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Autore: Giallo4ver    25/02/2012    1 recensioni
(Titolo random, non sapevo davvero come chiamarlo. E' probabile che verrà cambiato, se ne troverò uno migliore...)
La sua prima emozione, non è gioia di vivere, ma paura di esistere, rimpianto per essere venuto al mondo, un mondo che non lo voleva, che non gli dava neanche il tempo di chiedersi se aveva un nome, e se ne aveva uno, qual era.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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d Buio.
Rumore assordante di qualcosa che  batte freneticamente su qualcos’altro.
Luce, ed un ruggito che sovrasta ogni rumore.
La luce illumina scheletri che si protendo verso il cielo, e carcasse indistinte ammucchiate al suolo.
Un bambino sugli otto anni, si guarda attorno.
Ha appena aperto i suoi occhi, il suo cuore ha appena battuto il primo rintocco della vita, le sue orecchie sentono i loro primi rumori, la sua pelle avverte le prime sensazioni, la sua mente ed il suo istinto trasmettono ai muscoli il primo ordine: correre.
Non ‘Chi sono?’ ‘Dove sono?’, solo, correre.
Non ‘Correre dove?’ ‘Correre da chi?’, semplicemente, correre.
E mentre si getta in una fuga disperata, in una qualsiasi direzione, si sente inseguito da quella luce e quel ruggito, che si alza ancora e ancora, quasi incalzandolo.

Ecco, la sua nascita, ed il mondo lo saluta così, riesce a pensare mentre continua a correre, e qualcosa lo graffia dappertutto, mentre la terra cerca di sottrarsi ai suoi piedi e di farlo scivolare, e la luce  e il ruggito impazzano ad intervalli regolari di pochi attimi.

La sua prima emozione, non è gioia di vivere, ma paura di esistere, rimpianto per essere venuto al mondo, un mondo che non lo voleva, che non gli dava neanche il tempo di chiedersi se aveva un nome, e se ne aveva uno, qual era.

Correre, correre ancora nel buio, su qualcosa di viscido e bagnato, con urla e ululati spaventosi alle spalle.
D’improvviso, sbucare in uno spazio aperto, dove il cielo è visibile, il terreno è duro e lineare, la pioggia vi batte sopra ticchettando ritmicamente.
Non c’è nessuno, però.
Lui è ancora solo, dunque.

Alza gli occhi al cielo, cercando di arraffare quanta più aria possibile.
Il cielo è nero, senza luna.
La pioggia continua a bagnarlo insistente.
Vede il nero di quel cielo aperto e traforato da una frastagliata, spigolosa ed abbagliante linea gialla, che illumina tutto, ma solo per un momento, e poi sente quell’ululato terribile.
Riprende a correre, seguendo quel sentiero lineare.

Non sa quanto ha corso, non sa quanto è stanco, ma quando giunge nelle vicinanze di quella che crede un rifugio, una volta entrato e messosi al riparo dalla pioggia, avverte le gambe crollare e si ritrova in ginocchio.
Si lascia cadere a terra, basta, non vuole più saperne niente, e chiude gli occhi tra lacrime che non sa di aver versato.

Sente delle voci, parole figlie di un latino bastardo, a metà tra la vera lingua e un greco strano, anch’esso non totalmente sé stesso.
Sente caldo, si sente asciutto, adagiato su qualcosa di morbido e non freddo.
Apre gli occhi, una stanza semibuia accoglie il suo risveglio.
Poi, una figura.
Forse due, o forse di più.
Ma una sola si fa più avanti delle altre.
- Come stai?-
È la domanda che gli viene posta, ma lui non sa parlare, non si ricorda come si fa.
Apre la bocca, ma ne esce solo un suono smorzato e rauco.
- Va tutto bene, va tutto bene.- una mano calda e ruvida si posa sulla sua fronte bollente, scostandogli i capelli amorevolmente.- Riposati.- la voce, ora il bambino ci pensa, è di un uomo.
Lo sconosciuto sta per ritirare il braccio ed uscire, ma il piccolo lo afferra, lo stringe forte, quasi lo attanaglia.
Non vuole restare solo, al buio.
Avverte l’uomo sedersi sul letto e prendere le sue manine tra le proprie, riscaldandole.
- Sono Apulia.- dice poi, in tono calmo.- E tu sei la Lega Italica.- gli rivela.
Ecco, ora  il bambino si ricorda.
Si ricorda ciò che lo spavento gli aveva fatto dimenticare.
- Mi chiamo Lisandro.- continua lui.
- Lovino Vargas.- replica flebilmente.
Sì, è riuscito a dire il suo nome, finalmente ricorda tutto.
Ricorda perché è nato.
Ottenere la cittadinanza romana, a qualunque costo.


Note finali:
Chiedo scusa, come al solito, se fa un po' schifo...ho immaginato che Lovino nascesse in occasione della ribellione dei popoli italici e della loro successiva guerra contro i romani per ottere la cittadinanza.
Il fatto che si sia ritrovato in un bosco, è perché l'Italia del Sud e, in generale, l'Italia, così come le altre regioni e Nazioni future, non era urbanizzata come oggi, per cui la boscaglia, sebben ridotta dai romani e dai vari popoli, era pur sempre un elemento quasi costante.
Il 'rifugio' dove si ferma Lovino è la 'fattoria' di Apulia.
Perché proprio in Puglia? Ho letto che, mi pare, o Lovino o Vargas, non ricordo bene quale dei due, era un cognome tipico pugliese, molto diffuso.
In conclusione, spero non sia del tutto orribile, grazie per aver letto. ^^
  
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