttane. È una
questione di rispetto, okay? Non ti metti volutamene in una situazione che sai causerà dolore ad una persona a cui vuoi bene».
«Però…»
ritentò Cas «… hai detto che la differenza tra un’amica ed
una fidanzata è il desiderio sessuale. Quindi, se c’è,
non è un’amica, è qualcosa di più»
formulò, cercando di seguire il suo ragionamento.
Dean
sei sentiva sempre più frustrato. «Cas il mondo non è bianco e nero» sbottò.
«Non
capisco» rispose lei, cocciuta.
«Non
posso spiegarti tutto, certe cose le devi vivere!»
«E
allora fammele vivere!» rispose a tono l’angelo, e poi si stavano baciando e lui
non aveva idea di come fosse successo o di chi si fosse mosso per primo, sapeva
solo che stava stringendo Castiel come se potesse volare via da un momento
all’altro, chiudendo tra le dita manciate dei suoi capelli lunghi, mentre lei
si tirava addosso il suo corpo con fin troppa forza.
Dean
non aveva idea di quanto tempo andarono avanti, Cas lo baciava senza alcun
accenno di timidezza, spingendo la lingua a fondo nella sua bocca,
succhiandogli le labbra, mordendole – e, okay, era una tecnica po’ rozza, ma
suppliva con l’entusiasmo – e ad ogni secondo lui
desiderava di più di tutto: più labbra, più lingua, più morsi, più capelli da
stringere, più pelle da toccare. Riuscì a staccarsi da lei solo quando i
polmoni cominciarono a bruciargli per la carenza di
ossigeno e gli occhi a lacrimare per lo sforzo.
Ansimante,
poggiò la fronte contro la sua, e le guance di Cas tra le sue mani erano rosse
come mele, la sua bocca livida e gonfia.
«Dean…»
sussurrò lei, facendogli venire voglia di ricominciare tutto da capo.
Merda.
Che cazzo stava facendo? Aveva appena baciato Castiel come se non ci fosse un
domani e non gli bastava, non gli bastava affatto. E
Cas era… era…
«Sei innamorato di me, Cas?» chiese, perché doveva e perché
non capiva più un cazzo.
L’angelo
si limitò a baciarlo ancora – un bacio piccolo piccolo, appena uno sfiorarsi di labbra –, in un
implicito assenso.
Dean
non riusciva a respirare. «Perché?» soffiò.
«Perché
no?» replicò lei.
«Cosa vuoi dire?» Cristo, c’erano centinaia – milioni! – di ragioni per non farlo.
«Perché
sei l’Uomo Giusto; perché la tua anima è la più luminosa del mondo; perché ti
ho desiderato per me fin dalla prima volta che ti ho visto, giù all’Inferno; perché
non capisci quanto vali, e questa è la tua più grande
debolezza e la tua più grande forza; perché mi hai spinto a cambiare; perché mi
hai insegnato a vivere; perché sei paziente; perché mi fai saltare i nervi;
perché ci sei sempre. Scegline una, vanno bene tutte» elencò senza imbarazzo,
confondendo sempre di più il ragazzo ad ogni parola.
Castiel lambì ancora una volta la sua bocca. «Tienimi con te» sussurrò poi.
Dean si
sentiva il cuore battere nei timpani, la testa vuota, la gola asciutta, la
salivazione azzerata. Non riusciva a pensare, non riusciva
a parlare. Che diavolo gli prendeva? Dio, lui non si meritava tutto quello.
Scosse il capo, frastornato. Perché Cas doveva sempre farlo sentire così? In
bilico, ma al sicuro, protetto, accettato. Era esasperante, con quei suoi modi
da bambino, non capiva mai un accidenti, costringendolo a badare a lui, e poi
c’erano quei momenti in cui lo trattava come un idiota, solo perché era un
fottuto pennuto millenario e aveva un cervello superiore, e Dean voleva così tanto prenderlo a pugni.
Di
colpo, e senza alcuna logica, si rese conto che se Cas fosse stato una donna
lui sarebbe impazzito per lei fin dal primo momento; era tutto ciò che aveva
sempre cercato. E, be’, ora era una ragazza, no?
«Dio,
moccioso, che diavolo mi stai facendo fare?» sussurrò
esausto, prima di catturare di nuovo le sue labbra.
Castiel
non si fece pregare, si pressò contro di lui, leggera ed
autoritaria come un’amazzone – e Dean ci aveva avuto a che fare con quelle,
sapeva quanto fossero esplosive –,
così naturale da fargli nascere in testa una o due domande; dov’era il
verginello imbranato che ricordava? Aveva un sapore buonissimo, che lui non
riusciva ad identificare, e le sue labbra erano così
fottutamente morbide.
Lei
sussultò quando il cacciatore lasciò scivolare una mano lungo la sua schiena,
sotto la maglietta, e con una tecnica collaudata slacciò il reggiseno.
Dean si
scostò appena in tanto da guardarla negli occhi. «L’hai scelto per provocarmi,
vero?» intuì all’improvviso, sfiorando il profilo delle sue costole con i
pollici – Cristo, era piccola come un uccellino!
Castiel
arrossì leggermente e poi scosse il capo, ma il modo in cui distolse lo sguardo
era piuttosto colpevole.
«L’hai
fatto» sussurrò lui al suo orecchio, sempre più convinto, prima di scendere ad
assaggiare quel collo impossibilmente bianco e
sottile.
«Dean…»
soffiò l’angelo e, proprio quando il cacciatore stava per arrivare in prima
base, qualcosa cambiò. Ci fu un forte rumore di strappò, lui percepì le ossa
sotto la sua presa cambiare, e all’improvviso c’era
molto più superficie sotto di lui e la pelle che stava succhiando, per quando
morbida, divenne leggermente ispida.
Dean si
spostò in modo brusco, sorpreso, e sgranò gli occhi, perché quella tra le sue
braccia non era più una ragazza, era Castiel. Il solito, vecchio Cas, con i
capelli arruffati, un accenno di barba a sporcargli le guance, ed i vestiti da donna lacerati da un discreto quantitativo
di muscoli in più. Uomo, assolutamente, invariabilmente, virilmente maschio.
«Q-questo è imbarazzante» riuscì a scollarsi dal palato,
dopo un intero minuto di silenzio.
Le mani
dell’angelo – ora decisamente più grandi e pesanti di
prima, nonostante l’eleganza, – che erano rimaste sulle sue spalle, si
spostarono un po’ più su, accarezzandogli il collo e Dean istintivamente
sussultò, ritraendosi.
Gli
occhi di Cas si spensero – davvero,
non c’era altro modo per descrivere il blu che divenne di colpo opaco e
distante – e lui allontanò le mani dal corpo del ragazzo. «Credo che Balthazar
si sia appena preso la sua vendetta» constatò e fu uno
schiaffo in pieno viso comprendere a che livelli di stronzaggine fosse arrivato
quel figlio di puttana; aveva dato al fratello quello che desiderava di più al
mondo per poi strapparglielo sul più bello.
«Cas…» tentò Dean, ma troppo tardi, il suo angelo era già
volato via.
*°*°*°*°*
Quando
tornò al motel, scoprì Sam a gingillarsi con il suo nuovo giocattolo: un e-reader. Se l’era portato fin sotto le coperte come una
specie di orsacchiotto. Ma la sua attenzione per quel
Nerd scivolò via nel momento stesso in cui Dean notò qualcosa steso sul proprio
letto: un trench da donna.
«Cas è
stato qui?» esclamò, voltandosi di nuovo verso di lui.
«Sì, è
tornato normale, finalmente. È passato per riprendersi i vestiti di Jimmy, che
aveva lasciato a noi. Quello è tutto ciò che è sopravissuto dei nostri
acquisti, tutto il resto è finito strappato. Non mi ero mai accorto che Cas
fosse così muscoloso» rifletté suo fratello a voce
alta – e certo che no, lui era un armadio a due ante, cos’erano gli altri a
confronto? –, ma Dean aveva già smesso di ascoltarlo.
Sollevò
il soprabito e lo arrotolò con cura, sfiorandolo un’ultima volta con una
carezza nascosta, prima di poggiarlo sulla sua sacca da viaggio. Perché ogni volta
tutto ciò che gli restava era un trench stropicciato?
*°*°*°*°*
Nelle
settimane seguenti, le cose andarono avanti in modo sorprendentemente normale. Castiel venne
loro in soccorso in un paio di casi e sembrava sempre lo stesso, il solito
vecchio Cas: forte, autoritario, con tempistiche che spaccavano il secondo,
serio, imbranato, maschio. Come se
non fosse successo nulla, come se non avesse passato una settimana sotto forma della sosia di Liv Tyler, come se gli altri
angeli non l’avessero mai ghettizzato. Come se lui e Dean non avessero
pomiciato furiosamente sul sedile passeggero dell’Impala.
E Dean…
Dean non se lo aspettava, okay? Perché Cas non era esattamente famoso per
essere uno che mollava l’osso tanto facilmente. Era come se nella stanza ci fosse
il fantomatico elefante rosa e lui fosse l’unico a vederlo. Arrivò quasi a
pensare di essersi immaginato tutto. E la cosa lo faceva incazzare, perché Cas
aveva detto di essere innamorato di lui ed ora si
comportava come se nulla fosse successo.
Il
cacciatore cercò di ripetersi per l’ennesima volta che non era colpa sua. Sì,
aveva avuto una reazione un po’ eccessiva, quando l’amico era tornato normale,
ma lui non era abituato a farsi toccare da un maschio, okay? Trent’anni di
eterosessualità non scompaiono in uno sbuffo solo perché razionalmente sai che
quello davanti a te è un essere asessuato, infilato in un preservativo a forma
di umano. Però Dean non era uno stronzo e non era
nemmeno un bigotto; poteva lavorarci, ecco. Ma non
tutto in una volta!
E lui
non si era scoperto a studiarlo in continuazione, ad apprezzare la curva del
suo collo sottile, o la forma delle sue labbra, o a fissare quei piccoli nei
deliziosi che aveva sotto l’orecchio – tre, erano tre, quasi messi a triangolo, e Dean lo sapeva da sempre che
c’erano e magari era un po’ patetico, sì –, no, assolutamente no.
E ora
Cas lo ignorava e lui non ci capiva più un cazzo. Perché diavolo lo stava
facendo? Pensava che lui volesse questo? Era vero, lui tendeva a soffocare i
ricordi che lo facevano stare male e a non parlare dei propri sentimenti, ma
non infilava la testa sotto la sabbia davanti a cose simili. Se c’era un
problema, per quanto scomoda la situazione potesse
essere, Dean lo affrontava.
Merda, si
stava facendo dei complessi per Castiel? Voleva sul serio chiarire quella
faccenda? E poi cosa? Che cazzo avrebbe fatto, si sarebbe impegnato con un
angelo, si sarebbe portato a letto un uomo? Non era sicuro di farcela.
Sai che c’è? Cas vuole far finta di nulla?
Bene! Se l’è cercata, si disse, stappando una birra e chiudendo il
frigo bar della stanza con un colpo secco. Quello che gli ci voleva era una
scopata. Una sana scopata etero senza impegno. Così avrebbe ricordato che gli
piacevano le donne, e ‘fanculo stupidi mocciosi millenari
in trench.
Ma
quando Sam, dopo il caso appena risolto, gli disse che sarebbe andato a bere
qualcosa in quel bar che avevano visto sulla strada,
Dean non riuscì a seguirlo.
Che cazzo, l’ho baciato, non gli ho messo
una fede al dito!, pensò,
frustrato, rastrellandosi i capelli con le dita. Grugnì seccato e si buttò sul
letto, accendendo
Erano
passati forse dieci minuti dall’uscita del fratello, quando la porta – che era
chiusa a chiave, Cristo! – si spalancò all’improvviso, facendolo balzare in
piedi, pistola alla mano, e Castiel entrò a passo di marcia, dirigendosi subito
verso di lui.
«Cas,
che accidenti ti prende?» esclamò il cacciatore, abbassando l’arma, ma l’angelo
continuò ad avanzare verso di lui con quel cipiglio incazzato e il cacciatore
arretrò istintivamente, finendo con le spalle al muro.
Come
diavolo lo aveva trovato? Aveva chiesto a Sam? E da quando Cas chiamava Sammy anziché lui? Fu quasi tentato
di puntargli di nuovo la pistola addosso, ma Dean sapeva distinguere il vero
Castiel da un’imitazione e i proiettili non servivano ad un cazzo contro i
gallinacei divini. Reinserì la sicura e abbassò l’arma lungo il bianco, tenendo
il braccio a riposo.
Intanto
l’angelo gli si parò di fronte e lo imprigionò contro la parete, poggiando le
mani ai lati della sua testa e bloccandogli ogni via di fuga. Non fece nulla,
si limitò a fissarlo per un minuto intero con quello sguardo granitico, ad una manciata di centimetri dalla sua faccia, facendolo rabbrividire.
Dean
deglutì a fatica e frullò le ciglia, teso. «Cas…?» gracchiò, innervosito da quegli occhi implacabili.
Non riusciva più a pensare, faceva perfino fatica a respirare, il suo profumo
gli stava facendo girare la testa – e da quando Castiel ce l’aveva un profumo? – e si sentiva le ginocchia molli come gelatina.
«Vuoi
che me ne vada?» disse solo l’angelo, atono, sempre fissandolo in quel modo che
lo faceva sentire tremendamente a disagio, nudo, esposto.
E di
colpo, Dean si sentì assalire da un’ondata di panico così intenso da chiudergli
la gola. «No!» sbottò, prima di poterselo impedire, lasciando cadere la pistola
e chiudendo le mani sui lembi del suo trench. «No» aggiunse un po’ più
controllato, ansimando in cerca d’aria.
«Vuoi
che cambi tramite?» gli chiese allora, con voce un po’ tirata ed il ragazzo sussultò.
«Lo
faresti?» replicò incredulo. Dean non poteva certo capire a pieno cosa
significasse per un angelo una cosa simile, ma sapeva abbastanza: cambiare
corpo, doversi abituare ad uno nuovo, magari molto
meno affine, rinunciare ad una forma ormai familiare, ad un’anima che portavi
con te da anni e consideravi amica, sfruttare un’altra persone e rubarle la
vita…
Castiel
strinse le labbra e distolse lo sguardo, ed il
cacciatore capì che l’idea non gli piaceva affatto, ma avrebbe potuto farlo,
per lui avrebbe potuto.
Gli
occhi dell’amico tornarono nei suoi, bruschi, decisi, quasi violenti. «È quello
che vuoi?» insistette, duro.
Dio,
cosa voleva Castiel da lui? Sapere se avrebbe avuto una possibilità? Se così
Dean lo avrebbe accettato?
Il
cacciatore scosse il capo e stropicciò la stoffa del soprabito fra le dita. «Voglio…. voglio un po’ di tempo. E
che ci andiamo piano… per abituarmi. H-ho… bisogno
che tu sfoderi un po’ della tua pazienza angelica»
tentò, chinando il capo «Non è molto, lo so. M-ma
sono umano, Cas, non posso prometterti nulla di più»
concluse, sentendo il cuore sbattere contro la gabbia toracica come se avesse
invaso tutto lo spazio, soffocando i polmoni, che non riusciva più a dilatare,
e tutto il resto.
«Okay» gli
sussurrò Castiel all’orecchio e, rialzando la testa, Dean scoprì che si era
fatto più vicino, poggiandosi al muro con gli avambracci ed
invadendo ancora di più il suo spazio personale. «Okay» ripeté ed i suoi occhi ora era più gentili e caldi, e tanto, tanto
blu.
«Okay»
confermò il cacciatore, annuendo come un idiota, e poi Cas lo baciò, morbido e
dolce, e un sacco di altre cose che gli fecero salire il cuore in gola.
Dean
gli mordicchiò le labbra, indispettito, e l’angelo sorrise appena contro le
sue, in un modo che lo irritò ancora di più. Lo tirò per il bavero dell’impermeabile,
schiacciandosi di più il suo corpo addosso, e schiuse la sua bocca con la
lingua per prendersi un bacio degno di questo nome.
«E non
lasciarmi mai, mai più, solo con un
trench stropicciato» ringhiò, strattonandolo leggermente, e gustandosi i suoi
occhioni sgranati da moccioso.
Certe
cose non sarebbero mai cambiate, e andava bene così. Davvero, andava bene così.
FINE.
[1] Anne Rice – Scelti dalle Tenebre.
[2] Il nome con cui