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Autore: EverShadow    26/02/2012    3 recensioni
Ambientato nel 18° secolo in Europa. All’età di 10 anni, Santana Lopez, nata in una famiglia benestante, conosce una contadina chiamata Brittany. A discapito delle differenze tra le due classi sociali, Santana si innamora di lei. [Traduzione]
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash, Slash | Personaggi: Brittany Pierce, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti! Prima di tutto mi scuso per il ritardo ma i capitoli sono veramente lunghiiiiiiissimi da tradurre e io faccio del mio meglio per farlo il più velocemente possibile. Spero che non ci siano erroracci di alcun tipo e se li notate vi prego di segnalarmeli. Grazie mille a chi ha messo la storia tra i preferiti, seguite o ricordate, a chi recensisce e a chi legge soltanto.

Buona lettura;))  

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Prologo parte 2: La Maledizione di Compleanno


Brittany Pierce non è sempre stata povera. La sua famiglia non è mai stata neanche tanto ricca ma loro non erano mai stati così maledettamente poveri come i fratelli di Brittany ricordavano. Suo padre lavorava per una benestante e potente famiglia come calzolaio che possedeva una piccola casa nella propria proprietà, in una zona abbastanza tranquilla. Sua madre si occupava di un piccolo pezzo di terreno dove coltivava le verdure che poi vendeva al mercato cittadino. La vita era più che accettabile. Ma molto presto, Brittany non ricordava quando anche perché era ancora molto piccola, la famiglia benestante fallì e abbandonarono la casa in cui vivevano e fu così anche per la famiglia di Brittany.

Loro avevano l’intenzione di seguirli ma il capofamiglia ex benestante non si poteva neanche permettersi di pagare i loro servizi o qualsiasi altra cosa dato che erano stati sfattati. Il padre di Brittany allora si rivolse ad una nuova famiglia e li implorò di mantenerli. Li promise che avrebbe fatto le più fini scarpe che loro avrebbero mai visto ma purtroppo la famiglia rifiutò.

Senza lavoro, la famiglia si trasferì in un’altra città con i loro figli e il nuovo arrivato. Brittany aveva solo tre anni e non si ricordava nulla di tutto questo. Ricordava la notte in cui un messaggero bussò alla loro porta riferendogli la notizia che entro due giorni dovevano lasciare la casa. Si ricordava sua madre piangere quando il padre chiuse la porta, ringraziando il ragazzo con un tono atono di cui lasciava trasparire quello che in realtà non voleva intendere quello che disse. Sua madre continuò a lamentarsi, chiedendosi cosa avrebbero potuto fare adesso. Il suo fratellino, spaventato dal rumore, incominciò a piangere.

Questo era uno dei primi frammenti della memoria di Brittany. Sua madre sul loro grande letto ben coperta a causa dal freddo. Piangeva e passò il bambino al marito cosicché lei potesse coprirsi il volto. Suo padre fece del suo meglio per consolare il neonato, cullandolo avanti e indietro sussurandogli che tutto andrà bene. Troppo piccola per capire il perché fossero tutti tristi, e perché sua madre stava piangendo, Brittany scoppiò in lacrime.

In due giorni, Brittany e la sua famiglia impacchettarono quel poco che avevano di prezioso, dei vestiti, le lenzuola, la loro argenteria che prontamente avevano venduto nel tentativo di recuperare velocemente dei soldi, e gli strumenti da lavoro del padre. Affittarono una piccola casa, troppo piccola per quattro persone. Suo padre aveva provato a guadagnarsi da vivere riparando scarpe. L’istante in cui si trasferirono, lui fece un’insegna che diceva, “ciabattino e calzolaio” e lo appese. Brittany si ricordava che lo aiutò a dipingere l’insegna. Ma solo poche persone si presentavano e qualche volta non veniva nessuno. Dove vivevano, le persone era già fortunate ad avercele le scarpe e di sicuro non potevano permettersi di farsele riparare.

Brittany iniziò a fare l’elemosina per le strade. La prima volta che lo fece aveva quattro anni, sua madre l’accompagnò fuori dicendogli di chiedere a chiunque, sia che era ricco o no, dei soldi. Imparò velocemente com’era sentirsi affamata tutto il tempo, che fare l’elemosina in certi angoli si prendeva più soldi e in altri si rischiava di imbattersi nei bulli locali. Ma non dopo poco tempo, sua madre diede alla luce un altro bambino, un’altra bocca da sfamare che loro non potevano permettersi. Suo padre gli promise che ce l’avrebbero fatta ma sua madre era scettica. Un anno e qualche mese dopo, nacque un altro bambino e l’anno seguente dei gemelli. La loro famiglia continuò a crescere fino a quando divento una famiglia di otto componenti e questi erano in serio pericolo di morire di fame.

La vita divenne sempre più difficile. Brittany era incaricata non solo di fare l’elemosina, ma anche di badare ai propri fratelli. Sua madre incominciò a riparare vestiti in cambio di pochi soldi. Ricordava che dava da mangiare ai suoi fratelli prima di lei e qualche volta non c’era più cibo dopo di loro. Solitamente li guardava mangiare, pensando dentro di sé che loro avevano bisogno di crescere velocemente così potevano incominciare a lavorare ed aiutare la famiglia. Ma l’ottimismo non ha mai sfamato uno stomaco affamato e Brittany a volte si sentì svenire dopo una lunga giornata. Suo padre sacrificava sempre parte del suo cibo per lei così almeno non moriva di fame, ma la vita era moto difficile e non c’era fine al loro dilemma.

Da bambina, sua madre le raccontava spesso delle storie riguardanti come un giorno, un ricco e bellissimo Lord l’avrebbe vista per strada e si sarebbe innamorato perdutamente di lei così Brittany andava a dormire, desiderando di crescere in fretta così poteva incontrare l’uomo che non solo si preoccupasse per lei ma anche per la sua intera famiglia. Erano queste storie che l’aiutavano ad addormentarsi la notte quando il suo corpo gli doleva e il suo stomaco brontolava dalla fame.

Le cose peggiorarono quando sua madre restò ancora incinta. Brittany aveva 9 anni quando sua madre realizzò il perché stava male quelle mattine. Si sedé sul letto e pianse per ore, dicendo cose come, “non possiamo permetterci altri figli! Moriranno solo di fame!” Brittany la guardò buttandosi in un  lamento isterico mentre i suoi fratelli piangevano anche loro sia di fame che di tristezza. Senza una parola, corse fuori di casa e si ritrovò nelle strade di notte. Fuori era tranquillo e fresco e Brittany si asciugò le lacrime sul palmo della mano mentre vagava senza meta. Una sentinella nel suo turno notturno la guardò, ma non prestò molta attenzione anche se stava piangendo da sola in mezzo all’oscurità; l’uomo ne aveva visto già troppi nelle stesse condizioni. Così Brittany vagò in giro, seguendo le strade fino a quando si imbatté in una chiesa. La sua famiglia non è mai stata religiosa; solitamente lavoravano tutto il giorno, anche quando tutti gli altri andavano in chiesa per pregare. Brittany non ci ha mai provato, ma s’inginocchiò sui gradini, giunse le mani e strinse gli occhi.

“Ti prego, Dio.” Sussurrò. “Salva la mia famiglia.”

Il suo desiderio non si avverò immediatamente. I suoi fratelli, una volta cresciuti abbastanza, si unirono a lei in strada, chiedendo l’elemosina a chiunque passasse per la strada. Sua madre diede alla luce una bambina e a discapito del fatto che non avevano più cibo per nessuno, Brittany era entusiasta di avere finalmente una sorellina dopo cinque fratelli. Si promise a se stessa che avrebbe fatto di tutto per il suo bene. Questo avvenne un mese prima del suo compleanno e considerò la sorellina come un regalo anticipato.  

Era stato pochi giorni dopo la nascita della piccola Mary che si presentò il Conte. Era una fredda e nebbiosa mattina ed era difficile vedere i bambini che erano per strada. Brittany e uno dei gemelli erano al loro solito angolo quando un cane corse davanti a loro. Eccitato e curioso, il suo fratellino gridò di gioia e lo inseguì. Brittany sentii gli zoccoli e il cigolio delle ruote di una carrozza in arrivo.

“No! Fermatevi!” Gridò, correndo verso la carrozza. Appena vide i cavalli, Brittany afferrò il fratello e lo strinse per proteggerlo contro il pericolo. I cavalli fecero una fermata brusca, nitrendo mentre il conducente si lasciò sfuggire una lunga serie di imprecazioni. Quando Brittany aprì gli occhi, sia lei che suo fratello erano salvi.

“Averi dovuto frustare te, ragazzina!”

“Mi dispiace!” Disse Brittany, portandosi dietro la schiena il fratello per proteggerlo in caso in cui il conducente fosse venuto giù dalla sua postazione a picchiarla. Le tende sul lato della carrozza si aprirono mostrando un vecchio, calvo e grasso uomo che guardò la vicenda con rabbia.

“Cosa significa tutto questo? Perché ci siamo fermati all’improvviso?”

“Mi perdoni Conte Baste, questi miserabili correvano davanti alla carrozza e sono quasi morti.”

“Hmph, avresti dovuto lasciare andare avanti i cavalli, così non gli avrebbero mancati.” Lo derise il Conte. Proprio mentre stava per chiudere le tende color porpora, vide Brittany e le diede un’altra occhiata con gli occhi socchiusi, perplesso. Il conducente stava per dare l’ordine ai cavalli di proseguire ma il Conte lo fermò.

“Conducente, aspetti.”

“Si Conte.” Il Conte scrutò Brittany che aveva iniziato a rimpicciolirsi sotto quello sguardo. L’uomo fece schioccare le dita, dando il segnale al conducente di scendere dal suo posto e aprirgli la porta, inchinandosi quando il Conte uscì.

“Ragazzina, vieni qui.” Le disse, facendo il cenno con la mano. Scese dalla carrozza  e si diresse verso di lei e Brittany intravide una giovane ragazza, forse di qualche anno in più di lei, seduta nel sedile accanto a lui.

I suoi capelli erano in disordine e aveva un trucco molto pesante mischiato a lacrime o sudore. Il vestito era tirato su fin sopra le ginocchia e lei lo lisciò il più velocemente che poteva quando il Conte uscì dalla carrozza. Quando catturò gli occhi di Brittany il suo sguardo era pieno di tristezza, disperazione e pietà. Brittany non avrebbe mai dimenticato il modo in cui la guardava.

Il Conte si fece strada verso Brittany. La sua stazza era impareggiabile e il suo odore era orribile: muschio mescolato con un profumo economico. Le sue mani erano decorate da anelli di tutti i colori, forme e dimensioni. Il mantello era fatto di morbida pelliccia, ricamato con gioielli. Brittany avrebbe voluto fuggire ma si mostrò cortese e sopra ogni cosa protettiva verso il fratello.

“Come ti chiami?” Chiese. Brittany restò in silenzio. Allora guardò dietro le sue spalle e vide il ragazzino biondo dai capelli sporchi che sbirciava l’uomo da sotto le braccia di Brittany. Non aveva mai visto nessuno come lui.

“Dimmi, Ragazzino, come si chiama la tua adorabile sorella?”

“Si chiama Brittany!” Disse a voce alta. Il Conte sorrise in un modo che fece sentire Brittany a disagio. Non aveva mai saputo che un sorriso poteva far venire spiacevoli brividi lungo la schiena. Suo padre, quando sorrideva, la faceva sentire sempre bene e il sorriso di sua madre era solitamente l’ultima cosa che vedeva prima di andare a dormire. Non importa quanto la vita fosse dura, loro avrebbero sempre sorriso e questo la faceva sentire meglio. Il Conte d’altra parte, con i suoi denti gialli e l’alito pesante, fece venire a Brittany la voglia di scappare via ma sapeva anche che suo fratello non sarebbe riuscito a tenere il passo. Anche se non era educato scappare da qualcuno che era chiaramente di classe superiore. Il Conte allungò la mano e accarezzò la testa di suo fratello. Tirò fuori dalla sua tasca una moneta e la diede al ragazzo.

“Avete un padre?” Chiese.

“Se te lo dico, mi darai un’altra moneta?” Chiese sfacciatamente suo fratello. Il Conte sorrise e Brittany distolse lo sguardo. Voleva far smettere di parlare suo fratello. Quell'uomo la faceva sentire a disagio. Ma lui era ricco e gli stava dando del denaro.

“Te ne darò altre due se mi portate da vostro padre.” Disse. Il ragazzo lasciò la mano di Brittany e corse via velocemente. Brittany desiderò che non fosse andato via perché adesso era da sola con l’uomo e non le piaceva neanche un po’. Il Conte rivolse la sua attenzione su Brittany.

“Quanti anni hai Brittany?” Chiese. Brittany pensò alla sua sorellina, ai suoi fratelli e alla fame persistente che affrontavano quasi ogni giorno. Si costrinse a parlare, sperando che si stava solo immaginando la sensazione di disagio.

“Nove, Signore.”

“Che amabile voce.” Commentò. “Dovresti parlare più spesso.” La sua voce era come olio che scivolava lungo la pelle di Brittany, facendola sentire unta e sporca. La sua mano le alzò il mento. Brittany si lasciò sfuggire un grido soffocato di protesta. Girò la testa di lato, poi l'altro, annuendo e borbottando tra sé. Brittany si sentii ispezionare come una bestia prima di essere mandata al macello. Dietro di lei udì dei passi pesanti e sperò che fosse suo padre.

“Signore, voleva vedermi?” Disse suo padre quando li raggiunse. Il Conte mollò la presa su di lei che si nascose dietro le gambe del padre.

“Si, come ti chiami?”

“John Pierce, Signore.” Rispose suo padre.

“E che cosa fai?” Continuò il Conte, non incontrando gli occhi di Brittany.

“Faccio scarpe, Signore, e le riparo.” Il Conte alzò un sopracciglio e si strofinò il mento.

“Hmm, molto bene, John. Ritornerò domani. Ho un paio di scarpe che hanno bisogno di essere riparate.” Gli occhi di suo padre si spalancarono e fece un grosso sorriso. Brittany alzò lo sguardo, non lo vedeva così eccitato da prima che erano stati buttati fuori dalla loro vecchia casa.

“Si, Signore! La mia casa si trova lungo quella strada, signore.” Indicò dietro di sé in una squallida strada a ciottoli. “L’insegna, Signore.” Il Conte riconobbe la casa e annuì. Rientrò nella carrozza e Brittany osservò il modo in cui la ragazza si allontanava il più possibile dell’uomo. Il conducente chiuse la porta e se ne andarono.

Suo padre corse verso casa per riferire alla moglie le nuove notizie. Sua madre piangeva dalla gioia quando le sentii. Disse che erano finalmente salvi. Suo padre iniziò a giocare con i bambini. Tutti, tranne Brittany, ballavano e ridevano.

Usando il denaro che guadagnarono grazie il Conte, fecero un bel banchetto di carne e pane. I ragazzi mangiarono soddisfatti e per una notte non si lamentarono per la fame. Brittany d’altra parte, mangiò poco. Il Conte l’aveva lasciata con un senso inquietante, come ha fatto la ragazza in carrozza accanto a lui. Il tocco del Conte era freddo e umidiccio e a solo ripensarci la fece rabbrividire. Non lo voleva più rivedere. Ma guardò la sua famiglia finalmente felice. Non li aveva mai visti così allegri prima. Così scacciò la sensazione di disagio e fece del suo meglio per unirsi alla loro gioia.  

Era mattina inoltrata del giorno dopo quando il Conte si presentò con un paio di scarpe di cuoio. Le suole erano tutte sgangherate, le diede a Brittany e entrò. L’uomo si guardò in giro con lieve disgusto per la sporcizia di quella casa mediocre.  

“E voi vivete qui? Non avrei permesso ai miei servitori di vivere in un posto del genere.” Sogghignò il Conte.

“Si, Signore. Ci viviamo mia moglie, io e i nostri sette figli.” La testa del Conte scattò in avanti con stupore.

“Sette? Mio Dio, come fate a gestire la casa?”

“E’ difficile, Signore.” Ammise. Gli occhi del Conte si accesero a quella informazione e si strofinò il mento.

“Allora, va bene. Voi avete qualcosa che mi interessa.” Disse, spostando lo sguardo verso la scala dove sapeva che dormivano i bambini; dove dormiva Brittany.

“La ringrazio Signore!” Rispose John. Il Conte non lo corresse. Non intendeva la sua  abilità come calzolaio.

Nell’arco di diverse settimane, il Conte li visitò spesso e ogni volta potava ai bambini dei regali, che fossero dolci o giochi. I ragazzi solitamente litigavano per i giochi ma Brittany cercava di stargli lontana il più possibile. Ogni volta che si presentò, Brittany si nascondeva fino a che se ne andava via,  anche se ciò significava stare al piano di sopra fino a sera.

Ben presto, comunque, il Conte iniziò a chiedere specificamente di Brittany. Li portò nuovi vestiti, chiedendole di indossarli. Suo padre, troppo educato di rifiutare tali doni, glieli fece indossare per poi farle fare una specie di sfilata davanti al Conte. L’uomo a sua volta la guardava con occhi affamati e Brittany si sentiva la pelle d’oca.

Ad ogni visita, i doni divennero ancora più costosi e il suo interesse per Brittany crebbe sempre più.
Anche il padre di Brittany cominciò ad accorgersi della reale motivazione dietro il suo bisogno di un calzolaio. Tuttavia, adesso era in grado di vestire e sfamare i suoi bambini propriamente e così ignorò i suoi istinti. La madre, invece, iniziò a preoccuparsi quando il Conte si presentò senza scarpe da riparare.

“Non mi piace quell’uomo.” Disse la madre. Brittany, che faceva finta di dormire, ascoltò dal pavimento mentre i suoi fratelli russavano intorno a lei.

“Perché?” Chiese il padre.

“Ha delle cattive intenzioni. Non mi piace come guarda Brittany.”

“Gli porta dei regali. Allora? E’ un uomo generoso.” Ragionò il padre.

“Ho sentito delle cose, John. Ho sentito che cerca ragazze giovani e le compra o le prende e le cresce come sue…”

“Basta.” Scattò il padre, sedendosi sul letto. “Sono solo pettegolezzi.” Ma la sua voce era instabile e le sue sopraciglia erano aggrottate, turbato dal problema.

“E se ha intenzione di comprare Brittany, che cosa farai?”

“Non ho intenzione di venderla. E’ mia figlia. Come potrei vendere mia figlia più grande?” Disse quasi gridando. La madre si distese sul letto e chiuse gli occhi. John si portò le dita tra i suoi capelli e sospirò di frustrazione.

“Ricordatelo, John.” Sussurrò. Suo padre spense la candela e Brittany ascoltò i suoi genitori addormentarsi. Non poteva dire lo stesso per lei. L’idea di suo padre di venderla al Conte non la fece dormire per tutta la notte. Brittany si raggomitolò e pregò che suo padre non la vendesse.

Il Conte smise di farsi vedere dopo quella notte. Senza i suoi soldi, i bambini poco a poco ritornarono di nuovo magri e incominciarono a piangere dalla fame. Di fronte ai propri occhi, John Pierce osservò i sui figli diventare da felici, pieni di salute a tristi, stanchi e affamati. Ogni giorno che passava portava sempre più difficoltà alla propria famiglia. Ogni giorno John aspettava nel suo negozio che il Conte si mostrasse di nuovo. Ma erano passati giorni di relativa prosperità e la sua famiglia ricadde nella disperazione.
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Era il giorno prima del decimo compleanno di Brittany. John Pierce non aveva niente da regalarle. Non poteva neanche farle un nuovo paio di scarpe e lei camminava a piedi scalzi per la maggior parte delle volte. Si sedette sulla sieda, coprendo il proprio volto con le mani domandandosi come far sopravvivere la sua famiglia. Il figlio più piccolo si era appena ammalato e non aveva i soldi sufficienti per procurarsi le medicine necessarie per guarirlo. Tutto sembrava senza speranza.
 
 La porta si aprì e John guardò chi fosse. Era il Conte Baste. John pianse dal sollievo e si lasciò sfuggire un sospiro felice.

“Ben ritornato, Conte.” Disse con voce chiaramente entusiasta dalla presenza del Conte. Il Conte entrò con un espressione seria. “Come state?”

“Molto bene.” Rispose Baste. “E la tua famiglia?”

“Il più piccolo si è ammalato. Gli altri stanno morendo di fame. Domani è il compleanno di Brittany e io non ho niente da regalarle.” Sospirò. Il Conte annuì come se si aspettasse questa situazione. Si avvicinò al tavolo e appoggiò il braccio su di esso.

“Allora sono arrivato al momento giusto.” Disse. John si raddrizzò. “Ho una proposta da farti.” John sorrise, il Conte lo stava finalmente per assumere come il suo personale calzolaio, ne era sicuro.

“Mi dica, Signore.” Disse eccitato.

“Mi piacerebbe semplificare le difficoltà della vostra famiglia.” Disse il Conte giocando con l’orlo della manica con noncuranza. “Mi offro di prendere la vostra primogenita, Brittany, in casa mia.” La faccia di John esitò e impallidì. La sua mente vacillò a causa della proposta del Conte. Si sedette su uno sgabello e guardò il conte, confuso.

“C-Conte io non posso…”

“Lei sarà ben curata, ve lo assicuro. Verrà cresciuta come una vera signora. La sua vita sarà molto più dignitosa di quella che ora conduce.”

“Perché?” Sbottò John.

“Mi piace. E’ una ragazzina adorabile e diventerà una bellissima lady sotto le mie cure.” John sentì il suo stomaco contorcersi. Sua moglie aveva ragione. Il Conte Baste acquistava ragazze e poteva indovinare quale fossero le sue intenzioni. Aprì la bocca per protestare ma il Conte alzò la mano.

“Naturalmente, voi sarete ricompensati molto profumatamente. Posso pagarvi un anno di lavoro, dove, dato che io pago molto generosamente, dovrebbe bastare più a lungo per la vostra famiglia.” John scosse la testa. Aveva promesso alla moglie di non vendere la propria figlia. Oltre a quello, non avrebbe rinunciato a Brittany in questo modo. Lei era il suo orgoglio e gioia.

“Conte, è mia figlia. Non potrei…”

“Hai detto che domani è il suo compleanno vero? Che peccato. A questo punto, mi chiedo se qualcun’altro dei tuoi figli raggiungerà il suo decimo compleanno.” Disse, prendendo il suo cappotto. Per lui, era come stesse comprando un tavolo o una credenza. Era semplicemente un affare e aveva l’intenzione di vincere. “Sarebbe veramente un peccato per loro morire di fame, specialmente quello ammalato.” La testa di John iniziò a dolergli. Pensò al figlio più piccolo e al resto dei suoi bambini. Non sorridevano più e piangevano continuamente. Avrebbe dato qualsiasi cosa per vedere quei sorrisi di nuovo.

“Sarò alla casa d’aste domani. Fai la tua decisione stanotte e poi portala con te. Hai un’intera famiglia da curare, ricordatelo.” Dicendo questo si alzò in piedi e uscì dal negozio. John abbassò la testa tra le mani.

Quella notte il figlio più piccolo peggiorò. Il suo respiro si fece debole e la febbre si alzò. Senza medicine e cibo, non si poteva dire per quanto tempo sarebbe sopravvissuto. John si sentiva impotente mentre guardava i suoi figli lottare per gli scarti. La sua famiglia si stava sgretolando intorno a lui. Guardò Brittany, che sedeva in un angolo, con gli occhi stanchi e affamati.

“Brittany, vieni qui.” Disse gentilmente. Brittany si alzò lentamente. Le sue braccia erano molto magre e si potevano vedere chiaramente i suoi zigomi sporgenti. Si fece strada verso di lui che la sollevò e la mise in grembo. Brittany era una bambina tranquilla ed era il suo tesoro, la sua principessa.

Provò a non pensare a cosa il Conte le voleva farle.

“Domani sarà il tuo compleanno, Brittany.” Disse fingendo del ottimismo. “C’è qualcosa che desideri avere?”

“Voglio che Colin guarisca.” Rispose Brittany. Suo padre inghiottì la vergogna che provava verso se stesso. Brittany lo guardò piena di fiducia attraverso quei suoi splendenti occhi turchesi. “Farei qualsiasi cosa per far si che si senta meglio.” L’uomo l’abbracciò forte, memorizzando la sensazione che sentiva farlo, quanto fragile e magra fosse. Cercò di convincersi che sarebbe stata ben nutrita e curata ma questo non cambiava quello che il Conte voleva farle davvero.

“Ti voglio bene, Brittany.” Disse, baciandole la fronte.

“Lo so, papà.” Rispose, saltando giù dalle sue ginocchia. Prese posto di fianco ai suoi fratelli e si mise di nuovo tranquilla.

John giaceva accanto a sua moglie e alla figlia minore. Non riusciva a dormire, si girò più volte nel letto. La decisione aveva inciso pesantemente la sua mente. Aveva ascoltato la tosse di Colin e i lamenti dei bambini quella notte. Il Conte aveva ragione, il suoi bambini non ce l’avrebbero fatta se non avrebbe fatto qualcosa al più presto. Anche se l’odio verso se stesso cresceva sempre di più a causa di quello che stava per fare.

Quando la mattina arrivò, John si svegliò presto. Il suo cuore era pesante, con la decisione che aveva fatto. In silenzio, si alzò dal letto e svegliò la bambina addormentata.

“Papà?” Disse sbadigliando.

“Vieni Brittany, è ora di andare.” Sussurrò. Brittany si strofinò gli occhi.

“Andare dove?” Chiese. Suo padre sbatté le palpebre per scacciare le lacrime che per fortuna Brittany non le vide nel buio.

“Il tuo regalo di compleanno.” Rispose. “Stiamo andando a prendere il tuo regalo di compleanno.” Brittany sbadigliò di nuovo e sbatté le palpebre mentre John aprì le braccia verso di lei. “Posso portarti fino a quando non ti svegli.” Brittany aprì le braccia e suo padre la sollevò e la portò in braccio. Lentamente scesero e aprì la porta, lo scricchiolio fu abbastanza forte da svegliare la madre.

“John?” Lo chiamò, notando lo spazio vuoto di fianco a sé. “John?” Si alzò e guardò intorno nel oscurità e si accorse che Brittany mancava. Il suo cuore crollò e corse fuori dalla porta.

“John? Brittany?” Gridò ma non li vide da nessuna parte.

Il viaggio per raggiungere la casa d’aste fu molto lungo e quasi tutto il tragitto Brittany dormì. Suo padre la portò con cautela fino a quando si svegliò. Cogliendo l'occasione per godere dei suoi ultimi momenti con la sua preziosa figlia, camminava lentamente lasciandole esplorare i dintorni quanto voleva. Le sue gambe gli dolevano a causa della lunga camminata ma non gli impedì di rincorrere la figlia tra i campi e di sentire le risate vivaci della figlia mentre correva verso di lui.

E’ per il loro bene… pensò tra sé e sé, ma non c’era niente che potesse consolarlo.

Quando la casa d’aste entrò nella loro visuale, Brittany saltava entusiasta, indicandola ed esclamando: “Eccola papà!” Lui le prese la mano e la strinse con forza.

“Ti vorrò sempre un mondo di bene.” Disse.

“Lo so, papà.” Rispose lei, stringendogli la mano. Insieme, entrarono attraverso la gigantesca porta che portava all’ampia sala.

Qui, Brittany abbagliata dai bellissimi e costosissimi oggetti, si chiese se suo padre era veramente intenzionato di comprarle qualcosa che c’era lì dentro. Non avevano soldi sufficienti ma Brittany non poteva fare a meno di abbandonarsi alle sue fantasie che forse, solo forse, suo padre si era portato dietro un po’ di denaro. Mentre camminava tenendo la mano del padre, era ignara degli sguardi che la gente le rivolgeva e che si chiedevano cosa ci faceva un contadino con la figlia ad una casa d’aste come quella. Suo padre si guardò in giro alla ricerca del Conte mentre Brittany si era totalmente abbandonata a fissare quei oggetti meravigliosi.

“Un giorno,” iniziò a dire. “Sposerò un Lord e noi ci potremmo permettere tutto questo!” Suo padre non riuscì a guardarla negli occhi. Rimase in silenzio. Qualcosa di scarlatto attirò l’attenzione di Brittany e si avvicinò all’oggetto. Era un carillon di un rosso brillante ed era contornato da gioielli. Lo prese in mano e lo aprì. Una ballerina spuntò fuori dalla parte superiore e iniziò ad intonare una musica.  Il padre glielo tolse immediatamente dalle mani e rimetterlo al proprio posto ma Brittany lo continuò a guardarlo. Voleva sentire un’altra volta quella musica ma capì che non si potevano permettere una cosa del genere. Improvvisamente, suo padre si fermò di colpo e lei andò a sbattere contro di lui.

 “Papà…” Lo chiamò, guardandolo. Si paralizzò e il suo sangue si congelò all’istante. Il Conte Baste la  guardò con un sorriso lascivo e si nascose dietro il padre.

“L’hai portata dopo tutto. Lo sapevo che l’avresti fatto.” Disse il Conte, voltandosi verso suo padre. Brittany lo guardò, incredula.

“Papà, cosa sta succedendo?” Chiese. Suo padre non rispose. Intanto il Conte raggiunse il suo borsello e incominciò a contare del denaro. Brittany ricordò la conversazione che sua madre aveva avuto con suo padre e realizzò esattamente cosa stava succedendo.

“Papà, cosa sta succedendo?” Chiese di nuovo, tirando i pantaloni dell’uomo. “Per favore, Papà.”

“Mi prenderò cura di te.” Ghignò il Conte. Brittany provò ad afferrare la mano del padre ma quella era stretta così tanto che non ci riuscì. Il panico si impossessò di Brittany e indietreggiò. Proprio mentre pensava di fuggire da quella situazione il padre l’afferrò per il braccio e la costrinse di andare verso il Conte.

“Scusami.” Sussurrò mentre la spingeva verso Baste.

“No! No! Non voglio andare con lui! Papà, voglio ritornare a casa!” Brittany iniziò a piangere. Baste contò i soldi mentre il padre ricacciò indietro le lacrime. “Ti prego papà! Non farlo papà, ti prego.” Suo padre lottò per tenerla sotto controllo da quanto come si dibatteva e questo sembrava fare divertire il Conte sempre di più.

“Ti prego papà! Non farlo papà, ti prego.” Si voltò e si aggrappò ai pantaloni del padre, determinata a non lasciarlo andare.

“Questa è la cosa migliore da fare.” Disse il padre con voce atona. Brittany si lasciò sfuggire un grido e le lacrime traboccavano dai suoi occhi. Non aveva mai fatto niente di male, allora perché suo padre voleva venderla?

“Non lasciarmi papà! Non mandarmi via!” Pregò.

“Tu hai cinque fratelli e una sorella appena nata. Quest’uomo ha offerto abbastanza soldi per prenderci cura di tua madre e dei tuoi fratelli. Moriranno di fame, non lo capisci?” Le domandò. Brittany scavò la propria faccia tra le gambe del padre tenendosi alla sua vita. Non lo capiva. Tutto quello che voleva fare era di ritornare a casa. Non gliene importava niente del regalo. Continuò a pregarlo di restare con lei o, ancora meglio, di ritornare a casa. Ma il padre continuava a ripetere, non per convincere Brittany, ma a convincere se stesso con scarso successo, che era meglio così.

“Ecco qua i tuoi soldi.” Disse il Conte allungando una mazzetta di banconote nelle mani del padre mettendo fine alla transazione. Le accarezzò i capelli, guardandola per l’ultima volta. Brittany si lasciò sfuggire un forte singhiozzo quando venne strappata dalle braccia del padre e spinta verso il Conte. Lei allungò le mani per raggiungere il padre ma lui scomparve in mezzo alla folla, con le mani che coprivano le proprie orecchie per non sentire il pianto disperato della figlia.

“Fa la brava!” Il Conte diede uno schiaffo in faccia a Brittany. La forza del colpo le fece congelare ogni cellula del proprio corpo facendola smettere di piangere. Il suo petto si sollevava nel tentativo di respirare. Continuava a sperare, pregando che tutto questo fosse solo un brutto sogno, che si sarebbe svegliata a casa e suo padre ci sarebbe stato per rassicurarla che non era stata venduta.

Brittany poteva ancora sentire le mani del padre accarezzare la sua testa. Il Conte la teneva ben stretta e lei si sentì abbandonata. Ogni secondo che passava, si rassegnò al suo destino, al fatto che suo padre non aveva intenzione di ritornare su i suoi passi, ridare i soldi al Conte e di riportarla a casa. I suoi occhi, una volta espressivi, si offuscarono. Non avrebbe mai più rivisto la sua famiglia.

“E‘ il tuo compleanno oggi, no?” Disse il Conte accarezzandole la guancia ma Brittany si ritrasse.  “Lasciami comprare una collana per te, hmm? Sarà bellissima su di te.” Brittany girò la testa lontano dalla mano dell’uomo. Pregò di nuovo in Dio, sperando che qualcuno la venisse a salvarla. Si guardò attorno, cercando di trovare qualcuno che aveva visto l’intera vicenda, che aveva avuto pietà di quella povera bambina che era stata strappata dal padre. Facendolo incontrò lo sguardo con una ragazzina della  sua stessa età che stava a pochi passi da lei. La ragazzina aveva la pelle scura, capelli neri e gli occhi nero pece. I suoi abiti le fece pensare che fosse ricca e Brittany si chiese come era la sua vita. Distolse lo sguardo non notando che la ragazzina si stava avvicinando verso di loro.

“Lady Santana Lopez! Questo è un piacere!” La voce del conte era innaturalmente alta e Brittany guardò per vedere con chi stava parlando. Era quella ragazzina. Provando vergogna del fatto che era stata venduta come un qualsiasi oggetti presente lì dentro, Brittany abbassò lo sguardo guardandosi i piedi.

“Voglio comprarla.” La testa di Brittany scattò in alto quando sentì quella affermazione. La ragazzina gli porse una sacca piena di pesanti monete.

“Um… Mia Lady, mi dispiace dirle che lei non è in vendita.” Rispose il Conte.

“E’ il mio compleanno. Mio padre mi ha detto che posso prendere tutto quello che voglio alla casa d’aste.” Brittany si riempì di speranza. Chiunque sarebbe stato meglio del Conte.

“Ma perché vuole proprio lei?”

“Domestica. La mia domestica personale.” Brittany poteva dire che il Conte si sentiva a disagio con la situazione.

“Per cortesia, c’è qualcos’altro che posso fare per lei? Le posso offrire un’altra domestica, una più gentile e obbediente di questa.” Disse il Conte. Brittany guardò la ragazzina con occhi disperati, facendo tremare la propria mano e anche se lo avrebbe notano non importava.

“Io voglio questa.” Disse battendo i piedi per terra. Brittany cercò di sorridere, ma la guancia le doleva veramente tanto a farlo. Al suo posto però inchinò la testa in segno di gratitudine. Un uomo alto e dal viso dolce si avvicinò a loro.

“Hai vinto principessa?” Era lo stesso soprannome che usava per chiamarla suo padre ma Brittany era sicura che quella ragazzina era veramente una principessa.

“No papà, voglio questa ragazza.” Insistette la ragazzina. Mentre i tre parlavano Brittany si sentì svenire dal sollievo. Una volta che l’uomo fece cadere il portamonete nelle mani del Conte, Brittany iniziò a piangere di nuovo. Tutto il suo corpo tremava e si asciugò gli occhi. I suoi polmoni erano ancora pietrificati. Voleva dire loro di portarla a casa, che voleva rivedere sua madre, i fratelli e anche suo padre. Ma non riusciva a fare uscire le parole. L’intera vicenda l’aveva spaventata a morte. L’uomo l’accompagnò alla carrozza che gli aspettava, afferrando la sua mano con fermezza. La sua mano era calda e anche se non erano callose come quelle di suo padre, si sentiva al sicuro stringendole. Brittany, appena entrò nella carrozza, si raggomitolò. Guardando fuori dal finestrino notò con tristezza che si stava dirigendo nella direzione opposta da dove abitava.
 
“Nessuno ti farà del male.” Disse l‘uomo. La sua voce era gentile e Brittany si rilassò un po‘. Si fidava di lui e di sua figlia che l‘avevano salvata dal terribile Conte. “Ci dirai il tuo nome?” Chiese. Brittany provò a rispondere ma non uscì niente dalla sua bocca che non voleva neanche aprirsi e scosse la testa. L’uomo le allungò una caramella e lei, ancora spaventata ma affamata, la prese e la mangiò. Assaporò la dolcezza non avendo mai mangiato niente di simile in vita sua. Durante il viaggio, l’uomo di addormentò e Brittany continuava ad osservare il suo salvatore, la “principessa”.

La ragazza davanti a sé di raddrizzò composta. Aveva una forcina d'oro tra i capelli corvini e la sua pelle era pulita e morbida. Brittany si vergognò di essere nella stessa carrozza, sapendo che a lei le sarebbe sembrata povera e sporca e si chiese che cosa aveva quella ragazzina a salvare una poveraccia come lei. Ma non la guardava per giudicarla, si limitò solo ad osservarla con curiosità.


“Mi chiamo Santana. Come ti chiami?” Parlò la ragazzina. Fu la prima volta che le parlò direttamente. La paura in Brittany si sciolse all’istante appena sentì la sua voce. Si sentiva rilassato intorno a quella ragazza e le dava l’impressione che non le avrebbe mai fatto del male. Aprì la bocca e scoprì che la sua voce are ritornata.

“Mi chiamo Brittany.”








  
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