-Non andare,ti prego.-
Silenzio d’autunno,le foglie cadono pigramente per terra da alberi oramai dormienti.
Il gelido cielo,grigio come la morte,promette pioggia e tempesta.
-Vergil,non andare.Rimani ancora un po’,qua con noi.-
La donna lo implora,stringendo un bambino al seno:sangue del loro sangue.L’infante sembra dormire beato,succhiandosi il pollice.Lui non vuole svegliarlo.Che dorma ancora un po’,che chiuda ancora per un attimo gli occhi davanti agli orrori della vita.
-Vuoi farlo crescere orfano? Perché se è così,basta dirlo.-
-Voglio che cresca come una persona normale.-
Sono poche parole,quelle dell’uomo dai capelli bianchi rivolti all’indietro,nella sua tunica blu zaffiro.Poche,ma perentorie.
-Che differenza fa,Vergil?- urla la donna.Il marito ne avverte il dolore,l’ira,la disperazione,ma in fondo anche quell’amore che li ha legati fin dall’inizio.
Lui non risponde e si limita a osservare il cielo.Sa infatti che ciò che gli occorre per cambiare le cose è proprio là sopra,al di là delle nuvole.Solo un grande potere può sfidare una maledizione antica,la sua stessa natura.
Un potere come quello di suo padre.
Improvvisamente,è colto da un’ispirazione.
Vergil non crede nella magia:solo il potere può realmente cambiare le cose.
-Cosa fai?- chiede lei,davanti al marito che prende in braccio suo figlio.
-Gli regalo un futuro sicuro.- risponde Vergil,e passa un dito sul braccio destro di Nero esprimendo in silenzio un desiderio.
Il desiderio di poterlo proteggere in qualsiasi momento.
Non servono parole:i veri incantesimi vengono dal cuore e non dalla mente,anche un cuore nero come il suo,pensa Vergil.
Nero.
Che bel nome.